Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Giacomo l'idealista

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De Marchi, Emilio 2 occorrenze

. - Di là, verso il pozzo, in una stanza, detta ab antiquo la stanza delle cipolle, perché pare che una volta servisse di deposito a queste tenere "del pianto umano antiche eccitatrici". E una reminiscenza di quel lacrymae rerum , si sente ancora quando si tien chiuso un pezzo. Giacomo, nella contentezza di rivedermi, ritrovava la vena umoristica, che ai tempi beati faceva di lui uno dei meno rumorosi, ma dei piú amabili compagni. Mentre compivo la mia semplice pulizia, mi presentò Blitz, il degno Blitz, e volle che riconoscessi negli occhi gialli e mesti del vecchio barbone bastardo l'espressione del filosofo, scettico seguace di Pirrone, che vi era trasmigrato. - Alle volte penso che possa essere lo spirito stesso di Epicuro che mi ascolta. Vedessi come sta attento quando gli leggo le mie bozze di stampa! - E la chitarra la suoni ancora? - Pende muta dal salice . - E ti ricordi i famosi caffè che ci servivi nel gamellino? - Il caffè del gamellino è una dissipazione che mi concedo ancora insieme a peppinetta - disse levando da un taschino della carniera una pipa corta e tozza, che fece saltare nel palmo della mano. Poi soggiunse: - Ora ti presenterò alla mia famiglia. Vedrai gente cosí vicina alla natura che quasi ne mostra il sasso.

L'arca santa, cioè il carrozzone foderato di stoffa color castagna colle frangie bianche, dondolante sulle ampie molle, coi passamani guarniti di fiocchi, coi terribili draghi azzuffantisi sulle portiere, usciva ab ímmemorabili due volte per settimana, tempo permettendo, ogni martedí e ogni sabato, affidato alla prudenza di Rebecchino, invecchiato anche lui come una castagna secca nella livrea, che gli faceva un guscio troppo largo. Al martedí uscivano dalla parte del bosco, facevano una piccola sosta alla Madonnina, dove scendevano a salutare Maria Santissima, comperavano dodici biscotti freschi alla bottega del Caminada, e col trotto sempre uguale dei due pesanti cavalli ritornavano a casa dalla parte del molino. Al sabato la carrozza usciva dalla parte del molino e allora i biscotti li comperavano prima di salutare Maria Santissima. Donna Gesumina, nella sua vecchia innocenza molto ben conservata, riconosceva volentieri nella sorella maggiore, che era stata fidanzata tre mesi al povero marchese Caccianino, l'autorità d'interloquire in molte cose delicate, che sfuggono all'inesperienza d'una zitella; e per parte sua, donna Adelasia, mentre si sentiva lusingata da questa affezione rispettosa e sottomessa, parlando della vecchia ragazza, usava un tono di dolce compatimento, come si fa coi bimbi che hanno bisogno di protezione. Quantunque facessero la vita in comune, si alzassero alla stessa ora, bevessero e mangiassero insieme nello stesso salotto e discutessero insieme col Rebecchino su quel che si aveva a preparare in occasione degli inviti straordinari, pure era tale la deferenza di donna Gesumina per donna Adelasia che, senza accorgersi, vedeva, pensava e parlava colla volontà della sorella; fin al punto che, se questa sentivasi la bocca amara o una trafitta in una gamba, pareva anche a lei d'aver la bocca amara e la gamba indolenzita. Questa fusione di due anime e di due corpi, consolidata da cinquant'anni di vita comune, era diventata cosí intima e omogenea che le due vite non facevano piú che un metallo solo, il quale, toccato, dava un suono solo, perché le vibrazioni dell'una non potevano essere che le vibrazioni dell'altra. Non era possibile, per esempio, che una cioccolata avesse fatto peso all'una e non all'altra; o che l'una sentisse il bisogno di prendere due dita di magnesia calcinata, senza che questo bisogno non ci fosse anche dall'altra parte. Se non oggi, avrebbe fatto bene domani. Le due signore stavano nel gran salone a pian terreno verso la corte, che serve di galleria ai ritratti degli illustri antenati, dove passavano gran parte delle loro tranquille giornate. Donna Gesumina, per rompere la tetraggine del tempo, ripeteva sul pianoforte le vecchie variazioni sul "Carnevale di Venezia", ch'era stato il suo piccolo trionfo all'Accademia finale nel Collegio delle dame inglesi, la bellezza di quarant'anni fa; quando donna Adelasia che ricamava a un telaio presso la vetriata, sorse improvvisamente a dire: - Guarda un po', Gesumina, chi arriva con questo tempo. La carrozza di donna Cristina entrava in quel momento nel cortile sotto una pioggia fitta. Le due dame, che non aspettavano anima viva in un giorno come quello, quando ebbero riconosciuto nella signora elegante, che discendeva, la bella figura della loro cognata, mandarono una esclamazione sola: - Che cosa può essere accaduto? E ancora piú si sgomentarono quando, dal passo incerto, dal pallore, dall'affanno con cui la contessa entrò in sala, capirono che qualche cosa di grosso era nell'aria. - Donna Cristina, con questo tempo? non è mica successa una disgrazia . Donna Adelasia invitò la parente a prendere posto nell'angolo a destra, dove essa soleva ricevere il lunedí e il mercoledí. Donna Gesumina riceveva ogni giovedí nell'angolo a sinistra. Le piccole differenze d'opinione e di metodo potevano far nascere delle diffidenze, ma scomparivano nel gran rispetto che le due dame avevano per la virtú di donna Cristina di San Zeno, nipote d'un vescovo, una delle piú specchiate signore della buona nobiltà; e quand'anche maggiori e piú crude fossero state le loro diffidenze, sarebbero scomparse allo stesso modo nel cerimoniale largo e ospitale, con cui le vecchie dame continuavano le tradizioni della casa con quel bel decoro che va cedendo il posto, pur troppo, a un borghesismo senza elevatezza e quasi senza dignità. Le tre signore, dopo aver ben osservato che le porte fossero chiuse, rimasero una mezz'ora in vivo e segreto colloquio. Quando la contessa ebbe esposto il caso, che l'aveva condotta a Buttinigo, con quella delicatezza di parole che il rispetto a sé stessa e alla religione delle parenti esigeva, tornò a piangere cosí amaramente da far temere una crisi di nervi. Donna Adelasia afferrò subito la gravità della disgrazia e sospirò una breve orazione; e, dopo aver congiunte le mani due o tre volte in atto di scongiuro, vedendo che la contessa era in procinto di perdere le forze, si mosse, levò colle mani tremanti da uno stipo intarsiato la boccetta dell'acqua di cedro, ne riempí tre bicchierini di cristallo, e insistette perché ne bevesse anche la Gesumina. - O Madonna beata, e ci sarebbe forse già il carro davanti ai buoi? - chiese la maggiore delle due sorelle. Donna Gesumina, che nella sua semplicità di spirito non poteva entrare in tutta la gravità di questi buoi e di questo carro, volendo con una frase interrompere quel pianto nervoso, che le straziava il cuore, provò a dire: - Non si potrebbe intanto far fare una bella novena alla Madonna? - Taci, taci - rimproverò con fare tra il burbero e il compassionevole la sorella maggiore, accompagnando le parole con un gesto che pareva dire: - Ci vuol altro che novene adesso! Gesumina capí che non era il suo posto, e si ritirò in disparte per permettere alle due dame di parlar piú liberamente. - Se Giacinto fosse un servitore - riprese donna Adelasia, interpretando il lungo silenzio della contessa come una confessione - se fosse il figlio d'un fattore, o che so io? un esercente, un professionista, il suo dovere, anche davanti alla nostra santa religione, sarebbe di sposare la ragazza, coûte qui coûte.-. Chi è causa del suo mal pianga sé stesso, ha detto Metastasio; ma nella sua condizione sociale il caso è piú difficile: un conte non può mica sposare una cameriera. - Sicuro, Madonna benedetta! - fece dal suo cantuccio donna Gesumina, che cominciava a capire qualche cosa. - Noi abbiamo dei doveri non solo verso i vivi, ma anche verso i morti e verso quelli che verranno. Per la colpa d'un povero ragazzo, che sarà stato tirato nelle tentazioni, non si possono sacrificare le tradizioni e il decoro di due antichissime famiglie. Non si scherza! Che cosa dirà monsignor vescovo e nostra cugina monaca .? - Che ora voglion nominare superiora! - completò Gesumina, che pareva un'anima smarrita nello spazio vuoto del salone. - Ci sono doveri e doveri, non è vero, donna Cristina? - insinuò donna Adelasia. - Ho io mancato al dovere di madre? - uscí a dire con appassionata tristezza la contessa, a cui la parola dovere risvegliò quasi nell'animo un acerbo risentimento. - Fu appunto per educare mio figlio a sentimenti elevati di virtú e di dignità che ho combattuto tutta la vita. La nobiltà ha i suoi doveri, sí, donna Adelasia; ma nessun dovere si compie bene, se manca la forza morale e l'educazione della mente. Se qualche volta ho potuto sembrare rigorosa verso questo disgraziato, era per tentare di sottrarlo con tutte le mie forze alla decadenza fatale che ci perseguita e al contagio degli oziosi suoi pari. Sono stata troppo superba e Dio mi ha castigata. Il tono doloroso, non privo di dignità, col quale donna Cristina pronunciò queste parole, sgomentò non poco le due vecchie zitelle, che, incapaci dientrare colle loro piccole cuffie in un concetto superiore, si affrettarono a chiedere mille perdoni, dimostrando che ci doveva essere stato qualche malinteso nelle parole. - Io non ho detto, cara contessa, che qualcuno abbia mancato al suo dovere. Parlavo dei doveri del nostro ceto . - Che cosa si può fare per salvare Giacinto? - chiese la madre, stendendo la mano in segno di pace a donna Adelasia. I progetti messi innanzi e discussi furono molti. Prima d'ogni cosa, bisognava fare in modo che il conte non ne sapesse nulla, perché nelle condizioni precarie della sua salute, sarebbe stato come un dargli una pugnalata. Non meno necessario era di tener celato il disonore della casa a monsignor vescovo e a tutti i San Zeno, che avrebbero potuto disinteressarsidel povero ragazzo e danneggiare col suo anche l'avvenire di Enrichetta. Infine la prudenza voleva che la ragazza fosse allontanata subito, con un bel pretesto, dalla casa, dove la sua presenza diventava sempre più pericolosa e occasione di scandalo; e poiché un pretesto lo si trova facilmente, sarebbero venute esse stesse al Ronchetto a chiedere la ragazza in prestito per qualche tempo colla scusa di farsi aiutare a finire un certo padiglione di seta, che avevano promesso all'altare della Madonna per la prossima festa del centenario. Anzi, per semplificare di piú l'impresa e per non suscitare inutili discorsi, al prossimo martedí l'avrebbero aspettata alla Madonnina della Noce, dove sarebbero andate colla carrozza a prenderla. E rimasero in quest'accordo.

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