Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Plico del fotografo: trattato teorico-pratico di fotografia

515741
Venanzio Giuseppe Sella 43 occorrenze
  • 1863
  • Tipografia G.B. Paravia e Comp.
  • Torino
  • Fotografia
  • UNIPIEMONTE
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Sia A un corpo luminoso, B un obice, ossia corpo opaco posto avanti al corpo A.

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sarà ad una distanza dallo specchio eguale a quella del punto luminoso stesso, e la distanza dell’immagine e del punto luminoso dai punti b c sarà pure eguale, perchè i due triangoli A b D ed a b D sono eguali, e simili, come pure gli altri due triangoli col vertice in c.

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Sia mn la sezione di un vetro a superficie parallele, si faccia cadere in A un raggio di luce RA; dal punto A si tiri da ambo le parti una perpendicolare, e dallo stesso punto A, come centro, si costruisca un circolo. La rifrazione del raggio RA si farà verso la perpendicolare nella direzione di AR’ per esempio: si tirino le rette aa, a’a’ ad angolo retto colla perpendicolare, e si paragoni le loro lunghezze. Queste lunghezze, o le linee che e rappresentano, sono i rispettivi seni degli angoli di incidenza e di rifrazione; aa è il seno dell’angolo di incidenza, a’a’ è il seno dell'angolo di rifrazione. Il rapporto di questi seni viene chiamato indice di rifrazione, ed è costante per gli stessi mezzi. Così con un altro raggio di luce rA la rifrazione succede nello stesso modo, ma in grado più considerevole, per causa della maggiore obliquità dei raggi, e se si paragona i seni dei due nuovi angoli di incidenza e di rifrazione, si troverà che essi conservano ancora tra loro lo stesso rapporto di prima, per cui aa/a’a’ = bb/b’b’

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Quando la luce passa dall’aria nel vetro comune il seno, ossia la lunghezza aa, paragonato col seno a’a’, starà a questo come 3 a 2, ossia come 1,5: 1. Perciò, la rifrazione, come si vede nella Figura 8, stando coi seni in ragione inversa, si dice, che l’indice di rifrazione del vetro, paragonato con quello dell’aria preso per unità, è 1,5. La seguente tavola dà gli indici di rifrazione di diverse sostanze:

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vengono a passare per lo stesso punto a, che, come sappiamo, chiamasi il foco, o l’immagine di A. Questo punto a è posto sulla retta che congiunge il punto A col centro della lente C.

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La linea a m b, immagine della retta A M B, non è una linea retta. Infatti, se MC è minore di AC, si sa che deve essere invece m C maggiore di a C, e per conseguenza m non può essere sulla retta b a, ma si trova in m’. Però, se il rapporto della grandezza dell’oggetto A B colla distanza sua dalla lente è assai piccolo, il punto m’ sarà assai vicino al punto m, in cui la retta C m’ taglia la retta b a, ed essendo il divario m m’ trascurabile, l’immagine di A B potrà considerarsi come rappresentata dalla retta a b.

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Se ora si considera posta davanti alla lente la retta A B (Figura 23), egli è chiaro che, se si tira l’asse secondario B b dal punto estremo B, ogni raggio B D che emana da questo punto si rifrange in D ed in D’ ciascuna volta nello stesso senso, avvicinandosi all’asse secondario, che va ad incontrare in b. Gli altri raggi emessi dal punto B venendo a concorrere pure in b, questo punto è il foco coniugato del punto B. Se ora si tira l’asse secondario dal punto A, e se si tira un altro asse secondario dal punto M, si trova egualmente che i raggi emessi da questi punti vanno a formare i loro fochi in a ed in m, e come gli altri punti intermedii della retta A B hanno evidentemente i loro fochi corrispondenti in a b, si avrà in a b un’immagine reale e rovesciata della retta A B.

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essendo simili i due triangoli A C B, a C b (Figura 24), avremo:

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Quando si mette davanti alla lente un oggetto complesso a ciascun suo punto corrisponderà dietro la lente un punto d’immagine, e la riunione di tutti questi punti sarà l’immagine dell’oggetto. Quest’immagine sarà non solamente capovolta, ma ben anche rovesciata, cioè a dire che sarà non solo in basso quel che era in alto, ma anche, a sinistra quel che era a destra ed inversamente.

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Mentre fra gli oggetti posti a 50, e quelli posti a 100 metri il divario nella distanza focale sarebbe di circa 1 centimetro, cioè 1/49-1/99.

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7° Con due vetri semplici convenevolmente combinati si può arrivare a diminuire considerevolmente la trasfigurazione e la aberrazione, e ad ottenere una pianezza soddisfacente per la superficie focale sino a circa 30 gradi di campo per la fotografia, e sino a 3 gradi per l’astronomia; ma al di là di questo limite questi difetti aumentano rapidissimamente.

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Un oggettivo a foco corto è prezioso quando si ha bisogno di operare rapidamente, o con poca luce, ma sarebbe di niun valore quando si avesse a produrre un’immagine un po’ grande, nel qual caso occorre un oggettivo a foco più lungo.

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(a) La Jarda equivale a circa 9/10 di un metro.

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(a)

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a. Camera oscura estensibile. — Questa camera oscura chiamasi così perchè può estendersi e restringersi a piacimento: essa si costruisce in due maniere un po’ diverse, cioè a cassa scorrevole ed a mantice.

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A ciascuno di essi viene un raggio oA o’A da ogni punto, come A del corpo

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Quindi è che la prospettiva di A sarebbe a per l’occhio o, e sarebbe a” per l’occhio o’. Similmente si scorge come la prospettiva di una retta A B del corpo sarebbe a b per un occhio, e ben diversa da a’ b’ prospettiva della stessa linea conveniente all’altro occhio. Inoltre se si guardasse un corpo rotondo, il suo contorno sarebbe affatto diverso per ciascuno dei due occhi non solo sul quadro di prospettiva, ma ben anche sul corpo stesso.

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La camera oscura stereoscopica o è fatta a un sol oggettivo, oppure essa è fatta a due oggettivi; quella a un solo oggettivo è della forma di una camera oscura comune capace di produrre una buona immagine del diametro di circa 10 centimetri. Con due di tali camere oscure, munite ciascuna di un oggettivo di 12 a 14 centimetri di foco equivalente, si può prendere ritratti o vedute a piacimento, e potendosi allontanare quanto si vuole una camera dall’altra, si può ottenere immagini col rilievo che si desidera.

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(a), Tomo VI.

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Il ghiaccio, per sciogliersi, assorbe, rende latente una quantità di calore uguale a quella che potrebbe innalzare un egual peso d’acqua da 0° sino a +75° centigradi.

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Riscaldata a +60° centigradi s’intorbida a +80°, coagula, diventa bianca, solida, insolubile nell’acqua; 2 parti di bianco d’uovo ed 1 parte di acqua coagulano intieramente quando riscaldasi convenientemente il miscuglio, a parti uguali si conservano semifluide nella stessa circostanza.

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Con questi due tubi è facile il venire a conoscere la composizione, ossia il titolo delle diverse soluzioni (a).

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Reciprocamente se il liquido a tenore sconosciuto è maggiormente concentrato del liquido a tenore conosciuto.

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Per ipotesi, la soluzione a tenore determinato, di cui una parte si pose nel tubo A, sia quella che è maggiormente concentrata. In tale circostanza, prendendo per unità il liquido normale posto nella prima parte del tubo A, se noi, per portare i liquidi allo stesso grado di azione, lo dilunghiamo con

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Laonde, quando si applica il nostro istrumento per determinare soluzioni a tenore incognito, per sapere, nel tempo stesso, l’approssimazione che si raggiunge, converrà comprendere col mezzo della carta il liquido a tenore sconosciuto fra due liquidi a tenore conosciuto, e che non differiscano tra loro che di una quantità così piccola, quanto la sensibilità della carta ancora comporti. Ciò fatto è chiaro che il liquido a tenore sconosciuto si può ammettere come avente un titolo medio differenziale fra quello dei due liquidi a tenore conosciuto, e che l’errore in cui si può incorrere è minore della differenza del titoli di questi due liquori a tenore conosciuto.

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Per effettuare colla maggiore esattezza possibile la determinazione dei vari corpi, seguendo questo metodo comparativo, conviene sempre fare attenzione a ciò che la carta determinatrice sia di colore e di spessore ben uniforme. La carta dee stare per un tempo precisamente eguale nei due liquidi a comparare. Se a quest’ultima condizione non si attende è facile cadere in gravi errori, perchè l’azione modificante è in ragione diretta del tempo in cui le soluzioni restano a contatto della carta reagente.

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(a) I vetri gialli si debbono esperimentare se siano di buona qualità, cioè se siano capaci di arrestare i raggi fotogenici. Il fotografo colle sue lastre sensibili può fare facilmente un esperimento empirico in modo abbastanza concludente, ma i vetri gialli si potrebbero anche provare più rigorosamente col mezzo dello spettroscopio, col quale si può riconoscere sino a qual grado questi vetri lasciano passare i raggi chimici. presso i quali l’importanza delle materie ci vieterà di arrestarci così a lungo intorno a quest’operazione.

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In quest’operazione la prima cosa a farsi è di togliere dal vetro l’acido gallico ed il nitrato d'argento che hanno servito a rivelare l'immagine, e a tale effetto:

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Presso l’albumina si può fare ogni operazione coll’ordine naturale, ma qui presso il collodio si debbono fare preliminarmente le preparazioni dei liquidi sensibilizzatori e dei liquidi sviluppatori, perchè sia dopo di avere collodionato, sia dopo di avere esposto alla luce, bisogna non por tempo in mezzo nel venire a sensibilizzare ed a sviluppare. Noi conserveremo tuttavia lo stesso ordine, bastandoci di prevenire a tempo l’operatore delle poche eccezioni a farsi in pratica.

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Se si considera però che tutte le quantità si rendono a noi sensibili a gradi solamente, direi quasi a salti, sarà agevole al fotografo lo indovinare dopo pochi esperimenti il tempo preciso che è necessario ad una buona posa.

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Quando si opera a bassa temperatura, la quantità dell’acido pirogallico si deve pure accrescere comparativamente a quella dell’acido acetico, ed inversamente quando si opera a temperatura molto elevata.

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Questa operazione del fissare la prova è facilissima a bene eseguire; la sola precauzione importante a prendersi è di non far cader l’acqua sullo strato da una altezza troppo grande, nè in troppo grande quantità, onde non lacerarlo, e prolungare il lavamento sino a che tutto l’iposolfito sia allontanato, perchè altrimenti la prova non sarebbe solida.

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Noi crediamo che sarebbe affatto superfluo il fermarci a descrivere i differenti sistemi che vennero usati colla carta umida per prendere i ritratti, perchè il collodio dà risultati molto più eccellenti e perfetti. Laonde ci limiteremo volentieri a far conoscere il procedimento a secco del sig. Le Gray con alcune semplificazioni.

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Si fa bollire il miscuglio sino a che il riso incomincia a rompersi, e screpolarsi. Si passa tra tela fina il liquido, e gli si aggiunge

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(a) Encyclopédie Roret - Photographie par M.r E. de Valicourt. Paris, 1861. tolta dalla Lumière (a), che fa uno dei primi giornali di fotografia, ed alla cui redazione presero parte eminenti scrittori, come il signor M. A. Gaudin, il signor E. Lacàn, ecc.

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Prese queste disposizioni, taglia un foglio di carta un po' più grande dell'immagine a riprodurre, ed abbandonalo sopra della soluzione di cloruro di sodio. (a)

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Perciò egli è affatto indispensabile di avere una così detta pressa a copiare (a) o macchina a copiare (Chassis positif — Printing frame — Kopirrahme).

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L’esperienza insegnerà in poco tempo al principiante quale sia l'intensità, a cui conviene portar l’immagine, qual conto si debba tenere dell’azione dissolvente dell’iposolfito di soda, per poter levare a tempo la prova dalla macchina a copiare.

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Questa soluzione non si può conservare a lungo senza che deponga un precipitato nero. Trattando questo precipitato con acqua regia, esso si scioglie ed evaporando a siccità si ottiene di nuovo il cloruro d’oro che aveva servito a produrlo.

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(b) A Dictionary of photography by Thomas Sutton, B. A., London, 47 Ludgate Hill, 1858.

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Intorno a questo genere di immagini al bicromato si occuparono con successo li signori E. Rousseau e Masson (a) i lavori dei quali non furono a noi noti che dopo la pubblicazione del nostro procedimento.

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Quando la soluzione è satura di fosforo si dilunga con acetato di soda sino a che il suo colore sia di un verde oliva intenso. Si immerge la carta in questo bagno per cinque o sei ore, dopo si fa seccare perfettamente. Si espone nella macchina a copiare sino a

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Essa è atta a servire nella produzione delle prove positive col mezzo della macchina a copiare, ma deve anche essere capace di riprodurre direttamente l’immagine della camera oscura, poichè per ottenere un disegno positivo sopra di questa carta col mezzo della macchina a copiare basta l’esposizione al sole di uno a quattro secondi ed alla luce diffusa il tempo varia tra alcuni secondi ed un minuto.

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L'Opinione

541848
Quintino Sella 7 occorrenze
  • 1863
  • Tipografia dell'Opinione diretta da C. Carbone
  • Torino
  • alpinismo
  • UNIPIEMONTE
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La strada da Saluzzo a Verzuolo e Piasco lambisce le ultime falde delle Alpi, che vanno ivi a seppellirsi sotto le alluvioni. Esse constano di scisti diversi più o meno calcariferi, sopra i quali sono aperte molte cave, i cui prodotti trovansi troppo bene rappresentati nella raccolta mineralogica della scuola di applicazione, perché io abbia a discorrertene qui.

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Lascierò a te, che non dubito studierai minutamente i dintorni del Monviso, lo indagare accuratamente l'andamento interessantissimo della stratificazione di queste montagne, giacché in questa gita io non fui che touriste, a null'altro intento, che a raggiungere la vetta del Monviso.

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Alle osservazioni fatte a Sampeyre col tuo e mio barometro, contrapporrò quelle fatte contemporaneamente a Verzuolo dal sig. Pulciano:

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La vettura ci condusse quindi per una strada in via di compimento sino a Torrette, onde dopo mezz'ora di passeggiata a piedi si giunse a Casteldelfino ad un'ora pomeriggio.

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V'ha però una differenza capitale fra queste due piante resinose, ed è che mentre il larice dai 2374 metri, da noi determinati alla fontana dei Gorghi, scende fino a Sampeyre, cioè a 977 metri, vale a dire si estende per una altezza di 1400 metri, il pino cembro non scende che fino a 1780 metri, e si estende quindi soltanto per una altezza di 600 metri.

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È istinto naturale a chi non è esperto di ghiacciai, l'abbandonare in così fatti casi ogni oggetto, che si abbia in mano, onde cercare di aggrapparsi direttamente al suolo colle mani. Ma siccome neppure le unghie nel ghiaccio non penetrano, vuolsi invece stringere con tutta forza il bastone ferrato senza cui non si debbe mai attraversare un ghiacciaio. Con un po' di sangue freddo, anche quando si comincia a sdrucciolare, si riesce a ficcare nel ghiaccio la punta del bastone e vi si apre un solco, per cui la velocità del corpo comincia a diminuire e ben presto si riesce a fermarsi.

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cosicché noi i quali ci trovavamo a forse 30 metri sopra il lago superiore delle Forciolline, eravamo a 2796 metri sul mare.

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