Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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è mutato, sono spariti gli spiazzi erbosi, dal terrazzo  non  si vedono più i ponti sul Tevere e le cupole.
molti anni, nella luce gialla della grande città. Io so che  non  potrò cambiare niente di tutto questo e so che tutto questo
questo e so che tutto questo ha già cambiato me. Invece  non  so niente di ciò che avverrà di me e di tutto questo
 Non  c'è più il pulpito con la scaletta intarsiata e la porta
il pulpito con la scaletta intarsiata e la porta cigolante.  Non  c'è più la statua della santa incollanata di rose.
Il soldato s'è dato fuoco ai vestiti. L'unifonne di lana  non  arde e intossica l'infelice.
di fronte al mare. Il sole indora le acque, il cielo  non  ha confini. Stupori dei commensali per ogni portata.
che conduce all' ospedale e giunsi in breve dove il malato  non  si attendeva di vedermi: sulla balconata degli incurabili,
degli incurabili, stesi al sole. Mi scorse subito e  non  parve sorpreso. Aveva sempre i capelli cortissimi, rasi da
me, come indovinammo tutti e due senza dirlo. Del colloquio  non  ricordo più nulla. Certo non aveva bisogno di richiamarsi
due senza dirlo. Del colloquio non ricordo più nulla. Certo  non  aveva bisogno di richiamarsi alle questioni supreme, agli
cioè semplice e silenzioso. Exit Fadin. E ora dire che  non  ci sei più è dire solo che sei entrato in un ordine
dunque, avrebbe bisogno di noi? Se è una bestemmia, ahimè,  non  è neppure la nostra peggiore.) Essere sempre tra i primi e
senza fretta il libro delle tue reliquie. La tua parola  non  era forse di quelle che si scrivono.
seguita. È sempre sola, ma ha un gatto e un cane.Mi piace.  Non  mi fa paura come mia madre.Ama gli insetti. Io amo gli
paura come mia madre.Ama gli insetti. Io amo gli insetti.  Non  ha schifo delle lucertole e neppure dei vermi o dei serpi.
che strisciama sembra rotolare dal cielo del soffitto.  Non  ha bambini ègià vecchia: 47 anni. Il mio numero di casa è
che si nascondeva dietro la massa nera della nuvolaglia  non  si sa se lo faceva di proposito, ma protendendo la sua luce
le stelle e le nubi impariamo una distanza che di giomo  non  c'è, o non vogliamo che sia nostra.
e le nubi impariamo una distanza che di giomo non c'è, o  non  vogliamo che sia nostra.
tra le scansie alte fin quasi al soffitto. Ma un piccione  non  s'era ancora visto. Fino a sera sperammo che se tornasse in
da solo, com'era stato per gli altri pennuti, ma quando  non  bastarono le urla di incitamento né il lancio di vari
A te mi spinge con crescente furia una forza che pria  non  m'era nota, senza di te la vita mi par vuota triste ed
- Ma dimmi, perché sfuggi tu il mio sguardo fanciulla? O tu  non  lo comprendi ancora il fuoco che possente mi divora? ... e
il fuoco che possente mi divora? ... e tu l'accendi ...  Non  trovo pace che se a te vicino: io ti vorrei seguir per ogni
marzo 1905 * * * Poiché il dolore l'animo m'infranse per me  non  ebbe più la vita un fiore ... e pure inconscio iva cercando
sgorgano dal ciglio invirilmente. Oh mia fanciulla, oh tu  non  hai compreso di quanto amore io t'ami. Ed un dolore nuovo,
sola m'infondi quel coraggio che mi fa vivo! Lo sguardo mio  non  t'ha saputo dire non t'han saputo dir le mie parole quello
che mi fa vivo! Lo sguardo mio non t'ha saputo dire  non  t'han saputo dir le mie parole quello che dice all'universo
di piombo incurante del vento leggero. Amo quel vento.  Non  sono quella montagna. Improvvisamente verso sera il
 non  spero più che avanzando nel mondo ci sia un delta parlo una
 Non  so perché lo faccia. Forse perché così trova il suo cibo,
intorno al petto, o bella amica, ma con gioia pudica; e  non  baciarti, e tener gli occhi chiusi, sol nei profumi
e fuggir via! Povera amica! di me che ne dici ? Pazzo  non  sono, e non sono cattivo; ti amai nei dì del pianto e nei
via! Povera amica! di me che ne dici ? Pazzo non sono, e  non  sono cattivo; ti amai nei dì del pianto e nei felici, e ti
mi conquista. Prega, prega che torni il ciel sereno! Tu  non  lo sai che l'uomo è anch'esso un bruto ? Fuggi, fuggi da
Questa appendice mi pare un corpo estraneo. Perché  non  lasciar correre le poesie liberamente fino alla fine del
l'ha colpita sulla testa con la mano sinistra e, siccome  non  moriva, l'ha addentata, quindi ne ha assaporato il sangue
 Non  puoi. È tutto coperto. Se mi scostassi i capelli vedresti
che gli alti suoi misteri ignora e del bello alla fiamma  non  si appura. Oh dell'aprile candide sorelle! Somigliategli in
candide sorelle! Somigliategli in tutto, disprezzate chi  non  adora che la vostra pelle, e soltanto le fide anime amate
che si accumuli la polvere,  non  la scuoto dai tavoli, dal bordo delle sedie. Mi oppongo a
buttando calce sui muri. Adesso c'è silenzio. So che  non  torna più nessuno ma che esiste una tregua: questa, ora,
a dove passi inchiodata le giornate e ti parlo: a raffica,  non  so bene di cosa, memorie dissepolte, perdite, presagi,
appoggiato al pavimento, un pozzo senza fondo e il nero  non  è vuoto, ma un robo appiccicoso come petrolio, vischiosa
vischiosa materia, secrezione indelebile di bestia.  Non  respiro né sono oppresso, è solo che affogo.
suo controllo stringo un 'alleanza con strade nelle quali  non  mi oriento.
vini di insulse ebrezze, e dispersi carezze che ricordar  non  so. Ma non mi infanghi il plauso dell'ebete orgoglioso che
insulse ebrezze, e dispersi carezze che ricordar non so. Ma  non  mi infanghi il plauso dell'ebete orgoglioso che urtai, fra
caffé sbadiglia d'arte, per noia e moda, che il nome mio  non  s'oda, o ch'ei lo insulti io vo'! L'insulto e la calunnia,
io vo'! L'insulto e la calunnia, sposati in un sorriso,  non  turberan, scontrandola, l'ironia del mio viso; nell'orgia e
un momento Sono sfiorite le rose I petali caduti Perché io  non  potevo dimenticare le rose Le cercavamo insieme Abbiamo
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi Le rose che  non  erano le nostre rose Le mie rose le sue rose P.S. E così
adesso che, se  non  faccio in tempo a trovare parole capaci di avvicinare le
a vecchie foto di visi che colleziono negli anni e di cui  non  so il nome.
verso, Arrigo, ai versi tuoi! S'amin tra loro almen, se più  non  m'ami; se m'ami ancor, parlino insiem di noi come tu meglio
dell'uva al glorïoso acquisto; sicché pei colli un angolo  non  trovi dove sognar non visto. E sotto a tanto azzurro e a
acquisto; sicché pei colli un angolo non trovi dove sognar  non  visto. E sotto a tanto azzurro e a tanto verde (Dio! come i
una pietosa fronte che mi sorrida!... e crederò che morto  non  m'ebbe ancor Caronte! Te già non colse la terribil fronda
e crederò che morto non m'ebbe ancor Caronte! Te già  non  colse la terribil fronda che uccide il canto, il riso e le
ardisci e speri, e, gagliardo, rammenti altri gagliardi che  non  dissero al Dio : " Mancasti ieri, quest'oggi è troppo
della nostra speme, griderò: benedetti i due poeti, s'anco  non  giunti insieme! Cereda, ottobre 1871.
- Ve', ve', il giardino qui dell'Intendente! - Oh ma  non  scriva, no, quel muro giallo: vi sta un ricco che mai messa
scriva, no, quel muro giallo: vi sta un ricco che mai messa  non  sente, e il curato lo danna senza fallo! -
del vecchierello ; amo tutta la musica che ho intesa, ma  non  amo la musica di chiesa. Ah per l'uom sventurato appeso ai
del vecchierello; amo tutta la musica che ho intesa, ma  non  amo la musica di chiesa.
sarebbe se più  non  discendesse sulla terra la sera? Se più dalle convesse
o dal ceruleo monte, o dalla siepe che cinge le aiuole più  non  sparissse il sole? Il vignaiuol più non verrìa cantando la
cinge le aiuole più non sparissse il sole? Il vignaiuol più  non  verrìa cantando la sua dolce canzone la canzon che,
alla volta del tugurio che fuma; e la greggia raccolta più  non  udrìa sposarsi alle campane le sommesse litane. La madre dì
né brillerebbe più la lucernetta della mia cameretta. Voi  non  verreste più, coppie amorose, di ombrìe silenti in traccia;
col raggio di ciascuna stella. Onnipotente! oh! fa' che  non  si ammali la mia pallida musa, illusione ultima e santa dei
sul mio cammino il mendicante che guarda in viso e che  non  sa cercare, e allontanami il giorno in cui, tremante, non
non sa cercare, e allontanami il giorno in cui, tremante,  non  trovi il soldo da potergli dare. Fa' che ai coloni del
da potergli dare. Fa' che ai coloni del mesto villaggio,  non  turbi i sonni il perfido uragano, e sorridan, non curvi, al
non turbi i sonni il perfido uragano, e sorridan,  non  curvi, al mio passaggio, e i più vecchi mi stringano la
convento, sulle fosse dei monaci estinti; se all'inferno  non  giacciono avvinti lo sa Iddio che stupor li corrà! Dove il
Ma le vispe fanciulle dei campi, che cullato ancor bimbi  non  hanno, e ancor tutti gli stenti non sanno che si sposano ai
che cullato ancor bimbi non hanno, e ancor tutti gli stenti  non  sanno che si sposano ai cenci quaggiù; ma i garzoni che
seguiran quasi estatici il corso brontolando : " No, fumo  non  è! ". Ma i più furbi bisbigliano invece " Sì, che è fumo, e
può colpir tutta vasta quant'è. Ah il Signor queste cose  non  fece; no, per me, non ci vado in vapore. Chi compar!
quant'è. Ah il Signor queste cose non fece; no, per me,  non  ci vado in vapore. Chi compar! L'asinello è migliore;
della plebe, cui sopra tu stai, sul mio volto quel dì  non  vedrai insolente il sorriso spuntar. Ma deposto il mio caro
il mio caro bagaglio io verrò ne' tuoi crocchi festivi,  non  più in traccia di baci furtivi, ma coi maschi da senno a
è l'arca novella di pace, che i futuri destini rinserra,  non  più stragi di popoli in guerra, non più schiavi di avaro
destini rinserra, non più stragi di popoli in guerra,  non  più schiavi di avaro lavor! Voleran da villaggio a cittade
vi dirà, benché in veste dimessa, sante cose, che i preti  non  san. Vi dirà che gli è sacro al paese il sudore dei volti
è il valor dei soldati, come sacra è la mente del Re. Che  non  siete più mandre indifese, voi famiglie dei solchi dìlette,
ma dal vostro vessillo protette, ma da legge che ingiusta  non  è. * * * O Musa mia, perdonami se ti ho costretta a far da
un praticello, un somarello - che canti d'amore. Metti, se  non  puoi l'oro, almen l'orpello sul tuo pennello - amico
dagli occhi un'aria sofferente qual di chi spera, e lieto  non  fia mai: poi quando la tua tela mi darai, io ti dirò se ben
Che gagliardo color, che forma pura! ... Però nel fondo  non  capisco niente, e l'argomento mi mette paura. La barba del
mette paura. La barba del pontefice Clemente, ditelo voi,  non  vi par troppo oscura? ... E quella faccia di donna
sulle labbra e sul corpo, tu che mangi di malavoglia: ma  non  ricordo cosa. Io devo partire il giorno dopo, sud, sole,
di un falchetto color grigio chiaro, il becco a uncino  non  lasciava dubbi sul rapace. Fu gettato tra le erbacce di un
tutta piangente e smorta: - Questa canzone è morta,  non  la cantar mai più! - Quel dì, le madri italiche tutte
un lampo, un lampo fu! Quei bimbi che inneggiavano or più  non  siam, perdio! Siam la legione, o Pio, che il Campidoglio
nuovo in croce; e la vestal nella sua bianca vesta trema e  non  ha più voce! La libertà che idoleggiasti l'hanno i tribuni
irride, una canzon che muove a compassione, che ride e  non  sorride!... Eppur nel fondo vergine del core una fede ci
cielo; e sia la croce del tuo sacro avello luce immensa...  non  velo! 27 maggio 1873.
della cattedrale di Otranto. Con un'ostinazione che  non  doveva conoscere noia, il comandante turco (che ora dà il
più numerose dei minuscoli crani collocati in alto e di cui  non  sappiamo né il sesso né l'età né il nome.
- verde e scostato il lenzuolo: il letto è fatto e io  non  dormo mai sopra il drappo della gatta.
gli alberi, le case. Il capo lievemente chino. Assorta,  non  ai suoni suscitati dalle dita, ma al suono, inudibile, da
vita - se la morte a vivere ci aita ma la vita la vita  non  è vita se la morte la morte è nella vita e la morte morte
è vita se la morte la morte è nella vita e la morte morte  non  è finita se più forte per lei vive la vita. Ma se vita sarà
 Non  so se tra rocce il tuo pallido Viso m’apparve, o sorriso Di
per il tuo dolce mistero Io per il tuo divenir taciturno.  Non  so se la fiamma pallida Fu dei capelli il vivente Segno del
pallida Fu dei capelli il vivente Segno del suo pallore,  Non  so se fu un dolce vapore, Dolce sul mio dolore, Sorriso di
si lamenta del suo recente viaggio in Turchia. Giura di  non  tomarci mai più. Dovunque ha trovato uomini che hanno
sogni, quante favole, che follie, che visïoni,  non  scandemmo, o Musa, al facile rimeggiar delle canzoni! Si
inganni e dubbio e speme... quanti sogni, quante favole  non  cantammo, o Musa, insieme! Mi credetti il santo apostolo,
facile rimeggiar delle canzoni. Assai più che nella crapula  non  sian tristi i baci e il riso, i miei versi al fango
destino, e susurralo all'orecchio del mio pallido bambino:  non  un verso a Bruto o a Cesare, non un sol gettato ai venti in
del mio pallido bambino: non un verso a Bruto o a Cesare,  non  un sol gettato ai venti in cui freme e rugge e turbina la
in cui freme e rugge e turbina la bufera degli eventi!  Non  un solo all'empia Satira, alla livida Ironia... Diedi il
molte lagrime rinserra... L'uom nol curi o lo ripudii;  non  mi cale...: - è l'umil fiore che, borsel dell'elemosina,
tanti altri, molti dei quali  non  ho mai saputo neppure il nome, parenti alla lontana, tizi
è rimasto di poco più denso del mattino, e la spiaggia  non  fuma e il verdastro del mare è meno chiuso in sé, e cielo
è l'arancione della pelle, che pertanto da dentro scopriamo  non  essere pallida e rosea, come appare, ma di molto più
cielo sulla buona terra questo ch'io chiamo «io», ma ch'io  non  sono. No, non son questo corpo, queste membra prostrate qui
terra questo ch'io chiamo «io», ma ch'io non sono. No,  non  son questo corpo, queste membra prostrate qui fra l'erbe
membra prostrate qui fra l'erbe sulla terra, più ch'io  non  sia gli insetti o l'erbe o i fiori o i falchi su nell'aria
mia vita ... Ma ora qui che aspetto, e la mia vita perché  non  vive, perché non avviene? Che è questa luce, che è questo
ora qui che aspetto, e la mia vita perché non vive, perché  non  avviene? Che è questa luce, che è questo calore, questo
gli arboretti è un lottar di equilibrio e di scambietti per  non  schiantarsi, agli schiaffi potenti opponendo gli inchini e
- Monna Ghiandosa, rammentate il seicento? Fu in maggio, se  non  erro, di quell'annata, la maggior tempesta. Un mio ganzo,
udendo il cicalìo della vegliarda? Egli che all'alba ancor  non  era nato morir canuto a sera avea sperato... nel fango
e cupe sulle soglie, il grido del bimbo - le cose che  non  passano mai. Tu non muti. Sei buia. Sei la cantina chiusa,
il grido del bimbo - le cose che non passano mai. Tu  non  muti. Sei buia. Sei la cantina chiusa, dal battuto di