sotto la linea del sopra ciglio nero i chiari occhi grigi: la dolcezza della linea delle labbra, la serenità del sopra ciglio memoria della poesia
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struggo lontano e solo, anco s'a te vicino parlo ed ascolto, o mia sola compagna. Mentre di tra le dita delle nubi a che occhieggian le stelle nel sereno
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dell'odio doloroso delle moltitudini vinte ed arde ogni giovane core e piange nell'aria fumosa lo spasimo disperato, e suona l'urlo più alto quando
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camminare per le vie che la siepe rinserra e stretti alle bisogna della terra si curvarono a faticare. Sulle pallide facce il timore delle piccole cose
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nostra gioia, il nostro salmo il secolo delle macchine annoia; cantiamo in ritmo algebrico del Cenisio le porte, cantiamo: o Roma o morte Tribuni o
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la moglie più non viene, cantando, a porre al sole delle bambine sue le camiciuole; io, reprobo poeta di messale sdegnoso e d'ostensorio, vagando
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sospirano d'amor come i poeti dell'Arcadia; le orchestre nei teatri fremono melodie, travolgon balli, e delle donne, come cigni bianche, dai palchetti
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: i tesori degli omeri nudi, delle chiome cosparse di fior! Oh divini di Venere ludi quando Bacco le avviva i color! Ama, e bevi, gentil giovinetto
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