scende alla rinfusa verso il porto, agita carte e polvere, le luci d'una siccità decembrina di asfalto più che grigio fra le vetrine spente. Dal bar
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, era delimitato nel suo amplissimo giro: da alte pioppe cipressine che in lunghi filari andavano verso la campagna e il cimitero; dalla ferrovia; più
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alberi vicini è più forte delle finestre che sbattono negli altri appartamenti. Sto solo chiuso nella mia casa come un tagliaboschi, O un marinaio, O
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ricorda di una sua faccenda e non si sporge più per un minuto. Allora si diventa coraggiosi e la finestra diventa un balcone. Ci si guarda intorno, si fa
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più, ho sempre abitato dirimpetto a uno scalo minore, la Stazione piccola, destinato ai trenini per Sassuolo. E lì dentro giocavo, certi giorni di
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, la gioia più quieta della notte era calata. Le porte moresche si caricavano e si attorcevano di mostruosi portenti neri nel mentre sullo sfondo il cupo
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intanto calato il tramonto ed avvolgeva del suo oro il luogo commosso dai ricordi e pareva consacrarlo. La voce della Ruffiana si era fatta man mano più
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. L'aria è rosa. Un antico crepuscolo ha tinto la piazza e le sue mura. E dura sotto il cielo che dura, estate rosea di più rosea estate. Intorno
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ragazzina e i suoi occhi conscii e tranquilli sotto il cappellone monacale. Sulle stoppie interminabili sempre più alte si alzavano le torre naturali
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: Pei grigi rosei della città di ardesia Sonavano i clamori vespertini E poi più quieti i rumori dentro la notte serena: Vedevo alle finestre lucenti
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colmi di macerie, stridon sulle cornici I più grotteschi uccelli: ma sereni, sicuri, Più forti che le torri e più saldi che i muri. Quelli uomini di
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mia volontà più forte, Il mio sogno, il mio mondo, il mio destino. Io non sono per te: questo mio amore disperato e lontano e doloroso - gli passi
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crearmi la luce da me stesso, lasciami andar oltre il deserto, al mare perch'io ti porti il dono luminoso ... molto più che non credi mi sei cara. 2
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qualche volta piango: giacché più del mio pallido demone, odio il minio e la maschera al pensiero, giacchè canto una misera canzone, ma canto il vero
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ulivo, querciol, cipresso, il tempo è adesso di dondolare e di cantare: il segno è certo, fuori al concerto! Cadenze e inchini - e dei più fini al
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la moglie più non viene, cantando, a porre al sole delle bambine sue le camiciuole; io, reprobo poeta di messale sdegnoso e d'ostensorio, vagando
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...- sei lire...un anello!.. sì grosso, sì bello...- mi volle rubar. L'anel della moglie - mio dolce signore. un dono del core - che più non vedrò
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vegliate... - E noi, noi le vergini dal cielo invocate! - Rammenti ?...Rammenti ?... la seggiola io sono, la seggiola bella, più bella di un trono, in
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voce al ciel s'ergea, e più bella del solito parea! - Povero amico,addio...quel mazzolino ho ancor, che mi donasti quando da te partìa... Di questi fior
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, brilli il sereno! Dacchè, cullandoti su questo seno, vi scende il gaudio dal paradiso, più non interrogo che il tuo bel viso! Quel viso candido coi capei
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come un pazzo: - É lui ch'io scerno, non v'è più dubbio, l'ho trovato, è lui, É il padre Eterno! Ah paradiso, purgatorio, inferno, alba, sera
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del buio immenso, scordatevi i mister dell'oceàno; ciò che davanti alla bellezza io penso è assai più arcano! - Del lungo crin nel labirinto negro, che
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il queto bimbo urlando. Dormi: la notte è fertile di sante apparizioni, e nuota in lei più rapido l'estro delle canzoni; io, Beniamini, io veglio col
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placido balcone una fanciulla che, curva fra i garofani, preparava una culla; e il più gentil battesimo avea cercato ai santi, e quattro labbra amanti lo
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fumando in santa pace: - inchiodala sull'uscio, è il tuo brevetto, il miglior dei blasoni, e il più verace ". E la canzon dicea : " Libero ingresso! Si
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Iddio, che m'accende l'ingegno, qui, nel core che il bello innamora! ... Del Signor questo è il tempio più degno! Bordighera, giugno 1861.
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appar nel piano interminato; solo un tempio romano, ove facella più di vestal da secoli non splende, e ai sacrifici l'augure non scende, innalza
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beviamo; è dolce sussurrar fra nappi e amici : fanciulla, io t'amo! Fra gli spruzzi del vin, come, a vederla, la schiera delle amanti è più gentile
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schiudono, or si serrano i volumi palpitanti, quasi albergo all'alme fossero degli autor che non son più! Udite, udite il cantico che accompagna la
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opifici oscuri non sian di noi più puri in faccia al Creator! Ma al suon dell'aspre incudini si sposi il suon dei carmi, che tempra a Italia l'armi
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ritmo flebile di una stilla d'amore; scintillar vedi i timidi occhi del poverino, e dimenar più rapido l'arco del suo violino; la fame allor dimentica
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i pescatori abbaglia più del lucro promesso ... e che non luce! Il lucro è rame, povere monete, che dei pesci hanno l'odore. Vegliarono tant'ore per
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; per qualche più felice astro, infedele ci abbandonava e spiegò al ciel le vele! Qui, Poesia soltanto restò sparuta a pochi mesti accanto, a ricordar
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l'oblio), voli il mio verso, Arrigo, ai versi tuoi! S'amin tra loro almen, se più non m'ami; se m'ami ancor, parlino insiem di noi come tu meglio
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genio allor nell'interezza, veggon Dio che all'azzurro il riconduce, lasciando ai vivi un po' più di tristezza, e un po' meno di luce. Volgo io non son
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gambe viete nol sorreggevan più. Per me Bacco è a Esculapio nemico, e il congedai; e l'amicizia è ormai cosa che un tempo fu. Però nessun mi toglie le
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melode che è il benvenuto della terra al sole, fruscìo di selve, mormorìo di prode, mirifiche parole! Ma tu più bella d'ogni Bello, o Diva, la abbellirai
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E or già comincia ad esser bianco il crine, e più spessa sul core cade la neve... - Svaniron le larve, il sogno sparve. Quante stoltezze in questa
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bei santi mi ridiranno ancor le avemarie, e svaniran l'ombre del tuo destino nelle fulgenze mie! Bimbo, non tossir più! Son tanti e tanti gli orror di
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cicoria! Le favole ritornano care nella memoria, come il primo giuocatolo e come il primo amore; ma poi, quando più invecchia e si fa triste il core
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amanti! Che il vecchio senta, sfiorandogli il crine, la primavera in voi! Che il giovin senta nei novelli effiuvii più baldi i nervi suoi. Marzo che
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tu verresti a fermar spesso alle grate il più tranquillo dei morelli tuoi, e, per le vaghe arcate, mediteremmo insiem messale ed arpa, cilizio e
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, l'empietà sposando al facile rimeggiar delle canzoni. Assai più che nella crapula non sian tristi i baci e il riso, i miei versi al fango attinsero ciò che
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