Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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UGO. SCENE DEL SECOLO X - PARTE PRIMA

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Bazzero, Ambrogio 1 occorrenze

Noi non siamo torme di ribelli, perchè non erano torme di schiavi gli avi nostri ab antico! Dunque, cavalieri, - strinse Ugo: - dove ci riuniamo? - Dite voi. - Dite voi. - Più atto ad esplorare i movimenti che potesse fare il conte parmi il castello di messere Ildebrandino. Assentite, cavaliero? - Per la spada di Sichelmo mio! Quando, e' saranno venti anni, venne Guidaccio sul mio torrione, avevo tutti gli uomini appestati da un certo pellegrino che ospitai. «Suonate per me: i nostri figli, spero, ricorderanno questi squilli» dissi. Figli maschi non ho: io voglio rispondere, io stesso, e con me il mio Oberto! - Al castello d'Ildebrandino - disse Ugo. - Mezzogiorno è ancora lontano. Messere Aginaldo, quanto impiegate dal vostro portone a quello di Ildebrandino su un buon corridore? - Io non ho cavalli grami - morse il cavaliero: - Con qualunque de' miei in due ore vi sono. - Dunque, messeri, - comandò il capo dell'impresa: - fra quattro ore a Rupemala. - Non ho cavalli grami! - incioccò i denti Aginaldo. - Non dico questo: ne è caso vi offendiate. Ad andare al vostro un'ora, a rassegnare le armi e i vassalli un'ora e mezza, un'altra e mezza dal vostro castello a Rupemala, o forse manco, perchè le vostre scuderie hanno tanta rinomanza quanto il vostro valore. - Così fu contento anche messer Aginaldo. E si separarono. Primo a mettere il piede sul ponte di Rupemala fu Ugo. Aveva tanto osato e tanto ottenuto in quel giorno, che per ambizione audace, tentava di cancellarsi dalla mente la memoria del padre e della madre, lanciandosi colla fantasìa in un combattimento vittorioso, per fare tutta sua la gloria dell'impresa. Quei fantasmi gli rubavano! E per Dio! suo l'ardimento, sua la valentìa che gli aveva sottoposti spontanei anche i vecchi cavalieri, suo l'accorgimento, e suo l'esito... E se fosse rotta? Oh rotta no, no! Che vitupero!... Ugo entrò nel castello, perchè tosto al suo nome si aperse il portone: fu condotto in una sala d'armi, aspettò poco, osservò molto, computando quanti uomini si potessero arnesare subito con piastra e maglia, poi s'inchinò là dove la porta si spalancava. Venne innanzi messer Ildebrandino coll'usbergo sopra l'abito di pelle: e con lui un bellissimo giovane di diciotto in diciannove anni, pallido, aggraziato, più atto, a giudicare dalla sua persona, a toccare il salterio che a reggere il lanciotto del signore, come voleva il suo ufficio, e questo appariva dagli sproni d'argento. - Oberto, - disse Idebrandino, prendendolo per un braccio: - questi è il cavaliero Ugo, il quale ti farà degno della sua stretta di mano quando tu avrai la fascia sull'armi. - Non me la faceste promettere? - Oberto interrogò lo zio coraggiosamente. Si trovava di fronte a quell'Ugo che in un ultimo gioco l'aveva soperchiato in tre incontri! E quell'Ugo già aveva gli speroni d'oro! E lo zio, sperimentato cavaliero, s'inchinava a quel venuto del malanno! - Quando messere Ugo lo creda, - disse Ildebrandino. - Quando io la meriti! - interruppe Oberto. Ugo davvero incominciò ad amarlo. Vennero i cavalieri, e furono presi gli accordi per la dimane Ildebrandino con Oberto sopraintenderebbe alle macchine guerresche: messer Aginaldo darebbe gli arcieri più abili, coi capitani Guelardo ed Irnando: Baldo vi unirebbe i suoi savoiardi con Aldigero e Ugonello, al cavaliero il comando dei cavalli di retroguardia: a Gisalberto il servizio di esplorazione notte e giorno co' suoi, Oddone, Eleardo capo dei saluzzesi armati di scuri: Ugo alla testa di venti valentissime lance regolerebbe le mosse di vanguardia e d'investimento: e via, e via: i castelli non istarebbero sguerniti: si lascerebbero armi ed avvisatori in ognuno di essi. Come voleva la cortesìa delle usanze, i messeri furono convitati. Entrarono in una sala assai rozza, ma spaziosa, col tavolo fumante di mezzi capretti arrostiti, colle seggiolone coperte di pelli di lupi. Scinsero le spade, rumorosamente gittandole in un mucchio, allentarono le fibbie delle piastre e delle maglie, si lasciarono andare giù sui panconi, pure nessuno mise le mani nel tagliere, perchè un posto, e il più eminente, rimaneva vuoto. Nè attesero a lungo: si sollevò l'usciale della sala, e un paggio, affacciando mezza persona, annunziò: - Madonna Imilda. Apparve la figliuola di messer Ildebrandino e della morta Adelasia, di vaga persona e di animatissimo viso, in stretta gonna oscura, cinta su da uno scheggiale, e coperta il capo dai lati con un velo appuntato: s'avanzò salutando i convitati, e, al cenno fattole dal padre, s'assise al suo posto. A destra aveva messer Ugo, a sinistra il suo parente Oberto. Ildebrandino così la salutò: - Valenti, udite: la figliuola mia sa assai bene di leuto e canta di Carlomagno e dei paladini: operate in modo che il suo strumento abbia una corda anche per voi; e la sua bocca una voce per le vostre imprese. Amabilissima figlia, abbiateci grazia! Di poi i convitati presero l'invito non da scherzo, come ai dì nostri, e se da quegli assalti alle vivande dovevasi trarre augurio per la domane, in verità era buonissimo. La sola fanciulla non aveva tagliere dinnanzi e non partecipava all'allegrezza epulona: il che era richiesto dal suo decoro verginale. Ugo guardava... La smorta faccia di Oberto non era faccia che egli si potesse dipingere incorniciata di maglia, colla bocca che impreca ai nemici, col naso fiutante la polvere del combattimento, cogli occhi dai lustri audacissimi... Imilda, melanconica e dolcissima, aveva l'aureola dei biondi capegli, le labbra dischiuse al canto amoroso, le nari voluttuosamente ebbre come d'alito profumato, le pupille lente nel sopore placido delle visioni insidiose. Ugo guardava irresistibilmente. Il viso di Imilda gli pareva sfumasse nelle nebbie di un sogno. Che sogno? Oberto toccava il salterio: ella cantava le laudette religiose. No! no! Oberto riprendeva lo strumento e atteggiava la persona al mollissimo abbandono dell'amore. - Per l'inferno, spezzategli le corde! - Ugo con moto improvviso sorse, e si cinse la spada, poi ne morse gli elsi con potentissimo affetto. - Chi siete? - una e due volte domandò Imilda ad Ugo. - Sono il figlio di Guidinga. Imilda lo interrogò con un lungo sguardo. Ed Ugo nuovamente pensando: - Com'è il mare? - si rispose: - Dovrebb'esser come l'anima quando è in tempesta! Come l'anima quando sorge il sole! E veramente per la prima volta sorrise....

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