Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il contegno dell'on. Degasperi e dei liberali nell'ultima fase

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Alcide de Gasperi 13 occorrenze

Che io in questa faccenda dell’udienza ho agito lealmente basta a dimostrarlo la circostanza che ne avvertii il podestà di Trento e ne feci comunicazione al D.r. Battisti. L’accusarmi d’imbrogli, come s’è fatto nel comizio recente, è aperta slealtà. Presentatomi al Ministro, questi un po’ seccato per tale altalena, mi disse sulle prime di non avere altro tempo a disposizione, poi stabilì che non avrebbe concessa l’udienza al più tardi del giovedì. Poi incominciavano le vacanze. Tengo ancora il biglietto del ministro. Telegrafai allora alla Comunità generale, invitandola ad affrettare le sue risoluzioni ed a venire poi a Vienna, assieme a Trento, che pregai venisse invitato dalla Comunità stessa mentre io lo facevo avvisare anche per mezzo dell’on. Battisti. Nel mio telegramma dicevo che sollecitassero eventualmente a convocare il consesso, quantunque io a questo non ci tenessi molto, primo perché di fronte al Ministero bastava una dichiarazione del comitato tramviario, secondo perché temevo che il consesso potesse anche negare il proprio voto all’avisiana. Si venne così alla conferenza del 5 luglio nel ministero delle ferrovie. Il giorno prima ci eravamo raccolti ad una conferenza nel club parlamentare italiano. Si durò grande fatica a persuadere i delegati di Fiemme a fare almeno una dichiarazione di massima per l’avisiana o per il compromesso, dichiarando essi che a simili impegni il consesso non avrebbe data la sua sanatoria. Temevano evidentemente una tattica dilatoria. Si andò infine d’accordo che il Podestà di Trento avrebbe aggiunto al suo memoriale che anche Trento chiedeva una pronta evasione con riguardo alla prossima presentazione del progetto legge sulle ferrovie locali e che io, quale deputato di Fiemme, m’avrei assunto la responsabilità di dichiarare innanzi al ministro che Fiemme sarebbe disposta a finanziare anche l’avisiana. Così avvenne. L’esito della conferenza è noto. Il ministro fece la proposta Egna-Predazzo e Lavis-Cembra in termini però molto più generali e con molto minor certezza sul modo e tempo di costruzione, di quello che abbiamo oggi. Su domanda del presidente della Comunità, il ministro rispose che voleva una risposta entro i 15 luglio.

Lugano alla stazione della meridionale Egna-Termeno, ove ora partono invece le automobili o i carri, potesse rappresentare la perdita nazionale di Fiemme, noi tutti, a qualunque costo, avremmo dovuto opporci. Ma l’opinione dei più equanimi non condivide tali timori, e basti fra tutti il direttore dell’«archivio per l’Alto Adige», non sospetto certo di tedescofilia o di clericalismo, il quale sostiene che tale linea potrà essere nazionalmente un vantaggio. Quella certa tedescofilia in certi circoli di Fiemme del resto in diminuzione dipende dall’emigrazione temporanea come da essa dipende il volksbundismo in Vallarsa e Terragnolo, che è pur congiunta con Rovereto o di certi paesi della Valsugana, che è pure percorsa da una ferrovia la quale parte a Trento e mette capo a Venezia. Perciò abbiamo concluso: salviamo il salvabile! Non ci siamo piegati per servire nessuno, ma come l’uomo che si piega per non essere spezzato da una forza maggiore e per risollevarsi poi ancora a combattere e a vincere. Certo una cosa non abbiamo salvato, quello che sperai lungo tempo di raggiungere, cioè la solidarietà trentina, d’evitare cioè lo spettacolo doloroso di una lotta fratricida in mezzo a tanti avversari. Ma qui prevalse il vecchio odio di parte, lo spirito anticlericale e la mania della frase rimbombante e tribunizia. Di fronte al quale spettacolo noi continuiamo tranquilli e sereni l’opera nostra, consci della nostra responsabilità e del nostro dovere. Il discorso detto con grande calore e lucidità fu interrotto spesso da applausi ed infine l’oratore, contro il quale in questi giorni si appunta l’ira avversaria, venne fatto segno ad una grande ovazione.

A Cavalese il comitato tramviario formulò la nota proposta. Espressamente io dichiarai di non voler farne che la redazione. Il comitato nella sua maggioranza liberale—nazionale combinò la proposta da presentarsi al consesso. Tre giorni dopo questo venne convocato. Che cosa avvenne in questo periodo non so dire. Io me ne stetti inerte a Tesero, mentre il Battisti girava la valle, trattando perfino col capocomune di Trodena, mentre si spargevano ad arte menzogne sul mio conto, accusato di agire contro gli altri colleghi di deputazione, sicché dovetti telegrafare all’on. Gentili perché smentisse la cosa, e sovratutto si è sollevata fra i singoli comuni la questione del quartiere, cioè del peso che, virtualmente avrebbe gravato su ogni singolo comune, se avesse dato voto favorevole la Comunità. Ma l’evoluzione più rapida e più fenomenale venne compiuta dalla delegazione di Cavalese con a capo il D.r Deleonardi, il quale votò contro la sua proposta!

Frattanto io avevo ricevuto dalla Comunità una comunicazione in cui mi si avvertiva che «la popolazione fiemmese e la comunità generale vogliono quanto prima una congiunzione tramviaria né pensano a rinunziarvi sino al momento, in cui lo Stato e la Provincia appoggeranno la costruzione della linea avisiana. L’attuale Presidenza e l’attuale Comitato agiranno certo in tali sensi convinti che la protrazione della vertenza tramviaria non sia più assolutamente compatibile cogli interessi di Fiemme». Fu perciò che in Municipio, quando di quei giorni si voleva limitarsi ad affermazioni generiche proposi che si entrasse subito in trattative concrete colla comunità generale. Sorpassiamo le trattative coll’ing. Münz ch’ebbero luogo ai primi di giugno. Io lo mandai al Podestà ed a questa circostanza accenno per ricordare come anche allora ponevo mente a tutti i possibili miglioramenti della base governativa, giacché il Münz proponeva di fare nuovi studi e progetti, edificando sulla base Lavis-Cembra ed Egna-Predazzo che supponeva potessimo raggiungere. E veniamo alla conferenza dei 7 giugno in Municipio, presenti i delegati di Fiemme D.r Deleonardi, Fr. Giacomelli, podestà di Predazzo e Pettena capocomune di Moena.

Segue l’invito a sollecitare la conclusione. Accenno a questo, perché più tardi qualche membro del consesso fingerà di non saper nulla di nulla e mi accuserà d’aver mantenuto una corrispondenza segreta colla Presidenza. Intanto Trento portava il suo contributo per l’avisiana o per il compromesso e rispondeva alla Comunità di non voler provocare da sola una dichiarazione di massima del Governo, ma di voler prima accordarsi in Fiemme sui contributi della Comunità generale e poi presentarsi assieme al Ministero. Alle trattative in Cavalese non partecipai perché trattenuto a Vienna, ma il mio atteggiamento d’allora fu molto chiaro e molto logico. Ripetutamente in lettere e telegrammi lunghissimi eccitai la Comunità a votare per l’avisiana e per il compromesso, pur descrivendo il vero stato delle cose e lasciando capire che avevo ben poca speranza sul raggiungimento dell’una e di tutto l’altro. Tuttavia, l’affermazione per l’avisiana, scrissi, è un doveroso atto di solidarietà trentina, il sostenere il compromesso una buona tattica per migliorare più che fosse possibile la posizione di chi trattava col governo. Le mie lettere e i miei telegrammi giacciono nell’archivio della Comunità, ognuno può consultarli e dedurne l’onestà e la sincerità della mia condotta.

Ritornati a Trento, agli 8 luglio si tenne una sessione privata in Municipio per deliberare sul da farsi. I delegati della comunità che, frattanto, avevamo pregato di tacere, telegrafavano di voler esserne disimpegnati, perché la popolazione voleva sapere il risultato del viaggio e m’invitavano a recarmi in Fiemme ad assistere alla seduta del consesso. Nella sessione confidenziale Cappelletti, Cristofolini, Bertolini, espressero l’opinione che di fronte a due valli non era consigliabile fare un bel gesto negativo che ponesse il seme della discordia fra i trentini. Zippel disse che si dovrebbe tentare la Lavis-Grumes; che nelle attuali circostanze dolorose però forse la cosa sarebbe tollerabile se si escludesse Bolzano dalla finanziazione della Egna-Predazzo. Battisti dichiarò che come socialista al Parlamento si trovava in tale posizione di fronte alla deputazione italiana, ch’egli potrebbe fare solo un’opposizione platonica. Gli arbitri della situazione sono i deputati dietali. Avanzate come sono oramai le trattative, converrà vedere se non si possa almeno garantire la contemporaneità della costruzione del tratto dell’avisiana. Crede che si dovrebbe provare a fare pressione su Fiemme. Bertolini ricorda che alla Dieta l’ostruzione italiana venne fatta contro le pretese dei tedeschi sul modo di finanziare e costruire la Egna-Predazzo e la Lavis-Cembra non contro queste due linee come tali. E per cercare di garantir meglio le modalità richieste per rendere possibile la continuazione della Lavis-Cembra. Coll’opporsi semplicemente si farà peggio. Quando uomini come Deleonardi, della cui fede nazionale non si può dubitare, dichiarano che Fiemme in linea nazionale non ne patirà pregiudizio, non si può pretendere la solidarietà di un intero paese con una parte contro l’altra.

Avevamo un bel dire noi che il rifiuto era venuto per dissidi interni, che per il grosso della questione non aveva a che fare, che la deputazione di Cavalese partiva da criteri essenzialmente locali, che la popolazione di Fiemme era tuttavia sempre in grande maggioranza per la linea di San Lugano.

Su esplicita domanda mia Tambosi dichiarò che avrei potuto dire che in tal modo si faciliterebbe la posizione a Trento, ci s’indorerebbe la pillola. Per torre ogni dubbio, in seguito ad un accenno del D.r Battisti dichiarai che se il D.r Battisti andasse in Fiemme e venisse autorizzato a dire il contrario di quello che si permetteva dicessi io, non ci sarei andato. Battisti rispose ch’egli, nel caso che si recasse in Fiemme, accentuerebbe naturalmente di più il punto di vista locale di Trento, com’è dovere del suo deputato, ma in fine anch’egli avrebbe lasciato capire che se votassero la clausola, la cosa sarebbe meno grave. Dopo queste conclusioni mi decisi di andare in Fiemme, in ossequio al telegramma della Comunità. Prima di partire, scrissi al Podestà un biglietto che sarà bene ricordare, perché comprova la rettitudine e la lealtà del mio contegno.

Di fronte a tale cumulo di circostanze i miei colleghi ed io, tutti in piena armonia, abbiamo favorito l’accordo degli interessati locali perché colla votazione dei contributi venisse assicurata tale soluzione. Certo è doloroso che Trento non abbia raggiunta fin d’ora la sua diretta congiunzione con Fiemme, ma troppe circostanze ci furono avverse: la linea avisiana è più lunga di parecchi chilometri e più costosa, il governo è sfavorevole, la Provincia in maggioranza nelle mani degli avversari dell’avisiana. Per di più il popolo di Fiemme è legato da tradizioni ben più vecchie del suo stradone allo sbocco di S. Lugano. Male a proposito vennero ricordati nel recente comizio i patti gebardini del 1110, perché essi sono una prova delle antichissime relazioni fra Fiemme e l’alto Adige. Allora Fiemme si considera la valle dalla «chiusa di Trodena fino al ponte della Costa» e fin a quei tempi remoti risalgono i diritti di pascolo dei fiemmazzi sul terreno dei comuni di Val d’Adige e viceversa l’obbligo della Comunità di pagare una quota per la manutenzione del ponte sull’Adige ad Egna, perché i valligiani passavano di là.

Intanto era urgente che i deputati insistessero a Vienna per avere dal governo offerte impegnative, appunto perché se frattanto fosse intervenuto un pronunziamento pubblico dei fiemmesi in favore della linea di San Lugano, sarebbe stata indebolita la posizione di chi cercava raggiungere qualche cosa sull’avisiana. Ai 23 maggio comunicai lo stato delle trattative alla Comunità generale, pregando che si volessero attendere i passi dei deputati i quali, senza impegnarsi per conto di nessuno, si sforzavano di ottenere una base concreta da presentare ai fattori competenti. Già allora eravamo ridotti sulla base Egna-Moena e Lavis-Cembra, ma il governo rimaneva duro nel proposito di dare per la linea di Egna solo un contributo in azioni di fondazione e lasciarla poi fare e gestire dal comitato di Bolzano e da parte dell’Avisio, voleva costruire il tratto fino a Cembra con un tipo assai ridotto. Di queste trattative diedi sempre informazioni vocali al podestà di Trento e l’on. Conci ne informò i comuni di Cembra. Ai 28 maggio ebbe luogo ad Egna un convegno di interessati dei comuni dell’alto Adige (sic). Le pubblicazioni che ne seguirono, l’appello rivolto da tale convegno ai fiemmesi, che fu poi largamente diffuso nella valle provocarono una reazione a Trento con una relativa discussione e deliberazione in Municipio.

Questa proposta venne fatta a nome della deputazione trentina, popolare e liberale, sia di fronte alla maggioranza tedesca che al Governo. Di fronte a questi fattori essa rappresentò fin d’allora la concessione massima che gli italiani avrebbero fatto e che subivano perché si trovavano di fronte alla volontà del governo, all’opposizione dei tedeschi e al volere della valle di Fiemme. La proposta venne fatta per salvare il salvabile e per riservarsi la possibilità della futura continuazione della Lavis-Cembra. Solo perché i tedeschi sia col pretendere un tipo di costruzione inferiore di tale tratto di linea, sia coll’esigere un’ingerenza nella Egna-Predazzo volevano torci anche la possibilità avvenire della continuazione della Lavis-Cembra, scoppiò in Dieta l’ostruzione. Dopo la chiusura della Dieta, fu giuocoforza che i deputati parlamentari riprendessero le trattative col Governo: lo voleva già il fatto che alla Dieta bisognava, pur un giorno o l’altro venire ad una conclusione pratica e la circostanza che in Fiemme la nuova rappresentanza della Comunità generale costituiva un comitato tramviario coll’incarico di venire ad una finanziazione della ferrovia.

A Trento invece la parte radicale volle gonfiare l’importanza del voto, ci diede un significato di solidarietà trentina che non aveva, e col poggiarsi su alcuni pochi di Cavalese, ricostituì e mantenne la menzogna convenzionale che la valle di Fiemme era con Trento contro la proposta governativa. S’incominciò quindi l’agitazione per l’avisiana, finché una dichiarazione molto franca dell’on. Tambosi che in una seduta preparatoria del consiglio disse: Proclamare «vogliamo la avisiana», data la nessuna disposizione del governo e della provincia e la posizione sfavorevole di Fiemme è proclamare di volere un fiasco, tagliò le ali anche al proletario Battisti che s’era reso il compito molto facile, facendo appello alla borsa dei borghesi.

Gentili che su proposta del Tambosi, ne scrisse al Governo, ma fu appoggiato ancora più dallo sforzo incessante di tutta la deputazione popolare, la quale a Vienna sostenne tutto l’autunno e tutto l’inverno: Vogliamo la Lavis-Grumes altrimenti se ne vada il luogotenente. E questo è caratteristico per lo sforzo di parte nostra di conciliare possibilmente la soluzione proposta cogli interessi di Trento. Ma è caratteristico anche per questo. La Lavis-Cembra è circa 13 km, anzi più, la Lavis-Grumes 23. Né l’una né l’altra ci assicurano la congiunzione con Fiemme, né l’una né l’altra attirano sull’Avisio il suo commercio. Ma in ogni caso codesti 10 km da Cembra a Grumes, che costano 2 milioni mentre dal Lavis-Cembra se ne spendono quattro, questi 10 km in più di quello che noi accettiamo e che viceversa avrebbero accettato Tambosi, Battisti e compagni, non è distanza tale che autorizzi a posare i liberali e i socialisti da immacolati difensori dell’intransigenza e della dignità e lanciare contro di noi l’invettiva di traditori della causa nazionale, degli interessi di Trento, straziatori dell’unità del paese, vili servitori del Governo. Anche voi v’eravate messi sulla strada dei compromessi e della transazione, perché vi spingeva la stessa fatalità di cose, la stessa congruenza di forze che hanno spinto anche noi sulla stessa via. Ma per voi Egna-Predazzo e Lavis-Cembra + 10 km sarebbe stato un trionfo, per noi Egna-Predazzo + Lavis-Grumes — 10 km rappresenta il tradimento del paese). La differenza maggiore si rilevò durante quest’ultimo periodo, perché i liberali, sopra erronee informazioni credevano o fingevano di credere che la valle di Fiemme fosse d’accordo nel gran rifiuto. Ma avranno dovuto disingannarsi. Io stesso che in luglio avevo dichiarato di sentirmi esonerato dall’occuparmi ulteriormente della cosa, dovetti accorgermi che la mia dichiarazione fu troppo affrettata. Non solo i tedeschi avrebbero forzata una decisione, parlavano ai Ministeri per la Egna-Predazzo e sovratutto ci aspettavano nuovamente al varco della dieta, ma in Fiemme si lavorava attivamente per la finanziazione della Egna-Predazzo. Dopo il primo convegno di Panchià in cui gli otto comuni più importanti, fatta eccezione di Cavalese, insistevano per la Egna-Predazzo-Moena, durante l’inverno si costituì un comitato dei 5 comuni più interessati, i quali fecero un piano di finanziazione, avviarono formali e concrete trattative con Bolzano, e si deve all’influenza mia e dei miei amici, se li abbiamo trattenuti per un lungo periodo da pubbliche manifestazioni o da formali impegni. Di ciò esistono protocolli e relazioni documentate.

Dalla prima settimana religioso-sociale (Impressioni)

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Agostino a S. Tommaso al Victoria e al Suarez, tenne sempre l’aurea via di mezzo tra la concezione ultra conservatrice del De Maistre che, accostandosi ai moderni imperialisti e guerrafondai vedeva nella guerra un che di divino e fatale e la concezione anarchica del Tolstoi, che vedeva nel Vangelo la condanna di ogni guerra, anche la più giusta e la più santa, e che riallacciandosi, potremmo dire, ai montanisti, formulava il suo principio anarchico e nichilistico. La Chiesa certo non invoca la guerra e nelle litanie prega a peste, fame et bello libera nos domine. E i cattolici, con la moderna scuola francese, che fa capo a Vanderpol (alla quale dobbiamo ormai alcune pubblicazioni e l’idea d’una scuola superiore per lo studio del diritto internazionale dal punto di vista cristiano), tenendosi lontani così dal pacifismo esagerato (1l pacifismo per il pacifismo) come, e più, dal militarismo guerrafondaio, si propongono di penetrare del loro spirito e della loro nobilissima tradizione (che va dall’istruzione dei fratelli pacieri, alla tregua di Dio, al terz’ordine francescano, all'arbitrato dei Papi ecc.) tutto il movimento pacifista contemporaneo avviando l’umanità se non all’eliminazione totale della guerra e degli armamenti (forse utopie) alla loro limitazione progressiva a quelle guerre soltanto che possono trovare la propria giustificazione nella tutela del diritto e delle ragioni morali, applicando pure a queste guerre, nella misura più larga possibile, i principi della carità e della giustizia. Non è a dimenticarsi come i deliberati sul diritto della guerra della conferenza dell’Aia per la pace si ispirino alla dottrina cattolica quale la troviamo formulata già nell’opera dei teologi del principio dell’Evo Moderno, quali il De Victoria e il Suarez.

I comizi di Fiemme per la ferrovia. L'adunanza di Carano

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Con un’esposizione serrata e convincente dimostrò poi che la proposta, sostenuta oggi dai deputati popolari, è la conseguenza necessaria derivata dai tre fattori chiamati a decidere le sorti della ferrovia, cioè del volere e dei bisogni di Fiemme, della posizione assunta dallo stato che deve dare in maggior parte i danari e della condizione creatasi col concorso di tutta la deputazione trentina alla Dieta. Circa ilprimo fattore, ricorda l’azione del comitato tramviario di Fiemme, nel quale era rappresentato anche Cavalese, l’opera del consesso della comunità, le manifestazioni pubbliche della popolazione, le deliberazioni della Comunità e della maggioranza dei comuni ed il costituirsi in Fiemme di una grande maggioranza pro ferrovia, nella quale si sono fusi diversi paesi e diverse tendenze politiche, compresa quella del partito liberale-nazionale. Circa la posizione dello stato accenna alle trattative fatte dal dicembre 1911 per una graduale attuazione del compromesso di Bolzano, alle insistenze per l’avisiana o almeno per la Lavis-Grumes, fino alle recise dichiarazioni ministeriali per l’attuale proposta Egna-Predazzo (Moena) e Lavis-Cembra. Enumera in fine le trattative dietali e l’ultima proposta Pinalli per la Lavis-Cembra, concludendo che da questi tre fattori nessuno sforzo valse a ricavare una proposta che s’avvicinasse di più della presente all’ideale ch’era il compromesso del 1909. Accennò poi rapidamente agli improvvisi voltafaccia, sopravvenuti nell’ultima fase ed al radicalismo che dopo le fallite trattative per la Lavis-Grumes riprese vigore sfogandosi in attacchi violenti, in accuse di tradimento ed in ingiurie contro i deputati popolari. L’oratore rileva qui che, quantunque avesse potuto come tanti altri lavarsi le mani della vertenza, approfittando della confusione creata ad arte in Fiemme e salvarsi così da tutte le ire sollevatesi contro di lui, ha preferito attenersi logicamente e serenamente alla voce della sua coscienza, all’imperioso dovere di rappresentare gli interessi che gli elettori gli avevano affidato. La tattica stessa del resto dei dissenzienti e degli avversari che, malgrado le proclamazioni, si addimostrò semplicemente negativa, conferma la bontà della sua condotta. L’osservazione sempre più attenta della vita di Fiemme gli conferma sempre più che la ferrovia di Egna non porta al carattere nazionale della valle alcun pericolo, ch’essa rappresenterà anzi un progresso sulle condizioni presenti, convinzione questa condivisa anche da molti liberali nazionali della valle e fuori. Riguardo alla parte finanziaria ricorda ch’egli già nella seduta del consesso nel luglio 1912 ha dichiarato di non essere compito dei rappresentanti politici di assumere responsabilità di sorta. Il preventivo venne fatto e riveduto dai rappresentanti del ministero e ad essi spetta ogni responsabilità. Certo ch’esso sarà più attendibile di quello delle altre ferrovie trentine costruite, poiché dell’esperienze fatte in queste si è approfittato nel calcolare il costo della ferrovia di Fiemme e di Cembra. Quello che va assolutamente escluso è che la Comunità sia tenuta a contribuire al pagamento di eventuali sorpassi. Anche riguardo al contributo della Comunità ed al conguaglio dei singoli comuni per questo contributo, il deputato si è tenuto estraneo, favorendo solamente, com’era suo dovere, il piano di venire a trattative che tendevano ad un accordo fra i comuni, le quali però vennero condotte senza la sua collaborazione. Termina il suo discorso, ascoltato con grande attenzione, dichiarando che fino a tanto che i suoi elettori gli continueranno il mandato, lo eserciterà, seguendo i criteri che lo hanno inspirato fino ad oggi. A questo punto l’avv. Rizzoli domanda se, quantunque di Cavalese, possa avere la parola. L’on. Degasperi gliela concede, pregandolo però d’essere breve, perché alle 4.30 ha indetto un comizio a Moena e sono già le 3.15. L’avv. Rizzoli si rivolge ai presenti dicendo che l’oratore ha svolto i suoi criteri politico-nazionali, ma che è sorvolato su quello che più importa a noi fiemmazzi, cioè alla questione finanziaria. Il contributo domandato alla valle di Fiemme è troppo forte. Perché nella valle di Cembra i comuni pagano solo 120.000 corone su 4 milioni di spesa preventivata, mentre Fiemme deve pagare quasi 2 milioni su 9 milioni e 300.000? Vedano i deputati di far usare una misura più equa di giustizia. Riguardo ai sorpassi, il deputato se ne è lavato le mani, ma intanto la Comunità una volta ingaggiatasi con un dato percento nell’impresa ferroviaria, dovrà pagare anche i sorpassi eventuali in concorrenza e così forse il contributo dei fiemmazzi potrà arrivare a 4 o 5 milioni. Come si farà a caricarsi di tali debiti, quando il bilancio della Comunità non è punto florido? E tutti questi sacrifici si dovranno fare per alcuni osti e per il comodo dei turisti che passano attraverso la valle per recarsi agli alberghi di montagna! Calcola che cosa dovrà venire a pagare il comune di Carano, dice che Cavalese, se la cosa andrà come vuole la maggioranza dei comuni, verrà a pagare circa 330.000 cor. In quanto al conguaglio degli altri comuni è vero che Predazzo promette delle rifusioni a destra e a sinistra, ma Predazzo, che è il comune più in miseria della valle, in realtà se ne rifà aumentando le addizionali che andranno a cadere sui censiti di tutta Fiemme. L’avv. Rizzoli dichiara quindi di non poter approvare il contegno del deputato e d’invitarlo invece a studiare un’altra proposta, che sia meno gravosa per Fiemme. L’on. Degasperi risponde assai felicemente, interrotto spesso da applausi. Altamente si meraviglia che l’avv. Rizzoli chiami in confronto il piccolo contributo richiesto ai poveri comuni di Cembra. Se lo facesse un censito di Moena e pretendesse che i danari destinati alla Lavis-Cembra venissero invece dedicati alla Predazzo-Moena, nessuna meraviglia! Ma che faccia tali confronti un antesignano del partito liberale nazionale, un parteggiante per la ferrovia di Cembra, muovendo quasi un rimprovero ai deputati di avere strappato al governo 4 milioni per un tronco dell’avisiana, questo gli sembra inconcepibile. È dunque vero che certi avversari per combatterci ricorrono ad argomenti contraddittori secondo gli uditori che li ascoltano: che a Trento gli amici dell’avv. Rizzoli ci chiamino traditori perché non abbiamo saputo ottenere l’avisiana fino a Grumes, cioè un tronco dell’avisiana per 6 milioni, che in Fiemme invece ci accusano d’aver favorito Cembra con 4 milioni, a spalle dei fiammazzi. Che dire poi del concetto che mostra oggi avere l’avv. Rizzoli d’una congiunzione ferroviaria? È strano che un rappresentante della coltura e del progresso dipinga ai contadini una ferrovia, come se si trattasse precipuamente di quattro osti e dei turisti. I forestieri passano anche oggi in automobile, ma la ferrovia deve servire anzitutto ai fiammazzi, alla loro importazione ed alla loro esportazione. Ma non fu proprio il D.r Rizzoli che parlò sempre del necessario progresso d’una ferrovia, e che eccitò la comunità a votare un milione e mezzo in azioni di fondazione per la ferrovia del compromesso? Forse che allora si poteva sperare in una rendibilità! In quanto ai possibili sorpassi, non è vero che la Comunità sarà chiamata a pagarli in concorrenza. La Comunità dà alla ferrovia non un percento della spesa, ma l’importo fisso di un milione in azioni di fondazione e 800.000 di priorità. Ma com’è del resto che tutto codesto pessimismo pervadeva l’avv. Rizzoli proprio in questo caso negli archivi della Comunità stanno parecchi progetti di finanziazione ma più pericolosi, o almeno altrettanto gravosi al suo patrimonio, incominciando dal conchiuso di finanziare e costruire da soli la Molina-Moena o la S. Lugano-Moena e terminando alle proposte del 1909. La proporzione dei pesi che vengono a gravare sui singoli quartieri e sui singoli comuni è cosa che riguarda i rappresentanti amministrativi e comunali di Fiemme, non il deputato politico della valle. Se Cavalese dovrà, come dice il D.r Rizzoli pagare troppo e non in proporzione, saranno responsabili quei rappresentanti di Cavalese che non hanno voluto sapercene di trattare con gli altri comuni, e nessun altro. Come poteva il deputato al Parlamento sapere che in Fiemme sorgerebbe a proposito del contributo ferroviario la questione della ripartizione di esso fra i comuni che sono rappresentati nel consesso. Nessuno, ch’egli sappia, ne parlò mai quando si trattò di altre finanziazioni ferroviarie, né quando si votò il milione e mezzo per il compromesso e nessuno gliene scrisse fino alla votazione dell’anno scorso. La questione scoppiò dopo, come altra volta scoppiò la questione vicinale, come sempre perché si ricorra a complicare col problema della comunità la questione tramviaria. Ma è ora una volta che anche in Fiemme le questioni pubbliche si trattino con maggiore sincerità e le si affrontino a visiera alzata ed alla luce del sole. L’oratore termina fra grandi applausi, scusandosi di dover chiudere, per recarsi a Moena. Il maestro dirigente Ciresa propone alla votazione un ordine del giorno nel quale Si proclama il volere di Fiemme di avere... prima attuata la ferrovia, si plaude ai rappresentanti del consesso… comuni che hanno votato in favore, si fa appello alla deputazione, perché promuova la definizione della vertenza, si fa un caldo ringraziamento all’on. Degasperi ed ai deputati della valle e fuori che lavorarono per la ferrovia di Fiemme e si riconferma loro la più ampia fiducia. La risoluzione è votata fra segni di approvazione e la gente esce commentando vivamente. L’impressione nel paese, non avvezzo ai contraddittori, è grande e del tutto favorevole al nostro deputato.

Il congresso degli studenti cattolici a Lavis

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Alcide de Gasperi 4 occorrenze

Il congresso degli studenti cattolici a Lavis

Mira al Cristo, a lui tendi, in lui confida;

C’è però una seconda schiera di giovani, più numerosa, più comune ed è quella di coloro, i quali esauriscono le loro energie giovanili in una continua verbale e verbosa reazione alle nostre condizioni politiche, che si gettano a capofitto nella politica del giorno, giudicando e sentenziando subito secondo le norme fisse di un dommatismo radicale, esaltando o crocifiggendo e classificando dal solo punto di vista d’un preconcetto fisso. Nemmeno a questa schiera, o studenti cattolici, dovete appartenere, affinché anche non v’accada poi, nella pratica della vita, quello ch’avviene spesso a quelli, di finire cioè in un opportunismo tanto più avvilente, quanto è maggiore il contrasto col verbalismo degli anni giovanili. No, il vostro compito è più grande, più faticoso, come il geologo che prepara la risurrezione della miniera. Anzi tutto studiare! Lasciate che la dica forte questa parola che da tanti convegni studenteschi fu pure bandita. Studiare! Senza una soda preparazione scientifica voi presumerete invano di fare qualche cosa di grande per voi e per il vostro paese. Il Trentino non diventerà un paese migliore, non farà un progresso notevole, fino a tanto che non avremo alcuni uomini superiori, fino che non ci saranno dei legali, dei filosofi, degli ingegneri, dei finanzieri che s’eleveranno sopra la media, di cui le tristi condizioni della nostra vita intellettuale ed un’indolenza colpevole ci hanno abituato a chiamarci soddisfatti. (Applausi) Bisogna che ciascuno di voi tenti questo sforzo, si proponga questa meta! E poi a tale vostro studio particolare aggiungetene uno più generale. Studiate il vostro paese, come studiereste una carta geologica, studiatelo nei suoi strati sociali, nella sua conformazione storica, nella sua costituzione interiore. A questo punto è giunto il momento in cui conviene mettere mano all’opera e fare quello che per la miniera compie la perforatrice. Nel fondo del nostro popolo giacciono tesori antichi di unità di fede, di santità di tradizioni, di bontà di costumi, di tenacia, di lavoro. Questi tesori conviene mettere in valore. Bisogna penetrare sotto la corteccia della manifestazione quotidiana, allontanare le sovrapposizioni accidentali e giungere ai tesori d’energia potenziale e viva che giacciono in fondo al cuore del popolo trenino. Discopertili, lavoriamoci attorno con gli strumenti della tecnica moderna, con i sussidi della scienza progredita, fino che avremo quel popolo che sta in cima ai nostri ideali, quel popolo ravvivato della sua fede, rinsaldato nella sua coscienza nazionale, socialmente riorganizzato, ritto in piedi innanzi agli irrisori ed ai potenti come noi lo abbiamo nella mente, quando auspichiamo alla democrazia cristiana trentina (grandi applausi). Io vi veggo, o giovani, - conclude l’oratore - circondati oggi da tanto assenso di popolo che nessun miglior augurio posso farvi di quello che nella vostra vita sia sempre come oggi e che, combattendo e lavorando, possiate vedere sempre la vostra opera accompagnata da tanto plauso e da così cordiale partecipazione. Ma non illudetevi, non sarà sempre così. Vi sono nella vita sociale dei momenti in cui pare - e forse non è – di essere soli. Soli in mezzo alla bufera avversaria, soli in mezzo ad incertezze affaticanti, e sembra di non aver accanto nessun braccio che sorregga, di non sentire alcuna parola che conforti e consigli. In questi momenti vi trovate soli innanzi a Dio ed alla vostra coscienza. È per questi momenti decisivi che l’associazione cattolica v’eccita a preparare fin d’oggi le vostre riserve di energia religiosa. Se per quei momenti vi sarete armati da lunga mano della fortezza di un cristiano carattere o della rettitudine d’una coscienza intemerata, allora procedete pure tranquilli per la vostra via, per quanto deserta vi possa sembrare la solitudine che vi circonda e per quanto accanita l’opposizione che vi sta innanzi. Anche a voi allora il poeta, il nostro Gazzoletti vi dice:

Ma avviene invece che appunto chi prova l’assillo del dibattito quotidiano senta più che altri una viva nostalgia di tempi migliori e provi più intimo il bisogno di dirvi: Voi che siete giovani, che non siete ancora travolti dal vortice di una vita pubblica, in cui per disgrazia del nostro paese tutto diventa oggetto di rabbiosa competizione politica e spesso il contrasto politico a sua volta viene trasformato in litigio personale, voi, dico, non disperdete le vostre energie nelle scaramucce della politica d’attualità troppo spesso infeconda, ma fate uno sforzo per uscire da questo ambiente che soffoca e levatevi su al di sopra di codesta atmosfera grigia, avvelenata così di sovente dalla malafede e dall’odio partigiano (applausi); badate agli ideali, ai principi, guardate all’avvenire! I giovani accademici si dividono spesso in due schiere. L’una è dei pochi che si fanno della vita una concezione puramente estetica e del culto della forma un’idolatria. Per loro nelle manifestazioni umane non esiste che il criterio della bellezza. Girano così pel mondo novelli peripatetici d’un egoismo pagano. Quando incontro uno di questi, penso a quelle categorie di belle statue degli dei antichi che si ammirano nei musei vaticani. Questi dei apostrofa il poeta, quando scrive:

Ha la parola l'on. Degasperi

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Alcide de Gasperi 6 occorrenze

Nel febbraio 1912 liberali e popolari s’accordarono alla Dieta per la Egna-Predazzo e la Lavis-Cembra; chi è venuto meno a questo accordo? Il comitato tramviario fiemmese era composto in maggioranza di liberali, e mi scriveva ad unanimità nel maggio e nel giugno 1912, approvando le nostre trattative col Ministero per la linea da S.Lugano e la Lavis-Cembra. Chi poi ha cambiato bandiera? (applausi). Terzo atto di concordia. Ai 10 luglio il comitato tramviario formulava la proposta Egna-Predazzo, Lavis-Cembra. A questa proposta aderiva anche il' liberale D.r. Deleonardi di Cavalese. Chi, tre giorni dopo, nel consesso rompeva questa concordia? (Applausi. Fischi all’indirizzo dei rappresentanti di Cavalese, Degasperi li soffoca subito, pregando i partecipanti a non lasciarsi trascinare dall’incivile contegno del gruppo oppositore. Applausi). Quarto atto di concordia. Quando qualche comune nel consesso dichiarò di non poter votare il contributo, perché non ne risulterebbe una giusta divisione dell’aggravio, allora l’on. Trettel ai 26 luglio convocò i rappresentanti dei comuni a Panchià, perché tentassero un accordo sul contributo. Quale comune si ostinò a non venire e nemmeno a trattare? Cavalese, quantunque prima il suo capo avesse espresso l’opportunità di tale convegno. Furono i nostri avversari che portarono nella valle la menzogna. Ognuno aveva diritto di dir chiaro. Voglio o non voglio la ferrovia, voglio o non voglio la tal linea, ma non di ricorrere ad intrighi, non di scatenare l’odio di parte, d’arrivare alle denigrazioni (applausi vivissimi).

Ma in questo momento è il consigliere di Trento che vi parla e vi dice di non lasciarvi provocare a sensi ostili contro la città che per noi sarà sempre il centro del paese. A Trento non tutti la pensano come i comizianti. Fiemme rimarrà sempre unita al Trentino, rimarrà sempre italiana (applausi). Verrà tempo in cui la storia dovrà ammettere che proprio noi, chiamati oggi traditori nazionali, abbiamo invece rafforzato il senso di solidarietà trentina nella valle dimostrando che per il suo progresso economico noi trentini sacrifichiamo almeno temporaneamente un ideale, per il quale abbiamo combattuto da anni. Io ho l’intima fiducia che verrà presto il giorno in cui vi si potrà chiedere un ricambio di solidarietà, che anche voi ci aiuterete a promuovere la continuazione della Lavis-Cembra. Con questi sensi termino invitandovi a gridare Viva Fiemme, viva il Trentino. (Evviva, applausi, ovazione all’on. Degasperi). Fiemmazzi! Con piacere saluto le antiche bandiere dei vostri liberi comuni e comprendo tutta la vostra fierezza e la reazione che vi nasce nell’animo contro chi vi ha descritti come pecore, soggette alle arti subdole di pochi. Ma in questo momento è il consigliere di Trento che vi parla e vi dice di non lasciarvi provocare a sensi ostili contro la città che per noi sarà sempre il centro del paese. A Trento non tutti la pensano come i comizianti. Fiemme rimarrà sempre unita al Trentino, rimarrà sempre italiana (applausi). Verrà tempo in cui la storia dovrà ammettere che proprio noi, chiamati oggi traditori nazionali, abbiamo invece rafforzato il senso di solidarietà trentina nella valle dimostrando che per il suo progresso economico noi trentini sacrifichiamo almeno temporaneamente un ideale, per il quale abbiamo combattuto da anni. Io ho l’intima fiducia che verrà presto il giorno in cui vi si potrà chiedere un ricambio di solidarietà, che anche voi ci aiuterete a promuovere la continuazione della Lavis-Cembra. Con questi sensi termino invitandovi a gridare Viva Fiemme, viva il Trentino. (Evviva, applausi, ovazione all’on. Degasperi).

I deputati hanno fatto il possibile per diminuire il contributo e sono arrivati a 1 milione di azioni di fondazione e 800.000 di priorità. Di più non hanno potuto fare. Ma è ingiusto che si faccia loro un rimprovero, perché si è dovuto tener conto di Cembra. La Comunità fu in altri tempi disposta a spendere ben più. Ai 2 dicembre 1902 deliberò di assumere un prestito per costruire la Molina-Moena preventivata in Cor. 2.450.000 e chi sa quanto sarebbe costata di più! Nel ottobre 1904 si fecero a Trento proposte ancora più onerose per Fiemme, come ha ricordato il signor Valentino Morandini, nel 1905 il prof. Ossanna consigliava Fiemme ad assumere 1 milione di fondazione e 2 milioni e mezzo di priorità. Nel 1909 la Comunità votava 1½ milione in azioni di fondazione per la linea del compromesso. Ov’erano allora gli economi d’oggi? (Applausi). Un’altra frottola che si va sussurrando negli orecchi degli ingenui è questa: la linea di S. Lugano è voluta dai tedeschi e dal governo. Il governo se la farà quindi a spese sue, senza che ci mettiamo niente. Baie, nessuna ferrovia locale viene costruita senza il contributo degli enti locali. (Voce dal gruppetto: Basta, basta! Degasperi: Vi brucia che certe menzogne vengano smascherate? Applausi). Ma si dice ancora: i fiammazzi possono aspettare. Ad aspettare alcuni anni non si perde niente. Intanto verrà forse qualche cosa di meglio (Ilarità). L’aspettare non costa niente? Dite, p.e. ai nonesi, che lascino ferma la Trento-Malè per 10 anni, che tornino agli omnibus del Moggio ed ai carradori, e poi che dopo 10 anni facciano le somme. Allora si vedrà la differenza, e che cosa vuol dire aspettare per 10 anni.

Ma vi hanno provocato, hanno detto che la vostra opinione è coartata da arti subdole del mio partito, e quindi è naturale che oggi vi siate convocati qui a dire il vostro pensiero. Voi siete qui a protestare contro la contraffazione del vostro pensiero (applausi). Si è creata dagli altri anche la questione di partito, e dopo che si è cercato d’aizzarvi un paese contro l’altro, una fazione contro l’altra, ora nell’imminenza di questo comizio si è scritto che esso è convocato per rompere la concordia (ilarità). Non noi abbiamo sparso in Fiemme la zizzania, ma i nostri avversari incorsero a tutte le arti, fino alle denigrazioni personali, perché avevano paura d’affrontare la questione nei suoi veri termini. Per noi nella questione di Fiemme non ci furono né popolari né liberali, né socialisti, ma solo fiammazzi ed oggi qui sotto le libere bandiere dei vostri comuni non vedo che fiammazzi (applausi). Una volta la concordia c’era, ma chi l’ha rotta?

Quando, come deputato di Fiemme e consigliere comunale di Trento mi sono trovato di fronte all’ultima parola detta dal ministro e a completare il mio giudizio ho chiamato in validissimo aiuto l’esperienza ventenne di un fervente propugnatore dell’avisiana, come il Dr Conci e la chiarezza di visione dell’on. Gentili, allora mi sono sentito al bivio di una decisione importante. Da una parte farmi dei facili meriti di fronte alla solita rettorica pseudo-nazionalista, tentando di menar a naso ancora per un paio d’anni i fiammazzi, tirando fuori vicini divisione o qualche altra questione della comunità, dall’altra affrontare e risolvere praticamente il problema. Ma anzitutto ho una coscienza politica e sapevo la volontà degli elettori. (Quattro, cinque persone del solito gruppo sghignazzano. La maggioranza insorge grida: abbasso i forestieri ed applaude). Degasperi: Lasciateli pure sghignazzare, non fanno che testimoniare della loro educazione (applausi). E poi noi deputati abbiamo dovuto concludere: Ci sono troppe forze e troppe circostanze che propendono per S. Lugano. Se non oggi, sarà domani che i fiemmazzi con noi o contro di noi l’avranno! Allora per Cembra non si avrà più niente. Nella presente combinazione abbiamo quindi visto l’unico mezzo di salvare un buon tratto di linea fino a Cembra e almeno la possibilità della sua continuazione. Ecco perch’io anche essendo consigliere municipale di Trento, ritenni di dover aderire alla proposta. Certo la città di Trento aveva diritto di difendere i suoi interessi, di insistere per una soluzione migliore, fino che lo crede possibile, ma quello che non è giusto è che nei suoi comizi si voglia falsare e cancellare la volontà della maggioranza di Fiemme, dando da intendere che i fiammazzi sono spinti dai deputati, e non invece i deputati che devono pur tener conto della volontà e dei bisogni del popolo (applausi). Ora in Fiemme, perché l’opposizione alla linea di S. Lugano come tale non attecchisce, si va dicendo che è troppo cara e che manda in rovina i comuni.

I vostri preti studiano al collegio vescovile di Trento e vengono diretti dalla Curia di Trento, i vostri avvocati, impiegati ecc. studiano a Trento o a Rovereto e da là vengono diretti. I vostri maestri studiano a Rovereto e portano nelle scuole l’educazione trentina, il catechismo diocesano, i testi trentini. Così la Chiesa, la scuola, gli uffici sono italiani e trentini. Inoltre avete relazioni commerciali con Trento, specie le cooperative col Sindacato, le società di credito colle Banche di Trento, i consorzi col Consiglio d’agricoltura ecc. ecc. Ora queste relazioni che fanno parte del Trentino per dove passano, ove è il punto d’attacco di Fiemme e il Trentino? Da centinaia d’anni è ed è sempre stato Egna, il ponte di Egna, la stazione di Egna! Se di qui innanzi sul ponte di Egna invece dei carri passeranno vagoni ferroviari, se invece delle automobili che vi fanno trasbordare nel paese di Egna andrete in tram direttamente alla stazione Egna-Termeno della Meridionale, forse che il punto d'attacco di Fiemme al Trentino è diverso, forse che si può parlare di un distacco? Ci sarà invece un mezzo più presto, più sicuro di locomozione fra Fiemme e Trentino e le loro rispettive relazioni morali, nazionali e commerciali diventeranno più strette. (Grandi applausi). L’unico danno nazionale forse sarà che non ci saranno più i carradori che fanno sosta a bere l’acquavite nell’osteria dell’ex capocomune di Trodena, ai cui sensi disinteressati hanno fatto appello i nostri avversari, quando si trattava d’impedire il distacco di Fiemme dal Trentino. (Ilarità. Grandi applausi). Certo se vedessimo la possibilità di costruire l’avisiana noi tutti deputati crediamo ancora ch’essa sarebbe l’ideale. Ma si fa tanto ricordare il programma Mazzurana. Purtroppo dobbiamo ammettere che le premesse economiche di tale programma non esistono più. Chi vorrebbe ora investire danari in ferrovia per speculazione privata? Nel paese non ci sono i danari, e chi li ha non li mette fuori. Mazzurana stesso se oggi vivesse dovrebbe attenuare le sue speranze. Ma se non può farlo, lui, l’ha fatto suo figlio, il signor Felice Mazzurana, il signore trentino caro ai fiammazzi perché ha tentato e tenta di sviluppare in Fiemme una grande industria. Non ha egli scritto e stampato nel suo opuscolo che la Comunità di Fiemme ha diritto di scegliere la propria via e non ha trattato l’anno scorso col comitato tramviario per la finanziazione della linea di S. Lugano! (Applausi).

Il banchetto in onore di Mons. Dott. de Gentili. Il brindisi dell'on. Degasperi

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

«Se questa sera fossimo radunati a celebrare un giubileo segnato dal tempo, nelle parole di un brindisi vibrerebbe sotto gli accenti festivi anche la nota malinconica e forse, oratore mal pratico come sono io, non saprei evitare la resonanza dell’elogio funebre. Ma oggi festeggiamo non l’estensione ma l’intensità di una vita e se vogliamo rallegrarci, ricordando, del molto cammino percorso, lo facciamo sostando in mezzo alla via in atto di procedere, perché sappiamo di celebrare un’energia non infiacchita, una visione non turbata, una volontà decisa di andare avanti. Così questa sera brindando al passato, brindiamo ad un tempo all’avvenire. Ricordando i tempi in cui Don Gentili all’alba appena della nostra giornata cattolico-sociale fu giornalista e conferenziere, propagandista e organizzatore, noi auspichiamo il pieno meriggio in cui mons. Gentili veda per l’opera sua e dei suoi amici i progressi e la diffusione della stampa nostra quale egli, nell’impeto del giovanile desiderio del bene, deve avere sognato, veda il trionfo delle associazioni, a cui ha dato impulso od opera, e su questo paese al cui risorgimento ha dedicato tutta la bellezza della sua intelligenza e tutta la meravigliosa fibra di lavoratore, veda splendere in un dominio glorioso il sole della democrazia cristiana. Ben sappiamo, o amici, che questo è l’augurio migliore che gli possiamo fare, e che è l’unico premio, che la sua anima generosa poté ambire quaggiù. La sua fatica dura da quasi vent’anni, e furono l’una dopo l’altra giornate piene di sforzo, di sacrifizio, di prove, alternate da conforti, e noi che gli siamo cresciuti d’attorno ci siamo dovuti dire spesso la nostra meraviglia nel vedere questa gagliarda fibra rinvigorirsi innanzi alle difficoltà, questa mente divenir sempre più lucida in mezzo alle complicazioni e questa volontà ingigantire nella lotta più fiera. Ma più grande fu ancora la nostra ammirazione quando abbiamo visto che mano mano che cresceva le sua personalità scompariva la sua individualità e più si teneva nell’ombra l’individuo, perché sovratutto rifulgesse il principio e dominasse sola la causa, cui egli e noi siamo chiamati a servire. Ed ecco la ragione del nostro ossequio, ecco perché sentiamo ch’egli non solo nella carica, ma nello spirito, è il capo delle nostre associazioni cattoliche. Gli avversari hanno scritto come per ischerno che Don Gentili ci ha imposta la dittatura, tanto forse per confermare col Manzoni che il povero senno umano cozza spesso coi fantasmi creati da sé. Ma del resto comprendiamo la dispettosa meraviglia degli avversari nel vedere che noi benché siamo parchi per i nostri capi di aggettivi laudativi, di epiteta ornantia e di maiuscole, di elogi, epitaffi e mausolei, altrettanto siamo ricchi di disposizioni e di raccomandazioni per la disciplina, per la concordia. Signori, un dittatore non ha seguaci, ma servi, non collaboratori, ma meccanici esecutori. E noi tutti invece, quanti lavoriamo nel campo cattolico, siamo qui uomini liberi che oggi come altre volte nel nostro passato, nei momenti di debolezza o di differenza chiediamo al presidente del Comitato Diocesano la parola dell’incoraggiamento e della concordia; e l’abbiamo chiesta e la chiederemo a lui, non solo perché lo crediamo migliore di noi, ma perché l’insegnamento ch’egli ci dà lo fa risalire alla Chiesa, al nostro Vescovo, al Papa, nei quali egli ci addita di trovare le ragioni del nostro lavoro e della nostra disciplina. Sì che oggi noi possiamo esser lieti che l’onorificenza pontificia venga a dare espressione esteriore a quell’autorità di mons. Gentili, si basi sulla stima della sua persona e sul consenso al suo indirizzo. Amici! La vita militante dell’azione cattolica è un po’ vita di campo, lontana dal focolare domestico e dagli affetti familiari e oramai dall’uomo di vita pubblica il pubblico pretende che non viva se non per lui. Ma questa sera, poiché oltre che al capo vogliamo pur esprimere i nostri auguri, anche all’amico, a me pare di non poterlo far meglio che congiungendo alla sua persona che sta sul proscenio della vita pubblica il nome venerato di un’altra che sta nell’ombra ma alla quale egli è congiunto da tenerissimo affetto. Penso alla sua mamma ottuagenaria e mandando il pensiero riverente a Lei, nell’occasione che festeggiamo il figlio, mi pare d’includere nell’augurio l’uomo intiero, come venne alla ribalta per una umile vita di lavoro, come vive nella modestia della sua distinta posizione sociale, come auguriamo sia felice nei lunghi anni che rimarrà l’orgoglio di Lei e l’orgoglio nostro».

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