Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Come devo comportarmi?

172050
Anna Vertua Gentile 50 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
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A LA SANTA MEMORIA DEL PROFESSORE CESARE FENINI DAL QUALE IMPARAI L'INESTIMABILE VALORE DELLA VERA E NOBILE AMICIZIA

Io so d'una gentile giovinetta, la quale per obbligare il fratello di lei minore di qualche anno, a progredire negli studi che egli si era incaponito di troncare, prese a studiare con lui. Da lui si faceva ripetere le lezioni dei professori, con lui faceva i compiti e studiava a memoria le lezioni; e in tal modo, con costanza ammirevole, fece le tre classi liceali e contribuì a fare del fratello uno studente diligentissimo e tale che ottenne una brillante licenza. Un'altra fanciulla, tribolata dai continui malumori di cui il fratello era causa in famiglia per la vita dissipata che conduceva fuori di casa, tanto fece, senza parere, che lo innamorò della musica; e poco a poco ottenne, ch'egli vi si desse con amore e con lei la gustasse. E i genitori dovettero la quiete e la contentezza alla passione per l'arte gentile sviluppata e nudrita dall'affettuosa, accorta sorella. Un bravo e serio glovinotto mi confessava lui stesso d'aver preso gusto all'eletta società e al conversare intellettuale, per opera della sorella sua, la quale era riuscita con le dolci preghiere e la gentile persuasione, a ottenere ch'egli l'accompagnasse presso le case amiche e con lei rimanesse durante le visite e le senate. - Mi ha strappato alle frivole, male compagnie!- diceva con sentimento di viva gratitudine.

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Un fratello, maggiore di alcuni anni della sorella e conosciuto come giovine serio, ha l'obbligo, quando mancasse il padre o mancasse o non potesse la madre, di accompagnarla a passeggio, in bicicletta o a rendere qualche visita di confidenza, o anche a teatro. Ma badi, quando è con la sorella o con le sorelle, di non fermarsi a salutare gli amici, di non invitarli a passeggiare insieme od a far visita in palco. Badi di comportarsi in modo da essere vero protettore e morale difesa delle sorelle sue. Non spinga però il sentimento della cavalleria fino a l'esagerazione e a la permalosità. Non si offenda di uno sguardo rivolto a la sorella, di una parola di lode o di ammirazione che un amico le possa rivolgere con il dovuto rispetto. Sia un accorto e cortese cavaliere; non una rigida e ombrosa chaperon.

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Lo stesso Legouvé, l'uomo virtuoso e forte, dopo la visita a un suo coetaneo gravemente colpito da malattia senile, ebbe a dire: «La vue de ce malheureux m'a tellement saisi, que je n'ai pas trouvé un mot cle réconfort a lui dire. En m'en allant, je fis un retour sur moi meme, et mes idees un cours qui leur est assez abituel, s'arrangérent dans ma tete sous forme de vers.» Ah! ce n'est pas la mort que je crains, c'est la vie; A voir de quels tourments la vieillesse est suivie, Je trembìe, mes amis, de descendre au tombeau Lentement, membre a membre, lambeau par lambeau, Ne vous laissant de moi, comme image supreme, Qu'une caricature affreuse de moi meme.

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E dice a proposito del cuore del vecchio: «Est-ce une branche morte sur laquelle rien ne repousse ?... Est il condanné comme les arbres de nos verges, à voir tomber successivement à ses pieds, ses fleurs, ses fruits, ses feuilles, et a rester dépouillé, dénudé, noir, en proie à l'hiver? » Soggiunge : « Je ne le crois pas.» E tira via a parlare dell'affetto degli avi, affetto commovente, illuminato dall'esperienza, fatto indulgente dalla saggezza. E dice delle tarde amicizie serene, sicure, feconde di consigli, di ricambio di cortesia.

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La timidezza, quando viene da soave peritanza, quasi esitazione di una persona giovine e inesperta, o pure da vago timore di non riuscire a dare di sè la stima che si desidera, a una gentile qualità in una fanciulla, una nuova attrattiva, un fascino. Ma quando deriva dalla vanità a dall'ignoranza insieme, cioè dalla smania di apparire e dalla paura di non fare la figura vagheggiata per mancanza di pratica degli usi, allora è goffaggine sempre ridicola e spesso antipatica. La timidezza che lì per lì, davanti a una persona altamente superiore per ingegno o altri meriti, ti conturba, e rende titubante, mozzandoti le parole in bocca e impacciandoti negli atti, non è altro che un impulsivo omaggio, fatto di intimo, impreveduto piacere e di grande rispetto. E omaggio sempre bene accolto e gradito. La timidezza che ti sorprende al lusso sfoggiato di un salotto, alla ricchezza ed alla eleganza del vestire di signore e signorine raccolte a conversare o a divertirsi, deriva sempre da un tacito, umiliante confronto che ti mette il livore nell'anima quasi paralizzandoti nei moti e nella parola. C'è dunque una timidezza buona e gentile; e ce n'è un'altra cattiva e goffa.

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A che scomodarsi a farsi belle, per passare un paio d'ore fuori, quando si sta così bene nel proprio salottino con un ricamo o un libro in mano ?... E, per non scomodarsi, lasciano che il marito vada solo, quando obblighi d'impiego o di parentela od anche un semplice desiderio di distrazione, lo decidono a prender parte a serate e divertimenti. E qui la moglie fa due volte male. Scontenta il marito con la scompiacenza, e, quello che è peggio, lo abitua a distrarsi e a godere senza di lei; lontano da' suoi occhi, che possono intravedere minacce e pericoli; lontano dal suo cuore, che con la previdenza dell'affetto, può troncare la via ad amarezze e delusioni d'ogni maniera. Sono anche troppo numerose le circostanze che consentono, anzi impongono al marito di distrarsi lontano dalla moglie, perchè questa non accetti subito e premurosamente di accompagnarlo quando egli ne mostri desiderio.

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Stanno a loro agio in una piccola, eletta schiera d'amici, e ammutoliscono imbarazzati in un salotto elegante, fra persone dal conversare ozioso e frivolo. La frase popolare essere come un pesce fuor d'acqua» che esprime il senso di inesplicabile smarrimento da cui deriva un penoso impaccio della parola e degli atti, dice chiaro lo stato di una persona che, non può farsi ad un ambiente non suo. Gli è come se la mia volontà venisse lì per lì affievolita da indebolimento mi spiegava una sera, nella confidenza della vecchia amicizia, un egregio scienziato, che era riuscito a rifugiarsi con me in un angolo tranquillo nel buono di una magnifica veglia. Vorrei anch'io fare come gli altri; chiacchierare, lanciare frizzi, scoccare motti, interessare le signore, ridere, scherzare. Ma.... mi è impossibile. Ho bel dire voglio!... È un voglio che non si trasforma in volontà impulsiva, in determinatezza attiva. E me ne sto impacciato, inuggito, quasi sofferente. Ma mia moglie ama questo genere di svaghi! - soggiunse con un sospiro, che diceva insieme, annegazione, noia e rassegnazione. Guai se ad uomini di tale disposizione d'animo, capita una moglie agitata dalla voglia di divertirsi, di usare a serate, a concerti, a balli, di aprire la sua casa a feste, a riunioni, a pranzi!... O hanno la forza di reagire e sono angustiati dall'aspetto triste della moglie, che si atteggia a vittima, quando non spezza la catena della sommissione e dei riguardi e si diverte in casa e fuori senza di loro. O sono di carattere mite, e compiacenti per timidezza, e si lasciano trascinare da per tutto ove la moglie corre; goffi negli abiti di etichetta, impacciati nei movimenti e nelle parole, in continua, penosa soggezione della gente da salotto, del lusso, dello sfavillio, perfino del conversare monotonamente improntato di una medesima forma di vivacità forzata, di grullerie e spesso piccole insolenze, condite dal cosi detto spirito. La signora di cuore e di Benno, si guarderà bene dall'imporre al marito simili sacrifici, che attirano a lei il biasimo delle persone serie, a lui la sincera pietà di queste, e, pur troppo, il ridicolo degli sciocchi.

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Prenda parte ai divertimenti, a serate, a gite, balli, concerti, senza timore, ma senza spavalderia. Invitata a suonare e cantare, lo faccia se ha la coscienza di farlo bene. Ma la smania di sfoggiare la sua abilità, non la spinga a desiderare troppo palesamente l'invito e molto meno a impadronirsi del pianoforte, che deve essere a disposizione di tutti. Negli stabilimenti principali vi ha, di solito, una persona incaricata di suonare il piano quando si balla o di accompagnare chi canta. Questa persona non sarà per certo, un artista, che non si adatterebbe a quella umile parte. E la fanciulla a modo, non si mostrerà troppo difficile con questa persona, se mai la accompagnasse mentre ella canta; nè la offenderà con sogghigni, o ammicchi scambiati con le compagne, o osservazioni a voce alta e non sempre cortesi. In uno stabilimento, la signorina non ballerà mai con un giovinotto prima che questi non sia stato presentato a la mamma, o al babbo, o a chi ne fa le veci.

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Nel tempo ormai andato, per quanto si tratti di non molti anni fa, la signorina non usava di avere i biglietti da visita, a meno che fosse matura o orfana. Adesso invece tutte le signorine o quasi, hanno il loro bravo biglietto con nome, cognome e titolo quando c'è. E in ciò non è nulla di male. Perchè infatti una signorina non potrebbe avere il biglietto da visita?... Basta che se ne sappia servire con buon senso, non mandandolo mai a persone a lei superiori, non rispondendo con esso, manco alla lettera d'un'amica. Poi che a una lettera, una signorina deve sempre rispondere con lettera e non lasciarsi vincere da nessuno in cortesia.

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Badi la signorina, che una persona finamente educata, la si conosce specialmente a tavola. E sappia abituarsi in casa alle regole della buona creanza, perchè in qualunque occasione, le tornino facili e naturali. Così si metta a sedere a mensa nè troppo vicino nè troppo lontano dalla tavola e non distenda il tovagliolo su le ginocchia, che è abitudine da contadini. Il pane lo si deve spezzare a piccoli pezzi, di mano in mano che lo si porta alla bocca; non lo si taglia mai con il coltello. Non si stende salsa, ne frutta, nè burro, sul pane con il coltello; nè questo si adopera per tagliare il pesce. Non bisogna mai accostare il coltello alla bocca, nè sbucciare le mele e le pere a spirale, ma a quarti, di mano in mano che si mangiano, tenendole con le forchettine. Gli asparagi, la selvaggina, ecc., si possono prendere con le dita. Non si rovesciano su le mani per poi metterli nel piatto i noccioli o i semi dei piccoli frutti. Si servirà per questo del cucchiaio da dessert se c'è; se no, si faranno cadere nel piatto inchinandosi leggermente. Il caffè, conviene lasciarlo freddare un poco per poterlo sorbire senza versarlo nel piattino. Se insieme con il caffè vengono serviti dei liquori, la signorina li rifiuti sempre. Si faccia in casa propria l'abitudine del mangiare con scrupolosa pulizia, di seguire correttamente le regole che insegnano il modo di stare a tavola come si conviene a una persona che vuol rendersi sempre simpatica e piacevole.

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Tocca a la signorina, quando la mamma gliene lasci il diritto, a sorvegliare a la spesa giornaliera della cucina. Abbia dunque l'avvertenza di non trascurare nulla , per riuscire a conoscere la qualità della carne, dei pesci, ecc.; il loro prezzo, e la loro cucinatura. Sicuro; anche' di cucina dovrebbe sapere qualche cosa la signorina. Le figlie e le nipoti della Regina d'Inghilterra, non furono parecchie volte trovate con le maniche rimboccate intente a comporre i loro puddings!... La signorina per bene e seria, non sdegna di stare ai fornelli quando occorra, nè fa la schifiltosa quando la necessità le impone di badare alle casseruole. Tocca a la signorina a tenere in ordine la biancheria da tavola; a riempire le ampolle, le saliere, le zucche- riere; a misurare la quantità del caffè necessaria per il giorno, ad apprestare il thè. E lei che deve disporre con gusto, la frutta, i fiori, i dolci, i piattellini degli antipasti, delle salse. I gingilli, i mobilucci eleganti e preziosi, devono essere spolverati e spazzolati dalla signorina. Se ha dei fratelli grandi, tocca a lei ad aver cura del loro guardaroba. Lo tenga in ordine; abbia cura della biancheria; faccia trovare ogni tanto qualche fazzoletto con le cifre ricamate, qualche nonnulla che possa far piacere. Il fratello ne sarà riconoscente per certo, ed a sua volta cercherà di usare a lei qualche gentilezza. Se ha dei fratelli e delle sorelline piccoli, faccia in modo di proteggerli, sorvegliarli, educarli, se fosse il caso; alleviando la mamma d'una cura, confortandola d'un aiuto. In casa ci sono dei vecchi?... il nonno ?... la nonna?... Sia essa il loro sorriso e Dio la benedirà. Il babbo è un uomo politico, d'affari, uno scienziato?... Ella gli prepari in casa un nido di riposo, di soddisfazioni; un centro di affetti. Si renda cara, preziosa, indispensabile; faccia dire e meglio sentire di se, che è un angelo, un vero angelo del focolare domestico !

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Molti sono spinti dalla vanità a spendere più del bisogno, a chiedere denaro all'uno o all'altro, a rovinarsi. La vanità, che esige lo sfoggio, si umilia davanti al creditore; l'orgoglio invece non si pasce di vane comparse, ma non si inchina dinanzi a nessuno. « In molti casi - dice d'Azeglio - quel che rovina è la vanità; quello che salva è l'orgoglio. »

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Il giovine gentiluomo non offre doni che a sua madre a sua sorella o alla fidanzata quando sia ben sicuro che diventerà sua sposa. A una signora che l'abbia ricevuto cordialmente in casa sua, potrà mandare dei fiori, o portare degli zuccherini, dei libri, della musica.

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A un invito a pranzo, il giovine gentiluomo ha ogni riguardo per la vicina che gli è stata designata e alla quale egli stesso ha dato il braccio al momento di entrare nella sala della mensa. Non le lascia mancare nulla e cerca ogni maniera di divertirla con il suo conversare. Se la signora o la signorina sono timide, cerca di rinfrancarle con l'affabilità e la spigliatezza; se sono inuggite, fa del tutto per distrarle e divertirle. E tutto ciò, sempre con il rispetto, la deferenza della persona educata. Parlando con signorine e assai riguardoso; non fa pompa di teorie o di idee a loro poco adatte, non le espone ad arrossire della loro ignoranza con domande inopportune. A un invito a pranzo, il giovine si presenta in abito di società; marsina o abito chiuso; guanti chiari, cravatta piccola, a nodo, bianca o nera, panciotto pure bianco o nero. Se pranza spesso in una casa, sa che ha l'obbligo, in certe circostanze, come a Natale, ad una festa per onomastico o altro, di fare un dono a la padrona di casa o meglio ai bimbi se ce ne sono, e di dare qualche mancia a la cameriera. Invitato a pranzo da persona inferiore per condizione o amica intima e di confidenza, può offrire in dono qualche cosa di utile; vini fini, per esempio, frutta, dolci, salumi, accompagnando il dono con lettera gentile o meglio con una frase scherzosa. Conosciuta una signora a un pranzo, a teatro o a un ballo, avendone in somma goduta la compagnia per un poco di tempo, il giovanotto farà bene di lasciare il di dopo, il suo biglietto di visita a la porta della casa. Non manderà il biglietto a una signora che avesse conosciuta in casa di comuni amici, nel giorno di ricevimento. Saluterà lungo la via le signore alle quali fosse stato presentato.

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Uno scapolo può invitare a pranzo una signora sola, quando abbia già invitato altre persone e specialmente qualche vecchia amica di casa; o pure quando abbia avuta l'avvertenza di estendere l'invito ad un parente o un amico comune. La può anche invitare in campagna senza comprometterla, quando vi riunisce altre persone e una signora d'età a cui sia affidato incarico delicato di tutelare, senza parere, il buon nome della invitata. Il giovinotto artista può invitare una signora sola, sia essa anche giovine, a visitare il suo studio, ad ammirare un'opera d'arte. Il gentiluomo è sempre puntuale. Egli sa che chi non è puntuale manca di rispetto verso i propri simili. Ora, quello che i nostri simili perdonano meno è di mancar loro di riguardo, di trascurarli. Nulla crea piu nemici dell'inesattezza; essa è una delle forme dell'inciviltà perche è una dimostrazione di noncuranza. Qualche volta un'ora di ritardo, danneggiò una vita intera. La puntualità è virtù regale, ebbe a dire un re.

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Cosi in un tram, in un caffè, in un carrozzone di treno, fa un cenno di saluto a chi vi si trova, toccandosi il cappello o sollevandolo leggermente. Se è a cavallo non si prende il puerile gusto di farlo imbizzarrire per spaurire le signore che si trovano su la sua via. In carrozza, essendo solo, siede nell'angolo di sinistra: e se con lui è un amico, gli cede la destra per cortesia. Se si reca a prendere un amico o una signora, deve andare lui stesso a prenderla, e non mai mandare il servitore. Quando guidasse lui, badi di non mai dar la voce ai cavalli, nè di schioccare la frusta, che è atto volgare.

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Se a lui spetta la parte di boute-en-train, come a giovine pratico della società, spigliato e gentilmente spiritoso, badi di proporre giochi che siano confacenti a tutti. Trattandosi di giuochi coi cosi detti « pegni » procuri che questi sieno scelti in modo da non urtare la suscettività, da non offendere la modestia di nessuno. Nelle sciarade in azione, si lasci guidare dal buon senso e dalla delicatezza. Non sempre questi giuochi finiscono bene; possono destare invidia, gelosia, esser causa di pettegolezzi e incresciosità. Nel giuoco delle ombre, badi il giovane a modo, di non mai cammuffarsi in maniera da far da caricatura a qualcuno o da destare disgusto. Il giuoco delle ombre è divertente. Si stende su un uscio aperto, un lenzuolo o una copertina bianca: al di qua dell'uscio sta, al buio, chi deve riconoscere nelle ombre la persona vera: di là sono gli altri; e passano uno ad uno, fra l'uscio e un lume acceso, di modo che la loro ombra viene proiettata di profilo su la tela, fino a che chi deve indovinare, abbia riconosciuto la persona, la quale allora prende il suo posto. Si intende che ciascuno si camuffa come può meglio, per non essere riconosciuto. Nel gioco della parola nascosta, il giovane educato, non scelga una parola troppo difficile o superiore a la coltura della società. Lo stesso riguardo abbia nel gioco degli omonimi, in quello degli enigmi, delle sciarade, dei rebus e monoverbi. Accompagnando la sera a casa le signore, il giovane a modo offre il braccio alla maggiore di età. Dopo una festa, il giovane ha l'obbligo di visitare la signora che lo ha invitato, prima che sieno passati otto giorni.

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elle laisse après soi une faiblesse d'estomac qui rend incapable d'un travail tant soit per prolongs... peu a peu on s'habitue à travailler moms, et a trouver un pretexte à la paresse. » Questi sono i ragionamenti che Enrico, il fratello di Massimo d'Azeglio faceva a se stesso per darsi forza a vincere un' abitudine di tenacità cosi inesplicabile presso i più. E Massimo d'Azeglio stesso dice a proposito del fumare: « Quanto al fisico tengo per innegabile che la continua introduzione d'una soluzione di nicotina nella circolazione, è dannosa. Quanto al morale, e su questo si aggirano i gravi sospetti, il tabacco, come ognuno sa, e uno stupefacente; sarebbe egli impossibile che il suo abuso rendesse alla lunga gli uomini più stupidi di quello che lo sarebbero per natura ?... » Ma tant'è questo benedetto vizio del fumare e uno dei distintivi del mondo moderno. E poi che tutti hanno il diritto di fumare, i signori fumatori avranno anche qualche piccolo, piccolissimo dovere.

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Se la sposa ha famiglia, i parenti della sposa fanno un invito a pranzo; in mancanza di famiglia, invitano un parente di lui o un suo amico intimo. Lo sposo si presenta in abito di società, e se vi è pranzo, aspetta alle frutta a passare l'anello nell'anulare della fidanzata. In questa occasione gli è permesso di pubblicamente baciare la manina della giovinetta. Lo sposo che può, invia o porta quotidianamente un mazzetto di fiori a la fidanzata, fino al giorno delle nozze. Uscendo con la promessa sposa, il fidanzato non le offrirà il braccio; lo offrirà invece a la madre di lei.

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Siccome trattandosi delle prime cure che si devono ai bambini, non potrei fare a meno di ripetere ciò che già dissi nella mia operetta La mamma educatrice, così trascrivo qui un breve capitolo di quel mio lavoro. Qual'è quella madre, che potendolo, non vorrebbe allattare la sua creatura ?... L'allattare i propri figli è uno dei più cari e santi doveri della maternità. « Partorire con dolore - dice Mantegazza - e della femmina; allattare il proprio bimbo, riscaldarlo del calore del proprio petto, dargli un'altra volta la vita con l'alimento del seno, e della madre. » Ma non sempre alla madre è concesso questo dolce dovere. Nell'allattamento non si tratta già di solo sentimento, come vuole Rousseau; non si tratta giò di amore nè di eroismo; ma semplicemente di latte. Quando la madre, per una qualunque ragione, non ha latte sufficiente per l'alimento del suo bambino, se si ostina a volerlo allattare, e, direi quasi, colpevole di egoismo. Prima che alla propria compiacenza, sia pure nudrita di generosissimi sentimenti, di spirito di sacrificio, da previdenza santa, la madre deve pensare a ciò, che il latte di cui si alimenta la sua creatura, ha da essere sufficiente a contenere quella quantità di burro e caseina necessari alla formazione delle ossa, dei muscoli, dei nervi. Quando la madre non ha latte o pure ne ha, ma tale che non corrisponda ai bisogni del bambino, deve ricorrere all'allattamento mercenario; e nella scelta della nutrice seguire fedelmente i consigli del medico. Ma, se a pena può, non consenta che le si allontani il bambino. Il vostro bambino succhi pure il seno di un'altra donna; ma sia sotto i vostri occhi, la vostra intelligente, affettuosa sorveglianza. Come mai si può, alla leggiera, affidare una creatura delicata, che soffre facilmente di tutto, che un colpo d'aria può uccidere, come si può affidarla ad una ignara, povera contadina, o permettere che se la porti lontano, a vivere magari in una catapecchia, a respirare l'aria delle stalla, esposta forse alle impazienze d'un balio intollerante, alle indigestioni d'una nutrice intemperante ? Il vostro piccino abbia pure una nutrice, ma la mamma siate voi. A voi tocca studiare la culla del bambino, i suoi primi passi, i suoi primi sorrisi, i suoi primi accenti balbettanti. La balia allatti il bambino; ma per voi serbate le altre cure; quelle tenere cure, che sono il vero dovere della madre. Nel periodo dell'allattamento, poco a poco si svegliano nel bambino i sensi, e nel suo cervello si vanno sviluppando le prime tracce dell'attività. La vita intellettuale del bambino, si può dire che comincia col suo primo sorriso. Infatti il sorriso è un modo di esprimersi proprio solo dell'uomo. Il bimbo sorride quando si sente in pieno benessere; quando vede la mamma o qualche altra persona che gli vada a genio; quando vede un oggetto che gli piace. Dopo il sorriso, espressione di contento, il bimbo impare a stendere le braccia; ed esprime con ciò il suo primo sentimento di affetto. Allora dovrebbe cominciare l'educazione. Quante tristi abitudini, quante cattive tendenze, che costano poi pianti e ribellioni dolorose dalla parte de' figli e crucci ai genitori, non sono il deplorevole risultato della lontananza di casa delle creature nel periodo dell'allattamento!... E la pulizia?... E la dentizione ?... E tutto quel cormplesso di cure minuziose di cui ha bisogno il bambino per crescere sano e robusto?... E i milli pericoli cui è continuamente esposto ?... Che cosa volete che ne sappia una povera ignorante contadina, di igiene, di accorta previdenza, di raffinatezza?... Ella amerà la vostra creatura con cuore di madre, ma la tratterà come tratta i suoi stessi figliuoli. Si può esigere di più?... Se il bambino non è sempre rigorosamente pulito, se non si sta attenti ad ogni suo piccolo malessere, se poco si bada ai pericoli, non è già colpa della balia, che fa quello che può, da donnicciuola povera, ignorante, e spesso cocciuta nei pregiudizi. Non avete mai sentito dire dalle contadine, che i bagni e le frequente lavature, indeboliscono il bimbo ?... che a non serrarlo nelle fasce cresce storpio?... che a non lasciargli agglomerare a sommo del capo la schifosa crosta di lordume, il cervello non indurisce?... Faccia la mamma qualunque sacrificio ma non allontani da' suoi occhi, dalla sua vigilanza il bambino !... non lo affidi ciecamente ad una balia, che se lo porti via in un ambiente troppo diverso di quello dove è nato, ove è chiamato a crescere! Conosco delle signore, poche, grazie a Dio! che con il pretesto di rafforzare il fisico dei loro bambini nell'aria aperta e nella libertà della campagna, li lasciano a balia fino a tre, magari fino a quattro anni. Se li tengono lontani nella prima età infantile, proprio quando imparano a reggersi ritti, a camminare, a masticare, a parlare nel periodo in cui si sviluppa la tendenza dell'imitazione, che dovrebbe essere giudiziosamente, pazientemente indirizzata dai genitori. La nutrice, il balio, i parenti, i fratelli e le sorelle di latte, ameranno il vostro piccino come uno del loro sangue. Ma potranno essi, poveretti, nella loro ignoranza, pensare all'importanza della sua prima educazione, che è come la base dell'edificio educativo di tutto l'avvenire? II bambino imparerà a parlare come loro: imiterà i loro atti, magari i loro scoppi di collera; i pregiudizi loro diventeranno pregiudizi suoi; crescerà facilmente rozzo, cocciuto, violento; nel suo cervello si stamperanno mille stramberie. E la conseguenza di tutto cio? Dice l'igienista Lacassagne: L'hygiène des nourissons est, au point de vue social, une question des plus importantes et qui prèoccupe vivement les hygiènistes et les èconomistes. La richesse d'un Etat ne dèpend pas de son ètendue, mais de sa population. Il est plus utile pour l'intérêt d'un pays (tant qu'il a les rassources nécessaires pour les nourrir) de trouver le moyen d'accroître le nombre des gens qui l'habitent, que d'étendre sa surface; une terre sans habitants est inutile. »

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Ce n' è parecchi che hanno il coraggio di ribellarsi a questo uso non sempre corrispondente al desiderio degli stessi sposi e qualche volta anche alle loro finanze. E invece di correre il mondo assoggettandosi a ogni maniera di disagi, preferiscono ritirarsi in una casa di campagna e passare almeno il primo mese della unione, in una solitudine amena, nell'intimità, nella dolce espansione. Conosco degli sposi che hanno passato la luna di miele in un villino su la spiaggia; lo spettacolo del mare era il solo cui anelassero le loro anime innamorate. So di due giovani, che a pena sposati, volarono ad abitare una modesta casuccia in un rispiano di monte, fra i castagni e l'acqua gorgogliante di un torrentello. - Fu un mese di dolcezza infinita! - ebbero a confessare dopo. E da allora, ritornarono ogni anno a rituffarsi nei soavi ricordi, di quel luogo pittoresco e solitario.

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Se la madrina è giovine, sarà accompagnata da qualcuno, a meno che il padrino non fosse attempato. Se la madrina è maritata, il marito inviterà entro la quindicina, il padrino a pranzo, provando con ciò di comprendere la specie di parentela spirituale con lui incontrata dalla propria moglie. Le feste che si fanno in onore del neonato restano a carico del padre, il quale, se è ricco, celebra la gioia della paternità nel modo migliore; benefica i bambini poveri, mandando il suo obolo all'istituto dei bambini lattanti o alla scuola e famiglia o ad altro istituto fondato dalla pietà previdente e generosa. Il padrino e la madrina hanno obbligo di interessarsi del piccino che hanno tenuto a battesimo. A capo d'anno, per la prima comunione, per il matrimonio, o altro evento importante della vita, gli debbono un regalo in corrispondenza dei loro mezzi di fortuna.

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Ma meglio dell'imbottitura è una guarnizione leggiera, di cretonne bianco o a colori di bucato, che si possa facilmente cambiare. Quando si tratta di bimbi, l'igiene deve essere in prima fila; l'eleganza è cosa secondaria. Addormentare il bambino non è sempre facile cosa; per facilitarla, le mamme e le balie spesso danno al piccino delle cattive abitudini; quella di addormentarlo su le braccia o su le ginocchia, quella di cullarlo scuotendo la culla più o meno forte e quella di metterlo a dormire nel letto dei genitori o della balia stessa. L'abitudine di mettere il bimbo nel letto dei genitori o della balia è la peggiore di tutte; perchè oltre il danno di respirare un' aria viziata, il povero piccino corre il rischio di rimanere soffocato. Il bambino vuol essere addormentato e vuole dormire nella sua culla. Si badi dunque, fino dai primi giorni, a non abituarlo diversamente, nemmeno a la ninna nanna, poiche tali abitudini, una volta contratte, difficilmente si potranno togliere poi, e diventeranno una servitù noiosa, una molestia e un vero nocumento per la madre che avrà il sonno disturbato lungo la notte e le ore impegnate durante il giorno. Nell'adagiare il bimbo in culla conviene badare a dargli una posizione conveniente e comoda. Ora delle posizioni della giacitura a letto, la supina, la laterale sul lato sinistro e la laterale sul lato destro, bisogna scegliere quest'ultima, nella quale la funzionalità del cuore, dei polmoni, dello stomaco e del cervello non viene ad essere ostacolata durante il sonno. Conviene mantenere la testa alquanto sollevata col cuscino e scoperta, senza cuffia o berretto; invece si devono tenere coperte e calde le altre parti del corpo, specialmente i piedi. Nell'atto di svegliarlo, quando sia necessario, la madre o la nutrice abbia modi dolci, non bruschi e subitanei, evitando le improvvise e vive impressioni sugli organi dei sensi, della vista, dell'udito e del tatto, non gridando, non esponendo il piccolo essere a la vivida luce del sole o artificiale, non scuotendolo bruscamente. Il bimbo deve svegliarsi dolcemente, non di soprassalto, di maniera che straluna gli occhi spaventato e spesso strilla e si dibatte in uno stato convulsionario. Il cuscino della culla non deve essere troppo alto, perche in tal caso il cervello non viene ben nudrito e ne soffrono tutte le funzioni dell'organismo che vengono regolate indirettamente dal cervello mediante le diverse fibre nervose e ne soffre pure lo sviluppo della intelligenza, la quale è una funzione del cervello. Il bambino sia ben coperto ma non soffochi per l'ammasso di coperture; il freddo è mortale nemico del bambino, ma il sudore lo prostra e lo espone a raffreddori e peggio. Ricordi la giovine mamma che la prima educazione del bambino bisogna cominciarla subito, senza adagiarsi nell'imprevidente e pigro pensiero, che a quell' età l'uomo non capisce nulla e che si può pensare più tardi alle abitudini, all'educazione, ecc. No; a quell'eta l'uomo non capisce nulla intellettualmente; ma capisce fisicamente; e si ribella col pianto e con l'inquietudine quando lo si priva d'un piacere. Così è per lui un piacere il sentirsi portare a braccia. Provi la mamma a dargli l'abitudine di passeggiare reggendolo, durante la notte; se non continua a farlo a ogni leggiero gemito, il piccino strillerà contorcendosi come preso da malore.

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Deve pensare a far loro passare allegramente la giornata e la sera con tutti i piaceri che possono offrire il paese, i monti, il lago, il mare, i vicini di villa. Quindi farà in modo che siano organizzate delle escursioni, delle gite in barca, dei piques niques, delle serate musicali, dei balli in famiglia. E per i giorni di cattivo tempo, improvviserà delle mattinèes, dei giuochi, delle sciarade in azione, dei quadri viventi, delle partite a bigliardo. Non sarà mai la signora che proporrà il giuoco delle carte, che non è punto da persona fine e spesso mette a rischio la serenità e la pace della casa. Se fra gli ospiti fosse un maestro di musica della signora stessa o dei figliuoli, non sarà mai conveniente pregarlo di rallegrare la compagnia mettendosi al piano. Ciò avrebbe l'aria di fargli pagare ospitalità o quello che è peggio, di servirsi di lui come di un mezzo di distrazione. Che se egli lo facesse spontaneamente, la signora, con l'esempio suo, inviterebbe tutti gli altri a ringraziarlo e mostrarglisi riconoscenti. In campagna, facilmente viene a passare la sera, in compagnia, il Curato o il Parroco del paese. E qui conviene che la signora abbia il tatto squisito di fare che il sacerdote e gli ospiti si trovino subito bene e d'accordo fra di loro. Starà attenta ai loro discorsi e, senza far mostra, cambierà tosto l'argomento ogni qual volta possa accennare a un disparere per intolleranza o intransigenza. Se il sacerdote porge la mano a la signora, ella deve far l'atto di baciarla; cosa che il sacerdote non permette quasi mai; ed allora la signora gli stringe la destra come a qualunque altro gentiluomo. Invitato a pranzo, un sacerdote deve occupare il posto d'onore. Farà dunque bene la signora, quando avesse invitato un alto personaggio a non invitare il sacerdote. Se invita un sacerdote nei dì della vigilia, badi di servirgli un desinare di magro. In villa spesso vengono a veglia dei proprietari campagnuoli; gente laboriosa, onestissima e per bene, che però non conosce per nulla il modo di stare nella così detta eletta società. E parlano a voce alta, e ridono forte ed hanno maniere e espressioni tutt'altro che scelte, pure essendo castigati e cortesi secondo il loro modo di vedere. Senza essere vestiti come vorrebbe l'ultima moda, senza avere la mani bianche e morbide con l'unghia del mignolo che finisce in cannuccia come una penna d'oca, senza conoscere manco per ombra le eleganti piccinerie delle persone raffinate, costoro sono gente stimabilissima. E la signora di casa, che non è immiserita da pregiudizi, sta all'erta, e impone con il suo modo di comportarsi, che il visitatore campagnuolo e alla buona sia trattato con i debiti riguardi, senza irrisione, senza canzonatura nè disdegno. Un'attenzione molto delicata verso l'ospite è per la signora quella di fare in modo che prima della partenza, egìi non abbia l'opportunità di dare mance alle persone di servizio. Ci sono ospiti generosi e anche orgogliosi, che regalano i domestici della casa dove hanno ospitato, in modo tale da mortificare la signora. Essa impedisca a loro il disturbo, a lei stessa la mortificazione: e perchè i domestici non abbiano avuto un aggravio di lavoro per nulla, li compensi essa stessa.

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A proposito di giorno di ricevimento, o meglio di giorno fisso, badino le signore, che a Parigi da molto tempo è stata presa l'iniziativa, di abolire l'incomoda, noiosa usanza, e di sostituirvi invece l'ora fissa quotidiana. L'ora quotidiana, nelle ore del pomeriggio o nelle ultime, è assai preferibile al giorno fisso. Mette maggiormente a proprio agio visitatrice e visitata, e concede talvolta lo squisito piacere di ricevere sole una cara amica per la quale non bastano poche parole fredde, convenzionali e quasi sempre banali. È un uso simpatico, che bandisce la noia dei ricevimenti quasi d'obbligo; che toglie la sciocchezza dei circoli fra persone che a pena si conoscono o non si conoscono punto; circoli fatti di signori e signore che non possono far altro che scambiarsi insulse frasi di prammatica; che si inuggiscono, desiderano di troncare la visita, escono con la ribellione in cuore e la testa pesa. La vera signora, abbia il coraggio di abolire il giorno fisso e sarà imitata da chi ha spirito. Ma cominci lei a dar esempio, senza timori. Una piccola rivoluzione; coraggio !... Una piccola innocua rivoluzione in onore del buon senso, dell'amicizia, della gaiezza, dell'intimità.

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A proposito di presentazioni, la signora sa di certo, che bisogna sempre presentare per prime le persone meno elevate. È un onore per un inferiore essere presentato a un superiore; il fare il contrario è mancanza di tatto. Così pure si presenta prima un uomo ad una signora; una signora giovine a una vecchia, un giovinotto ad un attempato. Ad un uomo che le venga presentato, la signora non stende la mano; china solo il capo, dicendo qualche parola gentile. Fra due signore, tocca a la più attempata o in posizione più importante a stendere la mano a l'altra. Ci sono signore, che hanno una tale quantità di amicizie e conoscenze da non sapere dove dare del capo per adempire agli obblighi che la cortesia impone. Ce ne sono delle altre, nuove in città, o spose giovani, o mamme di signorine che cominciano a frequentare la società, che conoscono poche famiglie e desiderano di ampliare le loro relazioni. Non è poi raro il caso di qualche signora, la quale, per carattere, per dolori o disgusti sofferti, o per altro ancora, non voglia assolutamente saperne di conoscenze nuove. La padrona di casa, la quale deve conoscere le persone che riceve, avrà in questo caso, il tatto di presentare o non presentare.

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Poi che all'uscire d'una visitatrice, è uso che tutti si alzino e non si ripongano a sedere prima della padrona. Ma questa, con un cenno o una parola gentile, mentre accompagna all'uscio la visitatrice che esce, inviterà gli altri a mettersi a sedere. In Italia, non si usa di alzarsi quando entra un uomo a meno che non si trattasse di persona eminente o veneranda per età.

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Ma se ci sono mammine di cosi poco tatto da trascinarseli dietro, la padrona di casa, si armi di pazienza e non si sgomenti a ogni passo dei piccini, a ogni loro sguardo o gesto di ammirazione che traduce il desiderio. Faccia à mauvais jeu bonne mine, e lasci ai frugolini libertà di movimenti, che sono sempre una minaccia, libertà di desiderii, che sono sempre una supplica di ottenere. La colpa non è certo di quei poveri cari ignoranti della vita e degli usi sociali; la colpa è di chi li accompagna. La signora potra regalare al bimbo o alla bimba uno zuccherino o un biscotto: mai delle paste con ripieno, dei frutti, della cioccolata, roba insomma che possa insudiciare il vestito, la faccia e le manine dei piccini. Ripeto, la signora di tatto, non faccia visita con i bambini. Sono spesso un vero disturbo per chi riceve e chi si intrattiene. Non lasciano parlare, hanno mille esigenze, cento bisogni, che obbligano la padrona di casa a trascurare per essi i visitatori ed a chiamare la cameriera perche conduca la mamma e i bimbi nelle altre camere; mettono quasi sempre lo scompiglio, facendo aggrondare le ciglia a qualche severa matrona, obbligano le signorine, se ci sono, a non occuparsi che di loro.

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Le cartoline postali non si scrivono che a persone di confidenza od agli inferiori. E dovrebbero contenere a pena cose insignificanti. In luogo delle cartoline postali, per le cose brevi, la signora si serve dei cartoncini bianchi e lisci con la loro apposita busta. Le cartoline devono essere brevi, e contenere appena quanto si desidera sapere o si vuol comunicare; non conterranno mai frasi di affetto nè allusioni a qualche persona, ne cose d' affari. Si pensi che le cartoline possono essere lette da uno o più curiosi, cominciando dal portinaio, al cuoco,alla cameriera, a chiunque capitino nelle mani. Ora ci sono le cartoline illustrate, e ve n'ha di belle, artistiche, graziosissime. In queste si può mandare un saluto agli amici; un augurio, una sola parola di ricordo. Il telegramma va scritto con chiarezza e semplicità e non deve contenere saluti troppo affettuosi. Non trattandosi di casi urgenti, bisogna badare a non spedire telegrammi, in ore tali che possano giungere la notte, spaventando chi li riceve. In tutte le corrispondenze poi, si badi che le lettere sieno affrancate a sufficienza, per non incorrere nel pericolo che chi le riceve abbia da pagare la tassa doppia.

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Se una signora invitata in un palco, vi trovasse, pure invitata, un' altra signora, se la vicinanza dà luogo a una conversazione cordiale, a uno scambio di idee, è tenuta a mandare il dì dopo il proprio biglietto di visita. Che se con le due signore invitate, ci fossero i mariti, questi aggiungeranno il proprio biglietto a quello delle mogli. Non conviene entrare in un palco a spettacolo incominciato. Molte signore lo fanno per seguire la sciocca abitudine che chiamano signorile e che in realta, è poco riguardosa per il pubblico e per gli attori. Le signore non devono sporgersi dal palco, nè fissare col canocchiale la platea. Il galateo non vorrebbe nè pure che fissassero gli attori; ma siccome l'effetto risulta non solo dalla recitazione ma molto anche dall'espressione del volto, dagli atti, e sopra tutto dagli occhi, sarà permesso alle signore che ci vedessero poco, di guardare il palco scenico col canocchiale. La signora, manco a dirlo, non scambierà segni con persone della platea o con amiche che fossero in altri palchi, a meno che non si trattasse di parenti o amiche intime. All'entrare in palco di un visitatore, non si alzerà mai; risponderà al saluto con un cenno del capo o porgendo la mano secondo la persona che visita. Di solito le signore non applaudiscono. Ma quando si trattasse di un lavoro superiore, di autore conosciuto ed ammirato ed anche di attore o attrice o cantanti sommi nell'arte, agiterà il fazzoletto, o anche si lascierà andare a battere le mani, infrangendo le regole che vorrebbero soffocare nel cuore della donna l'ammirazione e impedirle di dimostrarla, che vorrebbero ridurre la donna in faccia a l'arte, allo stato di mummia, di indifferente o di ignorante. Se in teatro entrassero i Sovrani e fossero acclamati, la signora agiterà il fazzoletto. All'entrare dei Sovrani, si alzerà. La signora non dovrebbe mai andar sola a teatro; peggio poi in palco. E se porta l'occhialino non lo usi con troppa insistenza per fissare le persone. E cosa fastidiosa sentirsi a quel modo guardati; uno si sente urtato come da una curiosità non priva di alterigia, quasi di insolenza.

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« Ai concerti ci si va in carrozza, anche se sono dati in luogo vicino a casa. » Questo ho sentito non so più da chi nè dove. Io per me dico: ai concerti, una signora che ami la musica e possa recarsi a sentirla, vada in carrozza o a piedi come le pare e piace. Ma una volta entrata badi di mantenere il silenzio più rigoroso. Si metta a sedere nel primo posto vuoto che incontra; non scambi parole con persone che conosce, ma si accontenti di rispondere con un leggero inchino al saluto degli uomini, con un cenno del capo a quello delle signore. Badi di non agitare troppo nè continuamente il ventaglio, di non battere il tempo con esso, e tanto meno di seguire la musica con il moto del capo. A concerto finito, approvi e ammiri se si sente di farlo e se gli altri lo fanno. Vada cauta nel disapprovare; non faccia osservazioni che potrebbero essere giudicate presuntuose; non critichi per non darsi l'aria di una che abbia la superbia di giudicare.

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E dice perchè è suo obbligo di dire; e tira via frettoloso, impaziente di finire, di troncare a se stesso la tortura, di liberare gli altri dalla noia. Chi va a una conferenza pensi agli obblighi che la cortesia, anzi la generosità gli impongono. Se l'argomento annunciato non è tale da poterla interessare, la signora non intervenga col dubbio di violentare gli sbadigli, di essere presa da sonnolenza, di esercitare un fascino fatale sul conferenziere. Se non ha sufficiente coltura storica nè sentimento capace di interessarsi di un periodo speciale, di un personaggio importante, di un momento patriottico, non vada a una conferenza storica. Se la sublime voce dell'arte non riesce a sollevarle la mente al di sopra delle piccolezze nè a toccarle il cuore, non vada a una conferenza artistica. Se non capisce la letteratura nelle sue finezze, non vada a conferenze letterarie. La conferenza non è un divertimento; è un piacere fine e aristocratico fatto per le persone fine e aristocratiche di sentimento e di intelligenza. Ci sono mammine, che hanno l'abitudine di correre ad ogni conferenza annunciata insieme con le figliuole e magari anche con i fanciulletti alti due spanne. Vogliono far vedere che sono avide di istruirsi e di istruire i loro figliuoli. E, la maggior parte delle volte, non capiscono nulla. Ci sono signorine che, perchè sono andate a scuola fino a diciott'anni, e forse si sono guadagnate un diploma di maestra, credono di poter tutto capire. E corrono a frotte a conferenze di scienziati e letterati di primo ordine, che per la maggiore, trattano argomenti i quali non hanno nulla a che vedere con la loro istruzione a pena elementare, con la loro coltura a pena medriocre. E allora è una continua lotta fra il sonno e la necessita di star deste, fra la noia e il desiderio di mostrarsi interessate. Lotta che ben di rado sfugge al conferenziere, quale per certo non benedice in cuor suo a quella parte di pubblico, regalatagli dalla vanità e dalla presunzione.

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Invitando a una veglia, la signora ha l'obbligo di avvertire le amiche e conoscenti di fare una toeletta semplice, o pure elegante, o pure anche di gala, secondo i casi. Che non succeda quello che accade a me, che invitata, mi recai verso le nove di sera, in casa di amici, vestita da passeggio, e trovai il salotto smagliante di colori, ridente di signore in grande toeletta, scolacciate, a braccie nude, con fiori e brillanti nei capelli. Vi assicuro che rimasi male; e non già per vanità castigata, ma più tosto sentendomi colpevole di stonatara in quel bell'accordo di eleganza e di sfoggio. Ciò che accadde a me può accadere ad altre, quando non siano avvertite. Supponete, per esempio, la confusione di una povera signora, la quale, in una toeletta da serata di gala, capitasse in un salotto ove la veglia consiste nel calzettare o giocare a tombola intorno alla tavola! Per evitare questi inconvenienti mortificanti e non di rado dolorosi, la signora che invita, dica o scriva chiaro e preciso, di che cosa si tratta. E scriva sul cartoncino o su la carta da visita, che sarà portata da una persona di servizio e mai mandata per posta.

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V. se vorrà condurre le sue signorine a la loro mattinata di domenica prossima. »

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La tavola dove la famiglia e i parenti si raccolgono, in gaia intimità, deve essere per la signora di casa, una cura gentile; spetta a lei a renderla attraente, a fare che sia davvero un centro di pace gioconda, di soave riposo, di soddisfacimento generale. Comincerà dunque con ben disporre la stanza da pranzo. Sia essa sfogata, chiara, con mobili semplici e eleganti, senza ingombro di cianciafruscole. La tavola può essere rotonda o quadrata, non mai a ferro di cavallo; le sedie devono essere ad alta spalliera; le tende della finestra tali da velare la luce, non da offuscarla; e se le finestre possono permettere la soppressione delle tende, meglio; basteranno i trasparenti simpatici e gai. È inutile dire, che la biancheria, più o meno fine, deve essere immacolata e stirata accuratamente. Per la colazione è conveniente la tovaglia lunga, che i francesi chiamano chemise de table. Se la tovaglia è ricamata, sarà bene lo sia in colore. I cristalli, se anche non sono finissimi, sieno lucenti. Così la porcellana; non abbia incrinature, ne sia slabbrata e sgretolata. In mancanza di argenteria, ora vi sono dei metalli economici, che con qualche riguardo, serbano lo scintillio. La tavola sarà coperta d'un tappeto morbido, sopra il quale va distesa la tovaglia. A ciascun posto si metterà un solo piatto o tutt'al più due. A destra stanno il coltello e il cucchiaio, a sinistra la forchetta. Quando ci fosse il posa-posate, cucchiaio, forchetta e coltello si mettono uniti a destra. Sul piatto è il tovagliolo, semplicemente ripiegato o raccolto nel cerchietto per distinguere l'uno dall'altro, quando la famiglia è numerosa. Si evitino le piegature difficili e i cornetti ai tovaglioli dando l'aria di roba da trattoria. Sul tovagliolo si mette il pane; a destra del piatto il bicchiere o due bicchieri, per l'acqua e il vino. Quando fossero serviti vini di qualità varia, occorrono bicchieri speciali, la coppa per lo Champagne; il bicchiere verdeazzurro per i vini del Reno. Dà gaiezza e la tavola, la disposizione dei trionfi e delle coppe, artisticamente riempiti di frutta, dolci, fiori. Si avverta però che i fiori non siano mai troppo odorosi. Anche al pranzo giornaliero , in famiglia , conviene badare a non scostarsi mai dalle regole del galateo. Per sorbire il brodo o la minestra, non si caccia in bocca tutto il cucchiaio, ma solo la punta; e non si fa rumore. Non si deve mai inclinare il piatto per raccogliere le ultime goccie del brodo; il pane non lo si taglia ma si spezza. Le ova al guscio, una volta vuote, si rompono; il formaggio si taglia con il coltello e si porta a la bocca con la forchetta. Non si prenda l'abitudine di usare gli stecchini, che e tutt'altro che pulita ed elegante. Se la padrona di casa ha l'abitudine di scalcare essa medesima, lo faccia con arte, con garbo. A tavola una persona raffreddata non ci vada se non in grande intimità. Poi che a tavola non si dovrebbe sternutire ne soffiarsi il naso. Se però accadesse di doversi servire del fazzoletto, lo si porti al naso rapidamente, senza spiegarlo, senza voltarsi; e poi lo si intaschi subito. A proposito di fazzoletto, badi la signora che solo al mattino lo può usare colorato; per visita o per la sera deve essere di battista bianco. Servendosi, uno non dovrebbe parlare per non distrarsi e cagionare danni ai vicini con intinto o altro. È inutile raccomandare di non scegliere il boccone migliore, servendosi. Non occorre ringraziare la cameriera o il servitore ad ogni piatto che portano.

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Si baciano le persone che si amano, e, per cortesia, si ricambia il bacio a chi lo dà. Il baciucchiare insulso e fastidioso, non è nelle abitudini della vera signora, la quale, per natura e per educazione, distingue fra di loro le varie maniere di salutare. Sa chinare il capo a tempo, strisciare una riverenza a tempo, baciare a tempo, stringere a tempo la mano. Il modo di porgere e stringere la mano, dice spesso il carattere delle persone. Ve ne ha che porge la mano aperta e stringe la vostra cordialmente; quella è, di solito, una persona franca ed affettuosa. Ve ne ha che stendono a pena due dita e non rispondono alla vostra stretta; l'esperienza, a me dice, che quella è gente presuntuosa, diffidente, invidiosa, gelosa o giù di lì. Vi ha chi serra la mano come in una morsa, che gli anelli feriscono la pelle delle dita; quelli sono grossolani. Altri ti piglia la mano facendo arco del gomito, o la stringe scuotendoti il braccio fino a farti male; costoro sono schiavi della moda, che salutano secondo le regole del momento. La signora deve esere sempre la prima a porgere la mano. Ma se qualche buon diavolaccio, uomo di studio o campagnuolo, che non si cura delle usanze, ingenuamente stendesse lui per il primo la sua mano, la signora che ha cuore e tatto, non rifiuterà di stringerla. Non si ripeta il caso di un ottimo e rispettabilissimo signore, il quale rivedendo dopo molto tempo una signora già conosciuta ed ammirata, con atto spontaneo le stese la destra. Ma la signora fece mostra di non avvertire l'atto e non stese la sua. II rispettabile signore, raccontandomi la cosa disse con amarezza e sdegno « Non ha voluto stringere la mano d'un uomo onesto !... O che cosa ci vuole per meritare un tale onore ?» La vera signora sa, che senza conoscere tutte le regole, le minuzie, le grullerie (pardon!) della società; una persona può essere rispettabilissima, onorevolissima serissima e spesso anche superiore a molti e molti che sanno a memoria i galatei di tutte le classi e della così detta società.

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Per affrontare i pregiudizi o anche per sfidarli, la signora nubile, alle volte, con l'audacia dei discorsi e la libertà delle azioni (sempre però scrupolosamente onesti) si atteggia a sprezzante superiorità delle esigenze e delle meschinerie sociali. Dice: «Quando la coscienza non mi rimprovera ed ho la certezza di non recar danno a nessuno, perche non potrò vivere a mio modo, non badando alle osservazioni, alle censure, alle critiche dei pedanti, degli oziosi e intriganti?» E vive a suo modo. Va a teatro sola, in carrozza sola; invita a pranzo uomini e giovanotti come meglio le pare, apre il salotto a serate brillanti, intraprende lunghi viaggi, ama la società degli artisti, legge tutto. Se un' amica prudente e timorosa o una vecchia parente la consigliano timidamente, a menare una vita più tranquilla, ritirata e ossequiosa alle abitudini, alle leggi della società, una vita da vedova, risponde allegramente, senza acrimonia, con la persuasione di chi è sicuro di se e sa di non far male: «Perche dovrò io condurre una vita da vedova quando a conforto, a compagno della solitudine e del silenzio non avrei nessun ricordo dolce e doloroso ad un tempo? Mi si consiglia l'ipocrisia in omaggio al pregiudizio, alla servile schiavitù di chi si china riverente alle più strambe esigenze sociali ?»

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Fare della letteratura, offrire al pubblico romanzi, novelle, racconti, poesie, per ozio, per vanità, è un volere affollarsi in vie ingombre, a rischio e pericolo di essere spinti, respinti, battuti e schiacciati dai piu forti, dai violenti, dai superbi, e anche in ultimo, da chi spiega e difende la povera lacera bandiera che porta a caratteri sbiaditi, la frase: Struggle for life. Scrivere per vedere il proprio nome stampato, per il piacere di una lode, che facilmente tutti trovano, dovrebbe esser l'ultima risorsa a cui si appigli la signora sola, che si annoia e sogna soddisfazioni, svaghi malsani. Ci sono donne che riescono a scrivere cose utili e buone; specie quelle che entrano negli interessanti misteri dell'infanzia, quelle che in novelle, romanzi, poesie e precetti, parlano delle dolcezze della famiglia, dicono le gioie della educazione materna. Sono queste le autrici nelle quali pubblico di buon senso vede e rispetta il poeta e il moralista del focolare domestico. Ma le donne che scrivono unicamente per vanità, possono andare incontro al ridicolo e peggio. Dall'immaginazione fervida, superiore all'uomo solo per le doti del cuore, c' è pericolo che la donna nella affascinante carriera dell'autore, lasci a strappi, a brandelli, i doni preziosi della sua natura femminile. Che se non può resistere alla smania di scrivere (qualche volta la smania viene dal sentimento del dovere e dal desiderio di fare il bene), se per una o altra ragione trova giusto di affidare al pubblico le sue idee, non guardi all'arte come alla necessità della vita, ma bensì come a un accidente, a un ornamento; e sia pronta a sacrificare tutto anche la fama, ai doveri dell'affetto. Ricordi che nella donna, il cuore deve sempre spadroneggiare il pensiero; e che l'affezione devota è da preferirsi alla fama; che sapere è poco, brillare è nulla; e che il destino dalla donna sta tutto nell'amore. La donna autrice non cessi di essere donna; scriva se sa e può; ma che questa occupazione non la distolga dai suoi doveri privati.

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La signora nubile sa che, per vivere a suo modo, ed essere ben accetta, ha bisogno di vincere molti pregiudizi, di imporsi col così detto « saper vivere ». Ma la lotta contro le cose, fa l'educazione della volontà e della mente. Ed ella si fa forte, superiore, e con la forza e la superiorità, vince. Sono persuasi anche i più cocciuti, che quando una donna non reca male a nessuno, anzi è pronta a far del bene per quanto consentano i suoi mezzi, può anche vivere a suo modo, ribellandosi un poco ai pregiudizi, non mai alle leggi morali, facendo quello che il buon senso, la ragionevolezza, un certo rispetto sociale che non degeneri in timidezza, le suggeriscono.

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La maestra, come quella che deve inspirare stima e fiducia per la sua delicata professione, avrà una condotta irreprensibile e si comporterà in modo da non dar luogo a censure, a critiche, sopra tutto da rendere impossibile (se ci riesce) la malignità !... Ma poi, perchè non potrà vestire con qualche eleganza ?... perchè non potrà prendere parte a passeggiate e partite di piacere andare a qualche festa di ballo come tutte le altre signorine?... Non è ottimismo spinto, il credere che i casi in cui le maestre rappresentano la parte di vittime, sono più tosto unici che rari. La maestra, quando ha fatto il suo dovere a scuola, di insegnante coscienziosa e di educatrice seria e buona, perchè a casa sua non potrà condursi come le signorine, le signore della sua età? Non mi piace di vedere nelle maestre, e questo succede specialmente in campagna, delle creature timide, quasi intimorite, che osano a pena a pena levarti gli occhi in volto, e se le interroghi rispondono arrossendo, con la solita aggiunta, di « sissignora, nossignora ! » Non mi piace nè pure vederle noncuranti l'opinione pubblica, mostrarne disprezzo, quasi sfidarla con l'atteggiamento e le parole.

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Nella piccola allieva, l'istitutrice trova spesso una creatura fino allora quasi abbandonata a sè stessa dalla fatale indulgenza, che viene da amore eccessivo e cieco; sragionato amore che butta la creatura debole in braccio delle proprie passioni. Qualche volta alla piccina è mancata la mamma; guida amorosa e intelligente, che riesce poco a poco, gradatamente, a reprimere o rafforzare, secondo i casi, a svegliare il sentimento con piccoli sacrifici, a educare la volontà. Educare la volontà ! qui sta il difficile per una povera istitutrice che abbia per allieva una creatura che è un piccolo impasto di passioncelle, le quali si sbizzarriscono pazzamente senza il freno di un po' di forza di volontà. Cosa farò, istitutrice per far capire alla piccola allieva, che lasciarsi andare flosciamente in balìa del primo nemico che le si affaccia, è viltà? Tenterà di farle comprendere che le passioncelle dominanti sono per la sua educazione, per il suo bene, altrettanti nemici; che, fin che la volubilità, la collera, la prepotenza, la pigrizia, le staranno d'intorno e la piegheranno a loro voglia, da padroni, da tiranni, lei, che si crede libera di agire a suo talento, non è e non, sarà mai altro che una povera piccola schiava, obbligata a sacrificare sempre la parte migliore di sè stessa. In fatti, come potrebbe soddisfare al desiderio buono, di essere sommessa e obbediente, se la prepotenza la trascina a sè con il suo potere ?... Come potrà procurarsi il diletto sano e santo di un poco d'occupazione, se non sa affrontare la violenza della pigrizia ?... Come riuscirà, a non cambiare d'umore e di simpatia parecchie volte al giorno, a non dare il triste spettacolo delle sfuriate volgari e offensive, se non può resistere alla volubilità, alla collera ?... Mi pare che l'istitutrice dovrebbe tentare di far comprendere alla sua allieva queste verità; e di fargliele comprendere per mezzo di racconti, di favolette ed apologhi, che tutto è buono quando si tratta di raggiungere uno scopo giusto. E quando la piccina fosse persuasa dell'esistenza di nemici morali, che la danneggiano in ogni maniera, l'istitutrice cerchi di farle comprendere, come in sè stessa ella potrebbe trovare la forza magica capace di lottare e vincere i nemici per quanto potenti. Quella forza dell'anima, che guida e decide ogni azione; la volontà; una sovrana, che dal suo primo nascere conviene educare alla rettitudine, perchè possa reggere e governare con giustizia. L'istitutrice interessi la piccola allieva al suo stesso stato morale, facendole analizzare le cause che la spingono a mostrarsi irascibile, strana, e sopra tutto a sentirsi malcontenta. La abitui, accarezzando un poco il suo amor proprio, scuotendo il suo sentimento, a vincersi nei momenti difficili e cattivi; a fare che la riflessione la stacchi dagli scatti abituali e dia tempo alla sua volontà di vedere e frenare. E se la piccola allieva, potrà comprendere qualche lieve vittoria riportata su sè stessa, e gustarne il piacere, direi quasi un sentimento di orgoglio legittimo, l'istitutrice avrà la soddisfazione di trovarsi e sentirsi su la buona via. Ho voluto dare questo piccolo esempio di educazione morale, per far intendere a chi volesse o dovesse dedicarsi alla carriera dell'istitutrice, che è per essa obbligo santo e sacro, quello di studiare l'animo delle sue allieve, di scoprirne le passioni e di aiutarle e dominarle, a dirigerle al bene.

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Una fanciulla dai dodici a i quattordici anni in costume di ciclista ! È giuliva, vivace, sorridente. Parla con anima e insieme con garbo. Entra guidando a mano la sua bicicletta. Anche quest'oggi una bella corsa lungo la via maestra, nel viale riservato ai ciclisti; una corsa a l'aperto, sotto i platani brulli, che gennaio ricama di diaccioli scintillanti al sole !... Si va in molti; fratelli, sorelle, cugini, compagni e compagne di scuola; e le fanciulle non sono mai da meno dei signori ragazzi, che qualche volta vorrebbero far pompa di superiorità, per la ragione che sono ragazzi. Bella ragione eh ?... Ma la bicicletta è una macchina che non ammette ingiustizie; ubbidisce a chi la guida, sia esso un Mario o sia essa una Maria. Evviva la bicicletta, che pare fatta a posta per smorzare orgoglio dei signori ragazzi, di quelli, s'intende, che vogliono fare il di più!... Dunque diceva, che, a fare delle corse in bicicletta, ci si va di solito in parecchi. E si corre; frrrr!... proprio come il vento; e l'aria batte su la faccia e si respira molto ossigeno in pochissimo tempo. Dire i piaceri che si devono a questa semplice, semplicissima macchina di due ruote!... Prima di tutto, la libertà di correre a l'aperto; di correre in mezzo al verde l'estate, fra i campi candidi di neve l'inverno; poi l'emozione della corsa. Non l'avete mai provata voi l'emozione della corsa, del volo, che è press' a poco la stessa cosa?... Domandatelo alle rondini, o pure domandatelo a me, che quando dò lo slancio a la mia ubbidiente bicicletta, è tale quale come se volassi! Oh è un'emozione così completa, così sana, così buona!... ecco, io compiango chi non l'ha provata ! Evviva la bicicletta! che fuga la malinconia, dà appetito, riposa il capo dal lavoro, infonde energia per l'occupazione. Dopo quattro ore di scuola, una volata in bicicletta e il miglior riposo che la mente possa desiderare. Dopo un'ora di musica al pianoforte, una corsa in bicicletta, rimette in pace con i nervi stiracchiati e urtati dalle sette note e dalle scale lagnose. Fra il còmpito e la lezione, un giro in bicicletta è quello che ci vuole per preparare la memoria a la piccola fatica del ritenere. Il mattino, invece di crogiolarci nel letto, si salta fuori presto e via!... una mezz'ora di corsa in bicicletta, infonde miracolosamente la voglia di andare a scuola, di studiare, lavorare!... Quando prende l'umor nero, che rende dispettosi, svogliati, e butta in braccio a seccature e a dispiaceri, si corra a la bicicletta, la si abbracci come una amica generosa e sincera; e via frrrr !... l'umor nero lo lasciate dietro la strada, e tornate a casa con il desiderio ragionevole di essere buone, compiacenti, per fino amabili ! Evviva la bicicletta !... O se le fanciulle della mia età conoscessero i vantaggi che vengono, da questa semplice, semplicissima macchina a due ruote, come rinuncerebbero volentieri a i vestiti sfoggiati, ai gingilli, a tante e tante belle e inutili cose per provvedersi d'una bicicletta, che è salute, allegria, bontà e voglia di lavorare! Bicicletta mia! andiamo ! (incamminandosi per uscire) fuori a l'aperto, i capelli al vento, la gioia nel cuore (esce e dal di fuori) Su! hop !... ah l'emozione della corsa!... Frrrr !... Si vola come le rondini !

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Una cosa ti devi ben fissare in mente; ed è, che una donna educata e fine, può compatire a qualche difetto del carattere, perdonare a debolezze, per fino ad offese; ma non compatisce nè perdona le parole e gli atti volgari. Oh la volgarità, che è disgusto di tutti i giorni, di tutti i momenti, che è molesto prudore d'ortica, noiosa pinzatura di zanzara, stonatura ingrata di suoni, vista fastidiosa, offesa di tutti i sensi !... La volgarità impudica e sfacciata che mostra a nudo bruttezze e deformità, come la rozzezza, la grettezza, per fino abbiezione, per fino la vile prepotenza del forte!... La volgarità non è una piega dell'anima; è un solco. Con la pazienza e la volontà, la piega si può distendere, da farla scomparire. Il solco non si riempie. Per una creatura gentile non vi ha supplizio maggiore di quello di essere costretta a vivere con persona volgare. Un marito può essere un Adone, un'arca di scienza, un Creso; se è volgare finirà sempre per inspirare alla sua compagna, da prima timore, poi muto risentimento in fine ripugnanza. Il ricordo una vezzosa, gentile creatura, cresciuta sotto gIi occhi e nel cuore del padre gentiluomo, che andò a marito con un ricco campagnuolo; mastodontico di sentimento e di pensiero come di figura. Oh le umiliazioni, le impotenti rivolte, la delusione, lo strazio di quella povera cara, oltraggiata nella delicatezza, nell'abitudine all'aspirazione del bello e del nobile! Il tu per tu con una persona volgare, diventa insopportabile, doloroso fino a la disperazione. Si tollera il caldo afoso, molesto: si tollera il gelo. La bufera, la tempesta accasciano e spauriscono; ma passano; e con essi passano l'abbiosciamento e il terrore. Sotto la pioggia monotona, incessante, fastidiosissima, pochi resistono a lungo. La volgarità è una pioggia incessante. La persona impetuosa può spadroneggiarsi; il superbo riesce con la ragione a dissipare i fumi pazzi della stoltezza; il pigro, pur che voglia, comanda alle proprie facoltà: può imporsi il vero il bugiardo; ma il volgare è sempre volgare. Gli manca la vista acuta per vedere al di là del proprio naso; gli manca il tatto per sentire le delicate espressioni; ha l' orecchio abituato a suoni aspri e discordi, e gli piacciono. Oh guai, guai a la fanciulla gentilmente educata, che si imbatte in uno sposo volgare!... Sarà una sorpresa fastidiosa, sarà il disgusto. E il disgusto d'una donna giovine e avida d'amore, verso il compagno suo, a quali conseguenze non può portare!

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Non basta dire: io faccio questo e quest'altro a fin di bene. Bisogna avere una chiara coscienza del bene; bisogna che il bene a cui si intende, sia bene secondo ragione e non già un bene giudicato e riconosciuto con la norma dei pregiudizi o di falsi giudizi. Dal concetto falso del bene derivano false conseguenze; e l'uomo dolorosamente si affanna,

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Bisogna pensare, che i fanciulli, i quali ora rallegrano col loro chiasso e commuovono con le loro innocenti tenerezze, saranno fra pochi anni degli uomini esposti ad ogni maniera di contrarietà, a vicende svariate, a disgrazie, a dolori. E in gran parte dalla prima educazione che dipende lo sviluppo della forza fisica e morale, indispensabile per la lotta dell'esistenza. Non conviene smorzare nel cuore dei fanciulli l'energia con soverchie apprensioni, nè intorpidire il loro nascente coraggio con esagerate riflessioni. È necessario che imparino, più tosto che a evitare i pericoli, a sapersene difendere. Fate che i bimbi si muovano molto, e all'aria libera. L'influenza del moto, ossia dell'esercizio muscolare su la salute e su la longevità della vita, è tanto importante quanto non tutti credono. L'esercizio muscolare ha poi un'influenza benefica su le funzioni piu essenziali della vita. Attiva i moti del cuore e del polmone, aumenta la temperatura locale e generale; accelera il moto di va e vieni fra il sangue e i tessuti, che costituiscono il dare e l'avere dell'organismo. Uomini e donne, in qualunque età, dovrebbero sempre ricordare che i muscoli hanno diritto di esercizio, e che il moto, che si può dire sinonimo di vita, è una funzione dei muscoli. Se l'adulto dunque si conserva in merito dell'esercizio regolare, il bimbo; il fanciullo, cresce e si conserva in ragione del legame che esiste fra gli organi della vita e l'esercizio progressivo degli organi stessi. Il fanciullo ha dunque una doppia necessità di movimento. L'esercizio dell'infanzia è la migliore provvista di salute per la virilità. Più i fanciulli passeggiano e giuocano liberamente all'aria libera e meno vanno soggetti a malattie. I bimbi, che nelle ore migliori della giornata sono regolarmente guidati a passeggiare fra le piante, a correre, a svagarsi; quelli principalmente che la mamma intelligente accompagna e sorveglia nei giuochi, e li varia per favorire lo sviluppo della loro forza, voi li vedrete vivaci, rosei, forti, sereni, e in generale buoni, poichè il benessere fisico contribuisce in sommo grado a svegliare le buone disposizioni ed a rafforzarle. Guardate invece i bambini, che pur appartenendo a famiglie agiate, pure non mancando di nulla, sono obbligati a passare gli interi giorni in casa, a giuocare chetamente in camere rinchiuse, non uscendo che di rado, e più di rado ancora godendo il beneficio dell'aria sana delle piante ! Li vedete sbiancati, stenti, pigri nei movimenti, gli occhi pesti, l'aria di malcontento sul visino fatto per la gioia. Sono piantine fatte per la luce viva, per l'aria sfogata, per i liberi movimenti, ed immiserite dalla prigionia della serra, rattrappite dal breve spazio, che rende impossibile lo sviluppo rigoglioso. Oh più tosto di obbligare i bambini alla vita meschina di un appartamento di città, si mandino a scuola, ai giardini d'infanzia, ove almeno nelle ore di ricreazione potranno correre nei cortili, nei giardinetti, e gridare ad alta voce e disfogare i polmoni cantando in coro, e godere della compagnia di altri piccini. Ma la mamma che può dedicarsi all'infanzia delle sue creature, e senza danno per la famiglia, può guidarle essa stessa al passeggio e assistere ai loro giuochi, se li tenga a casa, se li tenga sotto gli occhi; non li mandi a scuola prima dei sei o sette anni. I giardini infantili sono un gran beneficio per i bambini che a casa non possono avere affettuosa, vigile assistenza; per i piccini di famiglia numerosa, per coloro che hanno la mamma tanto occupata, da non potere coscienziosamente prendersi cura di essi. Benedetti i giardini d'infanzia, che impediscono a tanti cari piccini di passare la giornata con le persone di servizio, di respirare male, inuggire l'umore, e rattrappire le membra in poche stanze rinchiuse!... benedetti i giardini d'infanzia, che svagano con giuochi istruttivi, che esercitano i muscoli con la ginnastica, la voce con il canto, e addestrano le mani a lavorucci geniali! Ma, ripeto, la mamma che può, tenga a casa i suoi bambini. Che la loro vivacità non sia assoggettata a un orario fisso; possano muoversi, correre, saltare e stare a sedere tranquilli, a seconda che il loro giovine corpo sente bisogno di moto o di riposo. Che i loro svaghi non siano imposti da altri, ma da essi stessi scelti; dormano quando il sonno li prende, non a un'ora stabilita; i loro movimenti siano liberi, secondo il bisogno, il desiderio naturale; non obbediscano a regole fisse; l'aria che respirano nelle stanze non sia infetta dall'alito di tante persone agglomerate; nelle passeggiate siano liberi di rallentare o accelerare il passo, di parlare ad alta voce; e all'aperto, in mezzo al verde, possano ogni giorno passare qualche ora a correre, saltellare, giuocare alla palla, al cerchio, accarezzati dalla luce vivida, baciati dal sole. Aria, date dell'aria ai vostri bimbi, date loro dell'aria con la stessa generosità con cui li fornite di pane. L'aria è un pane di ogni ora, di ogni minuto, a l'alimento necessario al sangue, al quale dopo averla assorbita per la via dei polmoni e della pelle, la porta nelle vie più profonde dei tessuti, a intrattenervi il misterioso moto della vita. ' L'aria impura è dannosa a tutti e specialmente ai bambini, per i quali è spesso un veleno lento, che li logora. Fate che ai vostri piccini non sia rifiutata la luce vivida, il caldo bacio del sole. I bambini cresciuti in case scure, senza sole, sono ordinariamente di statura piccola, mal costrutti, pallidi, malaticci, deboli di volontà, svogliati, infiacchiti. Aria, luce, moto, calzatura comoda, vestiti semplici sciolti, alimento sano, sonno non disturbato!... E i vostri bambini cresceranno forti, sereni; e nella forza e nella serenità, facili a modellarsi secondo il piacere, la rettitudine, della prima educatrice; la mamma.

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Facilmente se ne fanno delle scimmie, come parecchi che, pur troppo, conosco, e facilmente ancora loro si insegna, senza volerlo, a compatire, a disprezzare, a invidiare. Poi che nelle conversazioni, la maggior parte almeno, non sempre si parla solamente di cose innocenti; ma pur troppo spesso si tagliano i panni a dosso a questo e a quello, si fanno confronti fra persone e persone, fra ricchezze e ricchezze, e ciascuno si onora di essere qualche cosa di più di chi soffre di essere qualche cosa di meno. Cose che macchiano il candore e turbano l'ingenua ignoranza dei bambini, rendendoli accessibili alla vanità ed alla superbia. Io mi ricordo - dice la signora di Remusat - di un tal giorno nel quale ammiravo i ricchi e e costosi ricami dell'abito e delle mutandine di una bambina di otto anni. Essa sembravami molto contenta dell'attenzione con la quale esaminavo quei bei lavori. Nonostante mi disse con sprezzante soddisfazione: - E pure quetsa roba non val niente! Mentre essa parlava le era espresso una fanciullina sua compagna, vestita di un abitino bianco semplicissimo. Ed il modo col quale si guardavano quelle due creature, manifestava tali passioni, che io ne sentii un senso di compassione così per l'una come per l'altra. E la signora Luisa Amalia Paladini racconta in proposito, a sua volta: Tempo addietro, io donai ad una bambinella mia parente, che tenni qualche anno presso di me, un collaretto di pelo di cigno. Poco dopo un amico venne a visitarmi insieme con una piccina dai sei agli otto anni. «Quella bambina portava al collo un novissimo collaretto di cigno, che si affrettò di far ammirare alla mia cuginetta, la quale, lieta, rispondeva d'averne uno essa pure. «Fammelo vedere! - disse l'altra con una smorfia di contrarietà. «La cuginetta mia corse a prendere il collare e lo porse alla compagna, tutta rossa di piacere di mostrare il suo bell'ornamento. «La visitatrice guardò un momento il collaretto, che forse le pareva più bello del suo. Fatt' è che ad un tratto lo buttò a terra e lo calpestò coi piedi. « Questo fatto accaduto sotto i miei occhi - soggiunge la signora Paladini - ci fa toccare con mano quanta sia l'imprudenza di quelle madri che, per appagare la loro ambizioncella di mostrare dei fantocci bene addobbati, fanno germogliare nell'animo delle loro creature le vilissime e dolorose passioni della vanità e dell'invidia.»

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Un bambino od una bambina che preferiscono ai giuochi, ai piaceri della loro età, la conversazione dei grandi, e s'interessano di quello che dicono, e poi rifischiano quanto hanno sentito dire, suscitando malumori, dando causa a bronci, a pettegolezzi e peggio ancora, sono piccoli esseri, malamente iniziati nella vita, che conviene sorvegìiare, studiare, correggere ad ogni costo. Guai se non si tronca bruscamente la via a quella smania incomprensibile per l'intrigo !... Smania punto punto naturale nell'animo dei bambini; ma svegliata e nudrita dai parenti stessi, e spesso anche dalla servitù; smania fatale che prepara alle povere creature, vittime del poco criterio e della spensieratezza di chi le circonda, antipatia, e persino avversione; da cui vengono amarezze, e crucci e dolori; un ginepraio di guai che mutano la vita in una continua tortura.. L'educazione dei figli è assai più difficile e seria di quello che si possa pensare. L'innocenza esige riguardi delicatissimi; ingenuità va trattata scrupolosamente. Dove sono bambini bisogna continuamente comandare a sè stessi; badare a quello che si dice e come si dice; a quello che si fa ed alla maniera che si agisce. La mamma deve essere il vero angelo custode dei bambini; li circondi di una vigilanza rigorosa; che nessun soffio d'aria malsana possa entrare nel loro ingenuo cuore ad alterarvi la sana disposizione al bene.

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Le scuole, specie, infantili, sono una provvidenza per le povere piccine cui a casa mancano luce, aria, spazio e sorveglianza amorosa. Ma sono spesso una specie di prigionia per le bambine che hanno la fortuna di vivere in appartamenti sfogati, inondati d'aria e di luce, alle quali la mamma può dedicare il suo tempo, senza danno della famiglia. La mamma che può dedicarsi alle sue fanciulline, che può guidarle ella stessa a passeggio e assistere ai loro giuochi, se le tenga presso, non le mandi all'asilo, o ai giardini d' infanzia che si vogìia. Che la loro vivacità non sia soggetta a un orario fisso ; che possano muoversi, correre, saltare o stare a sedere tranquille a seconda che il loro giovane corpo sente bisogno di moto e di riposo. Che i loro giuochi non sieno imposti da altri, ma scelti da esse medesime ; i loro movimenti siano liberi, secondo il bisogno, il desiderio naturale; non obbediscano a regole fisse; l'aria che respirano nelle stanze, non sia infetta dall'alito di tante persone agglomerate; nelle passeggiate siano libere di rallentare o accelerare il passo, di parlare ad alta voce ; e, all'aperto, in mezzo al verde, possano ogni giorno passare qualche ora a correre, a saltare, giuocare alla palla, al cerchio, accarezzate dalla luce vivida, baciate dal sole. I bambini, di solito di tempra più robusta, hanno in meno bisogno delle bambine di riguardi speciali. E se i fanciulli, dai sette agli otto anni, possono andare a scuola senza danno, anzi a vantaggio della loro educazione e degli studi, le bambine, ripeto, stanno meglio a casa, quando a casa la mamma possa sola o con l'aiuto di maestre o di un'istitutrice, occuparsi seriamente della loro educazione fisica, intellettuale e morale. Impareranno, occupandosi poco; si eserciteranno a parlare le lingue passeggiando all'aperto; le loro brevi lezioni saranno saggiamente variate e allettate da racconti e da giuochi. Non obbìigate alle moìte ore di scuola ed all'aggiunta dei compiti a casa, avranno tempo per il ballo, per il nuoto, per le scampagnate, per le escursioni, per le corse in bicicletta quando piacesse, per il robusto esercizio di remare, quando fosse trovato opportuno; per tutti quegli svaghi e quegli esercizi che sono una continua spinta al rigoglio del corpo ed alla serenità della mente. Le mamme, che lo possono, anche a costo di sacrifizi, per la salute, la bellezza, la vera educazione delle loro figliuole, non le mandino a scuola; se le tengano vicine, gelosamente, sempre!

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Ella desidera si sappia che accoglie sempre con piacere osservazioni e consigli e che è sempre pronta a rispondere, a chiunque l'onora della propria fiducia, secondo le insegnano il buon senso e l'esperienza. L'EDITORE.

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