Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: ab

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

L'orto in cucina - Almanacco 1886

300620
Dottor Antonio 2 occorrenze
  • 1886
  • Casa Editrice Guigoni
  • Milano
  • cucina
  • UNIFI
  • w
  • Scarica XML

I Latini cominciavano il pranzo coll'ovo (da ciò il proverbio ab ovo) e finivano colla mela, che poi venne surrogata dal finocchio per lasciare alito buono. Nel finocchio alligna un verme che riesce micidiale; abbiamo tuttora il proverbio a Roma: Guardati dal malocchio e dal verme del finocchio. Frumento. — (Triticum, frumentum). Mil. Forment. - Fr. Frument. - Ted. Weitzen. - Inglese Wheatgrass. Il paese originario del frumento, non si conosce, perchè non si è mai trovato allo stato selvaggio. Vi sono molte specie e varietà di frumento a seconda dei paesi, del clima e delle annate. Il frumento è il cereale più nobile, prezioso ed utile. È il principale cibo dell'uomo e piace a tutti gli animali. La farina del grano del frumento (vedi Farina), serve a fare il pane, le paste da minestra e da credenza, si mescola a mille manicaretti. Se ne fà colla, amido , cipria. Dal grano del frumento se ne cava birra, aquavita, spirito. La paglia serve per foraggio alle bestie e per mille ingegnose manifatture.

Pagina 040

Che i ramolacci sieno indigesti viene attestato anche da Cornelio Celso che scrive: a levibus cibis ad acres, ab acribus ad leves transire esse radicem, (raphanum) deinde vomere, lib. 3 cap. 16. Si voleva che guarisse dai calcoli urinarj. Oggi raschiato ed applicato come cataplasma attorno al collo, il popolo lo usa come risolvente nelle angine, e ne fa sciroppo che trova utile nella tosse ferina e nei catarri ostinati. I cronisti ci tramandano che il ramolaccio era la passione di Carlo Magno, passione ereditata da suo figlio Pipino. Dai nostri contadini viene chiamato : Salam de prœusa - e negli educandati - Polpett de magher. Rapa, Navone. — (Brassica rapa. B. esculenta. B. hortensis). Mil. Rava. - Fr. Navet. - Ted. Rübe. - Ingl. Turnip. Radice erbacea annuale, indigena, di patria ignota, che vuol terreno ricco, leggero, fresco. Si semina tutto l'anno, si raccoglie come la patata. Varietà: lunga dolce (hortensis) detta, quando è cotta da noi bojocch, la rotonda a radice compressa. La rapa è carnosa, dolce, di facile digestione, di sapore ignoto, e contiene il 92 % d'acqua. Si sfetta nelle zuppe, nelle minestre, si mangia condita col burro, formaggio e spezie, in salsa bianca, in insalata, si frigge. Si marita bene al montone e all'anitra. La sua semente dà olio da ardere. Dal sugo espresso e fermentato se ne può cavare spirito pure da ardere.

Pagina 071

GIACINTA

662549
Capuana, Luigi 1 occorrenze

E cominciò la relazione ab ovo parlando lentamente, riposatamente, con pause soffiate di naso, e citazioni latine. Il dottor Costa, rovesciata indietro la testa di bulldog, con la bocca e gli occhi socchiusi, pareva mezzo addormentato dalla monotona voce del collega. Il dottor Follini ascoltava attentamente, con deferenza. E di tratto in tratto, i guaiti del signor Paolo arrivavano, strazianti, a interrompere l'intercalare: veda, veda che il dottor Balbi profondeva in quest'occasione con piú frequenza del solito. Il dottor Follini non rispose nulla: volle entrare dall'ammalato. E neppure lí aperse bocca. I due vecchi colleghi si guardavano negli occhi, sorpresi dal silenzio di quel ciarlatano all'americana, com'essi già lo chiamavano fra loro. Tornati in salotto, il Follini disse: - A mali estremi, rimedi estremi; io, disperatamente, propongo il curare. Quegli altri si ammiccarono malignamente, diffidenti: - Il curare aveva detto? - È un terribile veleno - continuò il dottor Follini. - Preso per bocca, anche a grandi dosi, non produce cattivi effetti; è anzi, per le malattie nervose, un rimedio efficacissimo. Sciolto nell'acqua e iniettato nel sangue con la punta d'uno spillo intintovi dentro, uccide in pochi minuti. Stranissimi i sintomi. L'uomo o l'animale colpito prova una specie di stordimento, una stanchezza, e pare si addormenti. In una foresta del Brasile ho veduto morire cosí un indiano. La freccia avvelenata, tirata ad un uccello, gli era caduta addosso, ferendolo a un braccio. "È finita!" esclamò! E toltasi di spalla, insieme con l'arco e le frecce, la piccola scatola di bambú che conteneva il veleno, si adagiò sull'erba. Dieci minuti dopo era morto, senza il piú lieve contorcimento. Giacinta non aveva perduto una sillaba della strana narrazione. Una settimana dopo la disgrazia del suo povero babbo, trovata nel taschino della veste la boccettina che il dottore le aveva affidato per somministrare il rimedio all'infermo, provò un brivido di terrore; e se la lasciò cascar di mano, quasi avesse potuto inavvertitamente avvelenarsi. - Sciocca! Che pericolo c'è? Ripresa la boccettina, accostatasi alla finestra, osservò in pieno sole, con viva curiosità, quel pezzettino di roba scura simile a un chicco di canapuccia. - La morte! Pare impossibile! E pensava a quell'indiano che, toltisi di spalla l'arco, le frecce e la scatola di bambú, s'era sdraiato sull'erba per morire. Le pareva di vederlo, sotto gli alberi della foresta, con tanta evidenza come lo aveva descritto, il Follini. - La morte! Una morte rapida, sicura, dolce come il sonno! ... Ma che me n'importa? Oh, la vita è troppo bella; io l'assaporo appena. È fin bella anche quando è trista. Ma intanto voltava e rivoltava la boccettina contro il sole, intenta, affascinata dal chicco nerastro che poteva dare una morte dolce al pari del sonno.

Cerca

Modifica ricerca