Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Manuale di Microscopia Clinica

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Giulio Bizzozero 50 occorrenze

La patina dei denti (Tav. 2a, fig. 27), consta, oltre che di corpuscoli mucosi e di cellule epiteliche. di vari parassiti, cioè: 1o di batterî e vibrioni, sotto forma di bastoncini di varia lunghezza, talora riuniti a due, o più, in catena. Fra essi si distinguono quelli diritti, e quelli, invece, curvi, ovvero piegati leggermente ad s, ovvero a forma di spira (spirilli fig. 27 c). Molti di essi sono dotati soltanto di movimento danzante; altri, invece, presentano un movimento proprio, vivacissimo, che in generale, è rettilineo; negli spirilli è a spira; 2.o di leptothrix buccalis (fig. 27 a). Questo fungo è sotto forma di filamenti sottili, rettilinei o leggermente flessuosi, di grossezza varia di 1-2 µ pallidi, incolori, a contorni regolari e paralleli, poco distintamente articolati, non ramificati. Essi si spiccano da ammassi di apparenza finamente granulare, e che, infatti, constano della riunione di finissimi granuli rotondeggianti, tenuti assieme da una sostanza amorfa. - Quando il leptothrix è in rigogliosa vegetazione i suoi filamenti, bene sviluppati, si dispongono paralleli a costituire grossi fasci. - Nella patina dei denti si depongono generalmente dei sali calcarei, dando origine al così detto tartaro dentale.

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Talvolta riesce utile colorare le cellule o i nuclei del preparato a fine di renderli più visibili. Molte sono le sostanze coloranti adoperate attualmente a questo scopo in Istologia. Pel nostro scopo può bastare una soluzione ammoniacale di carmino, che si mescola al liquido del preparato deponendone una goccia ad un lato del coproggetti. Questa soluzione si può preparare in varî modi; la mia formola, che qui trascrivo, dà un liquido fortemente colorante, che si conserva a lungo:

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Allorchè le materie alimentari soggiornano a lungo nello stomaco (catarro cronico, gastrectasie, ecc.) vi subiscono speciali decomposizioni, accompagnate dallo sviluppo di notevoli quantità di batteri, torula cerevisiae e sarcina ventriculi. I batterî (fig. 37 c) sono per la più parte in forma di bastoncini lunghi ed immobili. Il più spesso misurano da pochi µ fino a 8-10 µ; talora possono arrivare ad articoli lunghi 15-20 µ. - La torula (fig. 37 b) (sin. cryptococcus cerevisiae) consta soltanto di cellule rotonde o, più spesso, ovali, lunghe 4-8 µ, a contorno spiccato, e ad aspetto che ricorda alquanto, per lo splendore e l’omogeneità, quello dell’adipe. Nel loro interno si scorge generalmente un punto brillante, e, non di rado, un piccolo vacuolo pallido e rotondo. Queste cellule si moltiplicano per gemmazione; mandano, cioè, un piccolo germoglio sferico, che a poco a poco diventa grosso ed ovale, ed alla fine si stacca dalla cellula madre. Non di rado due o più cellule si vedono unite a coroncina. Si abbia cura di non confondere la torula con delle gocciole di grasso; queste se ne distinguono perchè sono più omogenee, più splendenti e sferiche. La sarcina (o merismopoedia) ventriculi (fig. 37 a) si riconosce facilmente per la sua forma curiosa. Essa è costituita da 1-4-8-16-32 cellule cubiche, ad angoli arrotondati, misuranti 8 µ di diametro, di color verde-bruno, e presentanti una solcatura in croce, che le fa assomigliare ad una balla di cotone. Le cellule, poi, sono in vario numero riunite strettamente e regolarmente fra loro a costituire dei cubi di varia grossezza. -

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Non meno preziosi ne fornisce non di rado l'esame microscopico, che pur troppo è ben spesso trascurato, anche da chi avrebbe la possibilità di farlo, a cagione della ripugnanza ch’ esso ispira. Oltre che per la diagnosi delle malattie, lo studio microscopico delle feci può giovare al medico per controllare la dieta del paziente; è tutt’altro che raro che pazienti, che devono vivere esclusivamente ad una data dieta (p. es. diabetici a dieta carnea, nefritici ecc. a dieta lattea), trasgrediscano le ordinazioni, e non vogliano confessare il loro peccato. Nell’un caso e nell’altro pochi avanzi microscopici vegetali nelle feci basteranno a svelare la verità.

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Sono di svariata lunghezza, ora a bastoncini, ora sì piccoli da apparire subrotondi; stanno isolati o riuniti a coroncina.

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. - Se si tratta di un liquido, non si ha che a prenderne una goccia con una pipetta od un bastoncino di vetro, ed a deporla sul portoggetti. Se il liquido è troppo denso, a lato di questa si pone una goccia di cloruro sodico, con cui si mescola accuratamente. Più sopra si disse del modo di esaminare i sedimenti.

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La ricerca delle uova nelle feci dovrà essere incominciata a piccolo, e compita a forte ingrandimento.

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Anatomie, pag. 815) narra di un dermoide dell’ovario destro svuotatosi nel colon trasverso, in conseguenza di una colotomia praticatasi a cagione della esistente stenosi intestinale. Uscì un contenuto poltaceo, di aspetto feculento, con peli. Questi peli, secondo l’osservazione allora fattane da ZIEGLER, a differenza dei peli comuni, non contenevano aria nella sostanza midollare; l’aria, però, vi entrava rapidamente appena venisse a contatto del pelo, sia all’estremità di questo, sia anche alla sua superficie, quando, nell’allestire il preparato microscopico, per caso veniva ad aderirgli in forma di bolla. - Questa mancanza d’aria nel cavo midollare potrà forse in qualche caso servire a stabilire, che i peli hanno avuto origine e provengono dall'interno dell’organismo.

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L’ anchylostoma duodenale ha uova ovali, a superficie liscia, a guscio sottile, a doppio contorno, lunghe 58-65 µ, larghe 38-40- 44 e più µ. Nelle feci si trovano in buona parte già in segmentazione (fig. 40 c, c'), con 2-4-6 cellule. Fuori dell’uomo le uova si sviluppano rapidamente; sicchè si arriva fino alla formazione dell’embrione, che esce dall’uovo ed ingrandisce. (V. più sotto).

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La vulva è situata fra il terzo medio e il terzo posteriore del corpo; l’utero-ovidotto contiene 4 a 9 uova mature o prossime a maturazione, Fig.XXXIII. non segmentate, o segmentate soltanto in 2-4-6-8 cellule, somiglianti a quelle dell’anchilostoma ma più lunghe, più ovali, a poli più acuminati (PERRONCITO). L’ano, a forma di apertura trasversale, è situato verso la base della coda. I visceri son d’un Fig. XXV. giallo-verdastro, assai opachi, finamente granulosi.

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Messo a posto il preparato, occorre di mettere a fuoco l’obbiettivo del microscopio. Nel far ciò accade spesso, quando si adoperano obbiettivi a corta distanza focale, che s’abbassi troppo il tubo, e che, quindi, si batta contro il preparato e lo si schiacci. Per schivare questo pericolo bisogna far in modo che l’oggetto da esaminare corrisponda precisamente, per la sua posizione, al campo visuale del microscopio, sì. che si sappia a qual punto si debba arrestare la discesa del tubo. Perciò s’adotti il seguente metodo: Si dispone il preparato in modo ch’esso corrisponda a un dipresso al centro del diaframma, val quanto dire che si trovi nell’asse visuale del microscopio; poi si abbassa il tubo fino a che l’obbiettivo si trovi un poco più alto della giusta distanza focale (chi conosce i proprî obbiettivi sa press’a poco la distanza focale di ciascuno di essi). A questo punto si applica l’occhio all’oculare, e colla mano sinistra si muove leggermente in varie direzioni il portoggetti; siccome l’obbiettivo è quasi a fuoco, quando qualcuno degli oggetti da esaminare attraversa il campo del microscopio, vi apparirà come un’ombra; allora si fa corrispondere una di queste ombre al centro del campo, e colla mano destra lentamente, per mezzo della vite grossolana (crémaillère) o del movimento ad invaginamento del tubo, si abbassa quest’ultimo fino a che l’obbiettivo sia a fuoco. Ciò fatto, si può rendere più perfetto l’aggiustamento per mezzo della vite micrometrica.

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1.o Leucociti (Tav. 5a, fig. 44 a), componenti costanti dello sputo, da qualunque parte esso derivi. Ora essi vi si trovano ben conservati, coi caratteri che abbiamo già descritti altrove (§ 15,40 e 57), ora, invece, già in via di disaggregazione, cioè, o granulosi, con contorni irregolari, deformati, a nuclei assai palesi, ovvero ridotti a soli nuclei, circondati da pochi granuli. Ciò ha luogo specialmente quando essi hanno soggiornato a lungo nelle vie respiratorie; ed in questo caso sono circondati da immensa quantità di granuli, in parte grassi, ed in parte (la maggiore) albuminoidi, derivanti da leucociti già disaggregati.

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. - A seconda della quantità loro, e di quella degli altri elementi cui sono commisti, danno allo sputo colori varianti dal rosso pretto al rossigno od al verde. Essi si riconoscono agevolmente perchè di solito conservano i loro caratteri tipici, e si scorgono ben colorati, isolati o riuniti in ammassi. Talvolta però cedono più o meno la loro materia colorante al liquido che li circonda, e l’appajono, così, piu scolorati, ridotti a semplici anelli (fig. 7 b); oppure, avendo soggiornato a lungo nel polmone, hanno già subito una disaggregazione in granuli di pigmento, o dato origine a cristalli di ematoidina (V. sotto). - Quando i globuli sono distrutti, la loro materia colorante può essere dimostrata chimicamente coi metodi già esposti altrove (§§ 28-30).

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Una raccomandazione della più alta importanza per chi si inizia agli studi microscopici, si è d’imparare a riconoscere gli elementi accidentali, cioè alcuni elementi che casualmente, ma, si può dire, costantemente riscontratisi nei preparati, e non devonsi confondere cogli elementi dei preparati stessi. Essi sono: 1.o bolle d’aria. Si riconoscono ai loro contorni marcati ed oscuri, ed al centro brillante. Quando sono più piccole dello spazio che separa i due vetri del preparato assumono la forma sferica; nel caso contrario sono schiacciate e quindi di forma irregolare. Si osservano con tutta facilità nella saliva; 2.o gocciole e granuli di grasso (Tav. 6.a fig. 58 a). Hanno pure contorni inarcati e centro brillante, ma meno delle bolle d’aria. Anche di queste è inutile dar la descrizione perchè si possono studiare agevolmente esaminando una goccia di latte (ove il grasso è in granuli fini), oppure una piccola goccia d’olio sbattuta in una goccia di acqua. Sarà bene emulsionarne un’altra in glicerina, per apprezzare la diversa apparenza delle goccioline adipose in due liquidi a diverso indice di refrazione, poichè esse nell’acqua hanno contorni ben più marcati che nella glicerina; 3.o granuli d'amido (Tav. 4.a, fig. 36 c). In ogni preparato se ne trova sempre qualcuno, precipitatovi dall’aria atmosferica, ove stava sospeso. Possono provenire da diversi vegetali, e differire alquanto fra di loro; si riconoscono, però, alla loro forma tendente irregolarmente alla tondeggiante od ovale, all’essere la sostanza che li costituisce segnata da strie concentriche, e, nei casi dubbi, alla colorazione azzurra che assumono quando vengano in contatto col jodio aggiunto in soluzione acquosa od alcoolica al liquido del preparato. Si possono procurare agevolmente facendo un preparato microscopico di una briciola di pane; 4.o filamenti di diversa natura. Questi pure possono provenire dall’aria, ovvero dalle pezzuole adoperate per pulire i vetri della preparazione. Quelli di natura animale sono rappresentati dai fili di lana (Tav. 1.a, fig. 1.a b), riconoscibili alle linee trasversali che presentano alla loro superficie (quindi, per vederle bisogna sollevare il tubo del microscopio) e che corrispondono agli orli delle scagliette epidermiche che rivestono i peli; e dai fili di seta, cilindrici (ibid. fig. 1.a a) a contorni piuttosto regolari ed a struttura omogenea. Di filamenti vegetali abbiamo: i fili di lino (fig. 1.a c) cilindrici, a contorno regolare, e presentanti tratto tratto delle strie trasversali, in corrispondenza delle quali il filamento è, il più delle volte, leggermente ingrossato; i fili di canapa (fig. 1.a e), più grossi, uniti fra loro a fasci, meno regolari; e i fili di cotone (fig. 1.a d), appiattiti, piuttosto irregolari, torti generalmente su se stessi.

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VISCONTI nello sputo di un malato, che a Custoza il 24 giugno 1866 era stato ferito da una palla di fucile al petto, trovò nell’aprile 1874 una scheggia ossea lunga 8 mill., larga 1 mill., a contorni irregolari.

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Una speciale importanza venne da alcuni attribuita a certi curiosi cristalli (fig. 49) che, già descritti da CHARCOT e ROBIN fino dal 1853 nella milza, vennero più tardi accuratamente studiati da LEYDENLEYDEN, Virch. Arch., vol. 54, p. 324. 1872. - SALKOWSKI, Ibid., p. 344.. Sono dei cristalli incolori, a forma di ottaedri molto allungati (a forma di due piramidi riunite per la loro base) coi rispettivi angoli di 18° e 162°; visibili appena a forti ingrandimenti, possono talora raggiungere e superare 40-60 µ di lunghezza, fragili, insolubili nell’etere e nell’alcool, solubili nell’acqua bollente (meno nella fredda), nell’acido acetico, tartarico, fosforico. La loro costituzione è identica a quella dei cristalli che precipitano nello sperma; epperò per ulteriori notizie su di essi rimando al Cap. che tratta di quest’ultimo. Essi non sono propri del solo sputo. Vennero trovati da ROBIN e CHARCOT in una milza leucemica, da FÖRSTER in un tumore mucoso dell’ottico e nel muco condensato di un dotto biliare dilatato, da CHARCOT e VULPIAN nel sangue leucemico; da NEUMANN nel midollo delle ossa sì leucemico che normale. Nel midollo trovai che si ottengono colla massima facilità nella stagione invernale lasciando l’osso a se, per 2 o 3 giorni. Recentemente, poi, come dissi a suo luogo, io ebbi l’occasione di trovarli in gran copia nelle feci di un individuo in preda a grave anemia causata dall’anchilostoma duodenale.

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Nella bronchite fibrinosa, insieme a muco od a muco-pus, ora scarso, ora abbondante, ora misto a sangue, vengono espettorati degli stampi bronchiali, cioè dei coaguli fibrinosi, che colle loro ramificazioni sempre più sottili riproducono la forma dei lumi ramificati bronchiali in cui si sono prodotti. Il più sono aggomitolati; scuotendoli nell’acqua, ed esaminandoli su fondo nero, si può meglio determinare la loro forma, e talora la lunghezza (che può giungere a varî centimetri). Sono di colore bianchiccio, giallo-rossiccio, o grigio-perla; abbastanza resistenti alla trazione, ma fragili; di solito concentricamente stratificati, e solidi o cavi, col lume riempito di aria o di muco. Al microscopio appaiono constare della solita massa splendente, fibrinosa, che racchiude vario numero di leucociti, di gocciole di grasso, e rari globuli rossi: talvolta anche epitelî bronchiali.

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Sulla cornea e sulla congiuntiva circonvicina si notano talvolta, in casi di infiammazione, dei lembi di membranelle bianchiccie, che a prima giunta possono essere presi per pseudomembrane crupali. Il microscopio li dimostra, invece, costituiti da strati di cellule epitaliali pavimentose, simili a quelle degli strati superficiali della cornea; non risultano, quindi, che da una iperplasia dell’epitelio corneale, dipendente dall’infiammazione degli strati sottoposti, con successivo distacco in massa degli elementi più superficiali e più vecchi. È processo affatto analogo a quello di altre mucose, per esempio, di quella del collo uterino (§ 104).

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Nei primi giorni dopo il parto il liquido secreto dalle mammelle si modifica alquanto; in esso predominano i globuli lattei, sempre riuniti in ammassi, e i corpuscoli di colostro a gocciole adipose incolore. Vi sono scarse, generalmente, le cellule di colostro a gocciole gialle.

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L’orina, raccolta in vasi ben puliti, viene versata e lasciata in riposo in un bicchiere a calice, nel cui fondo si depositano, più o meno lentamente, gli elementi morfologici da prima sospesi nel liquido. - L’esame microscopico del sedimento si fa levandone una piccola porzione per mezzo di un tubo di vetro a punta capillare (§ 7). - È bene di ripetere più volte l’esame a diverso tempo dall’emissione (da 2 a 3 fino a 24 ore), in modo da poter distinguere gli elementi esistenti nell’orina appena emessa da quelli precipitativisi più tardi. - È necessario tener calcolo della quantità assoluta dell’orina emessa nelle 24 ore, e ad un dipresso del rapporto fra il volume del sedimento e quello dell’orina in cui è contenuto, in modo da poterne dedurre un’idea approssimativa della quantità degli elementi morfologici eliminati nella giornata. - Nella stagione calda l’orina verrà tenuta al fresco (per es., nell’acqua continuamente o frequentemente rinnovata) per ritardarne la decomposizione.

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A 6. Cc. di acido cloridrico si aggiunge a goccie dell’orina fino a che l’acido appaia palesemente colorato; si mescola, poi si versa dell’acido nitrico puro in modo che questi formi lo strato inferiore del liquido; al di sopra di questo si sviluppa l’elegante giuoco di colori sopra descritto. Rimescolando il tutto, i colori si succedono nello stesso ordine in tutta la miscela.

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In un tubo d’assaggio si mescolano circa 10 Cc. di orina con pari quantità di acido cloridrico fumente, poi si aggiunge a goccie una soluzione di cloruro di calcio fino a completa colorazione azzurra; alla miscela s’aggiunge un po' di cloroformio e si scuote. Il cloroformio si impadronisce dell’indaco formatosi, e, a seconda della quantità di questo, si depone in uno strato più o meno colorato in azzurro.

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a) Si versano in un tubo d’assaggio alcuni Cc. d’orina, si acidificano fortemente con acido acetico, si aggiunge un volume eguale a quello dell’orina di soluzione satura a freddo di solfato di soda e si fa bollire.

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Essi si presentano sotto forma di corpi sferici, di un diametro variante fra i 5 ed i 12 µ (Tavola 1.a, fig. 3 a, b), di color bianco, a superficie leggermente granulosa, sicchè il loro contorno è limitato da una linea leggermente gibbosa. - È specialmente la differenza di colore che li fa a primo colpo distinguere dai globuli rossi; differenza che appare ancora più quando si sollevi leggermente, al di sopra del fuoco, il tubo del microscopio. Di quest’ultimo artificio sarà utile usare in quei casi, in cui, essendo alcuni globuli rossi diventati sferici e poco colorati, a tutta prima potrebbero essere confusi coi leucociti.

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Si sciolgono 173 gram. di sal di Seignette in circa 500 Cc. di soda caustica del p. sp. di 1,12; a questa soluzione si aggiunge poco a poco una soluzione di 34, 64 gr. di solfato di rame cristallizzato in circa 200 Cc. di acqua distillata. Si allunga la miscela fino a farne un litro. Si è ottenuto cosi il liquido di FEHLING, che si deve conservare in piccole boccie piene, ben turate, in sito fresco e buio. Con questo liquido si ottiene quello di PAVY; se ne prendono 120 Cc., e loro si aggiungono 300 Cc. di ammoniaca concentrata (p. sp. 0, 88) e tant’acqua da arrivare al litro. 20 Cc. di questo liquido corrispondono a 10 milligrammi di glucosio.

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112. a) Epitelî renali (Tav. 6a, fig. 60). - Studiati nel rene variano di aspetto a seconda del tratto di canalicolo che rivestono. Ora sono cellule pallide, piuttosto piccole od appiattite, ora cellule più grosse, granulose. - Nell’orina importa di riconoscere specialmente quelle che provengono dai tratti di canalicoli che più di frequente si desquamano (porzione ascendente dell’ansa di Henle, canalicoli retti). Queste cellule benchè, come si disse, differiscano fra loro a seconda della sede fisiologica (essendo, per esempio, grosse e granulose nei canalicoli contorti, appiattite e chiare nell’ansa discendente, ecc.) tuttavia hanno dei caratteri distintivi comuni; si presentano come corpi a varia forma, spesso poliedrica, di diametro variabile da 10 a 25 e più µ, a protoplasma finamente granuloso o chiaro, a nucleo ovale, nucleolato, e per questi loro caratteri distinguonsi facilmente da quelle delle vie orinarie. Infatti, poste a paragone delle cellule degli ureteri e della vescica, sono più piccole di quelle dello strato superficiale, sono affatto diverse di forma da quelle degli strati profondi; raffrontate con quelle che si desquamano dall’epitelio della vagina, o, nell’uomo, dall’ultima porzione dell’uretra, sono più piccole, più granulose, a contorno più delicato; e, infine, a prima giunta si distinguono dalle cilindriche dell’uretra maschile.

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Ora il protoplasma è così opaco che i nuclei riescono invisibili (fig. 64 b b'); ora il protoplasma delle cellule diventa a struttura uniforme; ora (e ciò s’incontra più spesso nell’orina alcalina) le cellule si gonfiano e diventano sferiche, ovvero una sostanza jalina, pallida, che entra a costituirle, sporge dalla periferia della cellula sotto forma di gocciole emisferiche, ovvero si raccoglie nell’interno del protoplasma a forma di una o più gocciole rotonde (fig. 64 a). Anche così trasformate le cellule epiteliche in di scorso possono ancora facilmente distinguersi dagli epitelî renali. Meno facile è il distinguerle da talune cellule pavimentose della vulva e del prepuzio; ma a ciò si perverrà nel più dei casi, considerando che esse sono più grossolanamente granulose, più oscure o giallognole, con nuclei nettamente vescicolari, nucleolati, e spesso con più nuclei.

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. - Di questo epitelio si trovano costantemente nell’orina (più copiose nella femminile che nella maschile), le cellule più superficiali, le quali si presentano sotto la forma di grandi piastre simili a quelle dell’epitelio boccale, a forma irregolarmente poligonale, a contorni netti e spiccati, a protoplasma chiaro, piuttosto omogeneo, a nucleo relativamente piccolo, irregolarmente ovale, con nucleolo poco spiccato od invisibile. La loro forma schiacciata si riconosce facilmente facendole rotolare nel campo del microscopio. - Oltre ad esse si osservano, ma più rare, delle forme epiteliari più giovani (fig. 59 b), che ne differiscono perchè sono un po’ più piccole, sferiche, e a protoplasma finamente granuloso. - In qualche caso nel corpo di queste cellule giovani penetrano, e si raccolgono, 2-3 o più leucociti.

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I cilindri jalini (Tav. 7a, fig. 72) sono corpi di forma cilindrica, retti, curvi o variamente ripiegati, a margini regolari, diametro uniforme in tutta la loro lunghezza, ovvero scemante leggermente dall’un capo verso l’altro. Le due loro estremità sono ora leggermente arrotondate, ora irregolarmente mozze; talvolta una di esse si assottiglia e si continua in un filamento, simile ad un cilindroide. Hanno lunghezza e larghezza varia. Alcuni cortissimi, altri così lunghi da attraversare tutto il campo del microscopio. Il diametro in alcuni scende fino a 12 µ, in altri si eleva fino a 40-50 µ.

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Un’altra forma che appare frequentemente nell’orina normale, quando già la fermentazione acida è a periodo avanzato, è rappresentata da piccolissime cellule sferiche (fig. 69 b), piuttosto pallide, a contorno delicato, riunite di frequente fra loro a gruppetti; sono del tutto immobili e si moltiplicano con discreta rapidità.

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a) amorfi.

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Man mano, però, che si assottiglia lo strato, essa compare sotto la forma di un punto splendente a contorni sfumati che va spiccando sempre più ed acquistando contorni più decisi. Si continua ad avvitare il tubo finchè i tre quarti superiori della fiamma appaiono a contorni netti. A questo punto si gira in senso inverso la vite; la fiamma va man mano riacquistando i contorni sfumati. Si rigira nel senso di prima ed i contorni riappaiono. Ripetendo così un due o tre volte, si giunge a trovare quel punto in cui i contorni dei tre quarti superiori della fiamma sono spiccati, ma non tanto che, svitando leggermente il tubo, non tornino a farsi diffusi; la fiamma stessa, poi, non appare lucente, ma è come velata, e di colore rossigno. È questo il punto giusto; non resta che a leggere sull’ istrumento lo spessore dello strato di sangue.

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Si continua a svitare finchè lo strato liquido abbia lo spessore di qualche millimetro. A questo punto l’istrumento è pronto per l’osservazione.

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A questo scopo si comincia a versare in una provetta la soluzione sodica, nell’altra l’acqua; poi si versa nell’una e nell’altra la richiesta dose di sangue; infine si passa all’esame coll’istrumento, avendo cura:

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La luce data dallo specchio deve essere più o meno moderata a seconda della trasparenza degli oggetti che si esaminano; moderatissima pei molto trasparenti. Queste varîazioni della luce si ottengono per mezzo di diaframmi, applicati sotto al tavolino portoggetti, che intercettano diversa quantità di raggi luminosi. - I diaframmi possono essere di due sorta: a disco, o cilindrici. Quelli a disco consistono in un disco metallico circolare, girabile attorno ad un perno fissato sulla superficie inferiore del tavolino; il disco porta alla periferia una serie di fori di varîa grandezza, che, girando il disco, corrispondono tutti, successivamente, al foro del tavolino; quanto più il foro è piccolo, tanto maggiore è la quantità di luce intercettata. I diaframmi cilindrici constano di un cilindro metallico, che si applica al tavolino e che porta alla estremità superiore un dischetto metallico forato nel mezzo, per cui passa la luce. Ogni microscopio possiede varî di questi dischetti a foro di varîa grandezza, che si mutano a seconda del bisogno; la luce si può diminuire tanto applicando un disco a foro piccolo, quanto abbassando a seconda del bisogno il cilindro metallico, e, conseguentemente, il dischetto che vi sta sopra. Così si ottengono leggiere varîazioni nell’intensità della luce che possono tornare utilissime.

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Quale sarà il grado cromometrico che corrisponde a 100 d'emoglobina, val quanto dire quel grado fondamentale di cui abbisogniamo per costruire speditamente la nostra tabella? -. Noi l’otterremo con una semplice proporzione: Se 130 del citometro corrispondono a 190 del cromometro, 110 del primo (cioè il grado corrispondente a 100 di emoglobina) a quanti corrispondono del secondo? 130 : 190 = 110 : X = 190 X 110/130 = 20900/130 = 160.7 Un sangue contenente 100 di emoglobina segnerà 160 al cromometro. E questa cifra di 160 ci servirà di base per costruire la tabella secondo la formola.

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Per ottenere risultati esatti è necessario por mente ad alcune cause d’errore che sono proprie del citometro, ovvero che sono comuni a tutti gl’istrumenti consimili. Innanzi tutto è necessario la massima precisione nel misurare le quantità di sangue e di soluzioni che devono essere mescolate fra loro: e a questo scopo non solo si avrà la maggior cura all’atto del misurare, ma altresì si baderà a che la goccia di sangue, onde si usa, evaporando non si condensi, o che la pipetta misuratrice del sangue non sia abbastanza asciutta e così via. Ove si badi a tutto ciò, gli errori prodotti dalla misurazione son così piccoli da poter essere posti in non cale.

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Recentemente in qualche caso di leucemia con partecipazione del midollo osseo si sono trovati nel sangue relativamente numerosi dei leucociti grossi a granuli grossi simili a quelli del midollo delle ossa, accompagnati da globuli rossi ancora nucleati (v. a questo proposito: Ehrlich Zeitschr. für klin. Med. 1881, p. 408). La presenza contemporanea di queste due specie di elementi nel sangue può servire a dimostrare la partecipazione del midollo alla origine della malattia? Una risposta affermativa a questa domanda sarebbe di molto valore, poichè avremmo con ciò acquistato una nozione importante per diagnosticare una fra le così oscure malattie del midollo; ma non la si può dare per ora, essendo troppo scarse le osservazioni finora raccolte sull’argomento.

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Oltre a questi globuli sformati si notano d’ordinario numerosi microciti (v. più sotto).

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21.Già in buon numero di casi vennero trovati in copia nel sangue dei globuli rossi che si distinguevano dagli altri per la forma sferica, pel colorito più intenso, pel rimanere isolati, per la resistenza ai reagenti e specialmente pel loro diametro (fig. 2.a g), che poteva scendere fino a 3 a 2 ed anche a 1 µ (microciti). WERTHEIM e PONFICK li videro dopo estese scottature cutanee, e li credettero dipendenti da una segmentazione dei globuli rossi, simile a quella che si può produrre sperimentalmente anche nel sangue estratto, riscaldandolo a 52° C. - VANLAIR e MASIUS li trovarono in diverse condizioni morbose, nelle quali, il più delle volte, l’attività del fegato era diminuita, mentre era aumentata quella della milza. Essi, perciò, riterrebbero, che i microciti rappresentino l’ultima modificazione di forma dei globuli rossi, quale si compie nella milza; e che, così alterati, essi vadano a distruggersi nel fegato; nei casi patologici suaccennati essi sarebbero stati prodotti in gran copia nella milza, ma non avrebbero potuto essere corrispondentemente distrutti nel fegato, epperò trovavansi in gran numero circolanti nel sangue. - I microciti si trovarono eccezionalmente numerosi nella anemia perniciosa progressiva; da alcuni, anzi (EICHHORST), si considerarono, a torto, come caratteristici di questa malattia. - Da tutto ciò si deduce, che la significazione dei microciti è ancora poco conosciuta, ed essi non ci possono fornire un criterio diagnostico preciso.

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Fatta questa osservazione, si fa evaporare col calore la soluzione, ed il residuo bruno che ne risulta si scioglie in acqua distillata a cui vennero aggiunte poche goccie di una soluzione di potassa caustica. Se ne ottiene una soluzione alcalina verde oliva d’ematina, la quale presenta una stria spettrale poco spiccata fra C e D. Uno spettro spiccatissimo, invece, si ottiene aggiungendo a questa soluzione alcalina qualche goccia di soluzione di solfuro d’ammonio (Fig. VI. 5); appaiono tosto le strie di assorbimento dell’ematina ridotta, l’una intensissima fra D ed E, l’altra molto meno intensa posta a cavallo delle linee E e b.Queste due strie assomigliano molto a quelle dell’ossiemoglobina, ma se ne distinguono facilmente comparando fra loro ad un tempo i due spettri: le strie dell’ematina ridotta stanno più vicino alla regione violetta dello spettro. -

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I leucociti sono in diverso stato di regressione, sicchè, mentre alcuni sono ancora ben conservati, altri sono pallidi, a nuclei palesi, con granuli adiposi, ovvero rigonfiati, o ridotti a nuclei liberi con pochi granuli attorno. Fra essi qualche grossa cellula endotelica spesso piena di gocciole di grasso, quantità varia di globuli rossi, e, non di rado, dei batteri isolati o riuniti a catenule.

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Il modello di microscopio forse più in uso è il N.o VIII di HARTNACK e PRAZMOWSKI che è assai comodo, e che, munito degli oculari 2, 3 e 4 (di cui il 2 con micrometro) e degli obbiettivi 4, 5 ed 8, dà nove ingrandimenti, che vanno da 50 a 650 diametri. Costa 285 lire in oro a Parigi.

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Talvolta il pus si svuota insieme ai corpi stranieri intorno a cui si è formato (pezzi di osso necrosato, projettili, calcoli, ecc). Anche in taluni di questi casi il microscopio può rischiarare od accertare la diagnosi. Così, ad es., al dott. VISCONTI nel 1875 vennero dati da esaminare due corpicciuoli esciti da una fistola in corrispondenza della cistifellea. Uno era del volume di un seme di canape, l'altro del doppio, di colore verde rossastro, a superfìcie liscia, leggermente faccettati, a spigoli arrotondati. Ambedue al microscopio si dimostrarono calcoli biliari, constando d’un ammasso di cristalli di colesterina.

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Un modello più modesto, ma pur buono è il N.o 7 di SEIBERTe KRAFFT È provvisto degli oculari 1 e 3 e degli obbiettivi 2 e 5 a, e dà 4 ingrandimenti da 70 a 610 diametri. Costa 150 lire in oro a Wetzlar.

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A chi desidera un modello facilmente trasportabile è da raccomandare il microscopio da viaggio di C. VERICK. È chiuso in un astuccio lungo 20, largo 10, grosso 5 centimetri. Senza lenti costa 80 lire in oro a Parigi. Gli si possono applicare tanto gli obbiettivi di VERICK quanto quelli di HARTNACK.

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XII g.) sono a gomitolo. Constano, cioè, di un tubo che, dopo aver formato colle sue numerose circonvoluzioni una specie di gomitolo giacente, Il più delle volte, nel connettivo sottocutaneo, attraversa leggermente onduloso tutto lo spessore del derma, passa fra due papille, e, attraversata generalmente a spirale l’epidermide, va a sboccare alla superficie di questa. Sono limitate da una membrana connettiva; questa nel corpo ghiandolare è generalmente rinforzata da fibre muscolari liscie, ed all’interno porta un semplice strato di cellule ghiandolari cilindriche, contenenti granuli di grasso e di pigmento bruno; mentre nel tratto di dotto escretore che decorre nel derma essa manca di fibre muscolari, e porta internamente un epitelio a più strati; e nel tratto epidermoidale scompare, sicchè qui il dotto escretore è limitato direttamente dalle cellule epidermoidali.

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a) P. vegetali.

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Esso può servire sia a svelare la esistenza e la natura di parecchi parassiti, sia a precisare la costituzione di buon numero di prodotti morbosi.

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La produzione epidermica dà luogo a forfora, a squamette, a membranelle, in cui facilmente col microscopio (all’esame in glicerina pura od addizionata di acido acetico) si riconoscono le lamelle epidermoidali (eritemi, eczemi, psoriasi, scarlattina, ittiosi, ecc.). La esagerata produzione sebacea consta, oltre a varia quantità di lamelle epidermoidali, di materia sebacea, facilmente riconoscibile ai soliti caratteri microscopici, ed ora molle, oleosa, ora essiccata a forma di squame, che possono simulare le squame epidermiche. Alla materia sebacea possono mescolarsi polvere e sudiciume, ed impartirle un colore sporco, bruniccio o giallastro.

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