Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Numero di risultati: 2012 in 41 pagine

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Astronomia

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J. Norman Lockyer 15 occorrenze

piccoli questi asteroidi, che, tutti agglomerati insieme, non riuscirebbero a fare una massa uguale a quella del più piccolo fra i pianeti sopra indicati, nè il loro grande numero basta a compensare l'esiguità dei loro corpi.

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La luce, che percorre circa 300 mila chilometri al minuto secondo, impiega 8 minuti e 13 secondi a giungere dal Sole a noi.

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seguendolo a sinistra, sia a destra che a sinistra raggiungendo due punti come C, D di massima digressione dal Sole, con questa sola differenza da Mercurio che, la sua orbita essendo più grande, le sue deviazioni o digressioni massime sono anche più grandi.

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Marte nelle sue opposizioni può avvicinarsi alla Terra fino a 59 milioni di chilometri, e può allontanarsene nelle congiunzioni fino a 407.

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Ciascuna di esse all'approssimarsi della stagione calda del proprio emisfero incomincia a restringersi, a diminuire nella sua parte periferica, e va progressivamente riducendo la sua grandezza fino a circa due mesi e mezzo dopo il rispettivo solstizio, a partire dal quale succede un lento incremento delle dimensioni sue, incremento che continua per tutta la stagione invernale.

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Lo schiacciamento del disco di Saturno è sensibilissimo, maggiore dello schiacciamento di Giove, e il diametro intorno a cui Saturno ruota sta a quello equatoriale press'a poco nel rapporto di 8 a 9.

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A cagione della grande distanza a cui le comete si allontanano dal Sole quando percorrono la parte più remota della loro orbita allungata, esse rimangono invisibili nella maggior parte del loro corso, e cominciano a splendere solo nelle vicinanze del Sole, quando il grande astro le illumina colla sua luce, e sollevando in esse col suo calore nuove ed immense masse di vapore, accresce a molti e molti doppi loro volume.

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Voi vedete sorgere astri a levante e tramontare a ponente, e non avete intorno a voi nessun

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Sono stelle che subitamente appaiono in cielo, e che a gradi a gradi, nel giro di pochi mesi, scompaiono.

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La zona zodiacale divide il cielo in due parti, una posta a settentrione, l'altra ad ostro; diconsi boreali o settentrionali le costellazioni a nord dello Zodiaco, australi o meridionali quelle a sud esso.

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mente visibili agli abitanti della Terra le configurazioni stellari sparse sulla mezza sfera celeste ABD; le stelle prossime ad A. si vedranno a levante, le stelle D a ponente; e per tutti i trecentosessantacinque giorni dell'anno, e per un'infinita serie di anni, sarà sempre così.

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Stando a bordo della nave noi avremmo veduto invece la torre MP scomparire a poco a poco, cominciando le parti più basse di essa ad immergersi apparentemente nelle acque, poi quelle di mezzo, e finalmente il fastigio.

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Da principio si vedono appena le punte degli alberi; poi gli alberi si ergono interi sopra la linea PQ; indi appare a poco a poco il corpo della nave; finalmente la nave vien tutta in vista e si avvicina a noi lasciando dietro a sè sempre più largo tratto di mare.

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A sinistra della figura trovandosi la plaga meridionale dell'orizzonte, a destra quella settentrionale, le stelle percorrono in cielo i rispettivi paralleli

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La Luna ruota intorno ad un suo asse così come fa la Terra, ma a compiere una rotazione impiega molto maggior tempo, impiega cioè tutto il tempo che essa impiega a compiere una rivoluzione intorno a noi.

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Le Stelle. Saggio di astronomia siderale

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Angelo Secchi 10 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Dumolard
  • Milano
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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Sotto vicino a questo è un altro gruppo formato di una specie di circolo di belle stelline disposte attorno a una più bella di esse notata a, e da cui divergono parecchi raggi, tre de’ quali sono distintissimi in alto (v. fig. 38.

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La potenza degli strumenti Herscheliani non riuscì in risolvere a stelle tutti gli oggetti caratterizzati comunemente come nebulosità, ma restava sempre il dubbio se questa differenza fosse difetto di potenza negli strumenti, o realtà di natura. Questo dubbio è stato finalmente risoluto a giorni nostri. Intanto per via quasi provvisoria si stabilì un criterio di differenza fondato sulla potenza degli strumenti più forti, e quelli che poterono risolversi furono detti gruppi, agli irresolubili si restrinse il nome di Nebulose. Di queste vi sono tre categorie: 1.a le Nebulose planetarie, 2.a le ellittiche, 3.a le irregolari.

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Se a è la distanza della Terra dal Sole e a' quella di Venere, la differenza aa' sarà la distanza di Venere dalla Terra, onde conosciuta questa distanza de’ due pianeti tra di loro, dalla equazione precedente si avrà a distanza del Sole dalla Terra.

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Dette a e a' le distanze medie e T, T' i tempi periodici dei due pianeti, si ha

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Si vede però in genere che la quantità della parallasse solare che non arriva a 9" in arco è determinabile per mezzo di una quantità che arriva a circa 30m in tempo, onde se l’osservazione dei contatti potesse riuscire esatta a 10" di tempo, la parallasse lo sarebbe a 0," 05 ossia mezzo decimo di secondo (v. Memoire de M. Dubois pag. 68).

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Perciò riassumendo dai paragrafi precedenti la numerazione delle stelle, abbiamo la seguente tavoletta, nella quale la prima colonna dà le grandezze, e la seconda il numero delle stelle secondo Argelander ed Herschel; la terza le somme successive di 1.a e 2.a; 1.a, 2.a, 3.a, ecc; la 4.a il raggio della sfera che può contenere tutte le stelle delle rispettive grandezze poste a distanze uniformi; la 6.a colonna contiene il risultato dello stesso calcolo secondo la numerazione fatta da Struve sulle stelle di Bessel nel Catalogo di Weisse; in fine vi sono le differenze dei due calcoli.

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La cessazione della vita a 0° nasce dal solidificarsi dell’acqua; nei mari profondi ove l’acqua salsa gelerebbe solo a 3° sotto zero la vita esiste a ‒ 2° e anche a ‒ 2° e mezzo centigradi. Se l’acqua non è il solo elemento necessario alla vita, ma con un altro fluido può unirsi, chi può fissare i termini della sua sussistenza?

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Catalogo di Argelander fatto a Abo, contiene 560 stelle; opera di molta autorità, che servì a fissare i moti proprii delle stelle con precisione.

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Grandezze: 1.a, 2.a, 3.a, 4.a, ecc.

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Rapporto dalla 1.a alla 2.a = 3.75; 2.a alla 3.a = 2.25; 3.a a 4.a = 2.20; 4.a a 5.a = 1.95.

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Osservazioni astronomiche e fisiche sulla grande cometa del 1862 con alcune riflessioni sulle forze che determinano la figura delle comete in generale

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Schiaparelli, Giovanni Virginio 5 occorrenze
  • 1873
  • Ulrico Hoepli
  • Milano-Napoli
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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Ad 8h 10m la testa della cometa, considerata nel crepuscolo ancor forte, sembra stare esattamente in mezzo a β e γ e Ursae minoris (dunque = 2m, 5). A completa oscurità mi parve uguale a β (quindi 2m, 0).

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Coda trifida, disegnata a 10h 30m: nella figura il ramo anteriore è troppo più divergente del vero dal ramo di mezzo: e presso la stella 67 Bode la sua distanza dal ramo di mezzo non deve superar un grado. Il ramo di mezzo ha la posizione giusta per 10h 30m. Ad occhio nudo la direzione iniziale della coda prima della divisione tende a 1/3 dalla stella η dell’Orsa minore e a 2/3 della stella 67 Bode di 6.a grandezza. A 11h 35m non si vede più la 3.a coda e resta solo un poco di barba confusa aderente colla 2.a. L’angolo di posizione della coda presso la testa risultò di 69°, 3 a 8h 50" da una misura.

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Del resto le difficoltà, inerenti a questo genere di misura basterebbero per sé a spiegare le variazioni dei numeri della 3.a colonna, eccettuati forse i tre primi. Onde in conclusione si può dire, che se la sezione della coda all’uscir dalla testa non era esattamente circolare, poco però differiva da quella forma; il raggio della sezione nella seconda metà di agosto variò da 20 a 25 raggi terrestri.

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A 11h 25m l’aspetto generale della Cometa è simile a quello di jeri; la coda però non appare più lunga di un grado, ed è più larga di jeri. Anche la nebulosità della testa sembra più grande e ne stimo il diametro a 15': questa nebulosità appare diffusa in rami irregolari. A 12h 10m angolo di petizione dalla media di 3 misure risultò di 307,° 0.

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I) la direzione iniziale della coda presso la radice passa a 2/5 da ζ e a 3/5 da ε dell’Orsa Minore. Il lato australe rade la stella 4 Ursae Minoris di 5.a grandezza. La coda pare più corta di jeri sera: è quasi rettilinea e si direbbe anzi che, verso la fine, tenda a curvarsi in concavo verso la Polare.

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Storia sentimentale dell'astronomia

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Piero Bianucci 20 occorrenze

Kircher nasce nel 1602 a Geisa, appartato villaggio tedesco, giunge a Roma nel 1633 e muore nel 1680. Attenzione a queste date.

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L’8 settembre 1940 un ragazzo francese, Marcel Ravidat, passeggiava con tre coetanei nella campagna di Montignac, in Dordogna, a mezzo chilometro dal castello di Lascaux. Il suo cane, di nome Robot, inseguì un coniglio che corse a ripararsi in una buca vicino a un albero sradicato. I quattro ragazzi scavarono e trovarono a un orifizio largo 20 centimetri. Un’uscita segreta del castello?

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Picard capì subito che Roemer era un giovane sveglio e lo sollecitò a misurare i tempi delle eclissi del satellite Io, il più vicino a Giove. Il progetto si tradusse nell’osservazione di 140 eclissi compiute a Uraniburg, nell’isola di Hven, dove Tycho Brahe aveva costruito il suo osservatorio. Il giovane danese fece un lavoro fu così accurato che otto mesi dopo Picard lo convinse a trasferirsi all’Osservatorio di Parigi. Qui Roemer rimarrà per dieci anni, fino al 1681, quando tornerà in Danimarca in seguito a contrasti con Cassini, personaggio che non aveva certo un buon carattere. A Parigi ebbe invece la stima e l’amicizia di Huygens, a sua volta, manco a dirlo, in pessimi rapporti con l’astronomo italiano. Roemer aveva applicato ai denti delle ruote la curva chiamata epicicloide (quella descritta da un punto su una circonferenza che rotola su un’altra circonferenza fissa e sullo stesso piano) con il risultato che il profilo epicicloidale assicurava agli ingranaggi una perfetta trasmissione del moto. Huygens, che con gli ingranaggi aveva a che fare per il suo orologio a pendolo, era la persona più adatta ad apprezzare questa idea di Roemer. Curiosamente, saranno ruote dentate a permettere nell’Ottocento una misura precisa della velocità della luce.

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Pensò a una cometa, ma non aveva né chioma né coda. La seguì per un po’ di sere constatando che l’orbita pareva quella di un pianeta posto tra Marte e Giove. Il 21 gennaio ne diede comunicazione a Titius, a Bode e a Barnaba Oriani dell’Osservatorio di Brera a Milano.

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Figlio di un burocrate dell’erario, Biot aveva incominciato a lavorare come garzone presso un commerciante di Le Havre ma poi si arruolò nell’esercito repubblicano e si distinse per il suo coraggio in campo di battaglia. Tornato a Parigi – pare sulla carrozza di Saint-Just – si iscrisse all’Ecole Normale. Laplace apprezzò le sue doti al punto da fargli leggere in anteprima le bozze del suo capolavoro La mécanique céleste. Fu lui a metterlo a capo della commissione incaricata di stabilire che cosa realmente fosse successo a L’Aigle.

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L’origine spaziale delle meteoriti, sostenuta da Ernst Chladni in un lavoro del 1794, fu a lungo controversa: il buon senso si ribellava all’idea che dal cielo piovessero pietre. A chiudere la questione fu Jean-Baptiste Biot (1774-1862) quando il 26 aprile 1803 una gragnuola di meteoriti si abbatté sulla campagna intorno a L’Aigle, novemila abitanti, cittadina della Bassa Normandia, 140 chilometri a nord-ovest di Parigi.

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Aiutato da La Hire, Cassini nel 1718 completò la misura di due archi di meridiano, uno a nord e uno a sud di Parigi. Gli risultò che l’arco a nord era più breve e concluse che la Terra è appuntita come un limone. Ne venne fuori una controversia: la Terra somigliava a un limone o a un mandarino?

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Succede a Torino con Beccaria, a Milano con Boskovic, a Palermo con Piazzi. Tre sacerdoti.

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L’arco di meridiano che va da Dunkerque (estremo nord della Francia) a Barcellona fu quello prescelto, in quanto fino a Perpignan l’avevano già misurato Cassini III e La Caille: veniva comunemente chiamato “la Meridiana”. Pierre Méchain (1744-1804), il cacciatore di comete, e Jean-Baptiste Delambre (1749-1822), umanista convertito all’astronomia sui trent’anni, furono incaricati delle triangolazioni. Il primo si diresse a sud di Parigi, il secondo puntò a nord.

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Bessel allora tornò a puntare il suo eliometro verso 61 Cygni e nel 1838 poté annunciare che la parallasse di questa stella era pari a tre decimi di secondo d’arco. Dalla trigonometria sappiamo che un angolo di 0,3” corrisponde a una distanza pari a 680 mila volte la base, cioè 680 mila Unità Astronomiche, equivalenti a circa 11 anni luce.

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Quando Napoleone divenne console, fu per qualche tempo ministro dell’Interno e dall’imperatore ebbe grandi onori, ma al momento opportuno, nel 1814, non esitò a firmare l’atto della sua destituzione e fu uno dei primi a fare atto di sottomissione a Luigi XVIII.

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Eugène Antoniadi, nato nel 1870 a Costantinopoli da una famiglia greca, fece studi classici e seguì i corsi di architettura. A 17 anni iniziò le sue osservazioni a Prinkipo, un’isoletta del Mar di Marmara, usando un rifrattore da 7,5 centimetri di obiettivo e capace di 300 ingrandimenti per realizzare i suoi primi disegni di Marte. A 23 anni durante un soggiorno a Parigi conobbe Camille Flammarion, fervente sostenitore dell’esistenza su Marte di canali artificiali.

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La maggior parte delle stelle – circa il 90 per cento – si dispone lungo una curva inclinata che parte a sinistra in alto con le stelle più calde e luminose e termina in basso a destra con le stelle rosse più deboli. In alto a destra si colloca un gruppo isolato: le stelle supergiganti rosse. In basso, rispettivamente a sinistra e a destra, spiccano altri due gruppi isolati, quelli delle stelle nane bianche e delle nane rosse.

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Da ragazzino imparò a suonare il violino, passione che coltivò fino alla vecchiaia: fu un musicista mediocre ma non disprezzabile. A 11 anni ebbe un breve ardore religioso, presto sfumato. A 16 sognò di correre accanto a un raggio di luce – intuizione che gli spianerà la strada nella scoperta della relatività speciale – e si innamorò di Marie, una ragazza che aveva due anni più di lui. Galeotto fu il violino: lei suonava il pianoforte, lui l’accompagnava. Un amore candido, felice e breve. Il quel periodo il padre si era trasferito in Italia per esportarvi motori elettrici. Albert rimase a Monaco. Quando si ricongiunse ai genitori abitò prima a Milano, in via Bigli 21 (il poeta Eugenio Montale, Nobel per la letteratura, abiterà al numero 15) e poi a Pavia, nella stessa casa che nel 1808 aveva ospitato Ugo Foscolo. Nell’estate del 1895 fece, a piedi, una gita da Pavia a Genova. Vacanze d’altri tempi.

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Nato a Lugo (Ravenna) nel 1853, dopo studi classici seguiti privatamente, Ricci-Curbastro si era iscritto a Matematica prima a Roma, poi a Bologna, infine alla Scuola Normale di Pisa. Una borsa di studio lo portò a Monaco di Baviera, esperienza importante perché vi incontrò Klein e l’ambiente dei matematici tedeschi. A 27 anni fu nominato professore straordinario di fisica matematica a Padova ma diventò ordinario solo 12 anni più tardi. Dopo essersi occupato di elettromagnetismo, partendo da Gauss e dalla geometria non euclidea di Riemann, incominciò a sviluppare quello che diventerà il calcolo differenziale assoluto. Lì per lì la sua importanza non fu capita: sembrava soltanto un modo più complicato per arrivare a soluzioni già note. Decisivo fu un saggio che ricapitolava l’intera ricerca pubblicato nel 1897 sulla prestigiosa rivista tedesca Mathematische Annalen, firmato insieme con Tullio Levi-Civita, il più brillante dei suoi allievi.

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La vicenda degli “omini verdi” si concluse definitivamente nel 1974, quando il premio Nobel per la fisica andò a Hewish e a Ryle a riconoscimento del ruolo che avevano svolto nella scoperta delle pulsar e dei quasar. Jocelyn si consolò con un gioco di parole: “Io sono la signora No-Bell”. Ma fu ospite d’onore nel 1993 a Stoccolma per la consegna del Nobel a Joseph Taylor e Russell Hulse, che avevano dato una prova indiretta delle onde gravitazionali osservando una doppia pulsar. Un maestro e un allievo, questa volta, premiati alla pari.

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Nata nel 1928 a Filadelfia, Vera dormiva in una stanza rivolta a nord. Il lato settentrionale del cielo è il più monotono, le stelle sopra l’orizzonte sono le stesse per tutto l’anno, mentre gli spettacoli astronomici più divertenti vanno in scena sul lato sud. Vera invece fu come ipnotizzata dal lento girotondo delle stelle intorno alla Polare. A 10 anni si procurò delle lenti e le fissò in un tubo di cartone che aveva contenuto un rotolo di linoleum, materiale plastico che allora si usava per fare pavimenti a basso costo. Con quel telescopio di fortuna incominciò a sondare la notte e a fotografare gli astri. In mancanza di una montatura stabile, i risultati fotografici erano pessimi, scoraggiante era l’invito a lasciar perdere l’astronomia che le veniva dai genitori e dagli insegnanti. Vera resistette a tutte le pressioni. A 17 anni vinse una borsa di studio che le permise di scegliere liberamente la propria strada e nel 1948 al Vassar College si laureò in astronomia. Nel frattempo aveva conosciuto un giovane fisico-chimico e se n’era innamorata. Lo sposò, divenne la signora Rubin e lo seguì alla Cornell University rinunciando a un posto più prestigioso che le offrivano ad Harvard.

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Giuseppe Cocconi è morto a 94 anni nel 2008. Era nato a Como e si era laureato all’Università di Milano. Nel 1938 Edoardo Amaldi lo invitò a Roma al celebre Istituto di via Panisperna. Qui conobbe Fermi e lavorò con lui a un rivelatore di mesoni, poi si dedicò a studi sui raggi cosmici. Scherzando, Cocconi faceva notare che la sua comparsa a Roma coincise con la scomparsa di Majorana.

Pagina 300

L’eredità di Tycho, accumulata in 38 anni di scrupolose osservazioni, si può contemplare nei quindici volumi raccolti e pubblicati a Copenaghen dal 1913 al 1929. È l’imponente sistemazione di una astronomia in bilico tra vecchio e nuovo. Contiene errori concettuali ma anche misure di formidabile precisione, che Keplero saprà mettere a frutto appropriandosene con disinvoltura. Tuttavia il suo non fu propriamente un furto di dati scientifici, come molti hanno sostenuto. Già due giorni dopo la morte di Tycho, il segretario imperiale Barwitz annunciava a Keplero la nomina a successore dell’astronomo danese e lo invitava a fare domanda per ottenere il corrispondente stipendio, a patto che completasse le Tavole Rudolfine.

Pagina 58

Con un cannocchiale da 15 ingrandimenti Galileo vede due stelline a sinistra di Giove e una a destra. La sera dopo le tre stelle sono tutte a destra del pianeta. Galileo è perplesso: sono davvero stelle? Il 9 gennaio il cielo è nuvoloso. Il 10 due stelline sono di nuovo a sinistra di Giove, e così pure il giorno seguente. Il 12 gennaio Galileo vede due stelline a sinistra e una destra. Il 13 le stelline sono quattro, una a sinistra e tre a destra. Il 14 il cielo è coperto. Il 15 le quattro stelline sono tutte a destra del pianeta. Galileo incomincia a capire: sta osservando le lune di Giove, un sistema planetario in miniatura. Il sistema copernicano, verso il quale fino ad allora era stato un simpatizzante, ora gli sembra molto più plausibile.

Pagina 87

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