Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Sulla fina anatomia degli organi centrali del sistema nervoso

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Camillo Golgi 32 occorrenze

a - a - a

a - a

a - a

Cellula gangliare, pure della corteccia della circonvoluzione centrale anteriore (uomo), situata presso a poco allo stesso livello della precedente, il cui prolungamento nervoso a non grande distanza dalla sua origine ridotto già a sottilissimo filo, si divide in due fine fibrille, le quali sembrano destinate a perdersi nella rete diffusa.

La figura è destinata a mettere in rilievo soltanto i rapporti dei diversi strati che entrano a costituire questa parte del cervello.

A

a a Fibre nervose interne – b b fibre nervose esterne – tanto le une che le altre si estendono sulla superficie libera dell'eminenzetta, in guisa che la sostanza grigia viene quasi completamente circondata da fibre.

Resterebbe ora a dire della derivazione e del modo di comportarsi dei fasci di fibre nervose che, emergendo dalle parti profonde del cervello, vengono a disperdersi nello strato grigio dei lobi olfattori.

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Se non che a quelli fra gli istologi, che, non accontentandosi delle apparenze, si misero all'impresa di verificare con mezzi più fini e soprattutto col mezzo delle pazienti dilacerazioni, le asserite anastomosi, non soltanto queste non risultarono più tanto evidenti, ma man mano che per raggiungere l'intento raddoppiavasi di accuratezza, il fatto apparve meno chiaro, per cui si cominciò da prima a metterlo in dubbio, poi a negarlo.

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A rendere più complicato l'intreccio fibrillare di questo tessuto, concorrono i lunghissimi filiformi prolungamenti delle cellule epiteliali cilindriche, che rivestono il canale centrale, 1 quali prolungamenti, a poca distanza dalla loro origine, assumono un aspetto affatto identico a quello dei circostanti prolungamenti delle cellule della nevroglia.

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Passando in rassegna quanto intorno a ciò venne scritto, possiamo vedere come già da tempo siasi incominciato a mettere in dubbio ed anche a negare esplicitamente le asserite anastomosi.

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3.° Metodo dell'azione combinata del bicromato di potassa o di ammoniaca e del bicloruro di mercurio (colorazione apparentemente nera a luce trasmessa e bianco-metallica a luce diretta).

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Il più sicuro mezzo per rimediare a tutti questi inconvenienti è quello di ripetere con insistenza i saggi, vale a dire, avendo a disposizione buon numero di pezzetti, passarne di periodo in periodo uno od alcuni nella soluzione del sale d'argento, affine di verificare poi se il pezzetto od i pezzetti trovansi nelle richieste condizioni. Dato che la reazione risulti pregevole, allora si insiste con maggior cura nella continuazione dei saggi a diversi periodi di distanza, affine di poter ottenere tutte quelle gradazioni della reazione che costituiscono altro fra i vantaggi del metodo. S'intende che i vari saggi dovranno essere più o meno avvicinati a seconda della stagione. Nella stagione calda, nella quale la necessaria qualità di indurimento è raggiunto molto prima, i saggi dovranno essere vicini; nella stagione fredda invece, durante la quale il richiesto indurimento non è raggiunto che nel corso di mesi, i saggi potranno essere fatti a periodi di distanza anche di 8 o 10 giorni, cominciando da quell'epoca nella quale, secondo i dati che ho forniti, si può con qualche fondamento supporre che nei pezzi comincino a verificarsi le richieste condizioni.

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Riguardo a questo metodo di indurimento, mi limiterò a notare che il sale di rame aggiunto alla soluzione di bicromato, non impedisce la reazione, e che del resto questo così detto liquido di Erlicki offre inconvenienti e vantaggi eguali a quelli del metodo precedente (stufa a temp. cost.); vale a dire accelera bensì l'indurimento, per cui entro pochi giorni (6-8-10), col passare i pezzi nella soluzione di nitrato si può ottenere la colorazione nera dei diversi elementi costitutivi del tessuto nervoso, ma i risultati non hanno pregi di finezza; di più molto presto viene oltrepassato il periodo utile per potere con vantaggio tentare la reazione.

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A differenza di quanto accade seguendo il metodo precedente, col quale la serie di pezzetti che interessa di studiare è in pochi giorni fuori d'uso, con quest'altro procedimento quella serie di pezzetti che a fresco (con o senza injezione) venne posta nella soluzione di bicromato, rimane per così dire sotto mano, sia per uno studio più o meno immediato, sia per uno studio successivo, per un periodo di tempo che dal secondo o terzo giorno di immersione può arrivare fino al 25.°- 30.° Infatti se durante tutto questo periodo a 2-3-4 giorni di distanza, pochi o parecchi pezzetti vengono posti nella miscela osmio-bicromica, abbiamo altrettante serie secondarie di pezzetti, i quali, successivamente trasportati frazionatamente (1 o 2 per volta) nella soluzione di nitrato, a cominciare dalla 3.a o 4. a giornata di dimora nella miscela fino all'8 a o 10 a, forniscono con sicurezza dei preparati con tutte le successive gradazioni e combinazioni, quali vennero accennate a proposito del metodo primitivo, e presentanti una sorprendente finezza di risultati.

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a) Indurimento dei pezzi nel bicromato.

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Questa finissima rete nella corteccia cerebrale troverebbesi a fianco delle cellule gangliari negli spazii di una rete a grandi maglie, formata da fibre midollari orizzontalmente decorrenti.

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a – Strato connettivo superficiale.

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a – Strato connettivo superficiale.

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I.a fig. 2, 5, 7, 8, 9, 10; Tav. 2.a fig. 1, 2, 5, 6; Tav. 5.a fig. unica) il cui prolungamento nervoso, suddividendosi complicatamente, perde la propria individualità e prende parte in toto alla formazione di una rete nervosa estesa a tutti gli strati di sostanza grigia.

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vale a dire:

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I prolungamenti nervosi del pari si comportano nel modo descritto nella prima parte di questo lavoro, vale a dire, danno origine a numerosi rami laterali, i quali, suddividendosi, riescono a costituire un intreccio diffuso in tutta la corteccia.

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Intorno a questo lavoro, anzi, posso dire essere stata quasi mia principale preoccupazione, quella, che le figure illustrative corrispondessero al vero; e poiché quanto a finezza e chiarezza dei dettagli, nessuna concessione ho fatto all'arte, così esse, nel mentre potranno valere, a prova della bontà dei metodi da me adoperati, potranno del pari servire di documento o di termine di confronto per chi, affine di estendere le conoscenze od a scopo di controllo, volesse intraprendere analoghe ricerche.

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A queste cellule a motivo del loro scarso numero, Meynert dà il nome di cellule solitarie.

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Nell'accingermi a questa esposizione, amo richiamare in modo speciale l'attenzione sulle figure che unisco a corredo di questa parte del lavoro (V. Tavole V. VI. VII. VIII. IX. X. X. XII.) le quali da sole, massime se vengono confrontate colle figure più dettagliate che corredano gli ultimi trattati di Anatomia ed Istologia, non che i lavori istologici speciali sul cervelletto Veggansi p. es. le figure 252 e 253 a pag. 432 e 434 dell'Allgemeine Anatomie di Krause; fig. 259 a pag. 793 dell'Handbuch di Stricker (art. di Meynert); e fig. 175, 176, 177, 178, 179 a pag. 262 265 del trattato di Anatomia di Henle (Nervenlehre, ultima edizione 1879)., potranno a colpo d'occhio far rilevare parecchi dei fatti che verrò descrivendo, ed insieme far apprezzare il valore dei metodi di studio da me adoperati.

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Intorno a questo sistema di filamenti emananti dal prolungamento nervoso delle cellule di Purkinje, merita in particolar modo d'esser posta in rilievo la tendenza che molti di essi presentano a portarsi, ripiegandosi verso la superficie delle circonvoluzioni, nello strato molecolare (V.specialmente Tav. VI), per entrare a far parte del complicato sistema di fibre nervose, che là esistono.

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Le cellule globose o poligonari con angoli arrotondati, quanto alla loro situazione presentano norme più fisse, vale a dire trovansi di solito nella zona periferica dello strato granulare, od anche proprio a livello delle cellule di Purkinje; quanto a volume, sono eguali o di poco inferiori a queste ultime. I numerosi prolungamenti protoplasmatici di cui sono fornite mostrano tendenza a dirigersi verso la superficie libera, anzi, quelli portantisi in questa direzione, spesse volte, ho potuto seguirli fino oltre la metà dello strato molecolare, alla cui superficie sembra che molti vadano a terminare.

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Dall'altra, avremmo invece una più limitata categoria di cellule gangliari, il cui prolungamento nervoso, mantenendosi ben individualizzato, sebbene dia origine a fili laterali, passa direttamente a costituire una distinta fibra nervosa midollare.

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Indipendentemente dallo studio morfologico, i risultati che io posso presentare intorno a questa parte del cervello, a mio credere offrono uno speciale interesse, sia perché rappresentano quanto di più fino e di più preciso oggidì si può asserire intorno alla questione generale dei rapporti delle fibre nervose coi gruppi cellulari, sia perché fa parte di tali risultati la storia abbastanza dettagliata di alcuni fasci di fibre nervose (dei quali ho potuto seguire il decorso, cominciando dalla loro origine da ben determinati strati di cellule, fino a grande distanza dal punto di partenza), tanto che parmi si possa sperare che, continuando le indagini sullo stesso indirizzo, si potrà forse arrivare a completarne la storia, e ad avere così qualche indizio intorno alla loro funzione ed a quella dei corrispondenti gruppi di cellule.

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Questo strato (Veggansi Tavole XV.a XVII.a XVIII.a XIX.a a. a. a.) è in continuazione, oltreché colla volta a tre pilastri, come s'è detto sopra, anche colla sostanza bianca della circonvoluzione di Hippocampo; si può quindi considerarlo corrispondente allo strato midollare delle circonvoluzioni in generale.

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Intorno a questo strato io osserverò soltanto essere molto strano che Kupffer abbia asserito che esso non ha rapporti di sorta cogli strati sottostanti, mentre invece, anche coi più semplici metodi d'esame, riesce facile il rilevare, come da tutta la sua superficie aderente numerose fibre nervose obliquamente si dirigono verso il sottostante strato grigio. Queste per la massima parte continuansi nel prolungamento nervoso delle cellule del medesimo strato seguente, cellule ivi disposte in ordine regolare, o coi filamenti da esso prolungamento emananti, in parte attraversando la zona occupata dal corpo delle cellule stesse, vanno a diramarsi più oltre, nello strato grigio. Noto fin d'ora come io abbia potuto verificare (Veggasi Tav. XIII.a figure 2.a e 3.a) che buon numero di fili derivanti dal prolungamento nervoso, assumendo direzione opposta a quella di quest'ultimo, ritornano nello strato grigio, ivi parimenti decomponendosi in numerosi filamenti di estrema finezza, i quali concorrono insieme alle fibre nervose testé accennate, a formare il fino intreccio o reticolo diffuso in tutto lo strato grigio.

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È a queste cellule che pare vadano a metter capo molti prolungamenti protoplasmatici basali delle cellule nervose appartenenti allo strato grigio circonvoluto.

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Manuale di Microscopia Clinica

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Giulio Bizzozero 15 occorrenze

. - Se si tratta di un liquido, non si ha che a prenderne una goccia con una pipetta od un bastoncino di vetro, ed a deporla sul portoggetti. Se il liquido è troppo denso, a lato di questa si pone una goccia di cloruro sodico, con cui si mescola accuratamente. Più sopra si disse del modo di esaminare i sedimenti.

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La ricerca delle uova nelle feci dovrà essere incominciata a piccolo, e compita a forte ingrandimento.

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Messo a posto il preparato, occorre di mettere a fuoco l’obbiettivo del microscopio. Nel far ciò accade spesso, quando si adoperano obbiettivi a corta distanza focale, che s’abbassi troppo il tubo, e che, quindi, si batta contro il preparato e lo si schiacci. Per schivare questo pericolo bisogna far in modo che l’oggetto da esaminare corrisponda precisamente, per la sua posizione, al campo visuale del microscopio, sì. che si sappia a qual punto si debba arrestare la discesa del tubo. Perciò s’adotti il seguente metodo: Si dispone il preparato in modo ch’esso corrisponda a un dipresso al centro del diaframma, val quanto dire che si trovi nell’asse visuale del microscopio; poi si abbassa il tubo fino a che l’obbiettivo si trovi un poco più alto della giusta distanza focale (chi conosce i proprî obbiettivi sa press’a poco la distanza focale di ciascuno di essi). A questo punto si applica l’occhio all’oculare, e colla mano sinistra si muove leggermente in varie direzioni il portoggetti; siccome l’obbiettivo è quasi a fuoco, quando qualcuno degli oggetti da esaminare attraversa il campo del microscopio, vi apparirà come un’ombra; allora si fa corrispondere una di queste ombre al centro del campo, e colla mano destra lentamente, per mezzo della vite grossolana (crémaillère) o del movimento ad invaginamento del tubo, si abbassa quest’ultimo fino a che l’obbiettivo sia a fuoco. Ciò fatto, si può rendere più perfetto l’aggiustamento per mezzo della vite micrometrica.

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1.o Leucociti (Tav. 5a, fig. 44 a), componenti costanti dello sputo, da qualunque parte esso derivi. Ora essi vi si trovano ben conservati, coi caratteri che abbiamo già descritti altrove (§ 15,40 e 57), ora, invece, già in via di disaggregazione, cioè, o granulosi, con contorni irregolari, deformati, a nuclei assai palesi, ovvero ridotti a soli nuclei, circondati da pochi granuli. Ciò ha luogo specialmente quando essi hanno soggiornato a lungo nelle vie respiratorie; ed in questo caso sono circondati da immensa quantità di granuli, in parte grassi, ed in parte (la maggiore) albuminoidi, derivanti da leucociti già disaggregati.

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Una raccomandazione della più alta importanza per chi si inizia agli studi microscopici, si è d’imparare a riconoscere gli elementi accidentali, cioè alcuni elementi che casualmente, ma, si può dire, costantemente riscontratisi nei preparati, e non devonsi confondere cogli elementi dei preparati stessi. Essi sono: 1.o bolle d’aria. Si riconoscono ai loro contorni marcati ed oscuri, ed al centro brillante. Quando sono più piccole dello spazio che separa i due vetri del preparato assumono la forma sferica; nel caso contrario sono schiacciate e quindi di forma irregolare. Si osservano con tutta facilità nella saliva; 2.o gocciole e granuli di grasso (Tav. 6.a fig. 58 a). Hanno pure contorni inarcati e centro brillante, ma meno delle bolle d’aria. Anche di queste è inutile dar la descrizione perchè si possono studiare agevolmente esaminando una goccia di latte (ove il grasso è in granuli fini), oppure una piccola goccia d’olio sbattuta in una goccia di acqua. Sarà bene emulsionarne un’altra in glicerina, per apprezzare la diversa apparenza delle goccioline adipose in due liquidi a diverso indice di refrazione, poichè esse nell’acqua hanno contorni ben più marcati che nella glicerina; 3.o granuli d'amido (Tav. 4.a, fig. 36 c). In ogni preparato se ne trova sempre qualcuno, precipitatovi dall’aria atmosferica, ove stava sospeso. Possono provenire da diversi vegetali, e differire alquanto fra di loro; si riconoscono, però, alla loro forma tendente irregolarmente alla tondeggiante od ovale, all’essere la sostanza che li costituisce segnata da strie concentriche, e, nei casi dubbi, alla colorazione azzurra che assumono quando vengano in contatto col jodio aggiunto in soluzione acquosa od alcoolica al liquido del preparato. Si possono procurare agevolmente facendo un preparato microscopico di una briciola di pane; 4.o filamenti di diversa natura. Questi pure possono provenire dall’aria, ovvero dalle pezzuole adoperate per pulire i vetri della preparazione. Quelli di natura animale sono rappresentati dai fili di lana (Tav. 1.a, fig. 1.a b), riconoscibili alle linee trasversali che presentano alla loro superficie (quindi, per vederle bisogna sollevare il tubo del microscopio) e che corrispondono agli orli delle scagliette epidermiche che rivestono i peli; e dai fili di seta, cilindrici (ibid. fig. 1.a a) a contorni piuttosto regolari ed a struttura omogenea. Di filamenti vegetali abbiamo: i fili di lino (fig. 1.a c) cilindrici, a contorno regolare, e presentanti tratto tratto delle strie trasversali, in corrispondenza delle quali il filamento è, il più delle volte, leggermente ingrossato; i fili di canapa (fig. 1.a e), più grossi, uniti fra loro a fasci, meno regolari; e i fili di cotone (fig. 1.a d), appiattiti, piuttosto irregolari, torti generalmente su se stessi.

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a) Si versano in un tubo d’assaggio alcuni Cc. d’orina, si acidificano fortemente con acido acetico, si aggiunge un volume eguale a quello dell’orina di soluzione satura a freddo di solfato di soda e si fa bollire.

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112. a) Epitelî renali (Tav. 6a, fig. 60). - Studiati nel rene variano di aspetto a seconda del tratto di canalicolo che rivestono. Ora sono cellule pallide, piuttosto piccole od appiattite, ora cellule più grosse, granulose. - Nell’orina importa di riconoscere specialmente quelle che provengono dai tratti di canalicoli che più di frequente si desquamano (porzione ascendente dell’ansa di Henle, canalicoli retti). Queste cellule benchè, come si disse, differiscano fra loro a seconda della sede fisiologica (essendo, per esempio, grosse e granulose nei canalicoli contorti, appiattite e chiare nell’ansa discendente, ecc.) tuttavia hanno dei caratteri distintivi comuni; si presentano come corpi a varia forma, spesso poliedrica, di diametro variabile da 10 a 25 e più µ, a protoplasma finamente granuloso o chiaro, a nucleo ovale, nucleolato, e per questi loro caratteri distinguonsi facilmente da quelle delle vie orinarie. Infatti, poste a paragone delle cellule degli ureteri e della vescica, sono più piccole di quelle dello strato superficiale, sono affatto diverse di forma da quelle degli strati profondi; raffrontate con quelle che si desquamano dall’epitelio della vagina, o, nell’uomo, dall’ultima porzione dell’uretra, sono più piccole, più granulose, a contorno più delicato; e, infine, a prima giunta si distinguono dalle cilindriche dell’uretra maschile.

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. - Di questo epitelio si trovano costantemente nell’orina (più copiose nella femminile che nella maschile), le cellule più superficiali, le quali si presentano sotto la forma di grandi piastre simili a quelle dell’epitelio boccale, a forma irregolarmente poligonale, a contorni netti e spiccati, a protoplasma chiaro, piuttosto omogeneo, a nucleo relativamente piccolo, irregolarmente ovale, con nucleolo poco spiccato od invisibile. La loro forma schiacciata si riconosce facilmente facendole rotolare nel campo del microscopio. - Oltre ad esse si osservano, ma più rare, delle forme epiteliari più giovani (fig. 59 b), che ne differiscono perchè sono un po’ più piccole, sferiche, e a protoplasma finamente granuloso. - In qualche caso nel corpo di queste cellule giovani penetrano, e si raccolgono, 2-3 o più leucociti.

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Un’altra forma che appare frequentemente nell’orina normale, quando già la fermentazione acida è a periodo avanzato, è rappresentata da piccolissime cellule sferiche (fig. 69 b), piuttosto pallide, a contorno delicato, riunite di frequente fra loro a gruppetti; sono del tutto immobili e si moltiplicano con discreta rapidità.

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a) amorfi.

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Recentemente in qualche caso di leucemia con partecipazione del midollo osseo si sono trovati nel sangue relativamente numerosi dei leucociti grossi a granuli grossi simili a quelli del midollo delle ossa, accompagnati da globuli rossi ancora nucleati (v. a questo proposito: Ehrlich Zeitschr. für klin. Med. 1881, p. 408). La presenza contemporanea di queste due specie di elementi nel sangue può servire a dimostrare la partecipazione del midollo alla origine della malattia? Una risposta affermativa a questa domanda sarebbe di molto valore, poichè avremmo con ciò acquistato una nozione importante per diagnosticare una fra le così oscure malattie del midollo; ma non la si può dare per ora, essendo troppo scarse le osservazioni finora raccolte sull’argomento.

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21.Già in buon numero di casi vennero trovati in copia nel sangue dei globuli rossi che si distinguevano dagli altri per la forma sferica, pel colorito più intenso, pel rimanere isolati, per la resistenza ai reagenti e specialmente pel loro diametro (fig. 2.a g), che poteva scendere fino a 3 a 2 ed anche a 1 µ (microciti). WERTHEIM e PONFICK li videro dopo estese scottature cutanee, e li credettero dipendenti da una segmentazione dei globuli rossi, simile a quella che si può produrre sperimentalmente anche nel sangue estratto, riscaldandolo a 52° C. - VANLAIR e MASIUS li trovarono in diverse condizioni morbose, nelle quali, il più delle volte, l’attività del fegato era diminuita, mentre era aumentata quella della milza. Essi, perciò, riterrebbero, che i microciti rappresentino l’ultima modificazione di forma dei globuli rossi, quale si compie nella milza; e che, così alterati, essi vadano a distruggersi nel fegato; nei casi patologici suaccennati essi sarebbero stati prodotti in gran copia nella milza, ma non avrebbero potuto essere corrispondentemente distrutti nel fegato, epperò trovavansi in gran numero circolanti nel sangue. - I microciti si trovarono eccezionalmente numerosi nella anemia perniciosa progressiva; da alcuni, anzi (EICHHORST), si considerarono, a torto, come caratteristici di questa malattia. - Da tutto ciò si deduce, che la significazione dei microciti è ancora poco conosciuta, ed essi non ci possono fornire un criterio diagnostico preciso.

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Un modello più modesto, ma pur buono è il N.o 7 di SEIBERTe KRAFFT È provvisto degli oculari 1 e 3 e degli obbiettivi 2 e 5 a, e dà 4 ingrandimenti da 70 a 610 diametri. Costa 150 lire in oro a Wetzlar.

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a) P. vegetali.

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La produzione epidermica dà luogo a forfora, a squamette, a membranelle, in cui facilmente col microscopio (all’esame in glicerina pura od addizionata di acido acetico) si riconoscono le lamelle epidermoidali (eritemi, eczemi, psoriasi, scarlattina, ittiosi, ecc.). La esagerata produzione sebacea consta, oltre a varia quantità di lamelle epidermoidali, di materia sebacea, facilmente riconoscibile ai soliti caratteri microscopici, ed ora molle, oleosa, ora essiccata a forma di squame, che possono simulare le squame epidermiche. Alla materia sebacea possono mescolarsi polvere e sudiciume, ed impartirle un colore sporco, bruniccio o giallastro.

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Tecnica delle autopsie per riscontro diagnostico

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Giacomo Mottura 2 occorrenze

«Il medico provinciale può disporre il riscontro diagnostico anche sui cadaveri delle persone decedute a domicilio quando la morte sia dovuta a malattia infettiva e diffusiva o sospetta di esserlo, o a richiesta del medico curante quando sussiste il dubbio sulle cause di morte».

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La larghissima discrezionalità affidata al corpo medico comporta, accanto alla facoltà di eseguire il riscontro, un'altrettanta larga facoltà di ometterlo: e gl'interessi pubblici della scienza, della didattica e della verifica sanitaria rimangono legati a tendenze e a circostanze del tutto occasionali. Fra le tendenze e le circostanze occasionali ha logico gioco anche una certa attenzione a quelle voci di dissenso che possono provenire dai congiunti e che fanno leva sul rapporto personale tra famiglia e curante, rendendo questi partecipe, morto il paziente, della pietà funeraria. Così l'eventuale indulgenza del curante può venire a controbilanciare l'apparente rigore della disposizione di legge. Il curante in effetti non è investito di precise responsabilità di verifica, oltre a quelle che la sua coscienza diagnostica gli suggerisce.

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Lavori dell'Istituto d'Igiene

528201
Giuseppe Brotzu 1 occorrenze
  • 1948
  • tipografia C.E.L.
  • Cagliari
  • medicina
  • UNIPIEMONTE
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Particolare degno di nota è che tali caratteristiche possono essere perse facilmente tenendo gli stipiti in terreno liquido a temperatura ambiente e anche a temperatura di 5° C.

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