Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Le Stelle. Saggio di astronomia siderale

475691
Angelo Secchi 50 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Dumolard
  • Milano
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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Andromeda è figurata qual giovane donna incatenata a due scogli, a braccia aperte; colla testa tocca un vertice del quadrato di Pegaso, e coi piedi raggiunge Perseo, il suo liberatore dal mostro a cui era stata sacrificata. Ai suoi ginocchi a destra è Cassiopea la regina assisa in trono, e a sinistra il Triangolo. Perseo l’eroe liberatore tiene con la manca il capo di Medusa e colla destra la spada, la cui elsa è ingioiellata da un superbo gruppo di minutissime stelle. Al di là di Perseo è il Cocchiere: questi nel suo seno porta una Capra insignita da una bellissima stella e porta anche i Capretti, licenza invero più che poetica, o a più vero dire, indizio di altra più antica divisione di gruppi.

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Nel Sole un secondo in arco s’intende 715 chilometri: quindi questo strato è alto al più 1430 a 2860 chilometri (mille a due mila miglia).

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Fra i fenomeni più belli della contemplazione del Cielo, vi è la scintillazione delle stelle: quella luce che si slancia or fiacca or viva a lampi intermittenti, or bianca or verde or rossa a guisa di riflessi di un vivo diamante, rapisce il più indifferente osservatore, e costituisce questo superbo fatto la cui spiegazione non è ancora scevra da tutte le difficoltà. Noi abbiamo aspettato a trattarne in questo luogo perchè la sua analisi sarebbe stata incompleta prima di conoscere gli studi spettrali.

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Talchè le onde nel loro andamento sono indipendenti dalla posizione del prisma e dipendono dall’esser la stella a levante o a ponente.

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3.° Spettro orizzontale, le onde vanno per la diagonale progredendo verso il rosso o verso il violetto, secondo che la stella sta a levante o a ponente.

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Sotto vicino a questo è un altro gruppo formato di una specie di circolo di belle stelline disposte attorno a una più bella di esse notata a, e da cui divergono parecchi raggi, tre de’ quali sono distintissimi in alto (v. fig. 38.

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Gruppo a raggera.

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Anche il gruppo di Levrieri è degno di attenzione pei suoi bei raggi convergenti al centro che formano una vaga stella a più raggi formata di minutissimi punti, circondati da molte belle stelline di undecima grandezza disposte anch’esse a raggi (vedi fig. 41).

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La potenza degli strumenti Herscheliani non riuscì in risolvere a stelle tutti gli oggetti caratterizzati comunemente come nebulosità, ma restava sempre il dubbio se questa differenza fosse difetto di potenza negli strumenti, o realtà di natura. Questo dubbio è stato finalmente risoluto a giorni nostri. Intanto per via quasi provvisoria si stabilì un criterio di differenza fondato sulla potenza degli strumenti più forti, e quelli che poterono risolversi furono detti gruppi, agli irresolubili si restrinse il nome di Nebulose. Di queste vi sono tre categorie: 1.a le Nebulose planetarie, 2.a le ellittiche, 3.a le irregolari.

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Questa struttura così moltiplicata ci richiama alla mente la potenza delle forze centrali che tenderebbero a riunire in un sol centro stellare le masse diffuse gassose. Questo suggerisce delle idee cosmogoniche analoghe a quelle già emesse da Kant, Herschel e Laplace, che suppongono le stelle formate dalla materia nebulare. Ma su queste ritorneremo a luogo più opportuno.

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L’ascensione retta si conta dal primo punto di Ariete cost1 da 0° a 360° gradi andando sempre secondo il moto annuale del Sole, cioè da Ponente verso Levante o come dicesi secondo l’ordine dei segni dello Zodiaco. L’Ascensione retta si suol dare anche in tempo, fondati sul principio seguente: il tempo che impiega la sfera stellata a fare un giro completo che riconduce le medesime stelle al meridiano, dicesi giorno siderale, e dividesi in 24 parti eguali chiamate ore siderali, così ogni ora equivale a 15 gradi, e ogni minuto di tempo a 15 minuti di arco, e un secondo di tempo a 15 secondi in arco. Quindi è che gli astronomi danno l’ascensione retta anche in ore, minuti e secondi di tempo colla proporzione di 1 a 15.

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A questa conclusione erano giunti naturalmente gli astronomi non appena ebbero una idea esatta del sistema solare; ma il verificare tal moto, assegnandone la direzione e la sua grandezza, era problema che esigeva un patrimonio di osservazioni di ben altra precisione di quella che non si possedeva da essi.W. Herschel tuttavia cercò di risolverlo, e riuscì non solo a tracciarne la via, ma anche a darne un risultato soddisfacente.

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A fine di riuscire nell’intento malgrado tali difficoltà, analizziamo separatamente i fatti, e cominciamo dal supporre immobili tutte le stelle, benchè poste a distanze diverse, e vediamo quali sarebbero le conseguenze dovute al solo moto solare.

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Herschel però non usò tal metodo di precisione, ma semplicemente tracciando sulla sfera celeste i circoli massimi spettanti ai moti proprii di varie stelle; vide che le intersezioni dei piani dei loro movimenti prendendo le stelle a due a due andavano a convergere verso la costellazione di Ercole, e fissata la posizione più centrale di tale area, ebbe per coordinate del vertice di traslazione del Sole nello spazio i valori seguenti

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A R = 245° 52', Declin. N = 49° 58'

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A R = 259° 46', Decl. N = 32° 29'

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A R = 257° 49', Decl. N. = 28° 50',

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A R = 259° 9' e Decl. N = 12° 51'

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A R = 269° 33'. Decl. + 23° 11'.

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in A R = 261° e ½; Decl, + 27° in numeri tondi.

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Con tale scopo sono state fatte molte numerazioni di stelle distribuite a zone che pure servono a darci una idea del loro numero sterminato; ma è chiaro che volendo fissare la loro posizione non tutte riescono a pigliarsi. Lalande con tal metodo di zone fissò la posizione di oltre 50,000 stelle limitandosi alla 9a grandezza, e lasciando tutte le secondarie nella vicinanza immediata di qualche altra più bella.

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Se a è la distanza della Terra dal Sole e a' quella di Venere, la differenza aa' sarà la distanza di Venere dalla Terra, onde conosciuta questa distanza de’ due pianeti tra di loro, dalla equazione precedente si avrà a distanza del Sole dalla Terra.

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Dette a e a' le distanze medie e T, T' i tempi periodici dei due pianeti, si ha

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Keplero profittando di questi valori, e aggiungendovi quelli delle distanze da sè concluse, riuscì a questa legge importantissima che «i quadrati dei tempi periodici dei pianeti, erano nello stesso rapporto che i cubi delle loro distanze medie dal Sole.» Questa importantissima legge che ritiene il nome del suo scopritore, porta seco la conseguenza, che basta sapere la distanza dal Sole di un solo pianeta per avere quelle di tutti gli altri. Anzi, che basta sapere la distanza a cui arrivano due pianeti tra loro per avere quella di essi dal Sole, e tutta la scala del sistema La legge di Keplero espressa in formola è la seguente. Dette a e a' le distanze medie e T, T' i tempi periodici dei due pianeti, si ha ora dalle proprietà delle proporzioni si sa che può scriversi Se a è la distanza della Terra dal Sole e a' quella di Venere, la differenza aa' sarà la distanza di Venere dalla Terra, onde conosciuta questa distanza de’ due pianeti tra di loro, dalla equazione precedente si avrà a distanza del Sole dalla Terra. . Questa grande scoperta è quella che rende tanto preziose le osservazioni dei passaggi di Venere, come vedremo fra poco.

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Le osservazioni fatte a questo modo sono molto più sicure che non le altre fondate sulle distanze zenitali dirette. Il metodo si riduce a confrontare Marte colle stelle vicine, e prendere la sua distanza da esse fig. 61). Questa Fig. 61 riesce necessariamente diversa nei due luoghi lontani, perchè mentre unop.es. da A lo vede in b e l’altro da B in a, lo spostamento a L b si misura direttamente nella sfera celeste rapporto alla stella, e dalla differenza trovata si conclude la parallasse. In questa maniera le refrazioni hanno piccola influenza perchè tanto la stella che il pianeta sono da essa egualmente spostati, e solo resta una piccola differenza di spostamento per la differenza delle altezze.

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Si vede però in genere che la quantità della parallasse solare che non arriva a 9" in arco è determinabile per mezzo di una quantità che arriva a circa 30m in tempo, onde se l’osservazione dei contatti potesse riuscire esatta a 10" di tempo, la parallasse lo sarebbe a 0," 05 ossia mezzo decimo di secondo (v. Memoire de M. Dubois pag. 68).

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Galileo cercò di determinarla sperimentalmente, ma non riuscì che a confermare come essa superava ogni possibile esperimento. Fu solo mediante le osservazioni celesti che si potè trovare il tempo che essa impiega a venire dal Sole a noi. La distanza del Sole alla Terra essendo conosciuta se ne cavò quindi la sua velocità. In questi ultimi tempi la fisica perfezionata riuscì a trovare mezzi abbastanza delicati e indipendenti dalla distanza solare per definire la velocità della luce, e allora dalla cognizione di questa si potè argomentare la distanza del Sole mediante il tempo impiegato a percorrerla; vediamo di far comprendere quanto è possibile questi delicati procedimenti.

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Galileo pel primo fece osservare che detto A B fig. 77) il diametro del grande orbe descritto Fig. 77 dalla terra attorno al Sole, ed S una stella, se l’altezza sul piano della ecclittica in una stagione era D B S, questa in un altra opposta doveva esser diversa, se la stella era a misurabile distanza, e diventarep.es. D A S. E siccome la misura diretta ed assoluta di quest’angolo poteva esser difficile per la sua piccolezza, propose che si facessero misure differenziali, e a tal fine si scegliesse una piccolissima stella  che fosse accanto ad una grandissima S che essendo probabilmente più vicina a noi sarebbe proiettata in cielo in punti diversi nelle due stagioni. Onde da A la grande vedrebbesi in a e da B in b. Quindi se si misurasse la distanza a e b nelle due stagioni opposte dell’anno, si avrebbe uno spostamento dovuto alla parallasse. Egli ci assicura di aver tentato questo metodo, ma senza aver trovato differenze sensibili. Avendo dunque provato in molte stelle e trovati tali angoli apparenti costantissimi, ne concluse che le stelle erano a tal distanza che tutto il grand’orbe svaniva appetto alla loro lontananza. Questa conclusione spaventò i suoi contemporanei, ma era la sola legittima, che ingrandiva a milioni di volte l’opera di Dio. Però il suo strumento era ben lungi dal poter dar altro che misure a stima e grossolane, onde non ora da ciò veramente provata la cosa con rigore.

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Risulta dunque che dando alle stelle di prima grandezza la parallasse di un decimo di secondo, avremo per esse il tempo della luce = 32 anni, e per le stelle di nona grandezza la luce arriverebbe a noi in 1024 anni; e che le ultime di sedicesima, visibili nel telescopio Herscheliano, impiegherebbero 24192 anni a mandare la loro luce fino a noi.

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Il Polo Australe di questo circolo è, come abbiam detto, presso la stella Fomalhaut, cioè in 10or 45m di A. R, e 30° Decl. Sud, e il Boreale si trova in 22or 45m di A. R e 30° di Decl. Nord non lungi da xi Orsa Maggiore. Esso taglia l’Equatore a 4or 45m e 16or 45m di A R., e l’Eclittica nelle costellazioni del Toro e dello Scorpione presso Antares ed Aldebaran, ed ha una inclinazione di circa 70° alla medesima.

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Le lettere B, A, indicano le grandezze, di Bessel e Argelander.

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Perciò riassumendo dai paragrafi precedenti la numerazione delle stelle, abbiamo la seguente tavoletta, nella quale la prima colonna dà le grandezze, e la seconda il numero delle stelle secondo Argelander ed Herschel; la terza le somme successive di 1.a e 2.a; 1.a, 2.a, 3.a, ecc; la 4.a il raggio della sfera che può contenere tutte le stelle delle rispettive grandezze poste a distanze uniformi; la 6.a colonna contiene il risultato dello stesso calcolo secondo la numerazione fatta da Struve sulle stelle di Bessel nel Catalogo di Weisse; in fine vi sono le differenze dei due calcoli.

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La maggiore anomalia si vede fra le stelle di 6.a e 7.a, cioè nel punto di passaggio fra le stelle telescopiche e le visibili ad occhio nudo, il quale salto nella scala è stato già notato da Struve. Il limite delle stelle visibili ad occhio nudo fino alla 6.a grandezza, secondo Heis, sarebbe in tutto il cielo = 6800, il che dà D.h = 6,610; e pel Catalogo di Pulkowa il numero delle stelle di 7.a grandezza sarebbe in tutto = 26800, il che dà Dp = 11,021. Questi due numeri sono maggiori di quelli della tavola superiore, ma è confessato da Heis che la sua vista si estende a molte stelle oltre la 6.a grandezza, e da Struve che molte di 7.a ½ sono incluse nel Catalogo di Pulkowa, per l’indeterminazione naturale che porta la materia stessa; e credo io, ancora per la tendenza naturale a giudicare una stella maggiore del vero, quando si faccia la sua stima a sola vista, senza l’aiuto di qualche strumento.

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Per le carte più scientifiche e dettagliate che comprendono le stelle telescopiche, noteremo in prima il grande atlante di Harding, in foglio grande che contiene tutte le stelle osservate da Lalande; le carte dette di Berlino che si estendono da +15° di declinazione a -15°, e comprendono tutte le stelle fisse di 9.a grandezza, lavoro di diversi astronomi. Le carte eclittiche fatte da Hind all’osservatorio di Bishop; quelle di Chacornac, e il grande Atlante di Argelander che contiene tutte le stelle fino alla 10.a grandezza dal polo Boreale fino a 2° di declinazione Australe: lavoro immenso, accompagnato da un catalogo, che è un interessantissimo repertorio di tutte le stelle fino alla stessa grandezza intitolato Bonner Durchmusterung in tre volumi.

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Che la serie di questi ammassi è più lunga e densa rapporto a noi nella direzione del Sagittario, e che diametralmente contro ad esso in Perseo e Cassiopea ha pure una grande profondità, ma minore: mentre a destra e a sinistra di questa linea diametrale il suo termine è molto più vicino a noi. Che il nostro Sole colle stelle più vicine del gruppo, di cui esso fa parte, non sia certamente collocato nel centro dello strato, ma sia sensibilmente eccentrico, risulta dalla diversità enorme di densità delle stelle tra le 6or di A. R, e le 18or; anzi da questo lato la Via Lattea si biforca in modo assai singolare, e mentre è tutta brillante ed in molti punti irresolubile, s’interrompe poi, non lungi di là tutto ad un tratto terminando in due larghi ventagli, posti quasi a fronte nella costellazione di Argo in A. R di 9or come già indicammo.

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Catalogo d’Ipparco fatto a Rodi nell’anno 128 a. C. e conservatoci da Tolomeo ridotto da lui all’anno 137 dell’era volgare con precessione erronea: contiene 1025 stelle. Corretto della precessione erronea rappresenta lo stato del cielo ai tempi di Ipparco.

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Catalogo di Ulugh Beigh fatto a Samarcanda nel 1437.

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.° Ma benchè immenso sia questo spazio, pure esso non costituisce il limite reale del creato, perchè non solo gli strumenti herscheliani non arrivavano a penetrare neanche tutto lo strato galassico nella sua profondità, ma nè anche vi arrivano gli attuali che sono di molti doppii superiori a quelli, come i colossi di Lord Rosse, di Lassell, di Melbourne in Australia, di Washington, di Parigi, ecc., onde il firmamento è per noi impossibile a scandagliare (unfathomable).

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La cessazione della vita a 0° nasce dal solidificarsi dell’acqua; nei mari profondi ove l’acqua salsa gelerebbe solo a 3° sotto zero la vita esiste a ‒ 2° e anche a ‒ 2° e mezzo centigradi. Se l’acqua non è il solo elemento necessario alla vita, ma con un altro fluido può unirsi, chi può fissare i termini della sua sussistenza?

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Catalogo secondo di Pond fatto a Greenwich, contiene 1112 stelle.

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Catalogo di Argelander fatto a Abo, contiene 560 stelle; opera di molta autorità, che servì a fissare i moti proprii delle stelle con precisione.

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Catalogo di Carrington fatto a Redhill, contiene 3735 stelle circumpolari.

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Catalogo di stelle delle zone di Santini fatte a Padova, ecc., ecc.

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Periodo soggetto a varietà.

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di guida a riconoscere le altre per la sua semplicità e posizione opportuna. Questo gruppo consiste di quattro belle stelle disposte a modo di trapezio come nella figura (v. fig.1); a uno degli angoli sono attaccate altre tre ε, ζ, η disposte in linea spezzata. Se vogliamo che le prime rappresentino le ruote di un carro, queste ultime potranno rappresentarne il timone. Questo gruppo è importante perchè esso conduce facilmente a trovare la stella polare. Si tiri una retta per le due posteriori del trapezio, e si prolunghi nella direzione del polo tanto quanta è la distanza al vertice del timone, si incontrerà una stella α di pari bellezza delle medesime sette, e questa è la stella polare. Essa sembra immobile nel cielo a chi la guarda senza strumenti, ma realmente dista dal polo di 1° 20' e perciò descrive un circolo di 2° 40' di diametro. Nel polo propriamente non è veruna stella, e per i movimenti generali della sfera conosciuti sotto il nome di precessione, se vi fosse non vi resterebbe ferma Supponiamo il lettore abbastanza pratico delle nozioni di sfera e basti aver accennato qui queste cose. . Dal lato opposto al Carro ed a egual distanza dall’asse celeste si trova un altro gruppo non meno bello in forma di M allungato detto Cassiopea. In mezzo a queste la bella croce tracciata sul latteo chiarore del fondo del cielo invita a darle la denominazione del Cigno; altrove il gruppo delle Iadi rappresenta naturalmente la testa di un vigoroso animale, il Toro; un piccolo gruppo non lontano ricorda la Chioccetta col suo grazioso contorno, e un enorme e splendido ammasso ricorda un sublime gigante, Orione.

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Grandezze: 1.a, 2.a, 3.a, 4.a, ecc.

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Rapporto dalla 1.a alla 2.a = 3.75; 2.a alla 3.a = 2.25; 3.a a 4.a = 2.20; 4.a a 5.a = 1.95.

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Un grosso fuoco artificiale a preparazione detta di Bengala bianco, acceso sul monte Cavo a 18 chilometri dall’osservatorio, pareva una bella stella, ma non arrivava a Sirio ed appariva anzi molto inferiore quando se ne esaminava lo spettro: allora appena era uguale a Regolo. Una luce elettrica regolare fatta con pila di 50 elementi di grandi dimensioni veduta alla distanza di 300 metri proiettata in cielo a non grande distanza da Sirio era ben lungi dall’eguagliare la stella. Da alcuni calcoli un poco ipotetici si trova che questa stella avrebbe una luce intrinseca maggiore di quella del sole ben 63 volte. Vedremo in appresso che vi sono altri principii che confermano ingran parte questa curiosa conclusione. Laonde a sì sterminata distanza non si potrebbero vedere se non fossero tutti veri soli di enormi potenze luminose.

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Moltissime stelle variano di grandezza: altre periodicamente a breve intervallo altre a periodi incerti. Di queste parleremo in un articolo a parte. Intanto qui accenneremo che è certamente cosa curiosa, come nel poema di Arato non si trovi menzionata la stella Vega della Lira che pure è di tanta bellezza. Ma siccome lo stesso Arato dice essere oscura la vicina Costellazione del Cigno e trova difficile a riconoscere la Costellazione dell’Ariete, sarebbe almeno imprudenza il concludere la variabilità di Vega dal silenzio di Arato.

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Quelli a visione diretta costruiti con forti prismi da Hofman e da Merz, furono trovati molto utili e di comodo servizio. Il signor Huggins preferì la forma comune a prismi angolari come quelli di chimica, adattandone le dimensioni agli oculari. Noi abbiamo usato di ambedue i sistemi senza trovarci una preponderanza considerabile per questi ultimi; giacchè quello che nei primi si perde per assorbimento è compensato dagli altri, per ciò che perdesi in riflessioni troppo oblique. È vero però che è più facile avere un buono spettroscopio a prismi angolari che uno a visione diretta.

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