Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Collected Papers (Note e memorie): volume I (Italy 1921-1938)

410804
Enrico Fermi 18 occorrenze
  • 1962
  • The University of Chicago Press e Accademia Nazionale dei Lincei
  • Roma
  • fisica
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Naturalmente, data la grande vastità di questo programma, la mia esposizione dovrà per necessità limitarsi a pochi fatti essenziali; ed è questo che mi dà l'ardire di dir qualche parola anche sulla struttura delle stelle, per quanto questo argomento esca dal campo usuale dei miei studi. La nostra esposizione riuscirà più chiara incominciando dal parlare dei corpi piccoli per passare poco alla volta alla considerazione di quelli più grandi. Verremo così però ad allontanarci dall'ordine storico; poiché, date le nostre possibilità di osservazione, vennero per prime comprese le proprietà dei corpi aventi dimensioni usuali e da queste si potè solo in seguito, per meno di laboriose indagini arrivare a riconoscere prima l'esistenza e poi le proprietà di particelle costituenti assai più piccole.

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Anche non volendo ricordare le speculazioni dei Greci, Democrito e i suoi seguaci, che giunsero all'ipotesi che la materia fosse costituita da atomi, e cioè da tante particelle staccate una dall'altra, poiché non arrivavano a comprendere come una materia continua potesse essere compressibile, la nozione dell'esistenza degli atomi e delle molecole venne introdotta nella scienza moderna per due vie differenti. E cioè per via chimica dove l'ipotesi dell'esistenza di una particolare specie di atomo per ogni elemento chimico, e della possibilità che alcuni atomi si raggruppino a formare le molecole delle diverse sostanze spiega in modo immediato le leggi delle proporzioni definite e multiple; se poi l'ipotesi dell'esistenza degli atomi si completa con l'ipotesi di Avogadro, essa spiega anche la legge che i rapporti dei volumi di due o più gas che entrano in combinazione tra di loro sono sempre dei numeri semplici. D'altra parte anche i fisici arrivavano ad ammettere l'esistenza degli atomi e delle molecole per via totalmente diversa e cioè principalmente per spiegare le proprietà dei gas. La teoria cinetica ammette infatti che un gas sia costituito da un numero enorme di molecole, in moto disordinato in tutte le direzioni, che si urtano continuamente e rimbalzano elasticamente le une sulle altre. La proprietà dei gas di esercitare una pressione sopra le pareti del recipiente che li contiene si spiega come risultato dei numerosissimi urti delle molecole del gas contro le pareti del recipiente. Questo bombardamento delle molecole contro le pareti è tanto fitto che è impossibile distinguere uno dall'altro i singoli urti e si ha l'effetto come di una pressione continua. I moti delle molecole sono intimamente legati alla temperatura del corpo; si trovò infatti che la temperatura assoluta è proporzionale all'energia cinetica media dei movimenti delle molecole.

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Sarebbe interessante analizzare attraverso a quali esperienze e considerazioni si arrivò dapprima a sospettare che gli atomi non fossero gli “indivisibili” degli antichi ma contenessero delle particelle più piccole e infine a determinare il numero, la disposizione e le proprietà di queste. Ma ragioni di tempo mi consentono soltanto una esposizione di fatti che oggi si ritengono accertati o almeno molto probabili.

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A differenza degli elettroni, esistono invece molte diverse specie di nuclei. Intanto per ciascuno dei 92 elementi chimici si ha. almeno un particolare tipo di nucleo. E per molti elementi chimici si hanno anzi alcuni tipi diversi di nuclei, ciascuno dei quali dà in realtà origine a un diverso tipo di elemento. Solo che gli elementi che ne risultano hanno proprietà così enormemente simili tra di loro che è praticamente impossibile separarli uno dall'altro. Per caratterizzare un nucleo occorre darne la carica elettrica e la massa. La carica elettrica, sempre positiva, è un multiplo intero di quella carica u. e. s. che abbiamo già incontrato nell'elettrone. Essa sarà dunque Z 6 dove Z è un numero intero che prende il nome di numero atomico del nucleo. I numeri atomici variano da. l a 92.

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Il trovare la risposta a queste domande non era facile. Ciò dipende dal fatto che per spiegare la maggior parte dei fenomeni, e certamente i più appariscenti, basta ammettere che le molecole esistano e siano in numero tanto grande da sfuggire individualmente all’osservazione e da obbedire a leggi statistiche. Il risultato allora, nella maggior parte dei casi, è indipendente dal numero delle molecole e quindi non ci può fornire un mezzo per determinare questo numero. Vi sono però alcuni casi in cui il numero delle molecole ha una effettiva influenza sopra i fenomeni; e si può arrivare anche, in particolari circostanze, a rilevare l'azione esercitata da una singola molecola o da un gruppo di poche molecole. Lo studio di questi fenomeni permette di arrivare alla determinazione del numero di molecole contenute in una data quantità di gas. Si chiama numero di Avogadro il numero di molecole contenuto in un grammo molecola di qualsiasi sostanza. Secondo le misure più attendibili esso è e la più bella conferma della teoria molecolare è che il valore di questo numero, misurato con sette o otto metodi completamente indipendenti, risulta sempre lo stesso, entro i limiti dell'errore sperimentale. Le dimensioni delle molecole sono naturalmente diverse da caso a caso; esse hanno sempre l'ordine di grandezza di 10-8 cm.

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Riconosciuta l'inapplicabilità delle leggi ordinarie ai sistemi atomici sorse il problema di trovare quali fossero le leggi a cui questi sistemi obbediscono. La ricerca di queste leggi incominciò circa 20 anni (a e forse soltanto oggi si avvicina alla sua conclusione. Nei primi tempi si cercò di arrivare alle nuove leggi partendo dalle antiche, valide per i sistemi ordinarii, modificandole qua e là in modo da adattarle ai sistemi atomici (Teoria di Bohr). Poi poco alla volta si riconobbe la necessità di un mutamento più essenziale nelle stesse premesse della meccanica e si arrivò così alla costruzione della nuova meccanica quantistica che va oggi applicandosi con successo a un numero sempre crescente di fenomeni. Mi manca qui però il tempo per accennate ad essa con qualche particolare.

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Passiamo ora a descrivere la struttura di un atomo e incominciamo dall'atomo più semplice, l'idrogeno. Esso è costituito da un nucleo di numero atomico Z = J e da un elettrone che è costretto a restare nelle vicinanze del nucleo dalla attrazione elettrostatica dovuta al fatto che nucleo ed elettrone hanno cariche elettriche di segno opposto. Invece un atomo qualunque contiene in generale un nucleo solo ed un numero di elettroni tale da neutralizzarne la carica positiva. Per esempio l'atomo di ferro è costituito da un nucleo di numero atomico 26 circondato da 26 elettroni. Questo modello atomico, proposto da Rutherford ricorda molto nella sua struttura il sistema. solare. Il nucleo positivo al centro dell'atomo corrispondente al sole e gli elettroni che lo circondano corrispondono ai pianeti.

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Prima di passare a dir qualche parola sulla struttura di corpi più complessi dell'atomo vogliamo ancora dire qualche cosa sopra le particelle costitutive dell'atomo; gli elettroni e: j nuclei. Hanno essi stessi una struttura complessa oppure no? Per l'elettrone e per il nucleo più leggero, cioè quello di idrogeno, detto anche protone, non si hanno fino ad oggi indizi seri di una struttura complessa. Ci sono invece buone ragioni per ritenere che tutti gli altri nuclei siano costituiti da aggregati di elettroni e protoni. Sorge così per i fisici il nuovo problema della struttura del nucleo che si presenta oggi come uno dei più affascinanti campi della fisica dell'avvenire.

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Basta riflettere che le leggi della meccanica e dell'elettrodinamica sono state dedotte e controllate in base ad esperienze fatte sempre sopra corpi di dimensioni usuali o grandi; l'applicare queste stesse leggi ad un sistema atomico di dimensioni cento milioni di volte più piccole di un centimetro costituisce quindi una estrapolazione arditissima e a priori assai incerta.

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Ci limiteremo pertanto a dire che le forze omeopolari sono una caratteristica conseguenza della. nuova meccanica atomica e che non hanno un corrispondente nella meccanica ordinaria. Esse sono state studiate principalmente negli ultimi anni e, insieme alle forze polari permettono di interpretare la formazione dei principali tipi di composti chimici.

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Le forze elettrostatiche possono anche esercitarsi tra atomi neutri, purché essi siano polarizzati; ma in questo caso si tratta di forze assai piccole che non sono normalmente sufficienti a tenere insieme gli atomi per formare molecole o corpi solidi. Invece le forze elettrostatiche agiscono intensamente tra gli ioni, cioè tra quegli atomi che, avendo perduto oppure acquistato uno o più elettroni, sono restati carichi positivamente oppure negativamente, Sia dall'esperienza che dalla teoria. risulta che alcuni atomi (quelli dei metalli) hanno tendenza a perdere elettroni, formando ioni positivi; altri atomi invece (quelli dei metalloidi) hanno tendenza ad aggregarsi elettroni formando ioni negativi. Se allora poniamo un atomo di un metallo, sodio per esempio, in presenza di un atomo di un metalloide, per esempio cloro, il C1 avido di elettroni si approprierà uno degli elettroni del sodio. Il cloro diventerà così uno ione negativo e il sedie uno ione positivo; i due ioni. avendo carica di nome opposte si attrarranno fino a venire in contatto formando la molecola NaC1. Questo è in poche parole, il meccanismo delle forze polari; il meccanismo delle forse omeopolari, che sono quelle che tengono insieme molecole del tipo H2, N2, O2, non formate da ioni, ma da atomi neutri è assai più recondito e non può venir spiegato senta considerazioni alquanto complicate.

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Tra questi i più caratteristici sono i cristalli (cristalli propriamente detti e corpi a struttura microcristallina); poiché i corpi solidi amorfi non differiscono qualitativamente da liquidi estremamente viscosi. I cristalli invece sono caratterizzati dalla disposizione mirabilmente regolare delle loro molecole, in reticolati formati da serie di piani equidistanti (le loro distanze sono dell'ordine di un centomilionesimo di centimetro). Anche tra i cristalli, come abbiamo visto per le molecole, dobbiamo distinguere i cristalli polari da quelli omeopolari; i primi sono costituiti da ioni positivi e negativi, tenuti insieme dalle attrazioni elettrostatiche; i secondi sono invece tenuti insieme, almeno in pane, dalle forze di risonanza a cui abbiamo già accennato. Un cristallo polare molto tipico è il salgemma costituito da atomi, o meglio ioni di cloro e sodio, i primi con carica negativa e i secondi positiva, disposti alternativamente nei vertici di un reticolo cubico. In generale i sali formano cristalli polari. Cristalli non polari sono invece per esempio il diamante e molti cristalli metallici.

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Le forze che agiscono tra gli atomi si possono ridurre sostanzialmente a due tipi, tra i quali non mancano tipi di transizione. Il primo ci è dato dalle forze elettrostatiche; il secondo dalle così dette forze di risonanza o omeopolari.

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Da questi studi è risultato che la temperatura della superficie delle stelle può arrivare fino a venti o trentamila gradi. Sembra anzi che le stelle subiscano una specie di processo evolutivo incominciando la loro esistenza come corpi di grandi dimensioni (stelle giganti) e di temperatura relativamente bassa; le dimensioni vanno poi decrescendo mentre la temperatura cresce fino a un massimo, oltrepassato il quale la stella incomincia a raffreddarsi mentre le sue dimensioni continuano a decrescere (stelle nane).

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Se riscaldiamo un corpo fino a renderlo appena incandescente esso ci appare rosso; aumentando la temperatura la sua colorazione si sposta verso il bianco e se potessimo portarne la temperatura fino oltre una decina di migliaia di gradi la sua luce finirebbe con l'apparire bluastra. Ciò dipende dal fatto che nella luce emessa da un corpo incandescente la percentuale della luce di piccola lunghezza d'onda (violetta) va crescendo con la temperatura, in modo che la colorazione è tanto più violacea quanto più alta è la temperatura. E siccome si conosce la legge secondo cui la colorazione dipende dalla temperatura si può, inversamente, dal colore dedurre la temperatura.

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A una temperatura cosi straordinariamente elevata le proprietà della materia diventano assai differenti da quelle che noi conosciamo. Basta riflettere che l'energia cinetica dei moti di agitazione termica, essendo proporzionale alla temperatura, risulta centomila volte maggiore che non lo sia a temperatura ordinaria. Si capisce allora come non possano esistere molecole; poiché, se per caso a un certo momento due atomi si riunissero per formare una molecola, essi verrebbero immediatamente strappati uno dall'altro dagli urti violentissimi contro gli altri corpuscoli. Ma nemmeno la compagine dell'atomo è abbastanza resistente da non infrangersi sotto urti cosi impetuosi. Consideriamo per esempio un atomo di ferro; in condizioni normali esso è costituito da un nucleo accompagnato da 26 elettroni. Ma sotto l'azione del bombardamento quasi tutti questi elettroni gli vengono strappati e verosimilmente soltanto un paio di essi restano col nucleo mentre gli altri 24 si disperdono nell'ambiente. In conclusione possiamo dunque raffigurarci la materia nell'interno di una stella costituita da una miscela disordinatissima contenente alcuni nuclei accompagnati da due o tre elettroni, e molti elettroni liberi moventisi in tutte le direzioni con velocità dell'ordine di quelle dei raggi catodici. Il tutto in un ambiente compenetrato da una radiazione di enorme frequenza e la cui intensità è tanto grande da produrre una pressione che, secondo Eddington, può in alcuni casi arrivare a spezzare la compagine stessa della stella.

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D'altra parte la mente umana ha bisogno di figurarsi anche le cose molto lontane e molto riposte; e forse, senza questa tendenza, quel piccolo numero di fenomeni che la scienza degli uomini è riuscita a comprendere sarebbe anche più ristretto.

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Se invece vogliamo dir qualche cosa dell'interno di esse siamo necessariamente costretti a ricorrere ad ipotesi molto arrischiate. Tutte le teorie sopra l'interno delle stelle sono pertanto assai incerte; esse però concordano nel fatto che nell'interno delle stelle la temperatura deve essere elevatissima; essa è stata valutata dell'ordine di grandezza di decine di milioni di gradi.

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Collected Papers (Note e memorie): volume I (Italy 1921-1938)

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Enrico Fermi 4 occorrenze
  • 1962
  • The University of Chicago Press e Accademia Nazionale dei Lincei
  • Roma
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La grandiosa importanza concettuale della teoria della relatività, come contributo ad una più profonda comprensione dei rapporti tra spazio e tempo, e le vivaci e spesso appassionate discussioni a cui essa ha in conseguenza dato luogo anche fuori dagli ambienti strettamente scientifici, hanno forse un po' distolta l'attenzione da un altro suo risultato che, per essere meno clamoroso e, diciamolo pure, meno paradossale, ha tuttavia nella fisica conseguenze non meno degne di nota, ed il cui interesse è verosimilmente destinato a crescere nel prossimo svilupparsi della scienza.

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Il risultato a cui accenniamo è la scoperta della relazione che lega la massa di un corpo alla sua energia. La massa di un corpo, dice la teoria della relatività, è eguale alla sua energia totale divisa per il quadrato della velocità della luce. Già un esame superficiale ci mostra come, almeno per la fisica quale la si osserva nei laboratori, l'importanza di questa relazione tra massa e energia è tale da offuscare notevolmente quella delle altre conseguenze, quantitativamente lievissime, ma alle quali la mente si abitua con più sforzo. Valga un esempio: un corpo lungo un metro che si muovesse con la velocità, abbastanza rispettabile, di 30 km al minuto secondo (eguale press'a poco alla velocità del moto della terra attraverso gli spazii) apparirebbe sempre lungo un metro ad un osservatore trascinato dal suo moto, mentre ad un osservatore fermo apparirebbe lungo un metro meno cinque milionesimi di millimetro; come si vede il risultato, per strano e paradossale che possa parere, è tuttavia molto piccolo, ed è da ritenere che i due osservatori non si metteranno a litigare per così poco. La relazione tra massa ed energia ci porta senz' altro a delle cifre grandiose. Ad esempio se si riuscisse a mettere in libertà l'energia contenuta in un grammo di materia si otterrebbe un'energia maggiore di quella sviluppata in tre anni di lavoro ininterrotto da un motore di mille cavalli (inutili i commenti!). Si dirà con ragione che non appare possibile che, almeno in un prossimo avvenire, si trovi il modo di mettere in libertà queste spaventose quantità di energia, cosa del resto che non si può che augurarsi, perché l'esplosione di una così spaventosa quantità di energia avrebbe come primo effetto di ridurre in pezzi il fisico che avesse la disgrazia di trovar il modo di produrla.

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Bastino questi brevi accenni a dimostrare che la teoria della relatività, oltre a darci un'interpretazione chiara delle relazioni tra spazio e tempo, sarà, forse in un prossimo avvenire, destinata ad esser la chiave di volta per la risoluzione del problema della struttura della materia, l'ultimo e più arduo problema della fisica.

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Tale trasformazione che si presenta naturalmente nei corpi radioattivi è stata recentemente ottenuta anche artificialmente da Rutherford che, bombardando con delle particelle a (corpuscoli lanciati con velocità grandissima dalle sostanze radioattive) degli atomi, è riuscito ad ottenerne la decomposizione. Ora a queste trasformazioni degli elementi l'uno nell'altro sono legati degli scambi energetici che la relazione tra massa ed energia ci permette di studiare in modo molto chiaro. Ad illustrarli valga ancora un esempio numerico. Si ha ragione di ritenere che il nucleo dell' atomo di elio sia costituito da quattro nuclei dell'atomo di idrogeno. Ora il peso atomico dell'elio è 4,002 mentre quello dell'idrogeno è 1,0077. La differenza tra il quadruplo della massa dell'idrogeno e la massa dell'elio, è dunque dovuta all'energia dei legami che uniscono i quattro nuclei di idrogeno per formare il nucleo dell'elio. Questa differenza è 0,029 corrispondente, secondo la relazione relativistica tra massa ed energia ad un'energia di circa sei miliardi di calorie per grammo-atomo di elio. Queste cifre ci dimostrano che l'energia dei legami nucleari è qualche milione di volte maggiore di quella dei più energici legami chimici e ci spiegano come contro il problema della trasformazione della materia, il sogno degli alchimisti, si siano per tanti secoli rotti gli sforzi degli ingegni più eletti, e come solo ora, adoprando i mezzi più energici a nostra disposizione, si sia riusciti ad ottenere questa trasformazione; in quantità del resto tanto minime da sfuggire alla più delicata analisi.

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Collected Papers (Note e memorie): volume I (Italy 1921-1938)

514584
Enrico Fermi 13 occorrenze
  • 1962
  • The University of Chicago Press e Accademia Nazionale dei Lincei
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Quando nel 1901 Guglielmo Marconi riusciva. per la prima volta a trasmettere i tre punti della lettera S, da Poldhu in Cornovaglia a San Giovanni di Terranova, attraverso a 3500 km di oceano, dava non soltanto la definitiva dimostrazione delle grandiose possibilità che la Sua scoperta offriva. per risolvere il problemi delle comunicazioni transoceaniche, ma veniva anche ad aprire un nuovo ed affascinante campo di indagini sulle proprietà elettriche dell'alta atmosfera. Questi studi, che sono tuttora in corso, e che anzi hanno preso nuovo impulso particolarmente negli ultimi anni, hanno permesso di formarsi un quadro generale dei complessi fenomeni di ionizzazione atmosferica, se pure vi è tuttora discussione su. punti fondamentali relativi alle cause e alle modalità con le quali il fenomeno si presenta.

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È noto a tutti che le scoperte di Marconi furono in un primo tempo accolte con un certo scetticismo negli ambienti scientifici. Lo scetticismo era basato sulla convinzione che non fosse possibile la trasmissione delle radioonde tra stazioni situate una oltre l'orizzonte dell'altra. Si ragionava, infatti, press'a poco nel modo seguente: le onde elettromagnetiche usate nelle trasmissioni radio sono sostanzialmente analoghe alle onde luminose, dalle quali si differenziano solo per la grande lunghezza. d'onda; e la terra, grazie alla sua conducibilità. elettrica, si comporta per esse come un corpo opaco. Le radiazioni emesse da una stazione, propagandosi in linea retta debbono lasciare in ombra tutte le stazioni situate al di sotto dell'orizzonte della stazione trasmittente; e ciò salvo una. non grande eccezione dovuta a fenomeni di diffrazione. Fu una fortuna per l'umanità che queste argomentazioni, che a priori potevano sembrare ragionevoli e ben fondate, non abbiano distolto Marconi dagli esperimenti. sulle trasmissioni a grande distanza. La storia di questi primi successi delle radiotrasmissioni costituisce una riconferma del fatto che nello studio dei fenomeni naturali teoria ed esperimento debbono andare di pari passo. Raramente può l'esperienza. non guidata da un concetto teorico, raggiungere risultati di larga portata; ed è certo uno dei più significativi successi per la teoria che l'esistenza stessa e le proprietà essenziali delle onde elettromagnetiche fossero state previste matematicamente da Maxwell prima della verificazione sperimentale della loro esistenza e prima che esse, attraverso alla geniale intuizione di Marconi, trovassero il loro terreno di pratica applicazione; d’altra parte una fiducia eccessivamente spinta nelle previsioni teoriche avrebbe sconsigliato di insistere in esperimenti che erano destinati a rivoluzionare la tecnica. delle comunicazioni.

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Non è questo il luogo per ricordare le innumerevoli ricerche e discussioni di carattere sia teorico che pratico, che si sono sviluppate in seguito alle prime esperienze fondamentali sulle radiotrasmissioni; mi limiterò, invece, a riassumere nelle linee generali quelli che oggi possono considerarsi risultati acquisti sulle proprietà di ionizzazione dell'alta atmosfera, (la così detta jonosfera) e sulla sua influenza sopra la propagazione delle radioonde.

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Ma solo dopo che Marconi ebbe provato sperimentalmente che le onde possono propagarsi fino a limiti bene al di là dell'orizzonte, Kennelly ed Heaviside pensarono indipendentemente alla possibilità che le trasmissioni a grande distanza fossero rese possibili da riflessioni determinate dalla ionizzazione atmosferica. Il loro ragionamento è schematicamente il seguente: ammettiamo che, ad una altezza dell’ordine di grandezza di un centinaio di chilometri al di sopra del suolo l'aria sia intensamente ionizzata ed acquisti così le proprietà di un conduttore elettrico. Questo alto strato ionizzato avrebbe allora la proprietà di riflettere le radioonde le quali, invece di disperdersi nello spazio, verrebbero ad essere come convogliate: tra i due strati riflettenti costituiti dalla terra e dall’alta atmosfera. Con successive riflessioni su questi due strati resta allora evidentemente possibile alle radiazioni raggiungere un punto qualsiasi della superficie terrestre.

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Da vari anni vengono eseguite sistematicamente osservazioni di questo genere in molti osservatori; esse furono iniziate in America da Breit e Tuve; e tra i primi a dedicarsi a questo genere di ricerche fu in Italia il Ranzi.

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a) che l'indice di rifrazione è minore di I, ossia che lo stato di ionizzazione determina un abbassamento della rifrangibilità. Come conseguenza la radiazione elettromagnetica che, provenendo dalla bassa atmosfera, entra nella ionosfera può subire una riflessione totale venendo così respinta verso la terra. È appunto questa la proprietà fondamentale che si deve attribuire alla ionosfera per spiegare la sua influenza sulla propagazione delle onde a grandi di distanze;

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c) la radiazione elettromagnetica, che si propaga verticalmente verso l’alto, subirà una riflessione totale raggiungendo uno strato della atmosfera in cui la densità della ionizzazione sia tanto elevata da rendere eguale a 0 l’indice di rifrazione. Si riconosce, dalla formula (I), che si verificherà quando si abbia:

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b) che, a parità di altre condizioni, l’effetto di una determinata quantità di ioni è tanto maggiore quanto più piccola è la loro massa, esso sarà quindi assai più notevole se il gas ionizzato contiene elettroni liberi, che non se essi sono legati sotto forma di ioni atomici o molecolari, di massa molto maggiore. La estrema rarefazione della altissima atmosfera. oltre cento chilometri di altezza, rende d'altra parte probabile che elettroni liberi, una volta formatisi, vi possano rimanere per un tempo relativamente lungo. Per questo, e più ancora per la verificazione diretta fatta in base alla azione che il campo magnetico terrestre esercita sulla rifrazione delle radioonde, deve ritenersi che, almeno nei più alti strati della atmosfera, le onde si rifrangano per effetto prevalente degli elettroni liberi;

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Gli elettroni liberi degli alti strati ionizzati per effetto del campo magnetico terrestre, invece di muoversi in linea retta tra un urto e un altro, tendono a descrivere delle spirali attorno alle linee di forza magnetiche girando attorno ad esse con una frequenza che risulta proporzionale alla intensità del campo magnetico. A causa di questa frequenza propria degli elettroni, hanno luogo dei fenomeni di risonanza per cui la rifrazione delle onde elettromagnetiche presenta delle anomalie, quando la frequenza dell'onda è vicina alla frequenza propria degli elettroni. Le lunghezze d’onda per le quali hanno luogo queste specie di risonanze si aggirano attorno ai 200 m e dipendono naturalmente dalla intensità del campo magnetico terrestre nella località. Il fenomeno viene di solito osservato come una specie di birifrangenza e si possono distinguere un raggio ordinario e un. raggio straordinario aventi diversa rifrangibilità, in modo analogo a quanto avviene per la propagazione della luce in un mezzo birifrangente.

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I più notevoli sono lo strato E ad una altezza di circa 100 km. al di sopra del suolo e lo strato F, spesso diviso a sua volta in due strati F1 e F2, ad altezze tra i 180 e i 300 km.

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Si comprende da ciò come, a parità di altre condizioni l'assorbimento sia tanto più intenso quanto più frequenti sono gli urti che subiscono gli elettroni e cioè quanto più elevata è la densità della atmosfera attraverso alla quale l’onda si propaga. Per conseguenza l’assorbimento ha luogo in misura tanto maggiore quanto più bassi sono gli strati ionizzati mentre è praticamente trascurabile negli altissimi strati della atmosfera.

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La. densità della ionizzazione in questi strati arriva, come ordine di grandezza, fino a circa 1.000.000 di elettroni per cm3; essa varia moltissimo dal giorno alla notte ed è tanto più intensa di regola quanto più alto è il Sole sull'orizzonte. Ciò indica l’origine solare dell'agente ionizzante, che si ritiene essere in principale misura la porzione ultravioletta della radiazione solare che non raggiunge la superficie della Terra appunto perché assorbita dall'alta atmosfera. Vi sono però varie esperienze che fanno sospettare che i raggi ultravioletti solari non siano gli unici agenti ionizzanti e che possano forse avere importanza anche radiazioni crepuscolari provenienti dal Sole. Deve anche notarsi la dipendenza della ionizzazione atmosferica dai cicli di attività solare: la ionizzazione è di regola massima nei periodi di massima attività solare, pur non essendo stata riconosciuta alcuna diretta dipendenza tra la ionizzazione e il passaggio di determinati gruppi di macchie solari al meridiano solare rivolto versò la Terra.

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Io spero di avere mostrato con questi brevi cenni quanto sia vasto ed interessante il campo che lo studio della propagazione delle onde elettromagnetiche nell'alta atmosfera, originato dalle prove di Marconi sulle radiocomunicazioni a grandi, distanze, ha aperto alla investigazione. L'interesse accentuato dal fatto che queste proprietà dell’alta atmosfera si ricollegano a molti altri fenomeni, per ora soltanto parzialmente compresi, di fisica terrestre e di fisica solare; ed è da augurarsi che uno studio metodico di questi fenomeni e delle loro interdipendenze possa portare ad un notevole approfondimento delle nostre conoscenze sullo stato della atmosfera da un lato, e che possa dall’altro essere fecondo di risultati pratici per garantire la stabilità e la efficienza delle radiocomunicazioni in condizioni atmosferiche avverse.

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