Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Penombre

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Praga, Emilio 50 occorrenze

Corna a ponente, luna crescente! Fuori lucertole e moscherini, bruchi, larvuccie e farfallucce, lumache e rane fuor dalle tane: il segno è certo

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Elemosina a lei, la poverella che un dì fu bionda, giovinetta e bella. Fulgida, allor, le garrule barriere correvi in caccia di pupille nere

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Sciagura a te, sciagura a te, vegliardo che non amasti mai, e a me t'affacci, aruspice infingardo, gridando : - Guai! - Quando rugge la pugna, e si

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Suonano a esequie, un feretro s'avvia, un prete è in allegria. O mio canestro di olezzanti fiori, tavolozza di forme e di colori, o stelle che dal

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. Piangono come vedove le biade, e l'elegìa, battendo stelo a stelo, addormenta le selve e i nidi invade, i nidi pieni di piume e di gelo. Che narrano le

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Per l'ampia volta querula, nel coro intarsiato, l'orme di cinque secoli un giorno ha cancellato; or tutto è liscio e candido, e, a quei toni

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maledissi gli angeli per me, per tutti gli infelici, a cui avvelenò la giovinetta vita il contemplarli, e la manìa precoce delle parole dette a bassa voce

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sbadiglia? come un feretro sei gaia!... in un dente che somiglia a una torre rovinata, ho una danza forsennata di stranissimi dolor. Queste spiagge solitarie

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Stamane io avea gridato al mio cervello: si chiudano le porte a chiavistello, il padrone è ammalato e doloroso; si chiuda la baracca,e vi si scriva

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disciolte spalle, vino d'Italia... la ninna nanna non la fa la balia! Dite, amici, giochiamo a cruscherella?... Nasconderemo ognun la nostra bella, e

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volto dimmi a chi ride adesso? Sul tuo recente tumulo poc'anzi ancor sostai; inutilmente i pallidi giacinti interrogai... Seppellivano un vecchio, o

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, per le strade e le piazze: io cercherò colui che l'a- nima mia ama. - Io l'ho cercato e non l'ho trovato. CANTICO DEI CANTICI Caniico dei Cantici

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il giovinetto amor; pensate il gaudio, pensate l'incanto!. . . La sua canizie a questi ricci accanto, questi tuoi ricci d'or, o bambinello mio vispo e

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Staman nel bosco stavo tutto solo i gorgheggi a tradur di un usignuolo, quando un falco calò sul picciol nido e ripartì con un superbo grido: la voce

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Un dì due chèrubi in un essere sol vestir la creta; quel dì fra gli uomini giunse a esultare e a piangere il poeta. Uno era lamia conscia dei mali

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Ed ella a lui: - Fuggiam da queste bolge alla nostra pendice; sotto il verde e l'azzurro il tempo volge lento e felice. Avrai l'aperto della tua

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estasi e incùbi; fini, soavi, candidi, gentili, parevan nubi, vaghe nubi sbucciate a ciel sereno!... Vidi arrivar la bianca camiciuola, e si adagiò

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Pallido fior del nordico paese, vaga beltà della colonia inglese, ben mi dicea quel tuo sguardo profondo che ti chiamava a sè l'occulto mondo! Quando

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soavi faccie di giovinette innamorate, ma le tue rughe, no, non le ho scordate! Quand'io tornava a sera,e il vecchierello parlava al suo breviario, tu

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arboretti è un lottar di equilibrio e di scambietti per non schiantarsi, agli schiaffi potenti opponendo gli inchini e i complimenti. E una lepida quercia a

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a migliaia i giovinetti su cui proietti, passando, un occhio d'angelo e di sfinge, occhio che pinge e monti e mari d'inudite ebbrezze! O donna piena

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Il marchio aspetto delle bianche chiome, a cinque lustri errando nella vita, vecchio come una quercia, e affranto come un sibarita. E lo sa Iddio se

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rapido e muto Or li ho messi a dormire ad uno ad uno, distesi, freddi, pallidi, stecchiti: in verità, non ditelo a nessuno, li ho seppelliti

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turberan, scontrandola, l'ironia del mio viso; nell'orgia e nella nebbia fui di un mio sogno in traccia, né ho mai guardato in faccia i corpi intorno a me

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poi disse a se stesso: - Anima mia bevi l'ambrosia dai polmoni ansanti; centuplica le tue fibre d'amore, ti stempra, anima mia, ti stempra in canti! è

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l'Orgoglio: sarà un frate austero, sarà padre guardiano e consiglier da molt'anni è abilissimo al mestiero: prender la gente a calci nel seder. Poi

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Qui a bu, boira. Come, come restar fra queste mura quando sapete che son fioriti il monte e la pianura, e conoscete, conoscete le valli e le pendici

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chiuso adesso fra quattro assicciuole? I preti gli parlarono in latino girando intorno colle negre stole. Come due remi a un naufrago legati le stan

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Tandis que, la tête inclinée, nous nous perdons en tristes voeux, le souffle de la destinée frissonne à travers nos cheveux. V. Hugo. Vorrei farmi

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Di tutte le notti fu il lungo lavoro, la dea che mi segue da sera a mattin; amica, due chèrubi parlaron fra loro, per fosco, per duro, per dolce

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Stanco son io di splendidi cieli e fronzute piante; mi annoia lo spettacolo di una beltà costante; venga il dicembre, ed operi un cambiamento a vista

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Pallida, mesta, e collo sguardo chino a che pensi, seguendo, o giovinetta, il mio cammino? Forse sospiri che lungi è la vetta, che seguirmi in eterno

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imbalsamati che all'ospedal dal medico a lungo corteggiati, e agli abbietti cadaveri rapiti ed alla croce, la scienza feroce ai posteri serbò; fra il

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Qui scrutator est majestatis opprimetur a gloria. S. PAOLO. La luna tonda e placida in mezzo al ciel veleggia, sol qualche muro squallido di campanil

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A un muricciuol che scalda il sol d'aprile ecco il vecchio girovago appoggiato; agitato da un tremito febbrile, spende in avemarie l'esile fiato. La

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santo oblio, come un intingolo della massaia quando i fittabili tornan dall'aia ; quando gorgoglii è tutto tuo l'ingegno, o a poco a poco, come un

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a ragazze accompagnati, mi vedevan soletto e mi credean dabbene e poveretto. Anch'io le amavo, e un dì, come deserti vidi i balconi del convegno

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lavagna ; in chiesa, a vespero colla sorella, girare i briccioli della scarsella, come un rosario; lo trovo in villa, dal ciel, dal gemito di qualche

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tacita anch'io; perché, quando a vespero favello con Dio mi guardi nel viso col mesto sorriso? Io m'affiso lassù, tu in basso guati; io mi faccio gentil

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; come un mesto palombaro nel mare, io discendo nel cor che Iddio m'ha dato, e mi guida le perle a rintracciare il respiro del bimbo addormentato.

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, e le date monotone del chiostro vi serba il giallo inchiostro. Ond'è che a notte, leggendo il poeta nella mia stanza queta, balzo repente, e

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; Ripenserai le lagrime delire, e i giuramenti a Dio, o bugiarda, di vivere e morire pel genio mio! E allora sentirai l'onda dei vermi salir nel tenebrore, e

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Come è bella la sera in mezzo ai monti! Te ne ricordi?... ti ricordi quando si vagheggiava i rapidi tramonti, e tornavamo a braccio, e sussurrando

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cretini che vide immoti a' suoi piedi divini!... E sentirai dalla vetusta dea come la forma strangoli l'idea, come al vergine altar della bellezza sorga

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a uno stuolo di larve leggiere che andavano a volo; sorgeano, svanivano, cantandomi allato, cantandomi i canti del tempo passato. - Rammenti

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trovarla disseccata sulla cocente arena! Uno stormo però di rondinelle vispe, piccine e belle, quest'anno ancora alla gronda ospitale venne a raccoglier

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dibatte, appesa a un sogno isterico. Dalle cantine stridevano i galli col canto rauco; e le lanterne erano sgorbii gialli sul cielo glauco. Qualche

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sincer, quando a braccio di donne fugaci correvamo i perduti sentier!. . . Poichè porvi non vale alla mostra, come due palinsesti d'amor; e pur leggervi

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a lei? Perché prigione è l'anima, prigione eternamente, dell'orror tuo ridente, del tuo feroce amor? Cantate, o antiche vittime, cantate, o

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farfalluccia del freddo si lagna, mi morir cinque di rosa arboscelli, e spirò l'anima a Dio la violetta; senza l'ammanto di viti i cancelli sembran soldati

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