Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IL RACCONTAFIABE - Seguito al "C'era una volta …"

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Capuana, Luigi 1 occorrenze

Il Gessaio scese in istalla, e l'asino subito: - Aah! Aah! Aah! Aah! Aah! - Maestà, dice ... E si fermò. - Di' pure! ambasciatore non porta pena. - Dice: Se il Re mi dà la Reginotta, gli faccio vincere la guerra. - Proprio così? - Proprio così. Il Re rimase perplesso. La Reginotta in isposa a un asino coi guidaleschi e la coda mozza? Poteva mai essere? Quell'asino però non era un asino simile agli altri. - Qui c'è un mistero! - disse il Re. E radunò il Consiglio della Corona. I consiglieri, udita la cosa, si guardarono in viso; non sapevano che consigliare. Soltanto uno ebbe il coraggio di rispondere: - Maestà, io direi sì. Vinciamo, se sarà vero; poi il tempo dà consiglio. Il Gessaio riferì all'asino la risposta del Re; e l'asino: - Aah! Aah! Aah! - Maestà, dice: Prima sposare, poi andare alla guerra. Messo dalla necessità con le spalle al muro, giacché il nemico era quasi alle porte, il Re acconsentì. E l'asino fu sposato alla Reginotta, che gettava dagli occhi due fiumi di lagrime, poverina, e voleva piuttosto morire che essere moglie di quel somaraccio schifoso. - Ora vedrete, Maestà - dice il Gessaio. - Chiamate a raccolta i soldati e fate aprire le porte. Monta su l'asino con la spada sfoderata, e: - Avanti, focoso! Al solo raglio, i nemici furono presi di tale paura che non ci vedevano dagli occhi; fuggivano, lasciandosi scannare come pecore; e l'asino, salta di qua, balza di là, a furia di calci ne ammazzò più di migliaia. - Avanti, focoso!. Soldati, avanti! Insomma fu un massacro, e ci lasciò la vita anche il Re che aveva intimato la guerra. - E l'asino, Gessaio? - Maestà, il povero asino è morto in battaglia. - Tanto meglio! - esclamò la Reginotta, che non le pareva vero. - Fatelo scorticare, e portatemene la pelle. All'ordine del Re, partono gli scorticatori e trovano l'asino in mezzo ai morti, con le gambe all'aria, Cominciarono dallo scorticare le gambe davanti, ed ecco che sotto la pelle compariscono due piedi umani, che muovevano le dita quasi volessero sgranchirli. Scappano atterriti: - Maestà, dentro la pelle di quell'asino c'è un uomo vivo. Non abbiamo il coraggio di scorticarlo. Accorse, il Re, seguito dal Ministri e da tutti i cortigiani; e visto quei piedi di uomo, invece degli scorticatori, fece chiamare i chirurghi di corte perché operassero più delicatamente con l'arte loro. Ma i ferri dei chirurghi non riuscivano a staccare la pelle. - Maestà, - disse il Gessaio - qui ci vuole la mano della Reginotta; e se non fa subito, guai a voi! Il Re che ora, trattandosi di quell'asino, non dubitava più di nulla, senza por tempo in mezzo, mandò a chiamare la Reginotta. - Figliuola mia, scorticalo tu; se no, guai a noi! Aveva ribrezzo e paura; ma sentendo quel: Guai a noi!, la povera Reginotta afferrò con le dita tremanti il lembo di pelle staccato, e nel tenderlo si accorse che si staccava da sé. Allora tirò forte, e fu come se avesse strappato una coperta. Dell'asino non rimaneva più niente, e un bel giovane, riccamente vestito, si rizzava in piedi con tanto di occhi sbalorditi, quasi si destasse da un sonno profondo. - Chi sei? Quegli apre la bocca per parlare; ma invece di parole gli scappa un sonoro: Aah! Aah! Aah! un bel raglio accompagnato da gesti, e dietro, fuori dell'abito, gli s'agitava un moncherino di coda, quello dell'asino morto. Lo condussero a palazzo. Tutti ammiravano il corpo ben conformato e il bellissimo aspetto di quel giovane. Peccato che, in cambio di parlare, ragliasse! - Che si può fare, Gessaio? - Maestà, il bando prometteva: Avrà tant'oro quanto può portarne il cavallo con cui ha fatto la corsa. E io finora non ho avuto niente. - Che c'entri tu con costui? - Il suo destino vuole così. Una Maga lo incantò, mutandolo in asino, per vendicarsi dei parenti di lui che le avevano fatto un'offesa. Venne da me e mi disse: Vuoi comprare quest'asino? Dovresti darmi la moneta d'oro che ti trovi in tasca. Non te ne pentirai; a suo tempo, ti frutterà più del mille per cento. E mi spiegò ogni cosa. Se io non ho il mio oro, non posso rivelare in che modo il Reuccio può riaquistar la parola. E sappiate che costui è proprio di sangue reale. Il Re condusse il Gessaio nella stanza del tesoro. - Serviti con le tue mani; prendine quanto ne vuoi. Il Gessaio si caricò peggio d'un somaro, portò l'oro a casa sua e ritornò a palazzo. - Maestà, ora tocca a voi. Dovete, a forza di braccia, strappargli quel moncherino. Il Re si rimbocca le maniche, afferra con le due mani il moncherino, e tira, e tira, e tira; ma non c'era verso. Sudava, sbuffava, non ne poteva più. - Forza, Maestà! Tira, tira, tira; non c'era verso. - Forza, Maestà! La Reginotta, i Ministri, tutti i cortigiani che stavano attorno, vedendo gli sforzi del Re, si sforzavano anche loro quasi avessero tutti in mano un moncherino di coda; e gridavano: - Forza, Maestà! Il Reuccio, volendo gridare insieme con gli altri: Forza, Maestà! si mise invece a ragliare: - Aah! Aah! Aah! Il moncherino si strappa, e il Re, con esso in mano, batte la schiena per terra. - Grazie, Maestà! Il Reuccio parlava; l'incanto era finito. E Finisce pure la fiaba. A chi non piace, la riporti al ciaba.

GIACINTA

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Capuana, Luigi 1 occorrenze

Andrea, buttata la sigaretta nel fuoco, in piedi, si allungava, stirando in giú le braccia, aggrottando le sopracciglia: - Aah! ... Nulla impoltronisce come la fiamma del camino! Non mi muoverei di qui giorno e notte; mi lascerei rosolare, senza tirarmi indietro! E tornava a stirarsi. Nel silenzio, si sentiva soltanto il rumore dei piatti e delle posate che Marietta andava disponendo sulla tavola. - Se ti annoi, dillo pure! - insisté Giacinta, appena la cameriera uscí di nuovo. - Sei stato tutta la serata muto come un pesce, ruminando chi sa che cosa ... - Io? - Sí. Tu cominci a diventarmi strano ... Non posso piú star zitta, soffro troppo! ... T'annoi con me; confessalo! - T'inganni, t'inganni! Giacinta crollava tristamente il capo: - No, non m'inganno. Ho notato, fra gli altri, un terribile indizio. Son donna, capisci? - Quale? Andrea spalancò gli occhi, aspettando ch'ella parlasse; e le stese una mano per rassicurarla. - Hai ripreso a giocare - disse Giacinta, con aria severa. - Oh ... figurati! Però si voltava di là, un po' confuso, per evitare le di lei pupille che gli penetravano nel cuore come una lama. - Ti voglio tutto per me! ... Ti voglio tutto per me! - esclamò Giacinta. E lo accarezzava con la voce, stringendogli le mani fra le sue, non sapendo rimproverarlo altrimenti. Quegli si scusava: - È stato due o tre volte, per compiacere agli amici. Mi parve brutto rifiutare ... - E tutt'a un colpo, mostrandosi offeso, aggiunse: - Ho fatto male, ne convengo. - Non finger di fraintendere! - ella gli disse bruscamente. Nel sedersi a tavola si passava le mani sulla fronte, atterrita all'idea che, insistendo ancora, avrebbe forse potuto scoprire qualcosa di peggio, dietro quel dubbio che le rodeva da piú mesi il cervello. - Sarebbe un'infamia! - pensava. - Una cosa contro natura! ... Nel naufragio della mia vita, mi sono aggrappata a lui come a una tavola di salvezza, e me gli aggrappo di giorno in giorno piú fortemente, per passione, per gratitudine ... È nello stesso caso anche lui ... Non dovrebbe accadergli lo stesso? Marietta girava attorno, presentando le pietanze, levando via i piatti vuoti, un po' sorpresa dall'insolito silenzio che gli urli del vento, cessata la pioggia, rendevano piú tristo e piú significativo. Andrea mangiava in fretta senz'avvedersene, frugando nel cervello per trovarvi qualcosa da sviare quell'incubo; ma non trovava nulla! Il suo cervello era vuoto. E si mesceva spesso: - Il vino, forse, gli avrebbe sciolto la lingua. Scorgendo che Giacinta assaggiava le pietanze appena con la punta delle labbra, assorta chi sa da quali pensieri, sentí maggiormente aggravarsi addosso l'intero malessere che lo opprimeva: - Un bell'anniversario, davvero? Ma la colpa è di lei che ingrandisce ogni nonnulla e si foggia continui spauracchi. Diamine! ... Dopo quattro anni è naturale non si rinnovino gli entusiasmi d'una volta ... L'abitudine ammortisce le impressioni piú acute ... Ma perché non lo dico anche a lei? Perché sto muto? La pioggia ricominciava, a sbruffi, a rovesci rabbiosi, a seconda del vento. - Tempo di levante - disse Andrea. - Ne avremo almeno per tre giorni. Giacinta rizzò la testa: - Finalmente! ... Mi pareva che non avresti aperto piú la bocca! Andrea, col naso nel piatto, strappando con due dita un po' di crosta da un panino, fra un boccone e l'altro continuava: - Me lo sentivo da due giorni dentro le ossa. Un malumore, una fiacchezza! ... L'umido, m'irrita i nervi. Sono un barometro. Giacinta, per credergli e star tranquilla, avrebbe voluto potergli leggere in cuore, come in un libro. Non provocava una spiegazione perché temeva di far peggio; e sentendolo parlare del cattivo tempo, dell'umido, dei nervi, senza che la voce di lui le rivelasse altro, assentiva col capo, intanto che presentavagli il bicchiere perché le versasse un po' d'acqua. - Toh! - egli disse a un tratto. - Dimenticavo di darti la notizia che Gessi ed Elisa son tornati questa mattina dal loro viaggio di nozze. Gli ho incontrati in carrozza, all'arrivo dalla stazione. E, lieto d'aver trovato finalmente un soggetto di discorso, rideva anticipatamente di quel che stava per dire: - Sai? La Elisa (pare impossibile!) è tornata piú nera, piú stecchita; con certi zigomi, con certi denti! ... Ogni bacio dev'essere una contusione pel povero Gessi. Giacinta fece mostra di sorridere. La Marietta, per non farsi scorgere, torceva il capo: - Meno male! Un po' d'allegria veniva a galla. Le pareva fosse tempo. Ma appena intesero nell'altra stanza un rumore di passi gravi e strascicanti, si guardarono tutti e tre negli occhi. - Il conte non era dunque andato a letto? - Sí, signora contessa. Battista è in cucina. - Si sarà levato - disse Andrea. E il conte apparve in mezzo all'uscio, cosí sfigurato dalla malattia che lo affliggeva da un anno da sembrare un vecchio; il collare della camicia sbottonato, i capelli in disordine. Non riusciva ad infilare una manica del vestito. Entrò curvo, un po' barcollante; ma la tavola apparecchiata, coi bicchieri e le posate che scintillavano, col vino che accendeva nelle bottiglie trasparenze di rubino, gli fecero alzar la testa. - Oh, bene! Oh, bene! Batteva le mani, avanzandosi verso la tavola con passo mal fermo, facendo scoppiettare le labbra, come se già masticasse qualcosa. - Qui - gli disse, Andrea, cedendogli il suo posto. Marietta era mortificata: - Quello scimunito di Battista! E voleva scusarsi, per la sua parte, parlando alla padrona sotto voce, guardando il conte che s'era messo subito a mangiare nello stesso piatto di Andrea. - Ho capito, non importa - rispose Giacinta. Il conte, dando un'occhiata ora a lei ora ad Andrea, faceva dei bocconi grossi e masticava in fretta: - Non mi aspettavate, è vero? Non mi aspettavate! - Ti si sapeva a letto - risposero ad una volta Giacinta e Andrea. Stavano a vederlo mangiare, muti, un po' imbarazzati, sebbene Andrea non fosse tanto dolente dell'inattesa apparizione: - Era un diversivo. - Giulio, no; il dottore non vuole - disse Giacinta, fermando il braccio al conte, che voleva versarsi del vino. - Ah! Ah! Il dottore! ... Ah! Ah! Egli rideva e parlava, con la bocca piena, tentando di svincolare la mano, dando da bere alla tovaglia: - Il dottore non è qui ... Un gocciolino solo! - No, no; lo sai bene, il dottore non vuole! - ripeté Andrea, levandogli la bottiglia di mano. Il conte seguí con gli occhi desolati Marietta che la portava via; poi, subitamente rassegnatosi, riprese a mangiare, ingollando i bocconi appena masticati, stendendo le mani lunghe e scarne al pane, alle frutta, ai vassoi delle pietanze, mettendoseli dinanzi, tutti in fila. - Che fai lí? - diceva alla Marietta guardandola di traverso, diffidente. Giacinta, rimescolata da una pietà sorda sorda, non poteva piú levar gli occhi d'addosso al marito. Provava un intenerimento strano, quasi un bisogno di piangere. E siccome Andrea cercava di prenderle la mano, sotto la tavola, ella la ritirò vivamente. - Almeno un gocciolino! - replicava il conte. - Il dottore non è qui ... Non gli diremo nulla!

Racconti 2

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Capuana, Luigi 1 occorrenze
  • 1894
  • Salerno Editrice
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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. - Aah! Aah! Aah! E aiutava con la voce lo sforzo di tutta la persona. Allora fui stupito di veder Paolina calma, sorridente, e di udirla, prima, canticchiare a mezza voce, poi cantare a voce spiegata, quasi gli sbalzi della barca fossero cosa aggradevole. Ora non ricordo piú che cosa ella cantasse, ma ho ancora nell'animo l'impressione di quella voce limpida, ferma, che gettava in mezzo al rumore delle onde agitate una dolce melodia del Bellini, o forse piuttosto del Verdi ... Io dovevo farmi violenza per non farle capire che cominciavo a temere qualche pericolo con quel barcaiolo vecchio, mezzo sfinito, che alternava con maggior frequenza invocazioni alla Madonna e a sant'Agata e brutali bestemmie. Eravamo lontani mezzo chilometro dalla punta del molo; e Paolina, terminata una melodia, aveva impreso a cantarne un'altra piú allegra, piú squillante, senza mostrar di curarsi della crescente violenza del mare. La punta del molo era affollata di gente che pareva seguisse ansiosa con gli occhi la nostra barca lottante contro le onde. - Vira, vira piú al largo! - udii gridare. - Forza! Coraggio! E quando fummo vicini, un marinaio ci gittò una fune che il vecchio afferrò. Saltato il primo su la banchina, si buttava ginocchioni, scoppiando in lagrime, e toccava con la fronte il terreno, ringraziando la Madonna e sant'Agata dell'averlo salvato! Paolina, appena posto piede a terra, impallidiva improvvisamente e mi si sveniva tra le braccia. - Hai potuto far questo? Tu! - Mi pareva incredibile. Ella aveva compreso assai meglio di me il pericolo in cui ci eravamo trovati; e intanto, per non farmi perdere coraggio col mostrarsi atterrita, si era messa a cantare, stando ferma al suo posto. - Mi sentivo morire dallo spavento di annegare! Come abbia avuto quella forza non lo so neppur io ... Ti volevo tanto bene in quel punto! - E dopo, ora? - dissi abbracciandola e coprendola di baci. Fece soltanto un gesto, un rapido indimenticabile gesto.

Teresa

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Neera 1 occorrenze
  • 1897
  • CASA EDITRICE GALLI
  • prosa letteraria
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- Aah! - Ti ricordi adesso? - Che ha una bambina della stessa età dell'Ida? - Giusto. Ha una bambina, ma non ha moglie; e la cerca. Si fermò, guardando Teresina tra occhio e occhio. Soggiunse, trascinando le parole, sempre guardandola: - Cerca una brava ragazza, sana, senza pretese, senza lusso… Si fermò ancora, aspettando che la sua giovane amica dicesse qualche cosa; ma vedendola muta, col respiro un po' affannoso e una voglia di lagrime in fondo agli occhi: - Tu non lo prenderesti? Tagliò corto così per far piú presto. - Rispondi. - Ma se non lo conosco ... - Non è una ragione. - È tanto piú vecchio di me. - È vero, ma ... - È vedovo. - Peuh!, per questo, mia cara, gli uomini sono sempre piú o meno vedovi. Teresina voleva replicare: Ha una bambina: ma temette di dire una brutta cosa, una cosa che la facesse sembrare priva di cuore; mentre non era ciò. - Infine non ti piace? - Proprio no. - Fa' come vuoi. È un buon partito però. Un uomo posato, senza vizi, che lavora, che ha già la casa piantata; io l'ho vista. Fior di mobili di noce, e il letto con baldacchino. - E poi - saltò su Teresina - questo signore non l'ha mica la voglia di sposarmi! - Glie la si fa venire. Passa sempre la sera con mio marito, al caffè, ed è stato parecchie volte anche in casa nostra ... è facile mettersi d'accordo. Purché tuo padre si decida a fissarti un piccolo assegno ... Teresina ascoltava, istupidita, con una voglia di piangere che le faceva groppo alla gola e un'ira contro se stessa, inesplicabile. - Capisco, - disse la pretora, calma, con un fondo di indulgenza canzonatrice - tu aspetti il principe Camaralzaman quello delle Mille ed una notte lo sogni, e ti figuri che i mariti si taglino su quel modello là. - Non è ... - Lascia dire. Siete tutte così, benedette ragazze, e non volete mai approfittare dell'esperienza di quelle che ne sanno piú di voi. Si ha un bel dirvi: non cercate la bellezza del marito, non cercate l'aria sentimentale, non cercate l'eleganza, non cercate la poesia ... sono corbellerie, razzi, fuochi fatui. Ma che! Finché non ci date dentro il naso ... - Però la mamma - interruppe Teresina, colla vivacità di chi crede aver trovato una buona ragione - sposò il babbo perché ne era innamorata. La bocca, discretamente maliziosetta, della pretora si inarcò ad un sorriso tale di compassione ironica, che non sarebbero occorse altre spiegazioni. Tuttavia volle aggiungere: - Domanda a tua madre se è stata contenta. Ha mangiate piú ... Basta, mi faresti dire uno sproposito. - E lei? - arrischiò timidamente Teresina. - Io? Oh! le ho avute anch'io le mie disillusioni; ma quando vidi che gli anni passavano, sposai il pretore, che era allora cancelliere, che di illusioni me ne poteva dar ben poche… e che per compenso, mi diede un figlio tutti gli anni. Il linguaggio un po' brutale della pretora faceva, tratto tratto, trasalire la fanciulla. Ella rifletteva ora a tutti quei figli nati senza amore, mentre nel suo cervello stava fissa l'idea che i figli sono un pegno d'amore. - Ebbene, grullina, che pensi? Vuoi il compendio della saviezza in poche parole? Un Luminelli che sposa è sempre superiore ad un Luzzi che non sposa ... o sposa un'altra. Teresina arrossì per quella nuova allusione al segretario di Prefettura. Ella non si era accorta di aver pensato qualche volta all'elegante zerbinotto e di averlo seguito con lunghe, lunghe occhiate quando passava sul marciapiede, a testa alta, attillato nel soprabito chiaro. Però era strano che, dopo la notizia del suo matrimonio colla seconda delle Portalupi, questa signorina le sembrasse il doppio piú antipatica di prima. - Dunque - continuò la pretora vedendo che la ragazza si ostinava a tacere - niente Luminelli. Peccato, avrei combinato questo affare volentieri; senza dire che egli è uomo influente in materia di studi, ha molte relazioni e potrebbe giovare anche a tuo fratello ... A Teresina vennero i lucciconi; per fermo non si teneva piú. Scoppiò a piangere, con una desolazione, un abbandono che intenerirono la pretora; la quale, abbracciatala maternamente, si diede a consolarla: - Via, via, non ne parliamo altro; sei tanto giovane ... capiterà di meglio ... speriamolo. Oh! Dio, vedete qui questa bella ragazza che piange, priva d'amore, e tanti uomini invece ... Strinse il pugno minacciando nell'aria una legione invisibile di uomini, e li chiamò egoisti, brutali, avidi, calcolatori. - Guarda, se tu sapessi ... se potessi solamente dirti come non valgono niente ... Infine verrà un giorno che capirai ogni cosa e allora dirai: La Giovannina aveva ragione. Si alzò dandosi una palmatina sui rigonfi del vestito, un po' nervosa. - Se ne va? - Sì. È l'ora che tornano a casa i monelli dalla scuola. Se non mi trovano presente, succede un diavolìo; io, lo sai, ho un sistema spiccio per farli star cheti ... Ci vorrebbe per l'Ida, che, sia detto intanto che babbo e mamma non sentono, è un vero folletto in carne ed ossa. Ieri ha picchiato la mia Estella come fosse un tamburo, ma se la trovo io ... E cosí piccina! Quando poi sarà grande ... - Non so proprio cos'abbia quella bambina nella pelle, - disse Teresa - la mamma se ne dispera, creda ... ma, povera mamma, non ha piú salute; tocca a me a ridurla meglio che posso ... e non ci arrivo; babbo la protegge sempre. - Sì, sì, hai la tua bella croce. E le gemelle, eh? quelle mutrione ... pelano la gallina senza farla gridare, tutt'e due d'accordo, che quel che dice l'una dice l'altra; sono due corpi in un'anima sola. S'erano avviate nell'andito; si fermarono ancora un momento prima di aprire la porta. - Fai la mamma innanzi tempo, tu ... Cara Teresina, vero come c'è Dio, se non ti voglio un bene di sorella! Magari la mia Giulia e la Bice e l'Estella e la Norina ti assomigliassero; sarei una madre fortunata. Si intenerirono entrambe, tenendosi per la mano, ciondolando, senza riuscire a staccarsi. La pretora, che aveva la faccia voltata verso il giardino, esclamò: - Che bella cedrina! Io non sono mai arrivata ad averla così viva e folta; le bestie me la mangiano sempre; quelle bestie che nascono dalla pianta stessa, che ne hanno il preciso colore e portano sulla schiena certe righe azzurrine che sembrano ricami di ciniglia ... un orrore ti dico! - Ne vuole una piantina? - Volentieri. - Attacca subito. Tornarono indietro fino ai vasi di cedrina, fermandosi a guardarla, stropicciandone le lunghe foglie asprette e odorose. La fanciulla andò a prendere una forbice. - Penso che le bestie me la mangeranno ancora! - esclamò la pretora languidamente. - Oh perché? Verrò io a tenergliela pulita. Si guardarono, sorrisero. Una placida simpatia di donna le spingeva l'una verso l'altra. Intanto che Teresa, china sull'arbusto, ne tagliava i ramicelli, la pretora le accomodava le treccie piú alte sulla nuca. - Così, stai meglio. - Non ho mai tempo di pettinarmi a modo. - Povera ragazza! Alla cedrina vennero aggiunti due bei gerani rossi infocati e un garofano dello stesso colore. - Sai che cosa indica nel linguaggio dei fiori il garofano rosso? - chiese la pretora, riunendo con delicatezza i gambi, colla testa un po' inclinata da una parte, l'occhio socchiuso: - Amor vivo e puro Grazioso nevvero? se esistesse. Teresina non afferrò subito l'ironia; ma la capì a poco a poco, rifacendo l'andito verso la porta, e un sentimento di malinconia la invase. - A rivederci. - A questa sera. La porta era chiusa. Sul punto di varcarla, la pretora si fermò: - Notizie di Carlino? - Buone. Deve arrivare a giorni. - Addio dunque; non me ne vado piú. Saluta la mamma. - Senta. Era Teresina, questa volta che la richiamava. Voleva chiederle quando si farebbe il matrimonio della Portalupi; ma, colpita da una vergogna improvvisa, balbettò e si confuse. La pretora, quasi le avesse letto nel pensiero, disse: - Presto i confetti, dall'altra parte della strada; e, chi sa, forse presto anche da questa parte ... Teresina crollò il capo, ridendo, per mostrarsi forte. - Oh! se lei dice che gli uomini non valgono nulla, che sono egoisti, brutali, avidi, calcolatori ... Già fuori, con un piede sul selciato della via, l'amica si volse tutta d'un pezzo: - E sono pronta a ripeterlo. Ma, che vuoi, è un po' come le cipolle; vi è cosa piú volgare, che ammorba dove tocca, che fa piangere solamente a maneggiarla, doppia da non riuscire mai a contarle le pelli, comune che si trova dappertutto, disgustosa al punto che nessun animale la mangia? Eppure si pretende che senza cipolla è impossibile fare un manicaretto gustoso. Addio. Scappò decisamente.

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