Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abate

Numero di risultati: 16 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

L'angelo in famiglia

183437
Albini Crosta Maddalena 3 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
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Pagina 327

Pagina 839

Pagina 893

Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188183
Pietro Touhar 1 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
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L'uso ha regolato come segue i titoli dei quali dobbiamo servirci nella conversazione parlando ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose; diremo dunque: Ad un vescovo: Monsignore, Ad un cardinale: Vostra Eminenza, Ad un vicario: Reverendissimo, Ad un parroco: Reverendo, o semplicemente Signor priore, Ai semplici sacerdoti secolari, Signor abate, Ai sacerdoti regolari, Reverendo padre, Alla superiora di un convento, Reverenda madre, o Signora superiora, Ad una semplice religiosa, Suora o Signora. Dobbiamo : Portar rispetto ai sacerdoti, massime nell'esercizio del loro sacro ministero; ascoltare con attenzione i savi consigli che gli ecclesiastici o le religiose ci possono dare. Non dobbiamo : Permetterci osservazioni indiscrete nei sacerdoti quando esercitano il loro ministero; usare troppa famigliarita con le persone addette al servizio del culto o consacrate al chiostro; porgere ascolto alle riflessioni maligne che possano essere fatte sul conto loro od alla loro presenza.

Pagina 20

Nuovo galateo

190280
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Pagina 247

Nuovo galateo. Tomo II

194624
Melchiorre Gioia 9 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Pagina 110

Pagina 134

Gli amici dell'abate Regnier gli davano il titolo di abate pertinax, perché,

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Il padre Le Tellier, che, mentre era confessore di Luigi XIV, teneva il protocollo de' beneficii ecclesiastici, diceva ad un giovine abate; Voi altri aspiranti agli impieghi siete nostri amici finché avete bisogno di noi; ma quando siete saziati, ci dimenticate. - Ah! non temete nulla, rispose ridendo l'abate: Io non vi dimenticherò giammai, giacché sono insaziabile. In questo caso il timore si cambia in speranza; e nel tempo stesso ci si presenta improvvisamente nuda una brama che con somma gelosia suol tenersi nascosta. La facezia si divide in due specie; La 1.ª è un breve racconto che fa passare l'animo tra alcune avventure, e dopo d'averne alimentata la curiosità finisce con un sentimento non preveduto. La 2.ª é un semplice detto pronto, inaspettato, opportuno, un vivo e rapido frizzo che vellica e punge piacevolmente. Con maggior chiarezza o precisione di termini, giusta il costume, spiega la cosa il dottissimo Gherardini dicendo: La giocondità delle facezie par che nasca ordinariamente da un ingegnoso ed improvviso accoppiamento di due idee disparate tra loro e disconvenienti. Elementi di poesia ad uso delle scuole.

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Pagina 158

L' abate Ducreux, editore delle opere di Flechier, riporta in quella occasione « l'exécution d' un curé condamné » pour des crimes affreux, et il déplora l'état où » l'ignorance et la corruption des moeurs avoient » fait tomber la societé à cette époque: il y eut » dans un seul jour plus de trente exècutions en » effigie». « Uno di cotesti terribili castellani manteneva » nelle torri a Ponte di Castello dodici scellerati » devoti a ogni specie di delitti, cui chiamava » i suoi dodici apostoli.» -« Il supplizio di un curato condannato per delitti » orribili, e rimpiange lo stato in cui l'ignoranza » e i corrotti costumi avevano degradata la » società a quel tempo. In un solo giorno vi furono » più di trenta esecuzioni in effigie. » * Se fosse vero il principio che la mancanza di felicità conduce alla corruzione, converrebbe dire che i secoli scorsi furono mille volte più corrotti del nostro, giacchè la somma de' mali cui quei secoli soggiacquero, fu infinitamente maggiore dell'attuale, del che parlerò nel capo VIII. *

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Dal racconto di Lupo, abate di Ferriers nel nono secolo, si raccoglie che le strade maestre erano allora infestate per sì fatto modo, che i viaggiatori erano costretti ad unirsi in carovane per andar sicuri da' masnadieri. La frequenza del delitto distrusse l'opinione pubblica che doveva condannarlo; perciò i giudici inferiori, chiamati centurioni, erano obbligati a giurare che né essi commetterebbero furti, nè presterebbero agli aggressori protezione. Si moltiplicarono a segno questi delitti, si commisero con tanta audacia, che l'autorità civile non ebbe più forza bastevole per reprimerli; s'implorò quindi il soccorso dell'ecclesiastica giurisdizione, si tennero de' concili con grande solennità; e quivi trasferitisi i corpi santi, alla loro presenza si fulminarono anatemi contro i ladri e contro gli altri perturbatori del pubblico riposo. Nell'undecimo secolo i boschi dell'Inghilterra riboccavano di tanti e sì terribili aggressori, che gli abitanti delle vicine campagne avevano inventata una particolare preghiera contro i ladri, e ciascuna sera, allorchè chiudevano le finestre, la recitavano. M. Paris, Vit. abbat., pag. 29, col, I. Le compagnie di aggressori trovavano protezione ne' baroni , che, ricettandoli ne' loro castelli sottraevano alla giustizia , a patto di dividere il prodotto del brigantaggio. Sotto il regno del debole Enrico III, re d' Inghilterra sul principio del XIII secolo, tutti i forti e castelli appartenenti ai capi della nobiltà erano nidi d'aggressori. La contea d'Hampshire ne conteneva un sì gran numero, che i giudici non potevano ritrovare de' giurati che osassero dichiararli rei. Il re si lagnò d'essere stato insultato e spogliato passando per quella terribile contea; ma si scoprì poscia che molti di que' nobili che componevano; a casa del re, appartenevano alla società degli aggressori. Quantunque Odoardo I tenesse con una mano più forma le redini dell'amministrazione, ciò non ostante sotto il suo regno una truppa d'aggressiori assalì nel 1285 la città di Boston durante la fiera, e vi fece immenso bottino. Il loro capo Roberto Cumberland, gentiluomo ricco e potente, fu preso, giudicato, messo a morte: ma non si riuscì fargli manifestare il nome d'un solo dei suoi complici. Alla ferocia univano costoro l'impudenza. Uno dei loro capi avea fatto ricamare sul suo abita in lettore d'argento la seguente iscrizione:Io sono il capitano Warner comandante in capo d'una truppa di ladri, inimico di Dio, senza pietà e senza misericordia. T. Walsing.Hist., pag. 179. Una banda d'aggressori comandata da Giliberto Midleten e Gautier Selbey assali nel 1316, presso di Durlington, due cardinali scortati dal vescovo di Durham, da suo fratello lord Beaumont, da numeroso seguito di gentiluomini e servi armati. Dopo d'essersi impadroniti di tutto il danaro de' cardinali, gli aggressori lasciarono loro la libertà di continuare la loro strada, ma condussero il vescovo e suo fratello, l'uno al castello di Morpeth, l'altro al castello di Mitford, ove rimasero prigionieri finché ebbero pagato un grosso riscatto. Fa d'uopo convenire che i nostri aggressori sono meno sfacciati e meno irreligiosi. E facile cosa il presumere che assassini i quali osavano aggredire dei re, dei cardinali, dei prelati, dei conti accompagnati da numeroso seguito, ed assalire città popolatissime, dovevano essere formidabili ai viaggiatori ordinari ed agli abitanti delle campagne, e pur troppo i fatti confermano questa presunzione. Il ladroneggio divenne quindi sì alla moda, che 22,000 ladri e aggressori furono, dicesi messi a morte in Inghilterra sotto il regno di Enrico VIII sul principio del XVI secolo. Henry,Hist. d'Angleterre, tom. VI, pag. 662. » Un altro genere d'assassini e ladroni potenti, » dice Bettinelli, si vide dopo il 1350, che avevano » il titolo di compagnie di soldati, cioè piccoli » eserciti e masnade senza legge né disciplina,infami » per ogni misfatto. Questi, condotti da capitani » o condottieri d'arme, non altra paga avevano » che la libertà di tutto invadere e saccheggiare, » e per lo meno imponevano taglie esorbitanti » a quelle terre, città e province che volevano salvarsi » dal sacco; e gl'Italiani erano uniti in tal » giuoco con Alemanni, Francesi, Ungheri, ed altri » stranieri dalle armate rimasti, e staccati; che d'oltre » monti eran prima calate a far guerra tra noi. » Tutta l' Italia scorsero questi inumani per anni » molti , ond' ella fu in ogni parte spogliata, arsa » ed oppressa senza pietà». « Cambiando spesso padrone costoro, e molti » avendone bisogno (essendo quella la sola milizia » prima del 1400 in cui la nostra risorse) nissun » principe o città italiana potè osar di combatterli, » fuor qualche volta per disperata difesa, nè mai » si fece l'unione di molte (che avrebbono disertati) » per le continue discordie; giacchè poi non giunsero » mai le masnade oltre a quindici mila al più, » e gran parte ladri, plebei, malfattori, oltre le sozze » femmine e ragazzi inutili che l'empievano.» VIII. Alla somma già straordinaria de' mali finora accennati fa d'uopo aggiungere le frequenti pesti che desolarono l'Europa per l'addietro, Durante la Repubblica Romana il periodo medio tra una peste e l'altra fu calcolato ad anni 21. Da Augusto sino al 1680 dell'era cristiana si contano 97 ritorni di malattie pestifere; il loro pericolo medio fu dunque d'anni 17. Il tempo più fecondo di calamità della storia europea si scorge tra il 1060 e il 1480, tempo nel quale si contano 32 pesti terribili e distruttrici; il loro intervallo medio si ridusse e dunque ad anni 12 Nel solo XIV secolo, in cui le malattie e le sventure d'ogni genere giunsero all'eccesso, l'Europa fu devastata quattordici volte da una peste orrenda e quasi universale; il che riduce l'intervallo medio ad anni 7. Trattato del Merito e delle Ricompense, t. I. I riclami della filosofia e gli sforzi de'principi sono riusciti ad allontanare la peste dalla massima parte dell'Europa , e rilegarla nell' Oriente ove sotto la custodia dell' ignoranza e della superstizione si conserva e si riproduce. IX. La lebbra forse indrodotta da' Barbari in Italia nel 7.° secolo, andó continuamente estendendosi ne' seguenti. Le crociate, dice Sprengel, ridussero quella malattia, per così dire, a costituzione secolare combinando la lebbra orientale coll'occidentale. Questa malattia si propagò a segno che nel XIII secolo la Francia sola contava 2000 ospedali di lebbrosi, e l'Europa 19,000. « Dopo le crociate, continua Sprengel ,comparvero » molte altre malattie d' indole impura. Intendo » qui parlare specialmente delle affezioni morbose » morbose alle Parti genitali, ch'io ascrivo al coito » impuro ed alla dissolutezza cresciuta allora grandemente». Storia prammatica della medicina, tom. IV, pag, 202-213. Nel seoolo XVI la Germania lagnavasi di brulicare di lebbrosi. Idem , ibid tom. V. pag. 100. X. Ai mali reali fa d'uopo aggiungere i mali immaginari, più forti dei reali e più frequenti. L' uomo, essere debole, quindi pauroso, teme tutto ciò che non conosce, e tutto ciò ch'egli crede superiore alle sue forze. I timori sono dunque in ragione dell'ignoranza, le cadute in ragione della debolezza. I progressi della filosofia ci hanno liberato da mille spettri da cui lo spirito de' nostri maggiori era continuamente assediato. Non avendo essi veruna idea di fisica, attribuivano all'intervento del demonio gli effetti più naturali, e tremavano. Un rumor notturno prodotto dalle vicende dell'umido e del secco nelle mobiglie doveva essere il grido d'un'anima del purgatorio, e tremavano. La malattia d'un bambino, d' un bue, d'una pecora era l'effetto d'un maleficio, e tremavano. La coda o la barba d'una cometa annunziava, giusta l'astronomia d'allora, stragi e pestilenze, e tremavano. Un cerretano predicea esser vicina la fine del mondo; i nostri maggiori la credevano tosto e tremavano. « Basti citar qualche esempio. Piacenza fu » scompigliata da uno che affermava esser nato » l'Anticristo già da tre anni in Babilonia; intorno » alla qual città sonò l'aria per 300 miglia » di una voce Nunc finis est mundi, e citava » lettere venute d'Asia a Venezia, Milano, Genova. » Fu necessario che il vescovo predicasse » in contrario a calmar il popolo. « Al 1456 un altro nella stessa città, in aria » di penitenza, con lunga barba e piè nudi, predicò » la venuta di Cristo a giudicare al più tardi » pel 1460, citando l'Apocalisse e S. Vincenzo Ferreri » in autorità (tanto più rigorosa, ché di poco » era canonizzato quel santo, e colà ne celebravan » quall'anno la canonizzazione). Predicò » molti giorni, e prédicava a conferma, che tra » poco sarebbe creato un falso papa, verrebbe l'Anticristo, » ecc. » Un altro infine, per nome Fra Gio. Rocco, » predicò in Piacenza nel 1454., che la fine del » mondo era vicino a fissavala al prossimo 1501 Il mondo dovea finire col secolo, ogni secolo riguardandosi come il termine della pazienza celeste a tante iniquità che la coscienza rimproverava. Dal che panni si possa dedurre che il non credersi attualmente a si fatte predizioni sia prova di minore scostumatezza (vedi il capo V di questo articolo). Insomma i nostri padri credevano più facilmente ad una generale vendetta celeste, perché erano più persuasi de' lori delitti; ordinariamente i più delinquenti sono quelli che tremano di più. il peggio si é che da un lato i mali più comuni venendo attribuiti al demonio, si ommettevano i rimedi per liberarsene; dall'altro supponendo esecutrici degli ordini demoniaci persone cui applicavansi i nomi di maghi, di stregoni, di magliardi, ecc., si assoggettavano queste a pene atroci. Tutti i codici degli scorsi secoli parlano di malefici, cioè di delitti immaginari di cui non è possibile formarsi un'idea. Sino alla fine del XIV secolo era comune la persuasione che le così dette streghe suscitassero i temporali, e perciò si abbruciavano, come si rileva dalla relazione di quell'orribile processo instituito a Berlino nel 1583 contro due povere vecchie che vennero abbruciate. I disordini che lacerarono il seno della Chiesa nel XIV secolo e sul principio del XV ; del che si é già parlato , furono causa per cui molti abbandonarono poscia in Germania le opinioni dominanti in Italia. Che cosa fece Innocenzo VIII ? Pubblicò la "severissima bolla del 1584 contro le diavolerie. In forza di questa bolla vennero in pochi anni nel solo Elettorato di Treveri sentenziati 6510 individui accusati di stregoneria; Sprengel, Storia prammatica della Medicina, tom. VI , pag. 67 , 68, traduzione italiana del dottissimo signor G. Arrigoni. Per provare quanto erano estese e forti le erronee opinioni relative alla stregoneria, basterà il dire Lutero e Melantone, questi teologi si stimati da' loro settari, e che riuscirono a trarre nel loro partito sì gran parte del mondo cristiano, questi teologi credevano alle streghe nel secolo XVI!! La posterità deve saper buon grado all'egregio medico Giovanni Wiero, il quale con sano criterio e luminose ragioni s'oppose al torrente de' pregiudizi relativi alle streghe, e divenne per tal modo un vero benefattore del genere umano. Questo buon uomo, difendendo una donna accusata di stregoneria, fu dichiarato stregone. dite a proporzione lo stesso degli altri Stati, e negate che l' uomo ignorante qual esce dalle mani della natura non sia una macchina essenzialmente distruttrice.

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Luigi XIV, dopo d'avere ascoltato il suddetto abate sulla negoziazione intrapresa a Roma per le celebri proposizioni del Clero Gallicano, disse: Mi sono intrattenuto con un uomo, e giovine uomo, il quale mi ha sempre contraddetto, e mi è sempre piaciuto. La ragione non ha giammai maggiore impero che quando ella si presenta non come una legge che si deve eseguire, ma come un'opinione che può meritare d'essere esaminata; perciò ne'crocchi di Filadelfia pagavasi un'ammenda tutte le volte che facevasi uso d'un'espressione decisiva e dogmatica. Gli uomini più intrepidi nella loro certezza erano obbligati d'impiegare le formole del dubbio e prendere nel loro linguaggio l'abitudine della modestia; la quale quand'anche s'arrestasse alle sole parole, avrebbe già il vantaggio di non offendere l'Altrui amor proprio; ma che, per l'influenza delle parole sulle idee, dee finalmente estendersi sulle stesse opinioni. Le persone gentili, sapendo che l'altrui vanità soffre allorché si vede convinta, sogliono terminare la contesa con una lepidezza affine di mostrare che non furono irritate dall'opposizione, che non vollero offendere il loro antagonista, che non si vantano della vittoria.

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Come presentarmi in società

199875
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
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Pagina 40

Galateo della borghesia

201527
Emilia Nevers 1 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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. - Che è stato, signor abate? E lui, di rimando: Quando l'imperatore parla tutti non debbono tacere? Un artista al quale i suoi impegni col teatro vietano di farsi udire, non va importunato perchè canti: un artista invece, che sa d'esser invitato pel desiderio di esser udito, fa cosa scortese, rifiutando di prodursi o rispondendo come quel tale a cui si diceva: Venga a prender il the con noi e si porti il violino.... Il mio violino non prende the! La padrona di casa in una veglia a casa propria ha molto da fare.Le tocca ricever tutti, collocarli vicino a gente che conoscono od incaricarsi delle presentazioni. Se vede un'abbandonata, andarle vicino, trovarle compagnia; esortar i timidi a prodursi, ringraziar (con fuoco, sì! con fuoco!) chi ha cantato, se anche ha stonato moltissimo. Non deve far differenze fra gli ospiti, lasciar in disparte le persone meno altolocate e profondersi in troppi complimenti con gli altri. Tocca a lei, badare che la tal signora attempatella non sia esposta ad un riscontro, che tutti sieno serviti di the e di dolci: non può mai, insomma, pensar a se stessa, dimenticarsi in una conversazione gradita, trascurare i suoi doveri. L'ospite ha il diritto di pretendere che lo si diverta, o per lo meno che lo si tratti col massimo riguardo. La signorina di casa deve tener presente anche lei questa norma e non rifugiarsi fra le compagne a ridere e celiare, rifiutando di parlar alle matrone, alle vecchie, come forse ella chiama col superbo disdegno dei suoi diciotto anni le signore di trenta e quaranta. Deve ricordar che il suo compito è di aiutar in tutto la madre. È una cosa sbagliata da parte di chi riceve voler metter troppo in evidenza i proprii figli: capisco che una madre goda della abilità della sua ragazza e voglia farla figurare: ma il parlare troppo dei suoi meriti ha del ciarlatanesco e spiace. - Come sta bene quel vestito a Clotilde, dice una amica. - Ti pare? l'ha fatto lei! - Suona benino davvero. - Altro! E come canta! E come ricama! Questo cuscino l'ha fatto lei... E quel quadretto lì. Tutto lei! Sarà vero: ma quella messa in scena non garba. Lodarsi da sè è cosa che generalmente leva agli altri la voglia di lodare. Inquanto agli ospiti è loro dovere non mostrare mai l'uggia seppur la risentano; non permettersi mai di criticare, nè i padroni di casa, nè gli altri invitati; non voler ecclissare per lusso gli intimi e i padroni stessi. A questo proposito noto che è bene accennare sempre, nell'invito, il genere e l'importanza della veglia, per risparmiare alle signore l'ingrata sorpresa di arrivar scollacciate con fiori in testa ad un'adunanza di matrone che fanno la calza o vestite di casa ad un concerto fra strascichi di velluto e di damasco. È brutto il vezzo di certe signore, le quali, interrogate dalle amiche sulla toletta che si conviene fare per recarsi in una data casa, rispondono vagamente, e danno da supporre che non si metteranno in lusso, mentre poi appaiono in gala. Torniamo ai doveri degli ospiti: le signorine devono esser riserbate. L'uso di certune di mettersi tutte in una specie di brigata, uso invalso da poco, non mi sembra molto consentaneo alle leggi di cortesia - quello squadrone giovanile, in virtù del viribus unitis, va, viene, schiamazza, si permette molte licenze, concentra in sè tutta l'allegria della festa, lasciando babbi e mamme a sbadigliare: capisco che alle ragazze piaccia stare insieme, ma ci vuol misura. Le signore giovani e belline debbon resistere alla smania di sequestrare i signori, smania che partendo da un pochino di vanità, dalla speranza d'esser detta la più corteggiata, molte volte finisce col cagionar dei guai ed esser fonte di maldicenze, discordie e dispiaceri. Non si condurrà mai a veglia, nemmeno da intimi, un'amica od ospite senza averne chiesto licenza ai padroni di casa. So d'una signora la quale, avendo trascurata questa formalità, vide la ragazza, da lei presentata, accolta in tal modo da rimanerne altamente confusa. Quella ragazza era di tempra molto delicata e suscettibile: quando capì d'aver fatto una sconvenienza e si vide umiliata dalla glaciale freddezza della padrona di casa, volle andarsene ed appena fuori ebbe un assalto di dolore così terribile da far temere per la sua ragione. Quella padrona di casa aveva torto rispetto alla cortesia umanitaria, ma rispetto alle abitudini era nel suo diritto. S'intende che trattandosi di parenti, questa norma non regge: in villa poi è sempre lecito condur seco i proprii ospiti. Riguardo alla partenza, è poco gentile darne il segnale troppo presto, sì da provocar lo scioglimento della brigata - scortesissimo andarsene appena preso il the, quasi non si fosse venuti che allo scopo di rimpinzarsi - mal fatto anche il non andarsene quando il massimo numero degli ospiti è partito, tanto più se è necessario che tutti quelli che scendono siano accompagnati per le scale dalla servitù di casa, sicchè questa abbia a scendere e salire venti volte. Una signorina non va mai a veglia senza l'uno dei genitori: nel caso che nessuno dei due potessero accompagnarla deve essere specialmente affidata ad una signora, disposta a fare da chaperon. Però è meglio rinunzi ai divertimenti piuttostochè mostrarsi sempre con altri. Una signora, di cui il marito è assente e che non ha padre, zio, fratello o cognato che lo surroghi (i cugini non valgono), dovrà astenersi dalla società: però può recarsi a certe veglie con un'amica ed il marito di lei ed anche - tengo ciò da una distinta signora parigina - anche presentarsi sola, venendo molto presto, così da essere già in salotto al giunger degli altri ospiti. Una zitellona può condursi come una signora; sarà meglio però che sia sempre con qualche amica maritata. Madre e figlia, che non abbiano in famiglia nessun uomo, possono recarsi insieme alle veglie. Darò altri ragguagli nel capitolo che tratterà vari tipi della società e dei rapporti speciali fra indvidui. Un'ultima parola. I giovanotti non faccian nè gli uomini serii nè i Don Giovanni, suscitando gelosia e forse dispiaceri alle persone che corteggiano con ostentazione. Gli uomini serii siano meno serii che possibile, i babbi si mostrino pazienti e clementi, non tengano sospesa sul capo delle loro donne la minaccia della partenza, come nuova spada di Damocle, le mamme procurino di tener gli occhi ben aperti e di adattarsi presto a far i fiori di spalliera: non piglino per buona moneta certi inviti, certi complimenti con cui si vuol indurle a ballare; però se mai la passione del ballo le domina, ballino qualche polka in piccola brigata non in una gran festa. Ballare e custodire una signorina son cose che non vanno d'accordo.

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