Se A e B coincidono, il segmento AB si riduce all’unico punto A e dicesi segmento nullo. In tale ipotesi la linea di azione e il verso risultano indeterminati, ed è questo l’unico caso in cui i due segmenti orientati opposti AB e BA coincidono.
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Codeste tre coppie di piani paralleli determinano un parallelepipedo di diagonale AB e di spigoli AB 1, AB 2 , AB 3, talché si ha
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Il quadrangolo AB'BB" è un parallelogramma di diagonale AB e di lati AB', AB", cosicché si ha
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., per indicare che AB e PQ sono segmenti equipollenti, si scriverà AB = PQ.
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Dalla definizione di equipollenza risulta altresì che due segmenti equipollenti coincidono se hanno l'origine (o l'estremo) comune; e che, assegnati ad arbitrio un segmento AB e un punto P, esiste sempre ed è unico il segmento PQ equipollente ad AB ed avente l'origine P.
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L’equipollenza dei segmenti orientati gode, per la stessa sua definizione, delle proprietà fondamentali dell’eguaglianza, cioè: 1°) ogni segmento è equipollente a se stesso (proprietà riflessiva); 2°) se AB è equipollente a PQ, PQ è equipollente ad AB (proprietà simmetrica); 3°) due segmenti equipollenti ad un terzo sono equipollenti fra loro (proprietà transitiva).
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Le traiettorie di A e B son per ipotesi le semirette OX e OY, talché, considerata l’asta in una generica posizione AB, il corrispondente polo I sarà l’intersezione delle perpendicolari alle OX, OY in A e B rispettivamente. Di qui risulta che il quadrangolo OAIB, avendo due angoli opposti retti, è iscrittibile cosicché il segmento AB è, in ogni sua posizione, visto dal corrispondente polo sotto l’angolo costante β = π - α. Perciò la rulletta (luogo (luogo dei poli sul piano solidale con AB) è un arco circolare di estremi A e B, capace dell’angolo β. Per la iscrittibilità del quadrangolo OAIB, la circonferenza c di codesto arco passa, qualunque sia la posizione di AB, pel punto fisso O; e per la perpendicolarità delle corde OA, AI, (come pure delle OB, BI) i punti O ed I riescono, per ogni posizione di AB, diametralmente opposti sulla c; onde si conclude che I si mantiene, rispetto ad O, a distanza costantemente uguale al diametro di c; cioè la base è un circo della circonferenza γ di centro O e raggio uguale al diametro di c.
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Condotta allora la semiretta OX' opposta ad OX, si immagini che l’asta AB, proseguendo il suo moto al di là della posizione OB, dianzi considerata, scorra con l’estremo A lungo O X' e con l'estremo B ancora lungo la OY.
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Perciò una punta scrivente, fissabile in un punto a piacere dell'asticella AB o dei suoi prolungamenti, descrive sul piano, al muoversi di AB, un’ellisse.
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Scelte le guide come assi coordinati e preso sul segmento AB o su uno dei suoi prolungamenti un punto qualsiasi P, poniamo AP = b, PB = a (immaginando, ad es., orientata la AB da A verso B). Se indichiamo con Θ l’angolo delle due rette orientate AB ed OX, abbiamo
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. - Si consideri un antiparallelogramma, cioè un quadrangolo piano intrecciato ABCD a lati opposti uguali (AB = CD, AC = BD), e lo si immagini a lati rigidi ed articolato, cioè dotato di cerniere nei vertici.
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D’altra parte i due triangoli IAB, IDC sono eguali, tali essendo (oltre agli angoli in I opposti al vertice) gli angoli in B e in C e i lati AB, CD per la definizione stessa dell’antiparallelogramma. Ne segue IA = ID, IB = IC, donde
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Importa fissare il contenuto geometrico di questa definizione: se ci riferiamo al caso generale in cui AB non è nullo, né allineato con P , il momento M, applicato a P, è normale al piano PAB e destrorso rispetto ad AB ed ha lunghezza eguale all’area, del parallelogramma costruito su PA ed AB, ossia al prodotto della lunghezza v del vettore applicato per la distanza di P dalla sua linea d’azione.
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Nei casi esclusi, in cui AB è nullo, oppure ha la linea d’azione passante per P, è senz’altro manifesto (n. 21) che il momento M è nullo.
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Assumiamo per origine degli assi di riferimento il punto medio Ω del segmento AB, l’asse Ωξ, coincidente colla base, volto verso B, e l'asse Ωη volto dalla banda della rulletta. Il raggio di questa si designerà come dianzi, con a.
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Negli ingranaggi reciproci (n. 50), il profilo ABCDE di un dente si fa per lo più constare di quattro parti, di cui due laterali AB, CD simmetriche rispetto al raggio mediano e due d’estremità BC, DE.
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Va tenuta presente la convenienza di distinguere AB in due tratti: il fianco che è la porzione AH interna alla circonferenza primitiva, e la costa HB che è la parte rimanente, esterna a tale circonferenza.
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c)Il tipo preferito (per la ragione che indicheremo tra un momento) è quello così detto a evolvente, in cui AB è un arco di evolvente (di una circonferenza concentrica e interna alla primitiva).
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Si consideri il moto rigido piano definito da un segmento i cui estremi A e B descrivono due cerchi eguali; si supponga che la distanza fra i centri O, O' dei due cerchi sia eguale al segmento mobile AB. Dimostrare che, se AB è inizialmente parallelo ad OO', il moto si riduce ad una semplice traslazione; escluso questo caso particolare, le traiettorie polari sono due iperboli eguali, sempre simmetricamente situate rispetto alla loro tangente comune nel centro istantaneo di rotazione.
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. - I segmenti equipollenti a un dato segmento orientato AB sono ∞3, uno per ciascun punto dello spazio preso come origine, ed hanno comuni la lunghezza, la direzione e il verso. L’ente astratto che si può far corrispondere a questa classe di ∞3 segmenti orientati, cioè l’ente geometrico caratterizzato dalla lunghezza, dalla direzione e dal verso di AB (astrazion fatta dalla sua origine)dicesi vettore.
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Tale operazione consiste infatti nell’eseguire successivamente le due operazioni elementari seguenti: aggiungere al sistema che si considera i due vettori applicati (direttamente opposti) CD, D C; sopprimere dal sistema così ottenuto i: vettori AB e DC.
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. - Siano P 1, P 2, P 3 tre punti dello spazio non situati in linea retta e consideriamo dapprima un solo vettore applicato AB,coll’origine A non situata sul piano P 1, P 2, P 3. Dal n. 14 sappiamo che il vettore AB può allora decomporsi in tre vettori concorrenti in A e aventi per linee d’azione la rette AP1, AP 2, AP 3. Trasportiamoli lungo tali linee d’azione fino ad avere le origini rispettivamente in P 1, P 2, P 3 . Il vettore AB è così ridotto (con sole operazioni elementari) a tre altri aventi le origini nei tre punti assegnati.
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Facilmente si vede che tale riducibilità del vettore AB è sempre possibile, anche se l’origine A è situata nel piano P 1, P 2, P 3,senza che vi appartenga la linea d’azione, oppure se AB è tutto situato nel piano suddetto. Infatti, nella prima eventualità, basta spostare il vettore lungo la sua linea d’azione: l'origine A esce allora dal piano P 1, P 2, P 3 e si rientra nel caso precedente. Se poi AB appartiene al piano P 1, P 2, P 3 delle tre rette AP 1, AP 2, AP 3 due almeno sono certamente distinte, per es. AP 1, AP 2;il nostro vettore si può allora decomporre (n. 14) in due (di cui uno eventualmente nullo), appartenenti a queste due rette, e quindi trasportabili in P 1, P 2;la riduzione è così effettuata, risultando di lunghezza nulla uno (o eventualmente anche due) dei tre vettori applicati in P 1, P 2, P 3.
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Per convincersene nel caso più banale possibile, si supponga di prendere come unità di misura delle aree il quadrato di lato k (anziché di lato 1): allora l'area del rettangolo di dimensioni a e b è dato da anziché da ab.
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Si consideri un anello pesante P, scorrevole lungo un filo, flessibile e inestendibile, fissato agli estremi in due punti A e B; e si supponga che la lunghezza l del filo sia > AB. Ci proponiamo di determinare le posizioni di equilibrio dell’anello.
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Perciò, immaginando di far ruotare intorno ad AB il piano considerato, si può assimilare l’anello P ad un punto vincolato a muoversi all’interno o sulla superficie dell’ellissoide di rotazione E di fuochi A, B e di asse maggiore l.
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Si può anche aggiungere, designando con N l’intersezione di OM colla corda AB, che G deve appartenere al segmento MN.
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Per il caso particolare α = π/2 (semicirconferenza) AB = 2r, S = πr e risulta
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Se si osserva che 2rsinα è la lunghezza della corda AB, si ha da ultimo l’equazione
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Il baricentro di un trapezio ABCD si trova sulla retta (diametrale) EF, che congiunge i punti medi E, F delle basi AB e CD. Diviso il trapezio in due triangoli mediante una diagonale, si applichi la proprietà distributiva e la regola dei momenti rispetto a ciascuna base per dimostrare che le distanze del baricentro G o dalle due basi stanno tra loro nel rapporto essendo a e b le lunghezze delle basi. Da ciò la seguente costruzione si prolunga AB di una lunghezza BH = DC e CD nel verso opposto di una lunghezza DK = BA. Il baricentro G è il punto di intersezione di EF con HK.
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AB dϖ.
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AB. PA 2. dω;
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danno (in lunghezza col loro valore assoluto, in verso col loro segno) le proiezioni del segmento orientato AB sugli assi orientati x, y, z e perciò (n. 2) non variano quando in luogo di AB si consideri un altro qualsiasi degli ∞3 segmenti orientati che rappresentano lo stesso vettore v. Di più esse forniscono tutti gli elementi caratteristici del vettore considerato: invero, in base a note formule di Geometria analitica, la lunghezza di AB ossia di v è data da
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Al potenziale di un segmento omogeneo AB in un punto P (esterno al segmento) si può attribuire l’espressione
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Di qui risulta, in particolare, che quando un pezzo di catena AB, sostenuto agli estremi, si trova in equilibrio sotto l'azione della gravità, il baricentro deve giacere nel piano verticale, passante per i due punti di sospensione.
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Un’asta omogenea AB di lunghezza l si appoggia in C ad un cilindro r ad asse orizzontale.
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Sieno AB 1, AB 2 le tracce su questo piano dei due rami della scala, C 1 C 2 la catenella che li congiunge (e che supponiamo situata nel piano). Le forze che sollecitano ciascun ramo si possono ridurre a quattro. E precisamente, per AB 1: il peso p 1; una forza R 1, applicata in B 1, (risultante delle reazioni dei due appoggi); una forza F applicata in A, proveniente dal collegamento (a cerniera) coll’altro ramo; una trazione orizzontale esercitata in C, dalla catenella; per AB 2: il peso p 1; una forza R 1 applicata in B 2; le due forze - F e - τ applicate rispettivamente in A e in C 2. (Che la forza applicata in A, e proveniente dal collegamento col primo ramo, sia – F segue dal principio di reazione; che quella applicata in C 2 sia - τ si riconosce combinando il principio di reazione colla circostanza, già più volte invocata, che, in prima approssimazione, la forza si trasmette inalterata da un estremo all’altro di un filo teso).
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Dicasi l la lunghezza di ciascuna trave, λ (l) quella dei tratti AB', CD', e μ (λ) quella dei tratti BC', DA', con che il rettangolo d’appoggio ha i lati l + λ, λ + μ.
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Un argine rettilineo a sezione trapezoidale ABCD è alto h e largo d alla sommità; ha una parete verticale (in sezione AB) e una scarpa (in sezione CD) inclinata sulla verticale di un angolo α, sicché la lunghezza della base è
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Naturalmente, per lo sforzo Φ A che una generica asta AB subisce dal nodo A e l’azione Ψ AB che l’asta stessa esercita sul nodo (forze interne al sistema) vale il principio di reazione, talché avremo
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Ψ AB = - Φ A.
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Ψ AB = - Φ A.
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una generica asta AB dalle forze (applicate agli estremi)
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cioè la risultante Φ * A della forza esterna R A , e dello sforzo Φ A , agenti sull’estremo A dell’asta AB, gode, rispetto alla Ψ*, della proprietà caratteristica delle forze interne, e si può quindi interpretare essa stessa come uno sforzo.
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Come postulato caratteristico dei fili, ammetteremo il seguente principio statico, che ha carattere di immediata evidenza fisica: Condizione necessaria e sufficiente per l’equilibrio di un tratto AB di filo flessibile e inestendibile, sollecitato esclusivamente da due forze F 1 , F 2 applicate agli estremi, si è che le due forze siano direttamente opposte e dirette verso l’esterno di AB.
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che deve essere soddisfatta in ogni punto P interno all’arco AB di funicolare e, che assicurando l’equilibrio di ogni elemento materiale (e quindi di ogni tratto finito) del filo, riassume in sé tutte le condizioni indefinite.
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esprimerà la equipollenza dei due segmenti orientati AB e A'B' ossia (se A, B, A' non sono allineati) il fatto che il quadrangolo ABB'A' è un parallelogramma.
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E così, per la la faccetta terminale in B, indicando con l la lunghezza dell’arco AB di direttrice
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Una di esse AB è fissa e orizzontale; le altre sono disposte simmetricamente rispetto alla verticale del punto medio di AB. Mostrare che l’esagono sta in equilibrio se si applica al punto medio M del lato opposto ad AB una forza 3p verticale verso l'alto.
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In accordo con questa convenzione, il segmento orientato AB si chiamerà anche vettore v applicato in A; ed anzi nel séguito ci atterremo generalmente a questa nuova denominazione, piuttosto che a quella usata sin qui di segmento orientato.
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