Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: a

Numero di risultati: 962 in 20 pagine

  • Pagina 1 di 20

Fondamenti della meccanica atomica

442181
Enrico Persico 47 occorrenze
  • 1936
  • Nicola Zanichelli editore
  • Bologna
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
  • w
  • Scarica XML

Le equazioni che interessano la meccanica ondulatoria sono, nella maggior parte dei casi, equazioni a derivate parziali, lineari ed omogenee: a queste si possono estendere molte delle considerazioni fatte per il caso di una variabile sola. Accenneremo brevemente a talune di queste estensioni, riferendoci, per comodità di scrittura, al caso di due variabili indipendenti, x ed y (l'estensione a tre o più variabili è immediata).

Pagina 130

L'espressione di N trovata nel § precedente, sostituita nella (108'), fornisce una meccanica ondulatoria che soddisfa, alla condizione di identificarsi con la meccanica ordinaria entro i limiti analoghi a quelli dell'ottica geometrica, e ciò qualunque siano le costanti a e b. Ma la condizione II del § precedente obbliga a fissare il valore della costante a: difatti la (124) ha bensì la forma della relazione trovata sperimentalmente tra e p, ma perchè si identifichi anche numericamente si deve prendere

Pagina 163

In particolare, se si susseguono, in un ordine qualunque, due emissioni β ed una a, il peso atomico deve diminuire di 4, ma la carica nucleare non deve variare: si avrà dunque un isotopo della sostanza primitiva. Questo processo avviene effettivamente in certi casi: p. es. il radio D (A 210, Z = 82) emettendo una particella β si trasforma in radio E (A = 210, Z = 83), questo a sua volta emette un'altra particella β diventando polonio (A =210, Z = 84), e questo infine, emettendo una particella a, si trasforma in radio G (A = 206, Z = 82) che ha lo stesso numero atomico, e quindi le stesse proprietà, del radio D, di cui è dunque un isotopo (ed entrambi sono isotopi del piombo).

Pagina 17

Applichiamo l'equazione unidimensionale di Schrödinger al caso di una particella non soggetta a forze, e libera di muoversi da a .

Pagina 178

L'integrale si riduce facilmente a integrali definiti noti, e risulta uguale a

Pagina 184

Analogamente a quanto abbiamo fatto nel caso unidimensionale (§ 38), possiamo ora considerare brevemente il caso di una particella vincolata a restare entro una scatola parallelepipeda, di lati a, b, c, a pareti perfettamente elastiche: nell'interno della scatola non agiscono forze. Ricercheremo dapprima una soluzione semplice, corrispondente ad un dato valore di E, ossia ad una sola frequenza, lasciandoci guidare dall'analogia col problema delle onde luminose o sonore entro una scatola a pareti riflettenti.

Pagina 215

Di queste, quella corrispondente a si riduce a

Pagina 222

e che per la R tenda a zero non meno rapidamente di e quindi la y tenda ad un limite finito od a zero.

Pagina 224

I polinomi generalizzati corrispondenti ad un dato indice superiore j ed a diversi K, se moltiplicati per danno luogo a funzioni ortogonali nell'intervallo da 0 a : si ha precisamente

Pagina 232

Si osservi anzitutto che per , U tende a e quindi p a : ne segue che l'esponente del primo termine tende a e perciò, affinchè la u per tenda a zero, come deve, dovrà essere : così nella I regione la u si riduce a

Pagina 242

Consideriamo perciò, invece degli N valori dell'indice r da 1 ad N, gli infiniti valori che può assumere una variabile reale x in un intervallo (a, b): potremo dire che consideriamo, invece di N assi, una infinità (continua) di assi coordinati, corrispondenti ciascuno a un valore di x. Assegnare un vettore f in questo spazio, significa far corrispondere ad ogni valore di x (da a a b) un numero (reale o complesso), cioè significa assegnare una funzione f(x), monodroma da a a b. Ciò suggerisce di considerare ogni funzione f(x), definita e monodroma in un intervallo a, b (eventualmente infinito) come un vettore f in uno spazio a infinite dimensioni, in cui ognuno dei valori di x da a a b caratterizza un asse coordinato e il valore corrispondente assunto dalla funzione rappresenta la proiezione del vettore su quell'asse (componente x-esima del vettore).

Pagina 292

Per estendere al caso dello spazio a infinite dimensioni la (1), la (2) e le formule analoghe, si dovranno evidentemente sostituire le sommatorie da 1 ad N con integrali rispetto a x da a a b nel caso di una sola variabile, e, nel caso generale di p variabili, con integrali multipli estesi a tutto il campo S. Si sarà così condotti a definire come modulo del vettore f rappresentante la funzione f (o, come anche sì dice, come norma della funzione f) il numero positivo il cui quadrato è dato dalla formula, analoga alla (1):

Pagina 293

A. H. Compton e A. W. Simon, Phys. Rev. 20, 289 (1925).

Pagina 31

Ma un'esperienza ancora più significativa a conferma della precedente teoria dell'effetto Compton fu eseguita da COMPTON e SIMON nel 1925 A. H. Compton e A. W. Simon, Phys. Rev. 20, 289 (1925). , utilizzando il metodo della nebbia, di Wilson, che permette, come è noto, di rendere visibili, sotto forma di sottili fili di nebbia, le traiettorie degli elettroni attraverso un gas. In tal modo essi riuscirono non solo a rivelare fotograficamente l'esistenza dell'elettrone di rimbalzo ma anche a verificare che la direzione in cui esso è lanciato è quella prevedibile con le leggi dell'urto elastico.

Pagina 31

Le matrici così introdotte non si considerano come rappresentanti di operatori, poichè non servono a passare da un vettore a un altro, ma invece dalle componenti di un vettore rispetto a un sistema di riferimento, alle componenti dello stesso vettore rispetto a un altro sistema di riferimento. Si chiamano perciò matrici di trasformazione.

Pagina 310

e moltiplicando scalarmente la prima per , a destra, la seconda per a sinistra e sottraendo membro a membro, si ha

Pagina 315

Questo problema, nel caso in cui è l'operatore della (47) (con A' = B) consiste nella ricerca delle soluzioni a quadrato sommabile dell'equazione autoaggiunta

Pagina 315

Se e appartengono a due autovalori distinti Am e essi sono ortogonali: difatti si ha e moltiplicando scalarmente la prima per , a destra, la seconda per a sinistra e sottraendo membro a membro, si ha Ma se A è hermitiano, il primo membro è nullo e quindi segue (essendo , cioè l'ortogonalità. Se poi An è un autovalore multiplo, a cui corrispondono le p autofunzioni indipendenti , un'autofunzione generica appartenente a questo autovalore ha la forma (55) con i coefficienti c arbitrari. Naturalmente, alle si possono sostituire p loro combinazioni lineari, ortogonali tra loro (ciò si dimostra come al § 6); vi è anzi una larga arbitrarietà nella scelta di queste. cosicchè sarà

Pagina 315

Se poi An è un autovalore multiplo, a cui corrispondono le p autofunzioni indipendenti , un'autofunzione generica appartenente a questo autovalore ha la forma

Pagina 315

Unica condizione richiesta alla funzione F(a) è di essere univocamente definita per tutti i valori An di a.

Pagina 318

Sia difatti F(a) il simbolo di una funzione della variabile a (anche non sviluppabile in serie), e sia un o. l. con gli autovalori e le autofunzioni : definiremo l'o. l. come quello che, applicato a una , la trasforma in , conformemente alla (59), e quindi applicato a una f qualunque avente lo sviluppo

Pagina 318

L'integrale rispetto a è uguale a 1 se è interno all'intervallino , altrimenti è nullo: perciò, detto il tratto comune (eventualmente nullo) ai due intervalli l'espressione precedente si riduce a

Pagina 328

Supponiamo che la misura di una osservabile A abbia dato un certo risultato A', e misuriamo, immediatamente dopo A, un'altra osservabile B ottenendo p. es. B': con ciò mettiamo il sistema in un nuovo stato in cui la B ha il valore definito B', ma la A, in generale, non avrà più un valore definito (cioè, se subito dopo B si tornasse ad osservare A, non si sarebbe più certi di trovare A'). Vi sono però certi casi in cui questo non si verifica, e cioè si può osservare B subito dopo A senza che A cessi di avere il valore risultato dalla misura precedente: si dice allora che, le due osservazioni sono compatibili. In tal caso, subito dopo che l'osservazione di A ha dato il risultato A' e quella di B il risultato B', il sistema si trova in uno stato tale, che tanto A quanto B hanno un valore definito, e cioè, rispettivamente, A' e B'.

Pagina 331

diremo cioè che un'osservabile F è uguale a se essa è uguale (nel senso specificato sopra) a :

Pagina 334

Resta da vedere come si determina l'operatore corrispondente a una data osservabile G. Procediamo a tal uopo per via di generalizzazioni successive.

Pagina 349

Sia A un'osservabile a cui si sappia che corrisponde un certo operatore , con autovalori Ar e autofunzioni . Sia poi G un'altra osservabile definita come funzione di A, cioè G = F(A): i possibili risultati di una misura di G saranno , e ciascuno di essi avrà la stessa probabilità del valore di A. Ora, è facile vedere che questo risultato si ritrova applicando il procedimento di pag. 347 e facendo corrispondere a G l'operatore . Difatti, come si è visto al § 10, questo operatore ha gli stessi assi principali di (individuati dai vettori con gli autovalori : perciò la proiezione del vettore di stato sull'asse r-esimo di è la stessa che rappresenta la proiezione di sull'asse r-esimo di A, e quindi la probabilità del valore risulta , come quella del valore Ar di A. Il teorema si estende immediatamente a una funzione F(A, B, ...) di più osservabili compatibili tra loro e si dimostra allo stesso modo.

Pagina 351

Allora l'osservazione di A porta il vettore di stato nella direzione dell'asse Ar (quindi diviene ) il quale è anche uno degli infiniti assi di appartenenti a un certo autovalore Bs, multiplo d' ordine p (eventualmente ), che costituiscono una varietà piana V ortogonale a tutti gli altri assi di appartenenti ad altri autovalori: perciò la successiva osservazione di B deve necessariamente dare il risultato Bs, e farà al più ruotare il vettore di stato entro la V. Poichè però supponiamo che l'osservazione sia fatta con la minima perturbazione possibile (nel senso spiegato sopra), il nuovo vettore di stato deve essere la proiezione ortogonale di su V, la quale evidentemente si identifica con stesso: perciò e sarà ad un tempo su un asse principale di e di . Se poi si osservasse prima B (col risultato Bs) e poi A (col risultato ), la prima osservazione porterebbe il vettore di stato entro la V, e poichè (v. § 11) entro a questa V vi sono p assi principali di , mentre tutti gli altri assi principali di sono perpendicolari a V, necessariamente l'ulteriore osservazione di A porterebbe il vettore di stato su uno dei p assi contenuti in V, e quindi comuni ad A ed a B. Si noti che a un valore di B possono corrispondere p valori di A.

Pagina 358

Nell'ultimo termine si può sostituire con , (a meno di termini in ): con ciò l'equazione viene a coincidere con la (119') ed è quindi verificata.

Pagina 366

Nella (189), la rappresenta il termine principale: come si vede, l'autofunzione imperturbata si approssima (a meno di termini del primo ordine) non a ma a . Le si possono chiamare le autofunzioni di approssimazione d'ordine zero.

Pagina 398

e quindi una delle radici tende a , una a ecc.: con questo criterio si fa il coordinamento.

Pagina 398

Di qui possiamo anzitutto ricavare le a, moltiplicando l'equazione per e integrando: si ottiene allora (poichè è ortogonale a , alle , alle e a tutte le per cui :

Pagina 401

La teoria delle perturbazioni degli stati stazionari svolta nei §§ precedenti si può naturalmente presentare anche dal punto di vista del metodo delle matrici, che, come sappiamo, conduce a risultati equivalenti a quelli della meccanica ondulatoria. Lo mostreremo ora a titolo d'esempio, limitandoci alla prima approssimazione ed al caso non degenere.

Pagina 403

Talvolta conviene (analogamente a quanto si è fatto al § 6 bis) considerare la coppia come una matrice a una sola colonna e a due righe, che si indica simbolicamente con , cioè porre

Pagina 415

dove R è la costante di Rydberg ed a un'altra costante: tenendo fissa a e dando ad n tutti i valori interi da un certo valore in poi, si ottiene una successione di termini. In particolare in questa formula rientrano i termini balmeriani (per i quali è a= 0):

Pagina 42

(1) Si noti che, per conservare la validità della regola di moltiplicazione, la matrice va sempre scritta a destra di , e la a sinistra.

Pagina 426

equivale, quando si assumano per le a le espressioni (267), alle quattro equazioni seguenti (equazioni diDirac per l'elettrone non soggetto a forze):

Pagina 428

Nei casi ordinari (corrispondenti cioè nel modello classico a particelle dotate di velocità piccole rispetto a c, sì da potersi usare la meccanica non relativistica), risulta trascurabile rispetto a , cosicchè dalla (278) si ricava per l'espressione approssimata

Pagina 431

Nel primo caso le equazioni danno (, mentre restano arbitrarie (salvo l'ortogonalità e la normalizzazione) e si possono prendere uguali a 1 e a 0 rispettivamente (per ), o a 0, 1 (per ): similmente, nel secondo caso () , risulterà e si potranno prendere uguali a (1, 0) e (0, 1) rispettivamente. Avremo così le quattro autofunzioni dell'operatore

Pagina 439

Moltiplicando a destra e a sinistra ambo i membri per , e ricordando le (301) si trova:

Pagina 448

A questa corrisponde, a norma della (303),

Pagina 449

Le costanti e restano arbitrarie, e le prenderemo uguali rispettivamente a 1 e a , cosicchè sarà:

Pagina 452

Sostituendo per A e B le espressioni (345) e risolvendo rispetto a W si trova

Pagina 455

a zero per , si dovrà scartare il segno +: si è così condotti a ricercare soluzioni della forma

Pagina 455

., A. 126', (1931) 360; id. ,A. 133, (1931) 60. V. anche bibl. n. 6.

Pagina 461

dove sono gli operatori corrispondenti alle componenti dello spin del primo elettrone (formati a norma del § 45) e sono quelli del secondo. Applicando a una funzione (delle variabili di spin) antisimmetrica a o ad una simmetrica si trova rispettivamente

Pagina 490

Applicando al momento angolare dell'elettrone una condizione analoga a quelle di Sommerfeld, si è condotti ad ammettere che, quando l'elettrone si trova in un campo magnetico, esso può assumere due sole orientazioni, e cioè con lo spin parallelo o antiparallelo al campo, a ciascuna delle quali corrisponde un diverso valore dell'energia: i due valori del quanto interno servono appunto a distinguere tra loro i due livelli energetici corrispondenti a queste diverse possibilità di orientazione.

Pagina 66

Si dice che un'equazione differenziale del tipo (1) è in forma autoaggiunta se fra i coefficienti A(x) e B(x) passa la relazione B = A', cosicchè i primi due termini formano insieme la derivata di A, e l'equazione può scriversi

Pagina 96

Enciclopedia Italiana

533578
Enrico Fermi 3 occorrenze
  • 1936
  • Istituto dell'Enciclopedia Italiana
  • Roma
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
  • w
  • Scarica XML

(l'espressione precedente, integrata rispetto a v da 0 a ∞, diverge; ciò che indica appunto che il numero totale dei gradi di libertà è ∞).

Pagina 521

Riferiamoci a un sistema A, costituito da un grande numero N di sistemi a indipendenti, tutti uguali tra di loro. Classicamente il problema della distribuzione statistica di un tale sistema si tratta suddividendo lo spazio delle fasi di ciascuno dei sistemi a in cellette aventi tutte lo stesso ipervolume. Se N 1, N 2, ... sono i numeri dei sistemi a, il cui punto rappresentativo appartiene alla prima, alla seconda, ... cella, la probabilità dello stato, definita come numero di modi di realizzare la data distribuzione, è

Pagina 522

a) esprimere la probabilità che un sistema, mantenuto a una data temperatura T, si trovi in un certo stato quantico (probabilità proporzionale ad e -w/kT);

Pagina 522

Cerca

Modifica ricerca