Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La virtù di Checchina

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Serao, Matilde 1 occorrenze

. - Per la cena basterà l'arrosto di abbacchio e la insalata di patate? - domandò Susanna, tirando a sè la tovaglia e scotendola per farne cadere le molliche di pane. - Basterà - le rispose Checchina, restando ancora al suo posto, incapace di levarsi su, ripresa da quel letargo della mattina. - Ho parlato col padre Fileno, stamane, a Sant'Andrea delle Fratte riprese la serva, familiarizzandosi, in quella benevolenza della digestione. Quel santo sacerdote si lagna, che lei non ci vada più spesso. - Potevi dirgli che Toto ci s'inquieta e mi grida. - Gliel'ho detto che il padrone non ci crede, perchè sa come è fatto dentro l'uomo e perchè vede morire di mala morte tanti cristiani, che Sant'Andrea Avellino, protettore degli agonizzanti, ci scampi e liberi. Ma già questi uomini sono tutti a un modo: stanno bene e si ridono della religione e peccano come tante anime dannate - poi, quando sono ammalati, chiamano Dio e la Madonna... basta, ho detto al padre Fileno che sarei andata oggi a confessarmi. Me le dà due ore di permesso, quando il signore va a Santo Spirito? - Non potresti andare un altro giorno, venerdì? - fece la padrona, come sbadatamente. - No, no, gli ho detto che sarei andata oggi. Perchè vorrebbe mandarmici venerdì? - Va' pure oggi, fa' come vuoi - e si strinse nelle spalle, come una persona che ha fatto tutto quello che poteva. Dopo, ricucita la piuma sul cappello rotondo, ripose tutti quei cenci, quei pezzetti di nastro, quello scuffiotto di raso nero, con un sospiro. Giammai avrebbe osato chiedere dei quattrini a Toto. Si rassegnava, soffrendo, in silenzio, pur di non udire quella grossa voce che calcolava il valore di un soldo e gliene rinfacciava la spesa, pur di non udire le domande sospettose di Susanna. Ora rifaceva le iniziali rosse agli strofinacci, dove le aveva sbagliate, al mattino. Non poteva pensare a quello che le mancava per essere vestita bene: non voleva pensarci, per non affliggersi più. A che contristarsene? Solo un momento, in due ore, si alzò per vedere quello che faceva suo marito. Dormiva, russava sopra un grosso libro, con la bocca socchiusa e storta, la testa china sopra una spalla, il panciotto sbottonato che lasciava vedere la camicia bianca e la camicia di flanella. In cucina Susanna faceva dei piccoli buchi nella polpa rosea dell'agnello da arrostire, per ficcarvi del rosmarino e del pepe. Poi, alle tre e mezzo Toto si svegliò di pessimo umore, chiese il soprabito pesante, il fazzoletto da collo per quando usciva da quel maledetto ospedale, bestemmiò la professione di medico, chi l'aveva presa e chi la prendeva, e se ne andò, sbattendo la porta. Checchina taceva, come sempre, quando lo udiva gridare. Poi Susanna si mise il vestito di lanetta marrone, color monacale, il velo nero sul capo, lo scialletto nero sulle spalle e venne a salutare la padrona. - Raccomandami a Dio - le disse costei, sospirando. - Indegnamente - rispose l'altra, tutta compunta. Finalmente era sola, per due ore, di poter andare, venire, pensare, libera, almeno in questo. Ora più che mai le bruciava dentro la ferita del non aver vestiti. Quelle principesse che ne cambiavano tre al giorno, le cui cameriere vestivano con maggior eleganza di lei, Checchina! Quelle principesse che certo visitavano, nelle ore dei convegni, l'appartamento del marchese d'Aragona! Ella doveva andarci così, come una stracciona, con quella roba vecchia di cui si vergognava? Una forte scampanellata la scosse: restò interdetta, non osando aprire, guardandosi intorno, ritta in mezzo alla tela gialla degli strofinacci. Chi poteva essere? Suonarono di nuovo, più forte. Bisognava aprire. Finì col chiedere a voce tremante, di dentro: - Chi è? - Amici; apri, Checca, sono io, Isolina. - Ah! sei tu - disse Checca, come delusa, aprendo. - Sola, eh? Quanto mi fa piacere! Un bacione, anzi due su questa bella faccia pallida. Che hai, core mio? - Niente: non ho niente. - Hai avuto paura che fossero i ladri? Si sentono tanti brutti racconti, che io faccio sempre domandare chi è , da Teresa. Già Teresa ha sempre da chiacchierare, fuori la porta: ora con un bimbo, ora con una donna, ora con un vecchio: è una disperazione. - Come sei bella, oggi, Isolina! - Non ti pare? - e si levò in piedi, per farsi veder bene. - Tutto per Giorgio, tutto per quel caro amore mio - riprese, sedendosi. - Sei ancora da lui, oggi? - chiese l'altra, dopo una esitazione. - Ancora, sempre che posso, appena ho mezz'ora di libertà, scappo da lui. Oggi, vedi, sapevo che mio marito usciva alle cinque; gli ho scritto, a Giorgio, che sarei andata dalle cinque alle sei. Sai, sono le ore migliori, per gli appuntamenti. Invece quella bestia di mio marito va via alle tre e mezzo e io perdo un'ora e mezzo. Giorgio non andrà a casa sua che alle cinque meno cinque minuti. Ho pensato: ora vado da Checca e sto un po' con lei: mi servirà anche di scusa, se mio marito dovesse domandarmi dove sono stata. Se tu dovessi vederlo, gli dirai che sono stata qui fino alle sei. Tra amiche, sai... - Glielo dirò - e sorrise lievemente. - Questo cappello è nuovo, nevvero? - Sì, nuovo: figurati, non l'ho pagato ancora. Ma la Coppi mi conosce, mi aspetterà. Avevo dei quattrini, ma ho dovuto comprare le scarpette. - Queste qui, lucide, dorate? - Queste qui, core mio: niente meno costano sedici lire, da Carducci, un orrore di prezzo, ma vedi che tacco alto, che impuntura, che punta sottile! - Sono bellissime. - Giorgio adora i piedini ben calzati. Se tu sapessi, come sono strani, gli amanti! Io avevo dei fazzoletti semplici, di tela bianca, con una lettera I ricamata, mi restavano del mio corredo. Che! niente affatto, Giorgio vuole che io porti i fazzoletti di batista, con un merletto intorno, come questo. - È bellissimo. - Costa cinque lire. Poichè gli piace di fare lo scherzetto, di stringere le mani nel manicotto, ho dovuto comprare questo, per nove lire. Ti piace? - È bellissimo. - Non puoi credere, come si spende: è una rovina, ninuccia mia. Faccio una quantità di pasticci, d'imbrogli, di debiti, una cosa da impazzire. Ora, per tutta questa roba che mi serviva, ho pigliato sessanta lire in prestito, da una donna che conosceva Teresa, che dà il denaro a usura. Invece di sessanta, debbo restituirne centoventi, il doppio, a sei lire la settimana. Il brutto è che, se non si paga ogni sabato, quella strega viene, si siede in anticamera e aspetta. Giusto, questa prima settimana non ho avuto da pagare. Che ci è voluto per mandarla via! Ho dovuto pregarla, gridava... - Povera Isolina! - Che importa? Per Giorgio farei tutto. - Dicevi che questa donna presta denari? - Ti serve, forse? - chiese Isolina, alzandole gli occhi in volo. - No, no... dicevo per dire. - Credevo... Ma è difficilissimo averne. Per nulla, minaccia di parlare al marito: una scellerata... - Per carità! Anche quello spillo è nuovo? - Sì, l'ho comprato ieri. Ora si usano i ferri di cavallo, sono in gran moda. Le signore lo hanno in brillanti, io l'ho in argento. Non importa, non vorrei avere i brillanti, vorrei almeno avere un orologetto d'oro, uno di quei piccolini, sai, come un medaglioncino. Non puoi credere che è di terribile non aver l'orologio, quando si ha l'amante! Si sbaglia già sempre l'ora. Arrivi, è troppo presto, non vi è: è una morte lenta. Arrivi tardi, è passato un quarto d'ora, per un altro quarto d'ora egli ti porta il broncio, gli uomini si seccano di aspettare. Sei da lui, ogni cinque minuti gli domandi: che ora sarà? Quello s'irrita di questa domanda. A casa ritorni sempre in ritardo, con una cèra sbalordita che è un miracolo non ti tradisca. Dio mio, che farei per avere un orologio! Adesso, per esempio, che ora sarà? Sono o non sono ancora le cinque? - Io non so: non ce l'ho, io, l'orologio. - Vedi, non so se andare o no. Basta, cara, è meglio che me ne vada. Vieni da me, poi, un giorno? - Certo, verrò. - Fammelo sapere almeno. Ma già, non ci credo. Resti sola, ora, qui? - Sola. - E che fai? - Nulla. - Buon tempo perduto! Un bacio, cara. Purchè io non incontri nessuno! Quando fu sola, nell'ombra del crepuscolo, Checchina si mise a piangere. Ella non aveva nè scarpette dorate, nè i fazzoletti di batista, nè il manicotto, nè lo spillo a ferro di cavallo, nè l'orologio. Piangeva, poichè non aveva niuna di queste cose che servono all'amore.

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