Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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L'evoluzione

447002
Montalenti, Giuseppe 50 occorrenze

Questo libro è nato da una serie di lezioni tenute alla Rai alcuni anni or sono, con l’intento precipuo di contribuire a dissipare l’equivoco. La trattazione completa di un argomento così vasto e impegnativo richiederebbe ben altro spazio. Per forza di cose, e anche per evitare di entrare in particolari tecnici che risulterebbero incomprensibili a persone non specializzate, ho dovuto attenermi a discorsi piuttosto generali, e perciò spesso superficiali e generici. Se, come mi auguro, queste pagine varranno a destare l’interesse di molti lettori suscitando il desiderio di acquisire nozioni più ampie e precise, le opere indicate nella nota bibliografica potranno servire di spunto a uno studio approfondito.

Perciò non ci è lecito respingere l’interpretazione evoluzionistica, a meno di non essere a ciò costretti da argomenti di gravissimo peso, che le siano decisamente contrari.

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Tale spiegazione è, scientificamente parlando, una pseudospiegazione, in quanto fa ricorso a entità e a processi incontrollabili. La spiegazione scientifica è, invece, quella evoluzionistica.

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le variazioni singole, come un artefice, che stabilito di voler fare, per esempio, strumenti musicali a fiato, si sbizzarrisca poi a costruire le mille possibili variazioni, dallo zufolo alla zampogna, alla tromba, al flauto, all’armonium e all’organo. I quali, anziché singoli strumenti, rappresentano a loro volta famiglie di strumenti, con innumerevoli varietà.

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Profilo del corpo e scheletro di un cetaceo (balena) per dimostrare la riduzione delle ossa del bacino e dell’arto posteriore (rappresentate a parte a maggiore ingrandimento).

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Nell’era successiva, la Cenozoica, che giunge fino a noi, si assiste allo sviluppo e al differenziamento degli Uccelli e soprattutto dei Mammiferi, che a poco a poco assumono l’importanza e la diffusione che nel Mesozoico avevano i Rettili.

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Nell’era Mesozoica assistiamo, sempre attraverso le rivelazioni dei fossili, a fenomeni spettacolari, drammatici. I Rettili, che erano comparsi verso la fine dell’era Paleozoica, si differenziano in numerosissime forme, alcune delle quali gigantesche, adatte a vivere nei più diversi ambienti. Il periodo Giurassico che è alla metà dell’era Mesozoica, e risale a poco più di cento milioni di anni addietro, segna l’apogeo dei Rettili.

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Ogni organismo, come uno strumento, è adatto a determinate circostanze, a un certo ambiente, a una data «nicchia ecologica» ed è, in certo senso, relativamente perfetto per quello scopo. Un batterio, un’ameba, sono organismi bene adatti a sfruttare ambienti in cui non sarebbe pensabile potessero vivere un insetto o un vertebrato. Nulla di strano quindi che esistano ancor oggi, e che ancor oggi trovino nuove possibilità da sfruttare, nuovi ambienti in cui insediarsi, quali per esempio la cavità intestinale di un mammifero, o i tini pieni di vino.

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Afferma infatti Linneo « Species tot numeramus quot a principio creavit infinitum Ens » cioè: tante sono le specie oggi esistenti, quante in principio furono create dall’Ente infinito. Il che equivale a dire che, quando un naturalista si trova in dubbio, dinanzi a

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Spesso la dominanza non è completa: per esempio dall’incrocio di due varietà di piante di «bella di notte» a fiori bianchi e a fiori rossi, si hanno ibridi con fiori rosa;

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ma questi, riproducendosi, danno luogo alla tipica segregazione mendeliana (fig. 23) in piante a fiori rossi (1/4) a fiori rosa (2/4) a fiori bianchi (1/4). In questi casi si considera una sola coppia di geni, e si parla perciò di monoibridismo.

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Partendo da otto barattoli contenenti colori diversi, e mescolandoli a due a due (generazione sessuata), in tre «generazioni» la variabilità è ridotta a zero (da Scheinfeld).

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A che cosa è dovuto questo fenomeno: la presenza di alleli diversi? È importante rispondere a questa domanda perché dalla formazione degli alleli, evidentemente, dipende, in ultima analisi, la variabilità.

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Un gene qualsiasi, A, può passare ad uno stato allelico, a, per un processo che, in omaggio alla scoperta del De Vries su Oenothera, cui abbiamo precedentemente accennato, è stato chiamato mutazione. Si dice che l’allele A muta trasformandosi nell’allele a, o viceversa. Una volta compiuto il salto mutativo, il gene si riproduce così com’è conservando le nuove caratteristiche, fino a che, per effetto di una nuova mutazione non sia trasformato in un altro allele a1, oppure ritorni allo stato primitivo A (mutazione inversa). Esempi di mutazioni, cioè di caratteri dovuti a mutazioni se ne trovano dovunque purché si osservino animali o piante allo stato selvatico o domestico: l’albinismo, così comune in ogni gruppo di animali, e i vari altri colori del pelo e delle penne, il pelo di tipo angora, il muso del bull-dog, le corna lunghe o corte dei bovini, l’assenza di corna, forme e colori diversi dei fiori, forma delle foglie, attitudini fisiologiche varie, come il singolare modo di camminare dei topi cosiddetti danzatori, o di volare dei colombi capitombolanti, istinti diversi come quelli del cane da caccia, o da traino, o da guardia, e mille e mille altri esempi che chiunque può facilmente ricavare dalla propria esperienza, sono altrettanti casi riconducibili, in ultima analisi, a una sola mutazione, oppure alla cooperazione di parecchie mutazioni geniche.

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Il problema fondamentale, l’origine della specie, può, a sua volta, essere considerato da vari punti di vista e venire indagato con vari accorgimenti, con metodo teorico, o di osservazione comparativa o sperimentale. Per metodo teorico s’intende la formulazione di modelli o ipotesi costruite in base a considerazioni teoriche; ipotesi che sono poi sottoposte a controllo sperimentale, per vedere se sono tenibili o devono essere modificate o scartate.

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In base a queste considerazioni, possiamo tagliar corto a tutte le controversie sulla definizione di specie, che si sono susseguite da Linneo in poi, e adottare una definizione che compendia quanto di valido è risultato da quelle

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1) che non vi sia frequenza di mutazione differenziale fra Aa e aA;

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frequenze geniche in una popolazione; modelli che servirono a programmare esperimenti, e a interpretare risultati di osservazioni in natura.

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Questo esempio, molto semplice, si presta a parecchie considerazioni e può servire a rispondere a molte obiezioni.

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La poliploidia è anche un meccanismo con cui si è riusciti a creare in laboratorio specie nuove, non esistenti in natura. Tipico esempio Iris autosyndetica, ottenuta incrociando due specie di giaggioli a lor volta già poliploidi, Iris hoogiana e Iris macracantha. I genetisti sono dunque riusciti a realizzare l’aspirazione di molti biologi ottocenteschi: costruire artificialmente specie nuove.

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A questo punto viene spontanea la domanda: i meccanismi evolutivi oggi noti sono sufficienti a dar ragione dei più ampi gradi d’evoluzione, cioè dell’origine dei gruppi d’ambito superiore, fino ai tipi o phyla? La microevoluzione è sufficiente a spiegare la macroevoluzione?

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Notevole è la descrizione dell’evoluzione dell’umanità, la quale proviene da antenati di «dura razza» rozzi, primitivi, ignari del fuoco e dell’aratro, che a poco a poco hanno imparato ad usare semplici arnesi, poi hanno

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Valga a dimostrarlo la citazione di alcuni brani della lucida e penetrante recensione con cui A. Giardina«Rassegna delle scienze biologiche», 1923, pp. 57-60. accoglieva

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Di evoluzione si trovano cenni in filosofi come Giulio Cesare Vanini (nato a Taurisano nel 1585, finito sul rogo a Tolosa nel 1619), Giordano Bruno (nato a Nola nel 1548 e finito sul rogo a Roma nel 1600), i cui sistemi erano un’aperta condanna dell’aristotelismo scolastico. Ma sono accenni vaghi e incerti: mancava a quei dotti la conoscenza di alcuni fatti indispensabili per istituire un sistema evoluzionistico: e cioè la conoscenza della struttura degli animali e delle piante, quindi delle loro affinità e differenze, e la conoscenza e l’esatta interpretazione dei fossili.

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La disputa rinacque ancora una volta a distanza di un secolo, a proposito dei batteri e di altri microorganismi di dimensioni più piccole dei protozoi. L. Pasteur, con lo stesso metodo usato da Spallanzani, dimostrò che anche i batteri si originano da germi piccolissimi, presenti nel pulviscolo atmosferico, i quali, a loro volta, provengono da altri batteri. Essi possono venire uccisi col calore o con altri mezzi, e allora il brodo di cultura rimane sterile. Il contraddittore di Pasteur, F.-A. Pouchet, dovette ripiegare di fronte all’eccellenza degli esperimenti e delle argomentazioni del Pasteur.

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Di fronte a questi risultati negativi, molti biologi non rinnegarono tuttavia il concetto e continuarono a considerare la generazione spontanea come una possibilità teorica, in attesa della sua dimostrazione.

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Un notevole precursore dell’evoluzionismo si trova nella famiglia Darwin: è Erasmus, nonno di Charles Darwin, nato nel 1731 a Elton, morto nel 1802. Fu medico a Derby e scrisse un poema sugli amori delle piante, tradotto

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Cranio del Pitecantropo comparato a quello del Gorilla (in alto) e a quello dell’uomo (in basso) (da Howells).

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Cranio del Pitecantropo comparato a quello del Gorilla (in alto) e a quello dell’uomo (in basso) (da Howells).

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A. Alberti, Carlo Darwin, Formiggini, Roma 1922.

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A. La Vergata, L’evoluzione biologica: da Linneo a Darwin, 1733-1871, Loescher, Torino 1979.

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Huxley - A. C. Hardy - E. B. Ford, Evolution as a process, Allen and Unwin, London 1934.

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A. I. Oparin (a cura di), Discussioni sull’origine della vita, Boringhieri, Torino 1964.

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A. Harrison - J. S. Weiner - J. M. Tanner - N. A. Barnicot, Human biology, Clarendon Press, Oxford 1964.

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Dart, Raymond A., 245.

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Bertrand, A., 47 n.

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Valenciennes, A., 42.

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Murray, A., 84.

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Tyler, Stephen A., 125.

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Medvedev, Zhores A., 160 n.

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Wolsky, A., 101 n.

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Lamarck si diede dunque a studiare, a comparare, a classificare quegli Invertebrati in cui Linneo aveva riconosciuto due sole classi: gli Insetti e i Vermi. Si occupò in particolar modo dei Molluschi viventi e fossili, e in breve tempo acquistò nel campo degli invertebrati fama eguale a quella che nei giovani anni aveva avuto come botanico. Preparò così la sua grande opera: Storia naturale degli animali senza vertebre, il cui primo volume fu pubblicato a Parigi nel 1815 (l’autore aveva allora settantun anni) e il settimo ed ultimo nel 1822. Quest’opera è fondamentale: la classificazione degli invertebrati istituita dal Lamarck è, si può dire, tuttora adottata dalla zoologia moderna almeno nelle linee fondamentali.

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Tutto concorre dunque a provare la mia affermazione, cioè, che non già la forma, sia del corpo, sia delle sue parti, dà luogo alle abitudini e al modo di vita agli animali, ma che, al contrario, le abitudini, il modo di vita e tutte le altre circostanze influenti hanno, col tempo, costituito la forma del corpo e delle singole parti degli animali. Con forme nuove, nuove facoltà sono state acquisite, e a poco a poco la natura è giunta a formare gli animali così come li vediamo attualmente.

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Dallo studio dell’anatomia, il Cuvier fu condotto a riformare la classificazione degli animali. Fino a quel tempo

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Robert Darwin, appena ventenne, a prendere possesso della sua residenza a Shrewsbury nello Staffordshire. Robert si accingeva a dedicarsi all’esercizio della medicina, che già aveva procurato una notevole agiatezza al padre suo Erasmus, a Derby. La casa in cui si installò, «The Mount», di quello stile neoclassico molto diffuso in Inghilterra che fu chiamato georgiano, fu quella in cui Charles Darwin doveva trascorrere l’infanzia e l’adolescenza e a cui tante volte ritornerà col pensiero nel corso della sua vita.

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Tornato in patria Darwin si stabili a Londra e cominciò a mettere a punto il Diario del viaggio. Nel luglio 1837, c’informa nella sua autobiografia, «detti mano al primo libro di appunti circa i fatti relativi all'Origine delle specie, argomento su cui avevo già lungamente riflettuto e a cui lavorai intensamente per i successivi vent’anni» .

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Tutti i tentativi di fare a meno di questo principio, in biologia, sembravano destinati a fallire. Molti erano stati i biologi che avevano tentato interpretazioni meccanicistiche dei fenomeni vitali, nel corso dei secoli; ma tali interpretazioni, seppur valevoli per alcuni fenomeni isolatamente considerati, si erano rivelate inadeguate a dare una spiegazione generale del mondo dei viventi, e, in particolare, alla spiegazione degli adattamenti.

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Darwin non partecipò quasi mai a pubblici dibattiti, a congressi, a sedute di società scientifiche. Ritirato nella sua casa di campagna, con la moglie Emma Wedgwood, che era sua

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La situazione era a questo punto, verso il 1890. Alcuni studiosi cominciarono a rendersi conto che i soli dati della osservazione sugli organismi fossili o viventi, e le sole speculazioni teoriche non erano sufficienti a risolvere i numerosi problemi posti dall’evoluzionismo. Occorreva sperimentare, cercare di sorprendere l’evoluzione in atto. E anche era urgente cercar di chiarire, per mezzo di ricerche sperimentali, qual è il meccanismo dell’eredità biologica,

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Il mutazionismo può rispondere a molte delle critiche rivolte al darwinismo, e in particolare a quella che i caratteri non hanno valore selettivo se non quando sono ben sviluppati, alla difficoltà di spiegare l’origine dei grandi gruppi, e ad altre ancora. Quindi questa teoria dell’«evoluzione a salti», anziché a piccoli, insensibili passi, ebbe una notevole fortuna e fu presa in seria considerazione da molti biologi, pur non essendo essa stessa esente da molte difficoltà.

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