Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La federazione trentina dei ferrovieri - il risultato delle trattative passate - il nuovo memoriale del 7 marzo - Una deputazione a Roma

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

La federazione trentina dei ferrovieri - il risultato delle trattative passate - il nuovo memoriale del 7 marzo - Una deputazione a Roma

I ferrovieri che prossimamente si recheranno a Roma vedranno tutte le difficoltà che si frappongono a trattare concretamente e a conchiudere positivamente. Il meccanismo burocratico complicato e gli ostacoli ad avvicinare le persone con cui è necessario trattare, oppongono le prime e non lievi difficoltà. Ma poi c'è dell’altro: per le continue trasformazioni politiche del ministero dei trasporti che ora fa a sé, ora si incorpora a quello delle industrie, ora a quello dei lavori pubblici, si finisce in una vera confusione e non si sa con chi trattare. Dopo aver avvicinato l’on. Devito e aver preso degli accordi con lui, tocca ora rifare tutto col nuovo ministro, che sembra debba essere l’on. De Nava. Dicono che costui se ne intenda delle nostre cose essendosi, a differenza dell’on. Devito, interessato direttamente delle ferrovie ex gestioni, venendo a studiarle sul posto. Meglio così, poiché è appunto di un ministro competente e conoscitore delle cose nostre che si ha bisogno. Ma dobbiamo convenire che quello che in certo modo danneggia di più i ferrovieri ex gestioni è la confusione che regna nella loro stessa classe riguardo al modo come si prospetta la sistemazione delle ex gestioni. Così nella Venezia Giulia per esempio, qualche gruppo domanda la parificazione alle F. S., a noi si vogliono mantenere i diritti acquisiti. È indispensabile, quindi, il più perfetto accordo e la più completa uniformità nelle richieste, e i delegati nostri che si porteranno a Roma bisogno che subito - magari durante il viaggio, quando si troveranno con gli altri delegati - si mettano a discutere e cerchino di accordarsi. L’idea fondamentale che deve regolare la discussione e l’accordo, va imperniata su questi due punti: 1. o mantenimento dei diritti acquisiti; 2. o conquista dei miglioramenti di cui fruisce il personale F. S. Perché i diritti e gli interessi dei ferrovieri possano essere continuamente ed efficacemente tutelati, è necessario che nella commissione centrale sia rappresentata la classe dei ferrovieri. Il concetto della rappresentanza del personale è stato ammesso. Intendiamoci: non si tratta di rappresentanze delle singole società, ma di tutti i ferrovieri. C’è questo, però, che chi ha promesso - l’on. Devito - se ne è andato, ed ora bisogna ricominciare, per ottenere dal successore lo stesso impegno. Gioverà, allo scopo di far rispettare la promessa, la lettera impegnativa, scritta anche a nome dell'on. Devito, dal sottosegretario ai trasporti on. Sanjust, lettera che i nostri delegati faranno bene a portare a Roma. L’oratore si diffonde quindi a dimostrare l’importanza del compito che la nostra commissione dovrà svolgere a Roma, per appoggiare le richieste contenute nell’ultimo memoriale della Federazione trentina dei ferrovieri, specie in punto di rappresentanza di classe e di miglioramenti immediati (300 lire al messe, ecc.). Da ciò l’on. Degasperi trae argomento per illustrare la grande importanza del fatto che nella commissione centrale dell’amministrazione ferroviaria si sia deciso di chiamare la rappresentanza dei ferrovieri. Tutti i ferrovieri che hanno agitato il postulato della compartecipazione al possesso delle ferrovie vedono con soddisfazione questa vittoria programmatica. È vero che la partecipazione del personale alla commissione centrale, da stabilirsi con sistema proporzionale, può non essere ben vista da chi teme di perdere il monopolio delle agitazioni; ma l’importante è che una classe dei servizi pubblici - e si farà lo stesso in seguito, anche per tutti i servizi pubblici - abbia acquistato il diritto di rappresentanza nell’amministrazione centrale. Questo non riguarda per ora i nostri ferrovieri, che, fino all’annessione - salvo uno strappo - non parteciperanno alla nomina dei commissari centrali; ma ciò non diminuisce la necessità di illustrare bene la questione, perché questo segna un passo che formerà come lo spartiacque fra quelli che vogliono la collaborazione con le pubbliche amministrazioni per migliorare le condizioni degli addetti ai servizi pubblici e quelli che la collaborazione non vogliono. Circa le concessioni da noi richieste per tornare ai postulati immediati dei ferrovieri trentini, ne abbiamo di già ottenute e di altre da conseguire (i due anni e mezzo di anzianità, il vestiario, le trasferte). Per il vestiario, il ministero ha assicurato che furono ordinate 500 uniformi alla ditta Callegari, ma qui non sono giunte. Sulle indennità di trasferte, il governo si è mostrato d’accordo in via di massima, e solo aspettava il rapporto favorevole della Delegazione. Voci. È stato mandato. È insoluta, invece, la questione delle trasferte per quelli che durante la guerra furono mandati a lavorare in Germania. Precisiamo: un importo di 14000 corone fu versato alla Banca Cooperativa, ma dal ministero del Tesoro, per quanto se lo sia promesso, non è stato ancora concesso il cambio; per un altro importo di 63000 corone i denari non si sono avuti e ci sono soltanto i titoli accertati di credito. Poiché le cose vanno per le lunghe nelle pratiche fra ministero del tesoro e ministero dei trasporti, e poiché i creditori hanno indubbio ed urgente bisogno di soldi, non c’è che un’unica strada da seguire: che il debito se lo assuma e lo liquidi subito l’amministrazione. Per la richiesta dei caroviveri al cento per cento fu anche dal ministero del tesoro risposto che in via di massima si è d’accordo: rimane soltanto da stabilire il termine iniziale del riconoscimento del diritto alla parità. Fu invece risposto che se ne tratterà dalla commissione che deve recarsi a Roma la questione dei caroviveri mensile posteriore all’occupazione italiana. Infine, riguardo alle licenze, è stato accordato che esse rimangano quali vigevano nella antiche gestioni.

La dimostrazione di ieri per la zona devastata ed i nostri diritti politici

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Alcide de Gasperi 2 occorrenze

Peano, Cameroni e Morpurgo si impegnò a sentire prima di stabilire le circoscrizioni elettorali, i rappresentanti politici delle popolazioni redente. La praticata fu invece una continua contradizione contro tale direttiva e contro tali impegni. In tutte le questioni più gravi, il parere dei trentini o non fu provocato o fu sorpassato. Ultimo esempio quello recente delle trattative per l’autonomia tedesca. L’oratore e con lui la maggioranza degli amici hanno sempre ritenuto come inevitabile che all’Alto Adige venga concessa una forma di amministrazione separata, ma hanno però sempre sostenuto che tale forma doveva scaturire da trattative comuni, dalle quali essa risaltasse come corollario della soluzione del problema autonomistico delle nuove provincie in genere ed hanno, come s’è visto, sempre insistito che niente doveva ad ogni modo essere tentato o pregiudicato, prima che i rappresentanti eletti non vi potessero concorrere col loro voto. Invece anche recentemente il governo ha pregiudicata la questione provinciale, dopo aver fatte trattative unilaterali coi tedeschi e prima di aver trattato coi trentini. Si può essere partigiani in massima delle due provincie, ma c’è sempre da stabilire il come, il quando ed il tempo ed in ogni caso la questione è troppo seria, perché i partigiani di qualsiasi soluzione non avessero prima il diritto d’esporre ampiamente le ragioni e i pro e i contro. Si può essere per la più ampia conciliazione fra i popoli e per obliare tutto il passato, ma il governo è cattivo psicologo se crede di poter esigere che i trentini si dimentichino fino al punto di lasciarsi trattare come cittadini in seconda al confronto dei Toggenburg e Peratoner. In quest’adunanza, dice l’oratore, sono cadute talvolta delle parole assai forti; ma qual meraviglia se il governo stesso con il suo contengo debole di fronte ai prepotenti, insegna che non tiene conto delle ragioni, ma della forza, con cui vengono sostenute? L’oratore dichiara che per parte sua il partito popolare non ha lasciata passare occasione per non lasciar dubbi intorno ai suoi intendimenti in proposito anche riguardo alla procedura da seguirsi, cercando di guadagnare a questa causa l’appoggio di un forte partito, qual è il popolare italiano e sovrattutto insistendo per le elezioni. Se tutti i partiti avessero fatto altrettanto, non saremmo oggi a questo punto. Il discorso è stato spesso sottolineato da fragorosi applausi. L’assemblea ha votato quindi all’unanimità il seguente ordine del giorno: Il principio democratico, l’autonomia, le elezioni

Gentili, la risoluzione di due nostri comizi convocati a Trento prima e dopo la nomina del commissario generale. L’on. Nitti parve voler tener conto di questo punto di vista, quando il partito popolare italiano, facendosi eco delle nostre proteste, chiedeva al presidente del consiglio un formale impegno sulla direttiva del governo. Allora l’on. Nitti rispondendo alle precise questioni che gli venivano poste rispose in iscritto al 25 luglio: 1. Il Governo farà ogni sforzo perché le elezioni politiche delle terre redente avvengano contemporaneamente alle elezioni generali e accetterà gli emendamenti relativi che venissero preposti durante la discussione della riforma elettorale. 2. Nel breve periodo fino alle elezioni il Governo assicura il massimo rispetto alle autonomie locali e scolastiche, reintegrandole ove fossero state intaccate durante il regime militare e ciò riguardo anche alle popolazioni tedesche. 3. Il governo accetta pienamente il terzo postulato il quale suonava: Nessun mutamento nel regime degli enti locali può essere introdotto fino a che la rappresentanza elettiva delle terre redente non vi concorra col suo voto. Ancor più il capo del Ministero aderì al nostro punto di vista, emanando il 2 agosto 1919 la nota circolare-programma per i nuovi commissari, la quale tra altro diceva: «Noi vogliamo mostrare ai nostri nuovi concittadini che contro ogni tendenza livellatrice e assorbente, l’Italia intende risolvere sollecitamente e razionalmente i loro problemi, e attuare un organico programma di azione civile, amministrativa ed economica, ma che vuole rispettare le loro leggi e condizioni speciali, i loro usi e le loro tradizioni. Noi vogliamo fare anzi di molti istituti politici e sociali delle nuove terre, e fra questi in ispecie delle autonomie comunali provinciali, utile studio per le riforme nel Regno; noi vogliamo risparmiare ogni turbamento nelle abitudini e negli interessi e le popolazioni tanto provate saranno nel loro paese, com’è naturale, preferite in ogni campo della vita nei consigli e negli uffici. Non vogliamo ripetere oggi - le conseguenze ne sarebbero più gravi per le condizioni nazionali e politiche - gli errori del 1866. Evitiamo energicamente le invasioni burocratiche pertinacemente assimilatrici e calmiamo il furore di assimilazione e decomposizione con cui anche ora come allora per opera di piccoli irresponsabili si tenta di invadere le nuove provincie».

L'assemblea generale del partito

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Alcide de Gasperi 6 occorrenze

Sul principio il nostro postulato della rappresentanza regionale autonoma, della costituzione di una Dieta trentina, suscitò a Trento stesso le ire sdegnose degli iperpatriotti che ci tacciavano di legittimismo austriacante; ora tutti i partiti trentini lo accolgono. A Roma incontrammo ignoranza o avversione. Quante conferenze, quante discussioni, quanti atti di energia ci vollero prima che l’idea trovasse ospitalità! Ora essa è investita di piena cittadinanza in forza della legge di annessione. Amici, questa vittoria fu potuta raggiungere solo in forza di una fede irremovibile e di un’opera cosciente, avveduta, perseverante. Avremmo mancato in molte altre cose, ma in questa che a noi parve il problema centrale del paese, abbiamo prodigate tutte le nostre energie, e ci pare che per merito di essa ci possiate perdonare le altre nostre mancanze! Per essa abbiamo fatto la più attiva propaganda nella stampa, presa la parola nei congressi del Partito popolare italiano di Bologna e di Napoli, conquistata l’adesione della direzione centrale e del consiglio nazionale del partito, l’appoggio del nostro gruppo parlamentare che ne fece oggetto di pattuizione per il programma della coalizione governativa, cercato e raggiunto l’accordo coi decentralisti e regionalisti d’Italia d’ogni fede politica e trovata infine l’adesione di massima dei governi da Nitti a Giolitti ed il voto di principio delle due Camere. I futuri deputati sono chiamati ad attuare; noi fummo i pionieri che abbiamo aperta la via. Giammai un postulato particolare di una nuova regione trovò Il resto dello Stato così poco disposto a prendere notizia, a discuterlo, ad avviarlo alla soluzione (applausi). Noi abbiamo dovuto svolgere la nostra azione a scatti, con intermezzi di lenti assedi e poi con attacchi frontali, agendo in mezzo ad una crisi politica in permanenza e fra le convulsioni che preparano la rivoluzione sociale. La politica in tempi più normali fu paragonata ad una partita a scacchi; oggi essa assomiglia piuttosto all’acrobatica; Chi non ha il polso fermo e l’orecchio pronto, si rompe il collo. - Noi non ce l’abbiamo ancora rotto, e ci pare già questo un successo così fortunato da dover vantarlo al cospetto di quest’assemblea (ilarità, applausi). Dovrò pur ricordare qui la nostra azione, per la ratifica del trattato di S. Germano, ratifica ch’era indispensabile per giungere all’annessione? In questo nesso avrei da ricordarvi anche le trattative avviate a Trento e finite a Roma per l’assetto politico-amministrativo della provincia in confronto dei postulati dei nostri vicini tedeschi, trattative alle quali collaborarono mons. Gentili e Ciccolini in prima linea, colla loro preziosa energia. Dovrei ricordarvi la nostra opera svolta in paese per ristabilire l’autonomia comunale e l’iniziativa presa dai nostri amici, nostri rappresentanti nel consiglio municipale delle città autonome per l’abolizione dei corpi elettorali? Fu tutta una serie d’iniziative prese seguendo sempre la stessa direttiva: ricostruire il paese su basi autonome e ricostruirlo al più presto possibile.

A tutta questa opera, che non è davvero esaurita in questi rapidissimi cenni, aggiungete l’azione quotidiana e svariatissima che la direzione svolse presso il commissario generale e le autorità locali; e mi direte se questo compito di esercitare - certo imperfettamente e non completamente - quelle funzioni che sarebbero state dei deputati, non abbia già da solo reso travagliato e affaticato quant’altri mai questo periodo di attività della direzione. Ma due problemi, sovra ogni altro, richiesero tutta la nostra attenzione, quello della valuta e quello della ricostituzione politico-amministrativa del nostro paese. Del primo possiamo dire che i nostri replicati e disperati interventi contribuirono - senza con ciò voler menomare l’opera altrui - al risultato di costituire e far lavorare quella commissione che ora a Roma sta risolvendo ad uno ad uno l’intricate questioni che vi sono connesse; del secondo ci sia lecito affermare che senza la nostra tenace propaganda, senza le nostre insistenze, che non disperarono mai né di fronte all’ignoranza né di fronte alle opposizioni, esso non sarebbe oggi divenuto per l’Italia uno di quei problemi istituzionali, che oramai s’impongono a qualsiasi governo e a qualsiasi parlamento.

Sembra a molti che il successo elettorale sia già garantito senza lo sforzo di un’apposita organizzazione politica; poi perché la forza propulsiva dal centro ad un certo punto venne meno. La direzione ha promosso infatti dall’ottobre al gennaio passato un centinaio di conferenze di propaganda; ma poi, vistasi allontanata ormai la speranza di elezioni a prossima scadenza, più che ad organizzare il partito dovette pensare a rappresentare gl’interessi del paese. Giustizia vuole che, giudicando la nostra attività, non dimentichiate il carattere particolare del periodo straordinario che abbiamo attraversato. Fino che parve vicina l’elezione dei deputati, la direzione doveva pensare anzitutto alla propaganda politica, ma quando fu manifesto che il paese sarebbe rimasto ancora a lungo senza rappresentanti, la direzione fu costretta a sostituirli, bene o male, nella loro funzione di sostenere l’interesse del paese. Su questo terreno abbiamo svolta un’attività che credo non potesse essere più intensa. Dal 27 ottobre in cui il vostro segretario presentava all’on. Nitti i vostri o.d.g., votati nell’ultima assemblea fino a questi ultimissimi giorni la direzione esercitò un vero mandato di delegazione presso il governo o presso il parlamento nazionale. Ricordo rapidamente: il nostro intervento per la ricostituzione dei comuni, per i problemi della liquidazione austriaca (on. Grandi, per il rimpatrio dei prigionieri dall’Estremo Oriente, per il pagamento delle pensioni ai sinistrati, per l’applicazione della legge sul risarcimento dei danni di guerra, per i contributi al genio civile, per la ricostruzione, per i contributi dello Stato o dell’istituto federale veneto al consorzio dei comuni, per l’estensione dell’inchiesta parlamentare sulle spese di guerra e di armistizio anche alle terre redente, per la sistemazione dei pubblici funzionari, per miglioramenti ai ferrovieri, ai postelegrafonici, alla guardia di finanza, ai cancellieri giudiziari, per l’assimilazione agli effetti economici di tutte le categorie di addetti ai servizi pubblici, salvi sempre i loro diritti acquisiti, per sostenere memoriali di maestri e di operai del tabacco, dei segretari ed impiegati comunali, per prorogare l’imposizione di nuove tasse ai contadini per la questione dei vini e dei trattati commerciali, in favore della caccia, del concorso forestieri ecc.

Che cosa varrebbe per loro aver ottenuto qualche miglioramento per la classe dei contadini, se non arrivassero a ricostruire la Dieta regionale, che ha la competenza legislativa di risolvere il problema agrario? La Dieta è - o socialisti -, il nostro soviet. Un consiglio regionale che sappia imporsi al governo vale per lo sfruttamento delle forze idrauliche e quindi per il nostro sviluppo industriale, più che una serie di favori strappati su questo terreno al governo. Una buona amministrazione scolastica, sorvegliata da un consiglio scolastico elettivo vale per i progressi della futura generazione più che centinaia di sovvenzioni ottenute ai comuni per le sedi scolastiche. Una liquidazione onesta dei crediti di guerra importa al Trentino immensamente maggiori vantaggi che qualsiasi politica di sgravi fiscali. E così via discorrendo. I futuri rappresentanti devono quindi guardare alle questioni grosse, a quelle basilari e gli elettori devono designarli ed eleggerli con tale criterio-direttivo. Certo che il criterio regionale non basta. I trentini alla Camera italiana varranno quanto sapranno valere non in funzione di rappresentanti d’interessi regionali, ma in funzione di propugnatori degl’interessi nazionali. Do ut des. La nazione ci ripagherà in ragione di quello che le offriamo. Perciò i nostri candidati dovranno avere delle idee e delle energie per risolvere la grande crisi della patria italiana. Queste idee e queste forze attingeranno al programma trasformatore del Partito popolare, al quale programma generale abbiamo dato già l’anno scorso la nostra adesione e al cui maturare nelle soluzioni concrete abbiamo anche noi, ultimi venuti, contribuito colla nostra stampa e col nostro delegato nel consiglio nazionale e dovremo contribuire ancora più a mano a mano che i vincoli della regione nuova con quelle vecchie, si faranno più stretti (grandi applausi).

Se dovessi esaurire questa relazione, bisognerebbe dire anche dell’opera svolta dal partito nella sfera di non sua diretta competenza, là cioè ove si trattava di fiancheggiare e sostenere un movimento apolitico: tale opera ausiliaria abbiamo dato alle organizzazioni dell’Unione del lavoro specie quando era in causa la libertà dell’organizzazione per il contratto edile e tale appoggio abbiamo raccomandato a tutte le sezioni di dare al movimento apolitico delle società dei padri di famiglia, che si propongono di difendere la scuola cristiana e all’azione promossa dal «comitato diocesano per l’azione cattolica» contro la progettata legge per il divorzio. Le società cattoliche o i sindaci hanno una propria sfera d’azione ed una funzione particolare. Il partito politico non le assorbe né pretende dirigerle o sfruttarle, ché esse hanno vita propria e, direi, anteriore e superiore al partito, ma ne appoggia l’azione quando essa rientra nella direttiva del suo programma. Ed ora la vecchia direzione ha terminato il suo compito e chiede da voi la discussione ed il giudizio sul suo operato.

Le candidature verranno fissate a scrutinio segreto, colla maggioranza qualificata di due terzi. Ogni sezione avrà diritto di far proposte. Esse devono pervenire alla direzione per iscritto entro un termine da stabilirsi. Io confido che questo sistema concili la libera iniziativa delle forze democratiche coll’esigenze della disciplina. La commissione dovrà spogliarsi d’ogni interesse particolaristico e locale, d’ogni egoismo di classe e d’ogni considerazione meno oggettiva.

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