Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Sulla origine della specie per elezione naturale

537330
Carlo Darwin 50 occorrenze
  • 1875
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino
  • Scienze
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Pare che egli abbia considerato le condizioni della vita, o ciò ch'egli chiama: «Le monde ambiant» come la cagione principale di ogni trasformazione; ma egli, circospetto nelle sue conclusioni, ricusava di credere che le specie viventi fossero attualmente soggette a modificazioni. E suo figlio aggiunge: «C'est donc un problème à réserver entièrement à l'avenir, supposé même que l'avenir doive avoir prise sur lui».

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Se si consideri la natura delle piante e degli animali che lottarono con successo contro gli indigeni di un paese e che poterono riuscire a naturalizzarsi, noi possiamo farci un'idea imperfetta del modo, secondo il quale alcune delle specie native dovettero modificarsi, per ottenere un vantaggio sulle altre; e noi possiamo almeno dedurne con certezza, che le diversità di struttura che si spingono fino a nuove differenze generiche, saranno state utili a quelle specie.

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Dopo questo intervallo nel diagramma si suppone che la varietà a1 abbia dato origine alla varietà a2, la quale, secondo il principio di divergenza, differirà dallo stipite A più della varietà a1. Supponiamo che la varietà m1 abbia prodotto due varietà, cioè m2 ed s2, diverse fra loro, e più considerevolmente dissimili dal loro stipite comune A. Si potrebbe continuare questo processo, per mezzo di una gradazione analoga, per una lunghezza indeterminata di tempo. Alcune di queste varietà producendo soltanto una sola varietà dopo ogni migliaio di generazioni, altre invece dando luogo a due o tre varietà e finalmente alcune rimanendo invariabili. Così le varietà o i discendenti modificati, derivanti dal progenitore comune A, cresceranno di numero in generale e divergeranno nel carattere. Sul diagramma tale processo venne seguìto fino a diecimila generazioni; e sotto una forma più condensata e semplificata fino a quattordicimila.

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Dopo mille generazioni, si è dunque supposto, che la specie A abbia prodotto due varietà affatto distinte, cioè a)1 ed m1. Queste due varietà continueranno generalmente ad essere esposte alle stesse condizioni che resero variabili i loro predecessori, e la tendenza alla variabilità sarà in esse ereditaria, quindi tenderanno a variare all'incirca nello stesso modo con cui variarono i loro antenati. Inoltre queste due varietà, essendo soltanto forme leggermente modificate, tenderanno ad ereditare quei vantaggi che accrebbero il loro stipite A più di tutti gli altri abitatori del medesimo paese; esse parimenti parteciperanno di quei vantaggi più generali che innalzarono il genere, al quale la madre-specie apparteneva, al grado di genere ricco nella propria regione. E noi sappiamo che queste circostanze sono favorevoli alla produzione di nuove varietà.

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Dopo quattordicimila generazioni si saranno formate sei specie nuove, designate dalle lettere n14 a z14. Le specie di un genere, le quali sono estremamente diverse nei caratteri, tenderanno in generale a produrre il massimo numero di discendenti modificati; perchè questi avranno una probabilità maggiore di occupare nuovi posti nella economia della natura, anche se affatto diversi: quindi io scelsi nel diagramma le specie estreme o quasi estreme A ed I, come quelle che variarono maggiormente e diedero origine a nuove varietà o a nuove specie. Le nove altre specie del nostro genere originario (segnate con lettere maiuscole B-H, K, L) possono continuare per un lungo periodo a trasmettere una discendenza inalterata; ed è ciò che viene indicato dal diagramma nelle rette punteggiate che sono prolungate superiormente a diversa altezza.

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Se dunque il nostro diagramma viene preso come l'espressione di un grande insieme di modificazioni, la specie A e tutte le antiche varietà si saranno estinte successivamente, e saranno state rimpiazzate da otto nuove specie (a14 ad m14) e alla specie I si saranno sostituite le sei altre specie (n14 a z14).

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La specie A sarebbe più strettamente affine alle specie B, C e D che alle altre specie; e la specie I sarebbe più affine alle specie G, H, K ed L che alle altre. Noi abbiamo anche immaginato che queste due specie A ed I fossero le più comuni e le più diffuse, cosicchè esse debbono aver presentato in origine qualche vantaggio sopra tutte le altre specie del medesimo genere. Ora i loro discendenti modificati, nel numero di quattordici dopo quattordicimila generazioni, avranno probabilmente ereditato alcuni di questi vantaggi: e quindi saranno stati modificati e perfezionati in una diversa maniera, ad ogni stadio della discendenza, fino a divenire adatti alle situazioni più differenti nella naturale economia della loro regione. Perciò sembra estremamente probabile ch'esse abbiano preso il posto, non solo delle loro madri-specie A ed I, ma anche di alcune delle specie originali più affini a queste e le abbiano così esterminate. Quindi pochissime specie originali avranno trasmesso la loro progenie fino alla quattordicimillesima generazione. Noi possiamo supporre che una sola specie F, come la meno strettamente affine alle altre nove specie originali, abbia conservato i suoi discendenti fino a quest'epoca lontana.

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Ma siccome la specie originale I differiva molto dalla specie A, trovandosi le medesime quasi agli estremi punti del genere primitivo, così i sei discendenti di I, per la sola legge dell'eredità, saranno assai diversi dagli otto discendenti di A; inoltre fu supposto che i due gruppi abbiano sempre continuato a divergere in direzioni diverse. Anche le specie intermedie che collegavano le specie originali A ed I saranno rimaste estinte e non avranno lasciato alcun discendente, eccettuata la specie F; e questa considerazione è della massima importanza. Quindi le sei nuove specie derivanti da I e le otto specie derivanti da A, sarebbero classificate come due generi distintissimi ed anche come due sotto-famiglie distinte.

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Sino a che punto l'organizzazione tenda a progredire

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Cosicchè, a mio avviso, l'elezione naturale riuscirà sempre nel corso dei secoli a ridurre e risparmiare quelle parti dell'organismo che si resero superflue, senza produrre perciò corrispondentemente uno sviluppo più importante in qualche altra parte. Ed inversamente, l'elezione naturale può introdurre perfettamente questo maggiore sviluppo in un organo, senza che si richieda come compenso necessario la riduzione di qualche parte adiacente.

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Anche prima di giungere a questo punto della mia opera, molte difficoltà si saranno affollate nella mente del lettore. Alcune di esse sono tanto serie, che fin qui non potei riflettervi senza rimanere colpito dalla loro importanza; ma per quanto so giudicarne, in gran parte sono soltanto apparenti, e quelle che sono fondate non sono, a mio avviso, fatali alla mia teoria.

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Abbiamo noi qualche diritto di applicare alle opere del Creatore delle facoltà intellettuali analoghe a quelle dell'uomo? Se dobbiamo confrontare l'occhio con uno strumento ottico, noi dobbiamo figurarci un grosso strato di tessuto trasparente, con intervalli pieni di fluido e al disotto un nervo sensibile alla luce, indi supporre che ogni parte di codesto strato vada continuamente cambiandosi nella densità, con molta lentezza, fino a separarsi in altri strati di diversa densità e grossezza, posti a varie distanze fra loro, e colle loro superfici lentamente trasformate. Di più, fa d'uopo ammettere una facoltà (l'elezione naturale) che sorveglia sempre attentamente qualsiasi piccola variazione accidentale negli strati trasparenti e che presceglie esattamente quelle alterazioni che, sotto circostanze mutate, possono tendere, per qualche via o per qualche grado, a produrre un'immagine più distinta. Noi dobbiamo inoltre supporre che ogni nuovo stato dello strumento sia moltiplicato a milioni e sia conservato fino alla produzione di uno stato migliore, e l'antico stato allora fu distrutto. Nei corpi viventi la variazione sarà causa di piccole alterazioni, che la generazione moltiplicherà quasi all'infinito e l'elezione naturale coglierà qualunque perfezionamento con infallibile abilità. Poniamo che questo processo si eserciti per milioni e milioni d'anni: e in ogni anno sopra milioni d'individui d'ogni fatta; e come non potremo ritenere che un apparato ottico vivente sia stato così formato, tanto superiore a quello di cristallo, quanto le opere del Creatore lo sono a quelle dell'uomo?

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Fino a che punto la teoria utilitaria sia giusta; come sia raggiunta la bellezza

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Ma se noi pensiamo che il pungiglione dell'ape sia in origine stato impiegato da un remoto progenitore a guisa di strumento da perforare o da segare (non altrimenti di ciò che si osserva in molti altri membri dello stesso grande ordine), e che fu poi modificato, ma non perfezionato, per l'oggetto a cui serve presentemente, col veleno dapprima adatto ad altro ufficio, come, per esempio, a produrre delle galle, indi reso sempre più intenso: possiamo forse intendere come sia che l'uso dell'aculeo abbia da recare la morte così spesso al medesimo insetto. Perchè se in complesso la facoltà di pungere fosse vantaggiosa a tutto lo sciame, soddisferebbe a tutte le condizioni richieste dall'elezione naturale, anche se ne seguisse la morte di parecchi individui. Se noi ammiriamo la veramente portentosa facoltà olfattiva, per la quale i maschi di molti insetti trovano le loro femmine, possiamo forse stupire al vedere la produzione di migliaia di fuchi, i quali non compiono che una singola operazione, che sono affatto inutili alla loro colonia per qualunque altro rapporto, e che finiscono per essere massacrati dalle loro laboriose e sterili sorelle? Noi dovremmo anche ammirare, benchè ciò possa essere difficile, l'odio selvaggio ed istintivo dell'ape regina che la spinge a distruggere le giovani regine sue figlie, appena che esse sono nate, o a perire anch'essa nel combattimento; senza dubbio ciò avviene per il bene dello sciame; e il materno amore o l'odio materno (quantunque quest'ultimo sia fortunatamente più raro) derivano pure dal medesimo principio inesorabile della elezione naturale. Se infine noi ammiriamo i diversi ingegnosi apparati, per mezzo dei quali i fiori delle orchidee e di molte altre piante sono fecondati per opera degli insetti, possiamo forse considerare come ugualmente perfetta l'elaborazione dei densi nembi di polline nei nostri abeti, affinchè pochi grani soltanto siano trasportati per caso dalla brezza sugli ovuli?

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Imperocchè il miglior criterio che noi conosciamo per giudicare della perfezione di un organismo sta nel grado fino a cui le parti furono specializzate e rese differenti. E la elezione naturale tende appunto a questo fine, giacchè le parti in tal modo sono rese atte a compiere meglio la loro funzione.

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Il mio lavoro è ora (1859) quasi finito; ma siccome occorrerebbero parecchi anni per completarlo, e la mia salute non è troppo ferma, così fui indotto a pubblicare il presente estratto. Io fui spinto a quest'opera soprattutto dalla considerazione che il sig. Wallace, nello studio della storia naturale dell'Arcipelago Malese, giunse quasi esattamente a conclusioni identiche alle mie sull'origine delle specie. Nel 1858 egli m'inviò una memoria sopra questo argomento, pregandomi di comunicarla a Carlo Lyell, il quale la presentò alla Società Linneana. Questo lavoro è inserito nel terzo volume del giornale della Società. Il signor Carlo Lyell e il dott. Hooker, che conoscono i miei lavori - quest'ultimo ha letto il mio sunto del 1844, - mi fecero l'onore di pensare che sarebbe stato opportuno di pubblicare, contemporaneamente all'eccellente memoria del Wallace, un corto estratto de' miei manoscritti.

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Per ragioni di protezione gli insetti somigliano spesso a vari oggetti; per esempio alle foglie verdi od essiccate, ai rami morti, a pezzi di lichene, ai fiori, alle spine, agli escrementi degli uccelli e ad altri insetti vivi; a quest'ultimo punto farò ritorno più tardi. La somiglianza è spesso mirabilmente grande, e non si limita al solo colore, ma si estende anche alla forma e perfino all'atteggiamento degli insetti. I bruchi, i quali dagli arbusti su cui si nutrono si staccano a guisa di rami secchi, ci offrono un evidentissimo esempio di questo genere. I casi, in cui sono imitati degli oggetti, come gli escrementi degli uccelli, sono rari ed eccezionali (Nota XVI). Intorno a questo argomento il Mivart dice: «Siccome, dietro la teoria del Darwin, sussiste una tendenza costante alla variazione indefinita, e le minute variazioni incipienti vanno in tutte le direzioni, esse devono neutralizzarsi e dapprima produrre modificazioni così instabili, che riesce difficile, se non impossibile, il comprendere come tali indefinite oscillazioni di principii infinitesimali sieno sufficienti a produrre la somiglianza con una foglia, con un bambù o con altro oggetto, in guisa che la elezione naturale possa impadronirsene e perpetuarla».

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Nell'oca egiziana (Chenalopex) il rostro somiglia molto a quello dell'anitra comune; ma le lamelle non sono sì numerose, nè si bene distinte tra loro, e non sporgono tanto all'indentro. E tuttavia quest'oca, a quanto mi disse il Bartlett, adopera il suo rostro come l'anitra, giacchè getta fuori l'acqua pei margini. Il suo principale nutrimento però è l'erba che coglie come l'oca comune. In quest'ultimo uccello le lamelle della mascella superiore sono molto più grossolane che nell'anitra comune, quasi confluenti, in numero di circa 27 in cadaun lato, terminate in alto a guisa di bottoni dentiformi. Anche il palato è coperto di protuberanze dure rotondate. I tomi della mascella inferiore sono muniti a mo' di sega di denti assai più prominenti, più grossi e più acuti che nell'anitra.

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Come nelle molte altre precedenti occasioni, il Mivart domanda anche in riguardo a questi organi: «Quale sarebbe l'utilità di un tale organo rudimentale al suo primo apparire, e come potrebbe un tale abbozzo incipiente e gemmiforme aver conservata la vita anche ad un solo Echinus?». E soggiunge poi: «Nemmeno il repentino sviluppo dell'azione acchiappante avrebbe potuto essere benefico senza lo stelo liberamente mobile, e questo non avrebbe potuto mostrarsi attivo senza le branche chiudentisi a mo' di mascelle: ora, le sole minute variazioni indefinite non avrebbero potuto produrre ad un tempo queste particolarità di struttura complicate e collegate insieme; che se alcuno ciò negasse, sosterrebbe un imbarazzante paradosso». Per quanto possa sembrare paradossale al Mivart, pure esistono certamente in alcune stelle di mare tali tanaglie a tre branche, fisse alla loro base, e tuttavia capaci di acchiappare; e ciò si comprende se si riflette che servono almeno in parte come mezzi di difesa. L'Agassiz, alla cui gentilezza debbo molte informazioni su questo argomento, mi assicura che esistono altre stelle di mare, nelle quali una delle tre branche è ridotta a un semplice sostegno delle altre due, ed altre ancora, in cui la terza branca è andata completamente smarrita. Nell'Echinoneus, secondo la descrizione del Perrier, il guscio porta due specie di pedicellari, gli uni somiglianti a quelli dell'Echinus, gli altri a quelli dello Spatangus; e tali casi sono sempre interessanti, perchè ci offrono il mezzo di spiegare i passaggi apparentemente repentini, a mezzo di abortimento, da una a due forme di uno stesso organo.

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Questo movimento determina il caule a piegarsi da tutte le parti ed a muoversi intorno a sè. Quando la parte inferiore del caule urta contro un oggetto ed è arrestata, la superiore continua a piegarsi ed a girare, ed in conseguenza si avvinghia in alto intorno al sostegno. Il movimento rivolgente cessa dopo il primo accrescimento di ogni ramo. Siccome singole specie e singoli generi di piante, appartenenti a famiglie tra loro molto distanti, possiedono la facoltà di avvolticchiarsi e divennero perciò rampicanti, così dobbiamo concludere che l'abbiano acquistata indipendentemente e non ereditata da un comune progenitore. Potei quindi prevedere che una leggera tendenza a tale movimento non doveva essere rara nelle piante non rampicanti, e ch'essa abbia fornito la base su cui l'elezione naturale ha incominciato la sua opera di perfezionamento. Quando io faceva questa predizione, non conosceva che un caso imperfetto, e cioè i giovani steli fiorali di una Maurandia, i quali si avvolticchiavano leggermente ed in modo irregolare come il caule di molte piante rampicanti. Poco tempo dopo, Fr. Müller scoperse che si avvolticchiavano irregolarmente ma distintamente i giovani cauli di un Alisma e di un Linum, di due piante dunque che non si arrampicano e sono tra loro molto discoste nel sistema; e disse di aver ragione per sospettare che ciò avvenga in alcune altre piante. Questi insignificanti movimenti non sembrano di alcun vantaggio per le piante accennate, ed in ogni modo non sono della menoma utilità a riguardo del rampicamento, di cui qui ci occupiamo. Nondimeno può dirsi, che se i cauli di queste piante fossero stati flessibili e se nelle loro condizioni di vita fosse stato utile salire in alto, l'abitudine di avvolticchiarsi in modo leggero ed irregolare sarebbe stata rafforzata e messa a profitto dall'elezione naturale, fino al punto da rendere una specie perfettamente rampicante.

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Molti istinti sono così portentosi che il loro sviluppo sarà parso a molti dei miei lettori una difficoltà bastante per se sola a rovesciare tutta la mia teoria. Debbo premettere che io non pretendo rintracciare l'origine delle primarie facoltà mentali, più di quello che io possa fare dell'origine della vita stessa. Ci occuperemo soltanto delle diversità di istinto, e delle altre qualità mentali degli animali appartenenti a una medesima classe.

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Dietro lo esempio del Tegetmeier, ho separato due favi ed ho collocato fra essi una striscia di cera lunga, grossa e rettangolare: le api cominciarono immediatamente a forarvi dei piccoli incavi circolari, e quanto più esse progredivano nel lavoro fino a ridurli a foggia di bacini profondi, questi apparivano all'occhio come perfetti segmenti di sfera e di un diametro quasi eguale a quello cella. Era del più grande interesse per me l'osservare che in tutti i punti, nei quali parecchie api avevano cominciato ad escavare questi bacini gli uni presso gli altri, essi erano disposti precisamente ad una tale distanza fra loro, che quando erano giunti alla larghezza assegnata (cioè quella di una cella ordinaria) e ad una profondità corrispondente ad un sesto circa del diametro della sfera di cui essi formavano una parte, i bordi dei bacini si intersecavano e si interrompevano. Appena ciò si verificava le api si arrestavano e si davano a costruire delle pareti piane di cera sulle linee d'intersezione dei bacini, così che ogni prisma esagono fu eretto sul margine ondulato del bacino appianato invece degli spigoli retti della piramide a tre faccie che si trova nelle cellette ordinarie.

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Esaminando i casi, da me raccolti, di animali derivanti da un incrociamento e assai rassomiglianti a uno dei loro genitori, pare che codesta somiglianza sia principalmente limitata a quei caratteri, quasi mostruosi nella loro natura, che si manifestarono improvvisamente; come l'albinismo, il melanismo, la mancanza di coda o di corna, o le dita addizionali; nè si estende a quegli altri caratteri che furono lentamente acquistati, per mezzo della elezione. Per conseguenza, le repentine riversioni al carattere perfetto di uno dei parenti debbono avvenire più facilmente nei meticci, che derivano da varietà spesso improvvisamente prodotte e semi-mostruose nei caratteri, anzichè negli ibridi, che provengono da specie formate lentamente e naturalmente. Insomma, io consento pienamente col dott. Prospero Lucas, che, dopo di avere classificato una grande congerie di fatti riguardanti gli animali, giunge alla conclusione che le leggi di rassomiglianza del figlio a' suoi parenti sono le medesime, qualunque sia il grado di differenza dei parenti stessi, vale a dire, comunque si tratti dell'unione di individui appartenenti ad una stessa varietà, o a varietà diverse, o a specie distinte.

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che insieme ammontano a 72.584 piedi; vale a dire, molto prossimamente, a tredici miglia inglesi e tre quarti. Alcune formazioni, che in Inghilterra sono rappresentate da strati sottili, hanno migliaia di piedi di grossezza nel continente. Inoltre fra ogni formazione successiva noi abbiamo, secondo la opinione della maggior parte dei geologi, dei periodi enormemente lunghi, durante i quali non si ebbe alcuna formazione. Per modo che gl'immensi strati di rocce sedimentarie dell'Inghilterra non dànno che un'idea inesatta del tempo trascorso per la loro accumulazione. L'esame di questi molteplici fatti produce sul nostro spirito la stessa impressione che fa l'inutile tentativo di concepire l'idea della eternità.

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Importa soprattutto ricordare che i naturalisti non hanno alcuna regola d'oro per distinguere le specie dalle varietà; essi attribuiscono qualche piccola variabilità ad ogni specie, ma quando incontrano qualche maggior quantità di differenze fra due date forme, le riguardano come specie, a meno che non giungano a collegarle insieme col mezzo di strette gradazioni intermedie. Ora ciò può conseguirsi di rado in ciascuna sezione geologica, per le ragioni ora enumerate. Supponendo infatti che B e C siano due specie e che una terza specie A si trovi in uno strato più antico e sottoposto: anche se A fosse direttamente intermedia fra B e C, sarebbe classificata semplicemente come una terza specie distinta, se non potesse più rigorosamente connettersi colle due forme contemporaneamente, ovvero con una sola di esse, per mezzo di varietà intermedie. Nè dobbiamo dimenticare, come abbiamo spiegato prima, che A può essere progenitore di B e C, e non sarà quindi necessariamente intermedia fra esse, in ogni punto della sua struttura. Cosicchè possiamo trovare la specie-madre e i suoi diversi discendenti modificati negli strati superiore ed inferiore di una formazione, e finchè non otteniamo molte gradazioni transitorie, non potremmo riconoscere la loro parentela e saremmo per conseguenza obbligati a classificarli tutti quali specie distinte.

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È facile comprendere come le forme di vita dominanti, che sono ampiamente diffuse e quelle che variano più di sovente, a lungo andare tenderanno a popolare il mondo coi discendenti affini ma modificati; e questi generalmente riusciranno a surrogare quei gruppi di specie che sono ad essi inferiori nella lotta per l'esistenza. Quindi, dopo lunghi intervalli di tempo, le produzioni del mondo sembreranno cambiate simultaneamente.

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In quell'epoca il clima equatoriale al livello del mare era probabilmente uguale a quello che ora domina alle stesse latitudini ad un'altezza di cinque a seimila piedi, e forse anche più freddo. Durante quel tempo freddissimo le pianure sotto all'equatore saranno state vestite di una vegetazione mista, tropica cioè e temperata, simile a quella descritta dall'Hooker, che ora prospera sulle basse pendici dell'Himalaya ad un'altezza di quattro a cinquemila piedi, solo che in quella v'era forse maggiore prevalenza delle forme temperate. Anche il Mann ha trovato che nell'isola montuosa Fernando Po nel golfo di Guinea ad un'altezza di circa cinquemila piedi incominciano a comparire le forme temperate europee. Sui monti del Panama il dott. Seemann ha trovato ad un'altezza di soli duemila piedi la vegetazione uguale a quella del Messico, «forme della zona torrida armonicamente unite con quelle della temperata».

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Si cercherebbe indarno in tutta la famiglia dei colombidi un becco simile a quello del messaggero inglese, del giratore a faccia corta e del barbo; penne arruffate come quelle del giacobino; un gozzo uguale a quello del piccione gozzuto; delle penne caudali paragonabili a quelle del colombo pavone. Dovrebbe dunque conchiudersi, non solo che uomini semi-civili riuscirono ad addomesticare completamente parecchie specie: ma che, con una determinata intenzione o per caso, essi scelsero a quest'uopo specie grandemente anormali; inoltre si dovrebbe anche ammettere che tutte queste specie sieno estinte dappoi o rimaste ignote. Ora un tale concorso di circostanze stravaganti presenta il più alto grado d'improbabilità.

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Nulla può essere più facile del definire un certo numero di caratteri comuni a tutti gli uccelli; ma nel caso dei crostacei questa definizione si è finora trovata impossibile. Vi sono crostacei agli estremi opposti della serie che hanno a stento un solo carattere comune. Ciò non ostante le specie che sono a questi punti estremi, essendo chiaramente affini ad altre e queste ad altre ancora, e così di seguito, possono senza alcun equivoco riconoscersi come appartenenti a questa e non ad altra classe degli articolati.

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A quanto pare, si fu principalmente il non-uso che rese gli organi rudimentali. Dapprima egli conduce gli organi a lenti passi ad una riduzione sempre crescente, finchè diventano rudimentali. Ciò è accaduto cogli occhi degli animali viventi in oscure caverne, e colle ali degli uccelli che abitavano isole oceaniche, dove raramente venivano costrette dai carnivori a volare, e perdettero in fine completamente questa facoltà. Inoltre un organo, utile in determinate condizioni, può in altre diventare perfino dannoso; così le ali degli insetti che abitano in isole piccole ed aperte. In tale caso l'elezione naturale tenderà a ridurre lentamente questo organo, fino a renderlo innocuo e rudimentale.

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Non posso credere che una teoria falsa valga a spiegare le diverse grandi classi di fatti che abbiamo specificati superiormente, come può farsi, a mio avviso, colla teoria dell'elezione naturale. Si è detto recentemente che questo sia un modo incerto di argomentazione; ma è il metodo che si impiega nel giudicare gli avvenimenti comuni della vita, e di cui spesso si valsero i più eminenti naturalisti. Per tali vie si giunse alla teoria ondulatoria della luce, e fino a questi ultimi tempi l'idea della rivoluzione della terra intorno al proprio asse, difficilmente poteva sostenersi con una prova diretta. Non si può opporre l'obbiezione che la scienza nello stato attuale non getta alcuna luce sul problema assai più elevato dell'essenza o dell'origine della vita. Chi giungerà a scoprire quale sia l'essenza dell'attrazione di gravità? Ma non vi ha alcuno che non accetti i risultati che emergono da codesto ignoto elemento dell'attrazione; non ostante che Leibnitz accusasse Newton di introdurre «nella filosofia delle qualità occulte e dei miracoli».

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Nella rifrazione della luce col mezzo di una lente convessa i raggi che passano attraverso alle differenti parti della lente, sono rifratti verso un foco a distanze leggermente diverse; quella dicesi aberrazione sferica: nello stesso tempo i raggi colorati sono separati per l'azione prismatica della lente ed in modo simile rifratti verso un foco a diversa distanza: questa dicesi aberrazione cromatica.

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È una classe di piante, a cui appartengono le comuni erbe marine e le erbe filamentose di acqua dolce.

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Asportazione di superficie di terreno a mezzo dell'acqua.

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Atto a scavare. Gli imenotteri fossorii costituiscono un gruppo affine a quello delle vespe, e scavano delle tane nel suolo per costruirvi i nidi pe' loro giovani.

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Avente i picciuoli allargati a guisa di foglie, invece di vere foglie.

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L'osso a forchetta, formato dall'unione delle due clavicole in molti uccelli, come nel pollo comune.

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Accumulazione di frammenti di roccie a mezzo dei ghiacciai.

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Il minuto bottone tra le foglie seminati delle piante che incominciano a germogliare.

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Animale o pianta che· viva sopra od entro un altro organismo a di lui spese.

Pagina 488

A forma di verme.

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Con denti simili a quelli di una sega.

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La porzione di mezzo in un pistillo perfetto, parte a modo di colonna dall'ovario e porta all'apice lo stigma.

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Esiste un fenomeno, connesso alle differenze individuali, difficilissimo a spiegarsi. Alludo a quei generi che si dissero proteici o polimorfi, perchè le specie che li costituiscono presentano una straordinaria variabilità. Appena trovansi due naturalisti concordi sulle forme che debbono considerarsi come specie e come semplici varietà. Tali sono i generi Rubus, Rosa e Hieracium fra le piante, parecchi generi d'insetti e di molluschi brachiopodi fra gli animali. Nella pluralità dei generi polimorfi alcune specie hanno carattere fisso e definito. Alcuni generi che sono polimorfi in un paese, a quanto pare lo sono altresì in tutti gli altri, salvo rare eccezioni, e ciò si verificò anche in altre epoche geologiche, come può desumersi dalle conchiglie dei brachiopodi fossili. Questi fatti sono di grave imbarazzo per la scienza, comechè tendano a provare che tale variabilità è indipendente dalle condizioni di vita, Quanto a me propendo a ritenere che nei generi polimorfi noi vediamo delle variazioni di struttura che per essere di niuna utilità, anzi di nocumento alle specie che ne sono affette, non si resero stabili per mezzo dell'elezione naturale, come esporremo.

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Dalle osservazioni esposte apparisce che io non considero il termine specie se non come una parola applicata arbitrariamente, per comodo, a un insieme di individui molto somiglianti fra loro e che questo termine non differisce sostanzialmente dall'altro varietà, dato a forme meno distinte e più variabili. Non altrimenti che la parola. varietà, in confronto alle differenze semplicemente individuali, viene applicata arbitrariamente ed anzi per sola convenienza.

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Molte specie dei generi grandi rassomigliano a varietà per essere direttamente e diversamente affini fra loro e geograficamente circoscritte

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Questa lotta deriva inevitabilmente dalla rapida progressione, colla quale tutti gli esseri organizzati tendono a moltiplicarsi. Ognuno di questi esseri che, durante il corso naturale della sua vita, produce parecchi semi ed uova, deve trovarsi esposto a cause di distruzione in certi periodi della sua esistenza, in certe stagioni o in certi anni; altrimenti, per la legge delle progressioni geometriche, la specie arriverebbe a un numero d'individui sì enorme, che nessuna regione potrebbe bastare a contenerla. Quindi nascendo un numero d'individui superiore a quello che può vivere, deve certamente esistere una seria lotta per l'esistenza, sia fra gli individui della medesima specie, sia fra quelli di specie diverse, oppure contro le condizioni fisiche della vita. Questa è la dottrina di Malthus, applicata con maggior forza a tutto il regno organico; perchè in questo caso non è possibile un aumento artificiale di nutrimento, nè alcun prudente ritegno dal matrimonio. Quantunque alcune specie siano attualmente in aumento, più o meno rapido, altrettanto non avviene per tutte, giacchè il mondo allora non potrebbe dar loro ricetto.

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Una prova evidente che il clima agisce soprattutto in modo indiretto, col favorire certe specie, ci viene fornita dal vedere nei nostri giardini una prodigiosa quantità di piante che sostengono perfettamente il nostro clima; mentre non potrebbero mai prosperarvi allo stato naturale, perchè inette a sostenere la lotta colle nostre piante indigene o a difendersi efficacemente dai nostri animali.

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Ma quanto è agevole dare così astrattamente a una forma qualsiasi certi vantaggi sulle altre, altrettanto sarebbe difficile probabilmente nella pratica il dire ciò che sarebbe a farsi nelle singole occasioni, e come si potrebbe riuscire. Ciò finirebbe per convincerci della nostra ignoranza rispetto ai mutui rapporti degli esseri organizzati; convinzione necessaria sebbene difficile a conseguirsi. Non ci rimane che quella considerazione, che deve costantemente aversi presente allo spirito, cioè che tutti gli esseri viventi tendono sempre a moltiplicare in ragione geometrica, che ognuno deve lottare contro moltissime cause distruttrici in periodi determinati della vita, in certe stagioni dell'anno, pel corso di ogni generazione o ad intervalli periodici. Quando noi pensiamo con tristezza a questa lotta, possiamo consolarci con la piena convinzione che la guerra della natura non è continua, che lo scoraggiamento ne è bandito, che la morte è in generale assai pronta, e che sono gli esseri più vigorosi, più sani e più abili che sopravvivono e si moltiplicano.

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Per esempio, come i prodotti del piccolo continente d'Australia abbiano ceduto in origine e, a quanto pare, cedano anche al presente, davanti a quelli delle terre più vaste Europeo-Asiatiche; ed anche come le specie continentali si siano da per tutto naturalizzate in una vasta scala sopra le isole. In una piccola isola infatti la lotta per l'esistenza deve essere stata meno viva, e quindi minori le modificazioni, e minore la distruzione. Forse per questo la flora di Madera, secondo Oswald Heer, rassomiglia all'estinta flora terziaria d'Europa. Tutti i bacini d'acqua dolce riuniti formano un'area piccola in confronto di quella del mare e del terreno emerso; e quindi la lotta fra i prodotti d'acqua dolce sarà stata meno viva che in qualsiasi altro luogo; le nuove forme vi saranno apparse più lentamente e le forme antiche vi saranno state più lentamente distrutte. Ed è appunto nell'acqua dolce che noi troviamo sette generi di pesci Ganoidi, avanzi di un ordine già ricco, e vi troviamo anche parecchie delle forme più anormali conosciute, come l'ornitorinco e la lepidosirena, i quali servono, a guisa de' fossili, a riunire in certo modo alcuni ordini che ora sono profondamente separati nella scala naturale. Queste forme anormali possono chiamarsi fossili viventi; esse giunsero fino a noi per aver dimorato in un'area ristretta e per essere state esposte a una concorrenza meno severa (Nota XV).

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