Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: ab

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Plico del fotografo: trattato teorico-pratico di fotografia

519398
Venanzio Giuseppe Sella 17 occorrenze
  • 1863
  • Tipografia G.B. Paravia e Comp.
  • Torino
  • Fotografia
  • UNIPIEMONTE
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mn indica una superficie piana, per esempio uno specchio, AB indica il raggio incidente, BC indica lo stesso raggio riflesso dalla superficie, BD è una perpendicolare alla superficie, che chiamasi normale. L’angolo di incidenza è l’angolo ABD, mentre CBD è l'angolo di riflessione. Quando la luce cade perpendicolarmente sulla superficie, i raggi di incidenza e di riflessione sono nulli e si confondono insieme.

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che si suppone prolungata nel prisma; lo stesso pennello luminoso nel sortire dalla faccia opposta AB per ritornare nell'aria devia nuovamente dalla sua direzione, ma, invece di avvicinarsi alla perpendicolare p’i’ se ne allontana, e così i raggi luminosi sono piegati, rifratti verso l’altra faccia, o la base del prisma. La deviazione crescerà col crescere dell’angolo della sommità A, che è l’angolo rifrangente del prisma, e col crescere della forza rifrangente della sostanza che compone il prisma.

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Così CaC rappresenta l’apertura angolare della lente L, mentre 2 (aCb) è l’angolo che inchiude il campo della veduta, supponendo che ab sia la semigrandezza della immagine prodotta dalla lente.

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Sia la retta AB, avanti cui si pone la lente mn col diaframma SS, i raggi che partono dalla retta non possono tutti arrivare alla lente, ma solamente quelli che partono dalla porzione A' B', perchè per tutta la retta il diaframma è troppo distante; all’opposto il diaframma è troppo vicino alla lente affinchè i raggi, che vengono dalla porzione A" B", possano stendersi sopra tutta la superficie della lente, pei quali una parte notevole di questa è resa affatto inattiva.

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I raggi che partono dal punto p, e che cadono sulla lente anteriore AB dell’oggettivo ABDE, sono rifratti in modo, che senza il diaframma mm cadrebbero tutti in f; ma essi incontrando la lente di dietro nella posizione hk vengono maggiormente inclinati verso

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Cioè: del fascio luminoso, che ha la sua origine nel punto R e che cade sulla lente AB, una maggior quantità sarà ricevuta dall’apertura del diaframma se questo è posto nell’interno dell’oggettivo, che non quando fosse posto avanti ad esso, perchè il diaframma interno mm riceve raggi rifratti che hanno già percorso un certo cammino per cui sono già molto condensati, e li trasmette alla lente posteriore, che li concentra tutti nel punto f", e siccome la luce centrale si può ammettere che sia la stessa, sia che il diaframma si ponga avanti oppure nell’interno dell’oggettivo, ne segue che la luce che illumina l’immagine è più uniforme dal centro alle estremità, mettendo il diaframma nell’interno dell’oggettivo, che non mettendolo avanti ad esso. La più conveniente posizione del diaframma non è esattamente nel mezzo tra le due lenti, ma, come venne dimostrato dal sig. Rothwell, quella che divide la distanza tra di esse nel rapporto delle loro lunghezze focali.

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Se si presenta la camera oscura ad un oggetto AB, si produce un’immagine di esso, ab, la quale è rovesciata, perchè i pennelli luminosi, che divergono da un punto A, al di sopra del prolungamento dell’asse della camera oscura pp, tagliano quest’asse nell'entrare nella camera oscura, e vanno a coprire una piccola area in a nel vetro spulito, producendo ivi l’immagine di A. I pennelli luminosi divergenti dal punto B nel penetrare nella camera oscura tagliano l’asse in direzione opposta, e vanno a formare una immagine di B in b. Tolti i pennelli luminosi che partono da ogni punto dell’oggetto AB, si comportano in modo analogo, e la somma delle immagini di questi punti è l'immagine dell’oggetto. E questa immagine è tanto più nitida, quanto più il vetro spulito si mette vicino all'apertura, perchè, per causa della divergenza, i pennelli che partono da ciascun punto dell’oggetto coprono un’area, nel vetro spulito, tanto più grande quanto più lontano questo si trova dall'apertura che introduce la luce.

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Infatti sia AB la negativa a copiare, FG la lente dell’oggettivo e P un punto trasparente della negativa.

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Sia AB un oggetto posto avanti all’occhio; i raggi di luce divergenti dai punti AB saranno resi convergenti dalla rifrazione nell’umor acqueo che li avvicina all’asse ottico. Una maggior convergenza riceveranno i raggi entrando nel cristallino, e sarà ancor maggiormente accresciuto il loro ravvicinamento intorno all’asse, passando essi nell’umor vitreo, e così, coll’azione combinata dell’umor acqueo del cristallino e del vitreo, i raggi divergenti da un punto A dell’oggetto, che penetrano nell’occhio, concorrono in uno stesso punto a, ed i raggi provenienti dal

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Perciò l’immagine ab, che risulta da un simile andamento di tutti i raggi che vengono dall’oggetto AB, sarà sulla retina e rovesciata.

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Se si osserva l’oggetto AB sotto l’angolo visuale AoB, ossia sotto l’angolo formato dagli assi secondarii tirati dal centro dell’occhio alle estremità opposte dell’oggetto, si troverà che se l’oggetto si avvicina l’angolo cresce, e decresce se l’oggetto si allontana sino ad A’ B’, per esempio. Nel primo caso l’oggetto si giudica vicino, e più distante nell’altro caso, e ciò perchè la grandezza dell’immagine proiettata sulla retina è relativa alla grandezza dell’angolo visuale.

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Se AB sono due punti di un oggetto, gli occhi guardando A non veggono che confusamente B, e reciprocamente. Ma l’osservatore quasi non si accorge di ciò, perchè gli occhi con estrema rapidità e precisione dirigono successivamente i loro assi sopra entrambi questi punti, e sopra i punti intermedii. Dallo sforzo dei muscoli per ottenere gli angoli ottici differenti LAR, LBR, ecc., giudichiamo della distanza di ciascun punto dell’oggetto. Direbbesi che coi due occhi noi formiamo una rapida misura trigonometrica, la distanza di essi essendo la base del triangolo, mentre la convergenza degli assi determina gli angoli richiesti; e così otteniamo una esatta idea della distanza che, riferita alla grandezza conosciuta degli altri oggetti circostanti, ci fa conoscere la grandezza dell’oggetto che si osserva. Quando l’oggetto che si osserva coi due occhi è poco distante, i due assi ottici dovendo convergere verso l’oggetto, ne risulta che la prospettiva è notevolmente diversa per ciascun occhio, ossia ne risulta che le due immagini dell’oggetto sono dissimilari. Ciò è facile a constatarsi, osservando un oggetto vicino ora con un occhio, ed ora con un altro. Questa dissomiglianza delle due immagini è principalmente quella che cagiona la sensazione del rilievo nella visione binoculare.

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Se noi supponiamo ora che la lastra di vetro smerigliato sia parallela alla retta AB, la retta Oo che è parallela ad AB sarà anche parallela alla lastra, epperciò il punto o sarà posto ad una distanza infinita. Il punto di incontro delle immagini di AB, CD e di tutte le loro parallele sarà dunque ad una distanza infinita.

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Infatti, suppongasi un piano verticale che passi per AB e per O, questo piano comprenderà la verticale Oo, e siccome questa taglia il vetro in o, ne segue che questo piano verticale passante per AB ed o taglierà il vetro secondo la retta Ao; ora io dico che l’immagine di AB si farà sul vetro più o meno nitida secondo Aob’.

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AB,CD due rette parallele nell’oggetto che si vuole riprodurre.

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Supponiamo che il vetro smerigliato sia enormemente largo, infinito, che la retta AB incontri questo vetro in A e CD in C. Se si immagina calata da O la verticale Oo tagliante il vetro in o, egli è chiaro che l’immagine di AB si farà sulla retta Aob’.

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L’immagine di AB non può dunque essere fuori del piano che passa per AB e per o, essa deve dunque essere sul vetro sopra la retta Aob’. Similmente l’immagine di CD deve essere sopra Cod’ che passa pel punto C in cui CD taglia il piano del vetro e per o, in cui la verticale calata da O taglia il vetro.

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