Per tutte queste ragioni possiamo facilmente ipotizzare come in un prossimo futuro si verrà a dare maggior peso all’aspetto dell’invenzione che a quello della realizzazione, al valore politico che a quello estetico, o ancora a un valore «antieconomico» piuttosto che a quello di merce da scambiare. (Questo nell’ottimistica ipotesi d’un miglioramento etico-estetico della nostra società consumistica e d’una sua apertura a valori non solo mercantili).
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Il nostro compito deve perciò forzatamente limitarsi ad un esame più accurato del periodo romano - circa 1588-1620 - e a raffigurarci poi, più in iscorcio, i risultati delle sue ricerche ed attuazioni pittoriche a Genova, a Torino, a Parigi, a Londra.
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Mantegna si vede a Belluno, a Cesena, a Perugia e nel Museo Campana.
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Carstens nacque nel 1754, morì nel 1798, e fu avversato a Roma dalla cerchia pseudoclassica che faceva capo a Tischbein e a Goethe.
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Così è più importante o più indicativo citar Brea a Taggia - e non è citato - che a Torino, Macrino in Alba - e non è citato - che a Roma, Scacco a Fondi che a Napoli, Molineri a Savigliano che a Torino; Tanzio a Novara che a Milano, Moncalvo a Casale che a Milano.
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O, per toccare de' nazionali di Baviera videsi mai tedesco che sì per tempo nel secolo sestodecimo, sbandita la seccaggine del Duro, sia più conforme dello Ampergher a' nostri pittori di Bergamo o di Brescia: a' Lotti, a' Bonvicini, a' Previtali?
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Lo rividi in fatti a Genova, a Torino, a Firenze, a Milano. Non lo rividi a Venezia.
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Il ricorrere a nuovi materiali : a cortecce (Schumacher, Crippa), a sacchi e stracci (Burri, Millares), a reti metalliche (Rivera, Lippold), a stoffe da tappezzeria (Baj), a bandoni corrosi dall’uso (Chamberlain, César), a lenzuoli sovrapposti e cuciti (Scarpina, Nuvolo), a brandelli di tessuti cuciti a intelaiature metalliche (Bontecou), e, ancora, all’uso di sabbie quarzifere, di segatura, impastate col vinavil, a smalti, a vernici, ha un significato che non è solo quello scandalistico e avveniristico. Come vedremo più oltre, con l’avvento della pop art, l’utilizzazione dei materiali più eterocliti, anzi addirittura degli oggetti già usati e dei rifiuti, doveva diventare sempre più d’uso comune, fino a raggiungere, con l’arte povera, l’aspetto d’una rinuncia o d’un rifiuto del piacevole e del “bello.”
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Steccate la carne in profondità con la lingua a strisce e i cetrioli (sott’aceto) a dadini; conditela di sale e pepe e fatela rinvenire nel burro a bollore insieme a una carota e a una costa di sedano grossolanamente tritate. Spolverizzate a metà cottura di un cucchiaio di farina, bagnate con mezzo bicchier di vino bianco e finite di cuocere lentamente.
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Pranzo per quindici persone servito a Parigi da Duglèré del Café Anglais. (Primavera).Hors d'oeuvre. Petits canapés, huitres marinées, anchois, olives farcies. Deux potages. A' la Regence. A' la Bàgration. Deux grosses pièces. Carpe farcie à la Chambord. Aloyau a la Sunderland. Quatre entrées. Suprême aux petits pois nouveaux. Filet de caneton bigarade. Croustade à la polonaise.
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Pudding a là D'Orléans. Timbale à la Pontange. Deux pièces de pâtisserie. Biscuit glacé en surprise. Meringue à la Sardanapale. Dessert.
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In una casseruola si mettono a colorire 25 grammi di burro insieme a due foglie di basilico ed a un ramoscello di prezzemolo. Colorito il burro si fa rosolare a sua volta la carne, per aggiungervi dopo, un ramajuolo di acqua calda e uno di brodo caldo sgrassato. Si lascia bollire fino a tanto che il liquido s'è ridotto a metà.
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(Il lettore vegga a: polvere di carne; a carne cruda; a marmellata di carne e a gelatina di carne, ecc.)
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Voi prendete la carne delle beccacce e ne fate un ripieno, triturandolo insieme al midollo di bue, cotto a a vapore, a un po' di lardo raspato, a pepe, a sale, a erbette, e a tartufi in sufficienza da poter riempire la capacità.... inferiore del fagiano.
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. — Lavati e puliti, si mettono a lessare in acqua bollente salata, insieme a una cipolla grossa tagliata a fette, a una carota, a una rapa, a un pezzo di sedano, a un po' di prezzemolo, a un po' di aceto, a uno spicchio d'aglio e ad alcuni grani di pepe.
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Gli spinaci e il pesce si pestano nel mortajo insieme a un mostacciuolo, a formaggio grattato, a due torli d'uovo, a un pizzico di cannella e a un poco di sale.
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Asportatene la parte centrale dura, che batterete minutissimamente insieme a prezzemolo e a uno o due spicchi d'aglio, a un torlo d'uovo sodo, a un po' di midolla di pane inumidita in acqua o in latte, e a rosmarino, o a timo, o a salvia.
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A parte avrete preparato il pesce, lessato in acqua salata insieme a una carota, a un porro, a un gambo di sedano, a mezza rapa, a una foglia di lauro, a una cipolla affettata, a uno spicchio d'aglio e a prezzemolo.
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A parte: dentro una pentola o un tegame a fianchi alti, di terra cotta, mettete un po' di grasso di manzo, battuto, insieme a burro e a una cipolla mezzana, divisa in quattro parti.
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Il ripieno, asciugato, si batte minutamente e si mescola a un uovo, a un po' di formaggio grattato, a una midolla di pane bollita nel latte o nel brodo, a un po' di pepe, di noce moscata e a cannella, quanto ne sta sulla punta di un coltello.
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Appena l'aglio comincia a scaldarsi (badate bene che dico a scaldarsi non a rosolarsi), mettete giù il pesto sciolto nel vino e fate cuocere a fuoco forte.
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Si pone a cuocere in una casseruola ed a bagnomaria, tenendola coperta e badando che l'acqua non abbia a bollire.
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Infinite sono le preparazioni degli asparagi prestandosi a guarnire zuppe e minestre, a contorni di ogni sorta di carni tanto bollite, che arrosto, o stufate, a costolette panate o semplici, a scaloppine, budinetti ecc.
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Preferibile a mangiarsi a freddo.
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Sbattete con un mazzetto di fuscelli due tuorli d’uova unitamente al sugo d’un limone e sale necessario, ed aggiungete a poco a poco mezzo bicchiere d’olio fine. Quando il composto sarà assai spumante, passatelo al fuoco in una piccola casseruola continuando a sbattere, ed appena comincia a condensarsi versatevi a goccia a goccia un poco d’aceto, sbattendo sempre, ed avvertendo di non lasciare troppo sul fuoco la salsa, acciocchè l’uovo non si rappigli. Essa serve a condir pesce, uova ed erbaggi a lesso.
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Adattatissimo a friggersi, a bollirsi, alla livornese, ed a preparare maionesi, crocchette, insalate, ecc.
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Con un mazzetto di fuscelli sbattete due tuorli di uova, col sugo di un limone e sale necessario, ed aggiungete a poco a poco mezzo bicchiere di olio fine. Quando il composto sarà assai spumante, passatelo al fuoco in una piccola casseruola continuando a sbattere, ed appena comincia a condensarsi versatevi a goccia a goccia un poco di aceto, sbattendo sempre, badando di non lasciare troppo sul fuoco la salsa, perchè l'uovo non si rappigli. Serve a condir pesci, uova ed erbaggi a lesso.
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Mettete al fuoco il brodo che vi abbisogna, e quando comincia a bollire gettatevi il semolino, facendovelo cadere a poco a poco, come a pioggia, e agitando intanto col mestolo, affinchè non si formino grumi, o bozzoli.
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Quando le avrete ben montate, versatevi a poco a poco, e continuando sempre a battere, 15 grammi di zucchero a velo. Allorché il latte comincia a bollire, gettatevi a cucchiaiate queste chiare sbattute, che prenderanno la forma di pallottole; voltatele per cuocerle da tutte le parti, e, quando saranno assodate, cavatele con la mestola bucata e mettetele a sgrondare nello staccio.
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«Le futurisme a triomphé, il portait en germe le monde nouveau qui a surgi de la guerre. Paix à ses obscurs blasphémateurs !».
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Metterete quest'orzo a macerare nell'acqua fredda la sera prima. Il giorno seguente, fattolo sgocciolare, mettetelo a cuocere in buon brodo finchè sia tutto scoppiato. A principio non vi metterete che quel tanto di brodo che basti a coprir l'orzo, aggiungendovene in seguito a poco a poco. Passatelo a traverso una tela forte e rada, spremendo forte, e servite il brodo denso che otterrete dalla spremitura, e che i Francesi chiamano creme d'orge.
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Mettete a fuoco in una casseruola un ettogrammo di burro, altrettanto lardo bianco tritato, ed una cipolla spaccata in croce. Quando la cipolla avrà preso colore, levatela e mettetevi dentro un cappone tagliato a pezzi, che salerete a dovere. Coprite la casseruola e lasciate cuocere il cappone; indi bagnate con due litri di brodo ed unitevi cinque ettogrammi di riso, rimestandolo sotto e sopra. Ricoprite la casseruola e lasciate cuocere a fuoco lento fino a che il riso sia a dovere ed alquanto asciutto. Servitelo con consumato a parte.
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A tale scopo si tagliano i fagiuolini a filetti, i cardi, carciofi ed altri a dadi, le radici a pezzi oblunghi e le rape in rotondo od ovale.
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Soffriggete a parte, con mezzo cucchiajo di pangrattato, le coscie delle rane in 60 gr. di burro, mettetevi a rosolare anche 350 gr. di riso, versatevi a poco a poco il brodo e aggiungete alla fine il formaggio.
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Lavorate i rossi collo zucchero, aggiungetevi a poco a poco il pane bagnato nel vino bianco, poi gli albumi a neve.
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Dimenate i tuorli collo zucchero, aggiungetevi a goccia a goccia, dimenando sempre, il burro sciolto a bagnomaria a ciò s'incorpori bene, unitevi poi a cucchiajate i due albumi sbattuti a densa neve, finalmente la farina.
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Sbattete gli albumi a densa neve, mescolateli collo zucchero, rimestate un poco, unitevi poi i rossi, la farina e finalmente il burro sciolto a bagnomaria, ma non caldo, e a goccia a goccia. Forno molto caldo.
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Pane da servire a pezzi o a fette.
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albumi a densa neve, unitevi a poco a poco 400 gr. di zucchero poi 60 gr. di cacao in polvere, formate delle spumette sulla lamiera unta e infarinata, cuocetele a forno mitissimo. Il composto va lavorato a lungo.
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. — Sbattete 3 albumi a densa neve, unitevi 95 gr. di cioccolata, 95 gr. di man- dorle pestate con un po' d'albume e 150 gr. di zucchero finissimo. Lavorate a lungo il composto unendovi a poco a poco 50 gr. di farina passata allo staccio con 4 gr. di cannella. Spianate la pasta, tagliatela a rotondini e cuocetela a forno mite sulla lamiera cerata.
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Pulite, fate cuocere nella brasura i palati, tagliateli a creste o a piacere, prontate la salsa all'italiana (cap. 19 n. 25 e 26), unite a questa i palati, lasciateli a mijoté e serviteli con crostoni a piacere.
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Pulite le carotte tagliatele a filetti o a dadi o a fette o in fesa o tornate, ponetele in una cassarola a farle cuocere a lento fuoco con poco zucchero, un pezzo di butirro, poco brodo liscio, unitevi un poco coulì o sostanza, sgrassatele con crostoni.
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Imbianchite le carottole tagliate in diverse maniere, cioè: o filettate, o a stelle, o a ulive, o rotonde, o rigate, o a frasche, o a fiori diversi, o a uccelletti imbianchiti, colatele, prontate buona sostanza, unitele, tenetele a mijoutè e scrvitevene sotto pollastri.
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Tagliate le rape a fese, a frasche, a colonette, a uccelli, o a piccole ulive, o a piccole bocciette col cava verdure, o a rosette, imbianchiteli con acqua e sale, fatele cuocere in una buona brasura, prontate una buona sostanza, levatele della brasura e ponetele nella sostanza, levatele a mijouté e servitevene per gli entrées.
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Il piatto... lumacoso sarà così fatto e pronto a venir presentato a coloro che ne sono tanto ghiotti e che, deliziandosene lo vuoteranno fra un cantar lodi alle brave cuoche e lodi alle saporitissime lumache... cioè a quelle stesse lumache che, solo a vederle, fanno orripilar la pelle a noi... donnette schifiltose!
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saranno amalgamati; aggiugi, a poco a poco, mezzo litro di latte; e continua a mescolare fino a che la salsa, bollendo, sarà addensata.
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Continuate a mescolare (ma sempre a fuocoassai basso) fino a che anche tutto lo zucchero si sarà liquefatto.
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Er giorno de Pasqua Bbefanìa, che vviè’ a li 6 de gennaro, da noi, s’aùsa a ffasse li rigali. Se li fanno l’innammorati, li sposi, ecc. ecc. Ma ppiù dde tutti s’ausa a ffalli a li regazzini. Ortre a li ggiocarèlli, a questi, s’ausa a ffaje trovà’ a ppennólóne a la cappa der cammino du’ carzette, una piena de pastarèlle, de ficchi secchi, mosciarèlle, e un portogallo e ’na pigna indorati e inargentati; e un’antra carzétta piena de cennere e ccarbóne pe’ tutte le vorte che sso’ stati cattivi. La sera de la viggija de la Bbefana, a ttempo mio; li regazzini se mannaveno a ddormì’ presto, e sse ffaceveno magnà’ ppoco pe’ ffaje lassà’ una parte de la céna a la Bbefana. La bbardoria che sse fa adesso a ppiazza Navona, tempo addietro, se faceva a Ssant’Ustacchio e ppe’ le strade de llì intorno. In mezzo a ppiazza de li Caprettari ce se faceva un gran casotto co’ ttutte bbottegucce uperte intorno intorno, indove ce se vennéveno un sacco de ggiocarèlli, che era una bbellezza. Certi pupazzari, metteveno fôra certe bbefane accusì vvere e bbrutte, che a mme, che ero allora regazzino, me faceveno ggelà’ er sangue da lo spavento!
Se faceva, e sse fa incora pe’ li paesi, a li 17 de gennaro, festa de Sant’Antonio. A Roma se fa a la cchiesa de Sant’Antonio a Ssanta Maria Maggiore. Ar tempo der papa, tutti li padroni che cciaveveno carozze e ccavalli, muli e ssomari, li portaveno a ffa’ bbenedì’ tutti impimpinati attaccati a quattro, a ssei, e infino a dicidotto, parije, come l’attaccate de Piombini e dde Doria, ch’ereno un piacere a vvedelle. La ppiù mmejo attaccata però era quella der principe Piombini. Er su’ cocchiere, un certo Peppe Regazzini, portava dicidotto parije de cavalli, ossia trentasei cavalli, e li guidava come si fussi stata una parija sola. Er papa ce mannava tutti li cavalli de Palazzo, e ttutta la cavalleria pontificia in arme e bbagajo. Puro li pompieri quer giorno faceveno festa granne in der quartiere: e ppoi puro loro portaveno le machine a Sant’Antonio protettore de loro, a ffalle bbenedì’. E mmentre er prete ’stava fôra de la cchiesa a bbenedì’ ccavalli, muli, somari, bbôvi, pecore, porchi, capre, eccetra, eccetra, er chìrico nun faceva a ttempo a riccoje e a mmette drento a la bbussola tutti li quadrini che li padroni de le bbestie j’offriveno pe’ Sant’Antonio che quer giorno arimediava bbene forte. E giacchè pparlamo de bbestie e dde bbenedizzione, me so’ aricordato de divve che a Roma anche a le bbestie, come se fa ppe’ li regazzini, je se mette intorno a la testa er pelo der tasso pe’ ttieneje lontano er malocchio.
Bbisogna portalli a bbattezzà’ ppiù ppresto che sii possibbile. Er primo fijo s’ausa a pportallo a bbattezzà’ a San Pietro. Mentre se bbattezza er compare o la commare ner di’ er Crédo, bbisogna che stii bbene attenta a nu’ sbajasse; perchè si sse sbaja, quela póra cratura in vita sua sarà ttormentata da le streghe.