Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Teoria della relatività dell'Eistein. Esposizione elementare alla portata di tutti

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Harry Schmidt 50 occorrenze

A tal uopo dobbiamo sin d'ora chiarire quali premesse debbano essere soddisfatte affinché la propagazione della luce in rapporto a due sistemi di coordinate, tali che l'uno si muova relativamente all'altro con moto rettilineo ed uniforme, avvenga con perfetta equivalenza. E anche in modo che nessuna

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a) Simultaneità nel Tempo e nello Spazio. — Possiamo senz'altro ammettere l'uguaglianza del ritmo; ma come potremo ottenere una uguale posizione delle sfere, se un orologio si trova in A l'altro in B? Potrebbe sembrare molto semplice: portare l'orologio da B in A, regolarlo con quello in A, e riportarlo in B.

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Se vogliamo determinare questa velocità nel sistema di coordinate O — il che significa: se vogliamo stabilire il percorso della luce, in un secondo, nel sistema O — dobbiamo, da prima, scegliere due punti A e B la cui posizione sia individuata nel sistema O; la distanza reciproca tra i due punti ci è nota. Poscia dobbiamo stabilire il tempo che la luce impiega a percorrere il tratto AB. Ciò potremo fare molto semplicemente: inviando da A un raggio verso B, ed osservando in quanto tempo esso giunga precisamente in B. A tal uopo ci serviremo di due orologi, perfettamente uguali nel ritmo e nella posizione delle sfere.

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in A ed in B, hanno la stessa posizione. Se ciò non avvenga potremo sempre far correggere dalla persona che si trova in B la posizione delle sfere del rispettivo orologio, insino a che possa raggiungersi il voluto arrivo contemporaneo in M dei due raggi inviati da A e da B. In tal modo siamo sicuri che le sfere di ambedue gli orologi, in A e in B, hanno effettivamente la stessa posizione.

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Incarichiamo inoltre una persona che si trova in A di inviare verso B un raggio di luce, nell'istante preciso in cui l'orologio in A segna esattamente le 12, e una posta in B di inviare un raggio verso A, nell'istante preciso in cui anche l'orologio in B segna esattamente le 12. Poi che il punto centrale M dista egualmente, sia da A che da B, e, in modo preciso, di 150.000 chilometri e poi che la luce, secondo il principio di Relatività, si propaga con velocità uguale tanto da A verso M, che da B verso M, noi dobbiamo veder giungere contemporaneamente i due raggi di luce, nell'istante in cui le sfere degli orologi,

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Daremo alle due persone poste in A e in B le seguenti istruzioni: far partire da A verso B, alle 12 precise, un raggio di luce; esaminare in B a che ora vi giunge detto raggio.

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A tal uopo: inviamo nel sistema O un osservatore, che si porti nel punto M ed abbia l'aiuto di due persone, poste nei punti A e B, ed un altro osservatore nel sistema O' che si ponga innanzi agli specchi M' ed abbia anch'esso due persone che lo coadiuvino, poste nei punti A' e B', che osservino i rispettivi orologi.

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tempo che impiegherebbe a percorrerla in senso contrario, cioè da B verso A, e precisamente in un secondo. Questo vale però solo per Oo, e per gli altri osservatori che con lui si trovano nel sistema O, mentre O'o, dal suo sistema O', giudicherà il fenomeno del tutto diversamente. Infatti, se nel momento in cui i due orologi A ed A' segnano le 12, O'o invia un raggio verso B, questo, rispetto al punto B', giunge appunto in Bquando i due detti orologi segneranno le 12 ed un secondo. Ma il punto B corre incontro al raggio di luce, poi che l'intiero sistema O si muove relativamente al sistema O' nel senso di B verso A; per ciò l'orologio in B' nel momento in cui il raggio di luce giunge in B, segnerà le 12 ed una frazione di minuto secondo, per modo che per O'o la luce percorre il cammino da A in B, cioè nel sistema O, in meno di un secondo, ed il raggio di luce inviato da Oo, secondo il giudizio di O'o, impiegherà a giungere da B in A più di un secondo.

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b) Relatività del Tempo — Ciò chiarito torniamo a considerare i due osservatori Oo e O'o nei loro rispettivi sistemi. Se Oo invia da A verso B un raggio di luce, questo, secondo il principio di Relatività, percorrerà la distanza AB nello stesso

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1.a La condizione di simultaneità verificata

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2. a L'intervallo di tempo tra due determinati avvenimenti è valutato diversamente a seconda che sia riferito ad un sistema di coordinate o ad un altro, che, rispetto al primo, sia in moto.

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3. a La distanza nello spazio fra due punti determinati è valutata diversamente a seconda che sia riferita ad un sistema di coordinate o ad un altro sistema che rispetto ad esso sia in moto.

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Abbiamo proceduto alla misura della velocità della luce, misurando da prima nei sistemi O e O' rispettivamente i tratti ABe A'B', che dovevano ambedue coincidere nel senso del movimento opposto a quello dei due sistemi. In entrambi i sistemi i due tratti AB, dovevano esser lunghi 300.000 chilometri, per ciascuno degli osservatori, rispetto al proprio sistema. Siccome per Oo il tratto AB si trova allo stato di quiete, ed il tratto A'B' allo stato di moto, così egli, in conseguenza delle formule dell'Einstein, giunge alla conclusione che il tratto A'B' è più corto del tratto AB, e viceversa; ad O’o il tratto AB sembrerà più corto del tratto A'B', poi che per detto osservatore A'B' trovasi allo stato di quiete, ed AB allo stato di moto. Né pure in tal caso è lecito chiedersi quale sia la vera lunghezza dei tratti AB ed A'B', poi che i risultati di una qualsiasi misurazione di lunghezza dipendono sempre dallo stato di moto dei tratti stessi rispetto al sistema di riferimento prescelto. Così anche il concetto di lunghezza di un corpo è del tutto relativo.

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Nel momento in cui il tratto AB viene a trovarsi

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Se facciamo ancòra ruotare, sempre nella stessa direzione, il tratto AB, i risultati delle misurazioni cesseranno dall'essere eguali, ed a mano a mano

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di quanto non gli appaia il diametro che si trova nella direzione del movimento del sistema O’ rispetto ad O, fino a che non giunga al diametro perpendicolare a questa direzione che gli apparirà lungo quanto appare all'osservatore Oo del sistema fermo.

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Quanto si è detto può estendersi a tutte le superficie; qualche esempio basterà a chiarirci la

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Ma occorre procedere a passo misurato, se pure lungo.

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Tutte le Geometrie non-euclidee hanno in comune l'abbandono del quinto postulato d'Euclide, il così detto postulato delle parallele, che non si è riesciti sinora a dimostrare rigorosamente: «due rette attraversate da una terza si incontrano dalla parte in cui la somma degli angoli interni (due) formati dalle tre rette a due a due, è minore di due angoli retti». Per dare un'idea molto sommaria delle differenze che passano tra i tre sistemi geometrici euclideo, lobacewschiano, riemanniano, diremo che la somma degli angoli di un triangolo è, rispettivamente, uguale (Euclide), minore (Lobacewschi), maggiore (Riemann) a due retti, e che il numero delle parallele ad una retta che posson farsi passare per un punto dato è uguale ad uno (Euclide), infinito (Lobacewschi), è uguale a zero (Riemann).

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L'uomo ha tre paia di tali canali, i sorci giapponesi ne han due, le lamprede (sorta di pesci) ne hanno uno; or bene, a seconda del numero dei canali, gli esseri viventi credono di vivere in uno spazio a tre, a due, a una dimensione, e regolano i propri movimenti conseguentemente. Perché l'uomo ha tre paia di canali, noi concepiamo lo spazio a tre dimensioni, e non potremmo concepirlo a più di tre dimensioni.

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Anche a tal proposito ci serviremo di un esempio dell'Einstein.

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di un campo di gravitazione, si comprende come, a mezzo di ricerche matematiche, possano ricavarsi delle relazioni tra i due cambiamenti che permettano di stabilire le leggi che regolano il campo di gravitazione. E a tale risultato giunse l’Einstein con la sua teoria di gravitazione, la cui austera bellezza può essere sentita soltanto dal matematico. A noi, purtroppo, deve bastare la conoscenza di alcuni suoi risultati.

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La legge di gravitazione del Newton, che noi abbiamo considerato a come legge universale, per la sua generale validità; vale soltanto se circoscritta a campi di di gravitazione a bastanza deboli.

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Queste conservano solo un valore approssimativo e possono applicarsi con vantaggio, soltanto a moti aventi velocità relativamente basse rispetto a quelle della luce, poi che, come risulta dalle formule dell'Einstein, le differenze delle misure di lunghezza e di tempo sono percettibili solo quando si tratti di velocità di centomila e più chilometri al minuto secondo. Tale condizione non si verifica per la maggior parte di tutti i fenomeni meccanici: gli stessi movimenti dei corpi celesti conosciuti avvengono con velocità di gran lunga minore e la teoria di Relatività particolare applicata ad essi non conduce a essenziali divari. La sua applicazione, però, si rende necessaria, nello svolgimento dei fenomeni meccanici, per il suo valore di principio. A mo' di esempio: un orologio che si trovi all'Equatore deve avere un ritmo più lento, se bene di poco, di quello che esso avrebbe se si trovasse in uno dei Poli. Anche per altri motivi le leggi fondamentali della Meccanica classica sono leggi approssimate, cioè non esatte, ma presso a poco esatte. Esse, in fatti, non tengono conto della circostanza che l'Universo, a causa della presenza dei corpi celesti, è un unico campo di gravitazione, di forza variabile diversamente da luogo a luogo. La esistenza del campo di gravitazione condiziona la struttura spaziale-temporale del Mondo e al posto delle note

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. — (2) Abbiamo visto mutare a mano a mano la figurazione del mondo, come enunciavamo nuovi

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. — Siamo giunti, così, al termine della nostra via: il quadro della teoria di Relatività ci sta innanzi, almeno nelle sue linee generali; il quadro del «mondo perduto» logoro dal Tempo tende a mano a mano a scomparire e scomparirà.

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Essa ci dice che un corpo in moto non può mutare né la sua velocità, né la sua direzione insino a che non intervengano cause esterne, ovvero sia che il moto di un corpo tende a conservarsi immutato nella velocità, e rettilineo, a seguire cioè una traiettoria rettilinea.

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Il principio da noi espresso appartiene alla specie di quelli che stanno a base delle Matematiche: se la sua prova è impossibile, se su la Terra è impossibile riprodurre le condizioni caratteristiche che abbiamo chiamate ideali, essenziali, per la verifica del principio stesso, è per anco vero che quanto più nei nostri gabinetti esperimentali riesciamo a diminuire le influenze esterne agenti su i corpi in moto, cioè ad affinare le nostre esperienze, tanto più i corpi si avvicinano alle condizioni ideali che noi poniamo a base della nostra legge, ed il loro moto si avvicina a quello che ha le caratteristiche ideali volute dalla legge stessa. Possiamo per ciò concludere, generalizzando i risultati dell'esperienza, esaminati con chiaro intelletto, che

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Cioè m.a = m'.a', equivalente a espressione che tradotta nel linguaggio comune, ci dice come le due costanti siano inversamente proporzionali alle accelerazioni, cioè a' è maggiore di a tanto quanto m è maggiore di m', o, in altre parole ancòra, le accelerazioni crescono tanto quanto diminuiscono le costanti m ed m'.

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Facciamo ora agire la stessa forza F sur un altro corpo la cui costante sia m' e l’accelerazione che gli imprime a'; avremo F= m'.a'

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Sappiamo che a è la variazione di velocità nell'unità di tempo. Dopo un tempo t è evidente che la variazione sarà t volte a, cioè a.t. Se l'accelerazione sia impressa sin dal momento in cui il moto si inizia, partendo dallo stato di quiete nel quale la velocità v è uguale a zero, evidentemente dopo il tempo t, si avrà v = a t. Sostituiamo tal valore nella F = m.a. Avremo F = ma, Ft = mv. Ft si chiama impulso della forza, mv (Cartesio).

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È importante quanto al riguardo ci dice Cristiano Huyghens (1629-1695) e cioè che nella vera Scienza le cause di tutte le azioni, di tutti i movimenti, a meno che non si voglia rinunziare a comprendere qualcosa della Fisica, si devono concepire soltanto a traverso le considerazioni della Meccanica.

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a) Da prima riferendo ogni singola posizione ad oggetti fermi;

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In altre parole le tre rette AD CD, EF individuano Fig. 6 tre piani a due a due perpendicolari, incontrantisi nel punto O.

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Fissata la Ipossiamo determinare così le altre porzioni: II sotto; III sotto a sinistra; IV a sinistra; II dietro I; VI dietro II; VII dietro III; VIII dietro IV.

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In una scena del «Faust» di Volfango Goethe si legge che nella domenica di Pasqua, dopo la passeggiata vespertina, il dottor Faust, torturato dal dubbio, si accinge a tradurre nel suo diletto tedesco l'evangelio di San Giovanni; quanto gli riesce difficile tradurre esattamente le prime parole del testo sacro! Uguale tormento per noi, non torturati dal dubbio, ma assetati di verità, nella ricerca affannosa dei termini più propri a tradurre il concetto di spazio assoluto allo stato di quiete: delusioni sempre nuove alla nostra speranza, quando credevamo di averli trovati, sino a che lo «spirito» non ci venne in aiuto, insino a che «anche noi» non «vedemmo ad un tratto chiarezza» e potemmo conoscere perfettamente il vero carattere dello spazio assoluto.

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Ma noi dobbiamo accontentarci della forma meno esatta, per significare che il fisico ha osservato un movimento della palla, la cui direzione opposta a quella che a noi appare, riferendoci al sistema di coordinate in quiete assoluta.

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Infatti: per noi che stiamo sul veicolo il sasso è in quiete fino a che lo teniamo in mano; non appena abbandonato a sé viene a trovarsi sotto l'influenza della forza d'attrazione della Terra, e il conseguente moto di caduta segue perfettamente la legge su l'azione di una forza.

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Il che accade nei fenomeni di interferenza nei quali, come ebbe a dire il padre Grimaldi, può verificarsi che luce aggiunta a luce produca l'oscurità, fenomeni comuni anche all'acustica e noti similmente sotto il nome di fenomeni di interferenza dei suoni per i quali, in determinate condizioni, suono aggiunto a suono produce silenzio (vedi Murani, opera citata, vol. I, pag. 513 e seg., vol II, pag. 113 e seg).

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Come insegna la Chimica, il complesso della materia che ci circonda è costituito con sole poche sostanze fondamentali, gli elementi chimici: ben sappiamo a traverso quali stadi si sia giunti a tal concetto (9).

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Talete di Mileto (650-540 a. C.) ci dice che l'acqua è una «sostanza fondamentale» principio di ogni cosa. Empedocle da Girgenti (480-420 a. C.) considera altri tre elementi, aria, terra, fuoco, come fondamentali nella costituzione di tutte le sostanze; la sua concezione è portata ad insperate altezze da Aristotile di Stagira (384-322 a. C.) (10): lo Schiller la canta e marchia i quattro elementi, per la terribilità con la quale essi si accaniscono contro le opere dell'uomo.

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Ma come queste possono agire a distanza, a traverso lo spazio vuoto? Soltanto ricorrendo all'etere possiamo rispondere a tale dimanda, ritenendo cioè che l'etere venga a trovarsi, per effetto delle forze elettriche agenti, in uno stato di tensione che si estenda dal contorno della bacchetta sino alla superficie dei pezzettini di carta. Con tale supposizione, per spiegare i fenomeni elettrici non vi è bisogno di ammettere ciò che è inconcepibile: un’azione di forza a distanza (7).

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E l'etere, infatti, rende comprensibile, senza far ricorso a tale ammissione, tutti i fenomeni elettrici e quelli magnetici; ma annettendo all'etere stesso proprietà che non ci sogneremmo mai di attribuire ad altra sostanza. L'etere diventa così una materia di peculiari qualità, una sostanza onnipresente, che tutto penetra, impalpabile, elasticissima (8), sottilissima, a traverso la quale i corpi si muovono, come un grano di sabbia a traverso uno staccio.

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Evidentemente un treno che da Milano si porta a Pavia si muove in senso opposto a quello che da Pavia si porta a Milano.

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L'esperimento Michelson - Morley — La Fisica moderna possiede metodi molto perfezionati che valgono a renderci possibile l'esame sperimentale delle nostre conclusioni: un apparechio costrutto a tale scopo può trovar posto in una spaziosa sala.

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A mano a mano che la Chimica si allontana dall'empirismo, per salire all'importanza di scienza esatta, giungiamo alla concezione che tutte le sostanze non sono se non composti, svariatamente diversi, di elementi chimici, indivisibili, intrasformabili.

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. — Una prima risposta a questa domanda ci fu data nel 1903 dal fisico olandese H. A. Lorentz (1853) fedele fautore della concezione dell'etere.

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A questa conclusione giunse nel 1905 ALBERTO

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Studiò a Monaco, a Aarau, a Zurigo. Insegnò a Zurigo e a Praga. È membro dell'Accademia di Prussia per le Scienze e dirige l’Istituto Kaiser Wilhelm per il progresso delle scienze dal 1914.

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Alla enunciazione del principio di Relatività particolare si è giunti a traverso l'esame di dati sperimentali di fatto, e, per ciò, esso è nettamente distinto, da quello della Meccanica classica, dovuto unicamente a considerazioni teoriche.

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