galoppanti si lanciarono alla carica contro il muro nero e ad un tratto parti una cannonata: ma il proiettile rimbalzò a zig zag contro le corazze, crepitò
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. — Se c'è da lottare, eccomi pronto insieme a voi! — disse Cipí. — Promettiamolo! — gridò Passeri. — Alla fine tornerà Palla di fuoco e la nostra vita
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píú dalla fame. — Stavolta, se c'è, ce lo pappiamo senza farci prendere,. — disse Cipí, — vado io a vedere! Planò sul cortile coperto di farfalle
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buco. — Questo buco è la nostra casa. Quando avrai le piume andremo insieme a vedere tutto: la palla di fuoco, il nastro d'argento, la pianta... Uno dei
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Appena i fratelli di Cipí impararono a volare, mamma passera accompagnò i figlioli a vedere che cosa c'era intorno al palazzo sul quale erano nati
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che allungava la testolina fuori dall'erba per farsi baciare da un raggio di sole. — Chi ha parlato? — disse Cipí. Il fiore, a quella brusca domanda
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aprendo il becco arso dalla febbre. — Ora ti porto l'acqua, — rispose Cipí, — hai paura a star sola? Essa disse di no col capo. Allora Cipí usci dal
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alta delle nuvole! — E piangeva, poverina. Altre volte, sospirando, chiedeva a Cipí: — Raccontami cosa vedi quando voli: il grande albero è ancora
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In pochi giorni cominciò a muovere l'ala, a uscire dal cespuglio, a fare i primi voli. Salita su un piccolo gelso apri le ali, gonfiò le piume e si
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l'altro, menando frustate a destra e a sinistra. Cipí, colpito da una frustata che gli scompigliò le piume, batté la testa contro la tegola. — Vieni
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, — gli sussurrava la passeretta, — vuoi che lavoriamo tanto per nulla? Qualche volta, quando il sonno tardava a venire, ascoltava i rumori della notte
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stringono per il freddo intorno ai granelli di pulviscolo e giocano a fare le stelline bianche. — Da me una stellina si è staccata e vola giú come un
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farfalletta vagava nel cielo, ormai moribonda, sospirando: — Come sono sfortunata! Ho voluto aspettare a scendere ed ora nessuno gioca con me! Cipí e
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Il giorno seguente cominciò a interrogare gli uccelli del tetto. — Lo sai tu chi c'è là dentro? — chiese a Piumaleggera. — Quella è la casa del
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Due stelle calate in quel momento dal cielo si erano fermate di fronte a Cipí ed avevano cominciato a giocare fra loro, roteando e diffondendo
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parole invitavano gli uccelli nel paese della felicità. Io chiamai Passeri e lei, appena si affacciò, si accorse che dietro a quelle luci colorate, c'era
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Cipí. — È troppo poco per far cambiare idea agli altri... quando anche loro vedranno, crederanno. — Però potevano fare a meno di dire che sono un
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1. Nell'anno 1456, oltre a innumerevoli eventi che, seppure poco contassero, non lasciarono il mondo tale e quale (giacché non solo non cade foglia
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segreto Filippo a Prato Einaudi © 1995 Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino per Lo stralisco 1987 e 1995 Prima edizione «Libri per ragazzi» 1987 ISBN
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gallette e carne secca per il resto della lunga navigazione. A prua, con la faccia magra dritta a Sud-Est, sedeva l'unico non marinaio di bordo: il
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ritratto. Kama Katuray aveva infatti subito riferito che Maometto concedeva a lui la scelta dell'abbigliamento: Il pittore, stordito dall'abbondanza e
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culmine di bellezza: certo meno per soddisfare la volontà dell'Imperatore che il suo stesso orgoglio e desiderio di pittore. Se a quest'ultima incertezza
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candelabri, sotto lo sguardo tranquillo e attento dell'uomo vestito di nero, appena sfiorato dal vento tiepido che saliva dal Bosforo a gonfiare le tende e
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piú grande, se non se ne taglia la radice... E lentamente, a faccia alta, guardando la parte posteriore della tela dipinta come se guardasse la porta
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22. Rispettata, evitata dalle vili barche corsare dei Dardanelli, la nave imperiale uscí nell'aperto Egeo, puntando senza indecisione a Sud, per
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averne pietà, e farle in disegno, giacché mi sembrerebbe poco generoso, e anzi gran peccato, lasciarle li a piangere, tutte trasparenti... Il priore
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3. Veniva Filippo da Firenze a Prato, che nemmeno allora era gran viaggio, però da fare piú volentieri in compagnia che in solitudine. Gli camminava
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4. Lavorò Filippo, con l'aiuto di fra Diamante, a molte opere in Prato, ma non quella del monastero di Santa Margherita, il perché lo vedremo: e
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occhi svelti, come a studiare il volto di quel rinomato. — Ero convinta ormai che ci avessi dimenticate, o per misteriose ragioni preferissi fare ogni
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ha avuto migliore educazione di molte fanciulle, e certo di tutte quelle destinate a servire Nostro Signore in questo monastero. Insieme a suor Anna
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10. La chiara stanzetta riceveva dalla soglia, e in parte minore dalla finestrella, la luce del chiostro fiorito. Su uno sgabello al centro, a
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11. Alla fine della mattinata, suor Caterina aveva imparato che la pittura è molto piú complicata a dire che a fare, mentre Lucrezia Buti aveva
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che mescolavano i colori misteriosamente, oltre la tela segreta. Provò a dimenticare il ritratto che nasceva. Le riapparve l'immagine di sé vista a
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Tre volte, come il gioco voleva, cantò e toccò a velocità crescente la fronte, il naso e i denti con la punta del dito, sorridendo.
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meglio, — disse lui. — E come, frate Filippo? — Pregheremo. Cosa sarà piú gradito a Dio, e alla sua santa Madre, che ascoltare lodi di lei, mentre
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chiara del chiostro in buon anticipo. Le monache erano ancora in chiesa, al Mattutino. Lasciando il quadro velato, si mise a preparare i colori, e
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: al monastero di Santa Margherita mancò una monaca quella sera di giugno. Notizie partirono, arrivarono a Firenze. Un furibondo Francesco Buti
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p. 1 Lo stralisco 73 Il ritratto segreto 149 Filippo a Prato Stampato nel giugno 1995 per conto della Casa editrice Einaudi dalla Fantonigrafica
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9. Una notte Madurer si svegliò gridando. Sakumat e Alika lo trovarono sudato, aggrovigliato a se stesso nel letto, in un dormiveglia violento e
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11. Sulle pareti della terza stanza nacque il prato, ed era un prato a primavera. L'erba di un verde fragrante era entusiasta, corta e compatta; i
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medici restarono a Nactumal per continuare le loro osservazioni. Si informavano continuamente sul suo appetito, gli chiedevano in modo giocoso notizie
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14. — Dove va la nave, Sakumat? — chiese Madurer con voce fioca. Ormai passava gran parte della giornata sui cuscini, a guardare il lavoro del
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l'ultima volta e rimontò a cavallo. A Malatya, due giorni piú tardi, lo riconobbero a stento. Molti domandarono che cosa lo avesse tenuto lontano: a
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2. Passò la limpida costa d'Arcadia, il fischiante stretto di Cerigo: poi, con la prua ormai a Nord, la gran luce di Zea e del Capo d'Oro. A Sciro il
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3. — Miei cari, — disse il Doge, quando i due fratelli furono seduti sugli scranni coperti di velluto, davanti a quello piú alto di lui. — Come
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di Marmara. Salutò e congedò Jacopo Carbonin, che da molti anni conosceva, e assunse l'incarico di condurre a Costantinopoli Gentile per via di mare
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, pescatori, mercanti, cani. Gentile entrò nel ventre chiassoso e frizzante della città mentre intorno a lui il taciturno Naguat Tafi guidava con cenni
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6. Il salone era immenso, e immensamente bello. Per tutti i dieci metri della loro altezza, le pareti mostravano scalini a intervalli di trenta
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7. L'alloggio era completamente rivolto a Nord, verso lo stretto abbagliante, affollato di barche da pesca e da trasporto come un immenso canale
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8. Gentile taceva, perché non toccava certamente a lui iniziare la conversazione. — Penserai che io sia qui per parlare del ritratto, - disse
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