Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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possibile. Nella rare visite, anticipatamente annunziate,  la  signora Marulli trovava la bambina lavata, pettinata,
anticipatamente annunziate, la signora Marulli trovava  la  bambina lavata, pettinata, ravviata di tutto punto, con la
la bambina lavata, pettinata, ravviata di tutto punto, con  la  biancheria di bucato, e le bastava. La toglieva in braccio,
di tutto punto, con la biancheria di bucato, e le bastava.  La  toglieva in braccio, la baciucchiava, le faceva un po' il
biancheria di bucato, e le bastava. La toglieva in braccio,  la  baciucchiava, le faceva un po' il solletico sui labbrini e
solletico sui labbrini e sul mento per vederla ridere; poi  la  rendeva alla balia o la metteva in culla ella stessa. La
e sul mento per vederla ridere; poi la rendeva alla balia o  la  metteva in culla ella stessa. La Marulli arrivava lassú
la rendeva alla balia o la metteva in culla ella stessa.  La  Marulli arrivava lassú sempre accompagnata ora da uno, ora
chiamava cugino. - Muta cugino quasi ogni anno! - diceva  la  balia, sorniona, a quell'altro sornione di suo marito. Dopo
balia, sorniona, a quell'altro sornione di suo marito. Dopo  la  corta visita, la signora Marulli e il cugino si perdevano
a quell'altro sornione di suo marito. Dopo la corta visita,  la  signora Marulli e il cugino si perdevano pei campi, fra gli
arrivava lassú col marito, il cugino non mancava mai per  la  passeggiata pei campi. Il signor Marulli rimaneva alla
campi. Il signor Marulli rimaneva alla cascina, a cullar  la  bimba, a dondolarsela fra le braccia, attaccando discorso
soldo in tasca pei sigari, pel tabacco da pipa e per  la  partita di tressette al caffè, a lui come lui non gli
a sentirlo, zitto, pensando che forse il cugino aiutava  la  signora a sbarcare il lunario: - E il marito chiude un
occhio, com'usa in città. Dopo che certi braconi sventarono  la  storiella dei cugini, questa parola rimase. Allora la
la storiella dei cugini, questa parola rimase. Allora  la  signora Marulli, fresca, bella, di un'aria capricciosa,
- che doveva sposarla pei suoi occhi, come le diceva  la  nonna - e il signor Paolo era stato accettato in mancanza
mancanza di meglio. - Però se n'era compensata - malignava  la  gente. Sembrava una donna seria, tranquilla, assennata,
depravata. E non aveva, in quel che faceva, neppure  la  scusa dei sensi! La maternità fu per lei un peso
non aveva, in quel che faceva, neppure la scusa dei sensi!  La  maternità fu per lei un peso insopportabile, un impiccio
fu per lei un peso insopportabile, un impiccio odioso.  La  piccola Giacinta rimase quasi dimenticata in campagna.
Giacinta rimase quasi dimenticata in campagna. Quando  la  sua mamma si rammentava di andare a vederla una o due volte
si rammentava di andare a vederla una o due volte l'anno,  la  bimba - dinanzi a quella persona quasi sconosciuta, vestita
parola della mamma, della sua mammina vera, come le diceva  la  balia. - Le vuoi bene alla tua mammina? - È
bene alla tua mammina? - È un'orsacchiotta, addirittura.  La  signora Marulli stentava a capacitarsi che
fosse sua figlia. Dopo che dovette ritirarsela in casa,  la  trottolina di cinque anni, che le si raggirava tutto il
strillava per cose da nulla, le faceva perdere subito  la  pazienza - Ah! ... Aveva le bizze? E afferratala duramente
Aveva le bizze? E afferratala duramente per un braccino,  la  chiudeva in una stanzetta. - Lí; impara a strillare e a
a strillare e a rotolarti per terra! Nemmeno Camilla,  la  serva di casa, voleva vedersela attorno, specialmente in
vedersela attorno, specialmente in cucina. Però con lei  la  bimba si rivoltava; le diceva: - Sciancata! E un giorno,
ricevuto dalla Camilla uno spintone sgarbato, le avventò  la  parolaccia del marito della balia, quando questi sgridava
parolaccia del marito della balia, quando questi sgridava  la  moglie. Camilla l'avrebbe pestata sotto i piedi. E non
che passava all'ufficio e tra quelle al caffè, vedeva poco  la  figliolina. Poi, alle figliole dovevan badare le mamme. Se
fosse stato un bambino, allora sí, sarebbe toccato a lui! E  la  piccina, che non si sentiva voluta bene da nessuno, andava
di fare il chiasso per lunghe ore della giornata, senza che  la  sua mamma si desse pensiero di lei. La signora Marulli
giornata, senza che la sua mamma si desse pensiero di lei.  La  signora Marulli aveva già il capo a rimettere in
Marulli aveva già il capo a rimettere in bell'assetto  la  casa, ingrandita coll'affitto del quartierino allato e del
mosche in famiglia! - conchiudeva. Non metteva nel conto  la  Camilla, ora addetta soltanto alla cucina; né la Marietta,
nel conto la Camilla, ora addetta soltanto alla cucina; né  la  Marietta, la nuova servotta pratica di stirare e pettinare;
Camilla, ora addetta soltanto alla cucina; né la Marietta,  la  nuova servotta pratica di stirare e pettinare; né Beppe, il
moglie. E se lo vedeva gingillarsi in giardino a rastiar  la  terra col rastrello, a stuzzicare l'oca e le anitre che
- Sbraita, cornuto! E trovava sempre qualche scusa: -  La  bambina aveva voluto fare il chiasso fino allora. Era
chiasso fino allora. Era andato qua ... Era andato là ...  La  signora lo mandava attorno come il vento. E spesso era
lo mandava attorno come il vento. E spesso era vero.  La  bambina, allestiti in fretta i compiti delle lezioni che
di campagna dove i vetturali, mentre le bestie mangiavano  la  biada, si divertivano a ubbriacarlo, a insegnarli
scimmione! - diceva Camilla. Spesso infatti, nascosto con  la  bimba in fondo al chiosco, se la faceva sedere sulle
infatti, nascosto con la bimba in fondo al chiosco, se  la  faceva sedere sulle ginocchia e le domandava: - Che
sedere sulle ginocchia e le domandava: - Che intrugliano  la  mamma e il signor Porati, quando non c'è il babbo e vanno
non c'è il babbo e vanno in camera? - Uh! - rispondeva  la  bambina, senza comprendere. - Dovresti origliare; dovresti
Se no, addio chiasso! Vo' via. Questa minaccia atterriva  la  bimba; e il giorno dopo, per ingraziarselo, ella scendeva
tutt'a un tratto, sbarrando tanto di occhi, mentre  la  bambina a quelle mossacce rideva, saltava, batteva le mani.
batteva le mani. Se invece gli portava una pasta, Beppe  la  prendeva cautamente con due sole dita, e la guardava di
pasta, Beppe la prendeva cautamente con due sole dita, e  la  guardava di traverso: - Eh! Non se ne fidava! E voltatala e
buttandola in aria, a grande altezza. E intanto che  la  pasta veniva giú, le si piantava sotto, con le gambe
veniva giú, le si piantava sotto, con le gambe larghe, con  la  bocca aperta e le braccia dietro la schiena, per
le gambe larghe, con la bocca aperta e le braccia dietro  la  schiena, per abboccarla; e non falliva il colpo neppure una
una volta. - Perché mi guardi a questo modo? - gli domandò  la  bimba una mattina. Beppe era sorpreso di vederla grande,
di vederla grande, sviluppata, quasi una donnina; come se  la  vedesse allora per la prima volta, con quel grembiulino
quasi una donnina; come se la vedesse allora per  la  prima volta, con quel grembiulino bianco, ricamato negli
E le aprì incontro le braccia, invitandola con lo sguardo.  La  bambina slanciossi a corsa; e Beppe, presala ai fianchi, la
La bambina slanciossi a corsa; e Beppe, presala ai fianchi,  la  sollevò in alto e se la mise in collo. - Larà! Laràlliero!
corsa; e Beppe, presala ai fianchi, la sollevò in alto e se  la  mise in collo. - Larà! Laràlliero! Zun! Zun! La portava
alto e se la mise in collo. - Larà! Laràlliero! Zun! Zun!  La  portava attorno, trionfalmente; e, dopo la suonata, imitava
Zun! Zun! La portava attorno, trionfalmente; e, dopo  la  suonata, imitava con le labbra i rulli del tamburo,
il collo, gli suonava intanto, col pugno dell'altra mano,  la  grancassa sulle spalle. - Via! Via! E ad aizzarlo, gli
aizzarlo, gli ficcava un ditino fra collo e camicia, sotto  la  nuca, appena Beppe arrestavasi per spingerla in su tra le
il giorno innanzi. Giacinta tentò di scappare. Egli  la  trattenne pel braccio. - Vieni qui! sta' ferma!
braccio. - Vieni qui! sta' ferma! L'accarezzava, le passava  la  mano tra i capelli, la baciava forte, con le labbra calde.
ferma! L'accarezzava, le passava la mano tra i capelli,  la  baciava forte, con le labbra calde. - Sta' ferma! -
per slanciarsi sul topolino. Ma lei, via, di corsa. Allora  la  inseguí rotolandosi pel viale, grugnendo, miagolando,
rotolandosi pel viale, grugnendo, miagolando, abbaiando.  La  bambina, fermavasi un istante per lasciarlo accostare, e
fermavasi un istante per lasciarlo accostare, e prendeva  la  rincorsa ... - Oh, bravo! Oh, bravo! Beppe, poggiate le
- Se non voleva far il chiasso a quel modo! ... Talché  la  bambina, impaurita, ora lo invitava, prevenendolo; attratta
vietata, dopo che gli sentiva ripetere: - Zitta! ... Per  la  Madonna! O non piú chiasso, né nulla! Ma un giorno Camilla,
Beppe! dalla finestra di cucina, discese, arrancando con  la  gamba storta, in giardino: - Dove s'era ficcato
in giardino: - Dove s'era ficcato quell'animale? Beppe e  la  bambina uscivano in quel punto dalla galleria, e la bambina
Beppe e la bambina uscivano in quel punto dalla galleria, e  la  bambina piangeva e si asciugava gli occhi col grembiule. -
- brontolò Beppe, scuotendola brutalmente pel braccio.  La  bambina, vista la Camilla, diede in un nuovo scoppio di
scuotendola brutalmente pel braccio. La bambina, vista  la  Camilla, diede in un nuovo scoppio di pianto. - Che cosa è
forca? - Non dir ... nulla ... alla mamma! - balbettava  la  bambina, tra i singhiozzi ... - Non dir ... nulla ... alla
che fuggiva. - Non dir nulla ... alla mamma! - ripeteva  la  bambina, strascicata per le scale come un fagotto,
strascicata per le scale come un fagotto, riluttante. -  La  mamma! ... La mamma! ... Accidenti! - digrignava Camilla.
per le scale come un fagotto, riluttante. - La mamma! ...  La  mamma! ... Accidenti! - digrignava Camilla.
 La  mattina dopo, quando la signora Emilia, che non sapeva
mattina dopo, quando  la  signora Emilia, che non sapeva nulla, gli disse: - È morta
signora Emilia, che non sapeva nulla, gli disse: - È morta  la  contessa Grippa: l'hanno trovata morta in camera - Andrea
l'avesse accusato d'assassinio. - È morta! Piangeva con  la  testa fra le mani, i gomiti sul tavolino, guardando
una volta un Re e una Regina.  La  Regina era incinta. Un giorno passò una di quelle zingare
Un giorno passò una di quelle zingare che van dicendo  la  buona ventura, e il Re la fece chiamare: - Che partorirà la
di quelle zingare che van dicendo la buona ventura, e il Re  la  fece chiamare: - Che partorirà la Regina? - Maestà, un
la buona ventura, e il Re la fece chiamare: - Che partorirà  la  Regina? - Maestà, un serpente. Quelli trasecolarono. - E
Ammazzarlo appena nato? Allevarlo? - Dovevano allevarlo.  La  povera Regina dette in un pianto dirotto: - Chi avrebbe
paura. Avrà un dente soltanto, un dente d'oro. Infatti  la  Regina partorì un bel serpentello verde-nero, che subito,
si mise a poppare. Quando fu addormentato, il Re gli aperse  la  bocca e vide che avea davvero un dente soltanto, un dente
che quella loro disgrazia si risapesse, fece dire che  la  Regina avea partorito una bella bimba, ed era stata
Serpentina cresceva rapidamente, e quando apriva  la  bocca, il suo dente d'oro straluccicava. Un giorno ripassò
straluccicava. Un giorno ripassò quella zingara, e il Re  la  fece chiamare: - Dimmi la ventura di Serpentina. - Buona o
ripassò quella zingara, e il Re la fece chiamare: - Dimmi  la  ventura di Serpentina. - Buona o cattiva, Maestà? - Buona o
Serpentina. - Buona o cattiva, Maestà? - Buona o cattiva.  La  zingara prese in mano la coda di Serpentina e si messe ad
Maestà? - Buona o cattiva. La zingara prese in mano  la  coda di Serpentina e si messe ad osservarla attentamente.
Serpentina e si messe ad osservarla attentamente. Scrollava  la  testa. - Zingara, che cosa vedi da farti scrollare la
la testa. - Zingara, che cosa vedi da farti scrollare  la  testa? - Maestà, veggo guai! - E non c'è rimedio? - Maestà,
- Maestà, bisognerebbe interrogare una più sapiente di me:  la  Fata gobba. - O dove trovare questa Fata gobba? - Prendete
dietro. All'ottavo giorno vi troverete avanti a una grotta:  la  Fata gobba abita lì. - Va bene, - disse il Re - partirò
di peso sulle spalle, si tastò. Gli era proprio spuntata  la  gobba. - Ed ora che fare? Come tornare indietro con quella
Risolse di tornar di notte, perché nessuno lo vedesse.  La  Regina, accortasi di quel gonfiore sulle spalle, gli
spalle, gli domandò: - Maestà, che portate addosso? - Porto  la  mia disgrazia! E raccontò com'era andata. La Regina risolse
- Porto la mia disgrazia! E raccontò com'era andata.  La  Regina risolse di tentar lei: - Fra loro donne si sarebbero
al punto d'onde era partita. - Pazienza! Ricomincerò.  La  seconda volta, più in là di mezza strada, ecco alle sue
turò le orecchie a quel modo, e lei partì. Giunta davanti  la  grotta, si sturò le orecchie, e picchiò. Picchia,
- urlò finalmente una voce - Chi cercate? - Son io: cerco  la  Fata. - Quale Fata? Delle Fate ce n'è tante! - La Fata
io: cerco la Fata. - Quale Fata? Delle Fate ce n'è tante! -  La  Fata gobba. Le scappò di bocca. - Gobba sarai tu! La Regina
- La Fata gobba. Le scappò di bocca. - Gobba sarai tu!  La  Regina si tastò subito le spalle. Le era proprio spuntata
Regina si tastò subito le spalle. Le era proprio spuntata  la  gobba. Tornò di notte, per non esser veduta; e il Re, prima
le guardò dietro. - Maestà, che portate addosso? - Porto  la  mia disgrazia! E raccontò com'era andata. - E tutto questo
andata. - E tutto questo per Serpentina! Schiacciamogli  la  testa! La mala fortuna ci vien per lei. Il Re non sapea
- E tutto questo per Serpentina! Schiacciamogli la testa!  La  mala fortuna ci vien per lei. Il Re non sapea risolversi: -
- Non era sangue loro? - Farò di mio capo - disse fra sé  la  Regina. E, di nascosto al Re, chiamò una guardia di
un bosco. Quando sarai lì, farai una catasta di legna, ve  la  metterai su e darai fuoco. Finché non sia consumata, non
Maestà, sarà fatto. Intanto il Re ordinava gli si chiamasse  la  zingara: - Dimmi la ventura di Serpentina. - Buona o
Intanto il Re ordinava gli si chiamasse la zingara: - Dimmi  la  ventura di Serpentina. - Buona o cattiva, Maestà? - Buona o
sua moglie avea fatto, cominciò a strapparsi i capelli: -  La  loro rovina era compiuta. Ah! Povera Serpentina, dove tu
mia scuderia! Montò a cavallo e via, come un fulmine, per  la  strada del bosco. Di tanto in tanto si fermava: -
- Serpentina, dove tu sei? - Maestà, in mezzo al bosco. Ora  la  voce era più vicina. - E che tu fai? - Maestà, ho troppo
- Serpentina, dove tu sei? - Maestà, in mezzo al bosco.  La  voce era vicinissima. - E che tu fai? - Pelle nuova,
alla catasta in fiamme, e senza curar di scottarsi, tirò  la  cassettina fuori della brace. L'aperse in fretta e furia, e
scappar fuori una ragazza di belle forme; se non che avea  la  pelle tutta squamosa, come quella d'un serpente. - Troppa
dalla Fata gobba, ti faccio un magnifico regalo. - Non  la  conosco. E tirò via. Più in là, vide un Topolino: -
dalla Fata gobba, ti faccio un magnifico regalo. - Non  la  conosco. E tirò via. Più in là ancora, vide un usignuolo in
un magnifico regalo. - Mi dispiace, ma non posso. Aspetto  la  bella dal dente d'oro che deve passare di qui. - Usignuolo,
deve passare di qui. - Usignuolo, bell'usignuolo! Sono io  la  bella dal dente d'oro. E mostrò il dente. - O Reginotta
un tratto, il più bel giovane che si fosse mai visto,  la  prese per mano e la condusse fuor del bosco. Giunti davanti
più bel giovane che si fosse mai visto, la prese per mano e  la  condusse fuor del bosco. Giunti davanti alla grotta, il bel
- Chi siete? - Son io e Serpentina. - Chi volete? -  La  Fata Regina. La grotta si spalancò, e si vide il gran
- Son io e Serpentina. - Chi volete? - La Fata Regina.  La  grotta si spalancò, e si vide il gran palazzo della Fata
gli aveva fatto l'incantesimo, e per romperlo ci voleva  la  ragazza dal dente d'oro. Ora dovrete sposarvi. La
ci voleva la ragazza dal dente d'oro. Ora dovrete sposarvi.  La  Reginotta, con quella pelle squamosa, era un orrore. La
La Reginotta, con quella pelle squamosa, era un orrore.  La  Fata gobba cominciò a strusciarla da capo a piedi, e in
cominciò a strusciarla da capo a piedi, e in poco d'ora  la  mondò, in guisa che non pareva più lei. Era così bella, che
che non pareva più lei. Era così bella, che abbagliava.  La  Regina, come intese che Serpentina stava per tornare, montò
tornare, montò sulle furie: - Se vien lei, partirò io! É  la  nostra cattiva Sorte! Ma, saputo che quella recava
far sparire le gobbe, le andò incontro col Re e con tutta  la  Corte. Fecero grandi feste, e vissero tutti felici e
A chi tocca fare  la  penitenza? - ho domandato al Teschio. - A me o a lei? Si è
lo sapevo. Ma sapevo che c'è sempre uno che si becca tutta  la  sfortuna. In quei giorni era Barbara Mura, la cicciona, era
becca tutta la sfortuna. In quei giorni era Barbara Mura,  la  cicciona, era lei l'agnello che toglie i peccati. Mi
Barbara si aggirava tra noi come un rinoceronte. - Facciamo  la  votazione, allora! Non può decidere tutto lui. A distanza
ancora capito come faceva a sopportarci. Doveva essere per  la  paura di rimanere da sola. - Va bene. Facciamo la
per la paura di rimanere da sola. - Va bene. Facciamo  la  votazione, - ha concesso il Teschio. - Io dico che tocca a
guardato Salvatore. Nessuno poteva astenersi, quando c'era  la  votazione. Era la regola. - Pure io, - ha fatto Salvatore,
Nessuno poteva astenersi, quando c'era la votazione. Era  la  regola. - Pure io, - ha fatto Salvatore, quasi sussurrando.
che deglutiva una specie di palla da tennis. Ha abbassato  la  testa, ma non ha pianto. L'ho rispettata. - Che... devo
devo fare? - ha balbettato. Il Teschio si è massaggiato  la  gola. La sua mente bastarda si è messa al lavoro. Ha
fare? - ha balbettato. Il Teschio si è massaggiato la gola.  La  sua mente bastarda si è messa al lavoro. Ha tentennato un
si è messa al lavoro. Ha tentennato un istante. - Ce  la  devi ..., far vedere ... Ce la devi far vedere a tutti.
tentennato un istante. - Ce la devi ..., far vedere ... Ce  la  devi far vedere a tutti. Barbara ha barcollato. - Cosa vi
tette -. E rivolgendosi a noi. - Questa volta ci fa vedere  la  fessa. La fessa pelosa. Ti abbassi le mutande e ce la fai
E rivolgendosi a noi. - Questa volta ci fa vedere la fessa.  La  fessa pelosa. Ti abbassi le mutande e ce la fai vedere -.
la fessa. La fessa pelosa. Ti abbassi le mutande e ce  la  fai vedere -. Si è messo a sghignazzare aspettandosi che
penitenza esagerata. Nessuno di noi aveva voglia di vedere  la  fessa di Barbara. Era una penitenza pure per noi. Lo
lì. - Te lo puoi scordare, - ha fatto Barbara scuotendo  la  testa. - Non m'importa se mi picchi. Il Teschio si è messo
se il Teschio e Barbara facevano a botte, il Teschio aveva  la  meglio tanto facilmente. Se Barbara lo buttava a terra e
- Hai perso. Ora ti abbassi i pantaloni. Così impari a fare  la  stronza. - No! Il Teschio le ha dato uno schiaffo. Barbara
Il Teschio le ha dato uno schiaffo. Barbara ha spalancato  la  bocca come una trota e si è massaggiata la guancia. Ancora
ha spalancato la bocca come una trota e si è massaggiata  la  guancia. Ancora non piangeva. Si è girata verso di noi. -
testa di mia madre. - Che fai, piangi? - Il Teschio se  la  godeva da matti. - No, non piango, - è riuscita a dire
si compravano al mercato dell'usato. Le andavano stretti e  la  ciccia le ricadeva sopra la cinta. Si è aperta la fibbia e
Le andavano stretti e la ciccia le ricadeva sopra  la  cinta. Si è aperta la fibbia e ha cominciato a slacciarsi i
stretti e la ciccia le ricadeva sopra la cinta. Si è aperta  la  fibbia e ha cominciato a slacciarsi i bottoni. Ho
- Aspetta! Io sono arrivato ultimo, - ho sentito che diceva  la  mia voce. Tutti si sono girati.
della testimonianza vuol essere decisivo; è necessario che  la  verità non venga pregiudicata da influssi magnetici o da
da altri poteri occulti. - È vano! - rispose dalla tribuna  la  voce di Fidelia; - nessuna volontà umana potrebbe
il mio libero arbitrio. L'anima di mia madre è con me, e  la  menzogna non può uscire dal mio labbro. Così parlando, la
e la menzogna non può uscire dal mio labbro. Così parlando,  la  giovinetta sviluppò dal peplo il suo candido braccio, e
sviluppò dal peplo il suo candido braccio, e alzando  la  destra fece brillare allo sguardo degli assembrati un
 La  Lombardia, iornale ufficiale della Provincia di Milano _ La
Lombardia, iornale ufficiale della Provincia di Milano _  La  Perseveranza _ La Gazzetta di Milano _ Il Secolo _ Il
ufficiale della Provincia di Milano _ La Perseveranza _  La  Gazzetta di Milano _ Il Secolo _ Il Pungolo _ Il Corriere
"somigliano molto ai cani; con questa differenza, che hanno  la  coda assai più grossa, un codone che pare una spazzola. Non
"Vuol vederne una?" "Una volpe viva? ... " "No, morta.  La  trovai cinque anni fa nel bosco, l'ammazzai con una
anni fa nel bosco, l'ammazzai con una schioppettata, e poi  la  volli impagliare ... ossia, riempire da me: ma non lo dico
avanti che io vada al bosco." Leoncino non intese a sordo.  La  mattina dopo si alzò di bonissim'ora e senza dir nulla ai
questo bugigattolo c'era una bella volpe accovacciata con  la  testa alta e minacciosa, con gli occhi di vetro, che
con gli occhi di vetro, che parevano vivi e veri, e con  la  bocca aperta in atto di ringhiare e di mostrare
e voltandosi al guardaboschi, gli disse: "Come è bella! Me  la  vuoi vendere?". "Vendere? Che le pare! Piuttosto gliela
e senza luce, dove c'è il caso che, una volta o l'altra, me  la  mangino i topi." "Dunque la posso prendere?" "La prenda
che, una volta o l'altra, me la mangino i topi." "Dunque  la  posso prendere?" "La prenda pure: ma che la vuole portare
topi." "Dunque la posso prendere?" "La prenda pure: ma che  la  vuole portare da sé alla villa?" "Sicuro che la voglio
ma che la vuole portare da sé alla villa?" "Sicuro che  la  voglio portare da me. La villa dello zio è così vicina!"
da sé alla villa?" "Sicuro che la voglio portare da me.  La  villa dello zio è così vicina!" "Guà: faccia lei."
con l'aiuto del guardaboschi, si caricò sulle spalle  la  volpe, ripeté i suoi ringraziamenti, e se ne andò.
campane della cattedrale suonano a festa. E'  la  consacrazione. Sul sacrosanto altare si ripete il grande
di candido pane ed il sacerdote alza, tra nubi d'incenso,  la  bianca Ostia e la mostra al "popolo, il quale l'adora
ed il sacerdote alza, tra nubi d'incenso, la bianca Ostia e  la  mostra al "popolo, il quale l'adora riverente. Mirabile
Verbo! A Betlemme cela i bagliori della sua divinità sotto  la  natura umana assunta; sull'altare lai divinità gloriosa e
natura umana assunta; sull'altare lai divinità gloriosa e  la  umanità trasfigurata, il corpo glorificato e l'anima beata,
beata, sotto le sacrate specie. Molti fedeli comprendono  la  poesia del grande istante, fissano commossa la sacra
comprendono la poesia del grande istante, fissano commossa  la  sacra porticella e più d'uno piange. Il suono delle campane
campane è giunto anche nella sua stanza ed egli si desta.  La  camera è buia. - Maledette campane! è il primo pensiero che
vero! - esclama. - Non è vero! Allunga il braccio e chiude  la  corrente elettrica. La stanza viene inondata da una luce
è vero! Allunga il braccio e chiude la corrente elettrica.  La  stanza viene inondata da una luce intensa, bianchissima,
le immagini delle cose che lo circondano si scoloriscono; è  la  morte che s'avvicina... il passaggio dalle tenebre a quella
capo e guarda l'orologio ai pendolo, appeso alla parete. -  La  mezza! Mi sono coricato alle ventitre ed ho udito battere i
aveva ragione. Vi sono altre misure. Ed allora? Non tirò  la  conseguenza. Il ricordo delle immagini vedute nel sogno non
campane! Il loro suono! Tese il braccio ed interruppe  la  corrente. Nella stanza si fece di nuovo scuro; tutto
al tuo spirito. No, no! Egli non voleva le tenebre, voleva  la  luce; l'aveva cercata sempre; l'aveva trovata, e quella
cercata sempre; l'aveva trovata, e quella mattina...  la  bomba... la bomba! Sogni pazzi di notte di Natale, causati
sempre; l'aveva trovata, e quella mattina... la bomba...  la  bomba! Sogni pazzi di notte di Natale, causati dalle
sognare vescovi scannati, papi col ventre squarciato;  la  rivoluzione, la grande voluzione, operazione terribile ma
scannati, papi col ventre squarciato; la rivoluzione,  la  grande voluzione, operazione terribile ma necessaria, che
Maledette campane! Si avvolge ben bene nelle coltri, cela  la  testa nel lenzuolo e cerca sonno. Morfeo fa scendere
dimentica il luogo dove si trova; dimentica che è  la  notte di Natale. Dorme....
al tempio di San Fedele sta ora sorgendo un teatro per  la  commedia su disegno dell'architetto Scala di Udine. Le
eguali a quelle della Fenice di Venezia.  La  platea misurerà, ai due assi principali, metri 13, 50 per
ciascuno; il palco scenico avrà una profondità di metri 13.  La  fronte verso la Piazza avrà un' estensione lineare di 48
scenico avrà una profondità di metri 13. La fronte verso  la  Piazza avrà un' estensione lineare di 48 metri. L' ingresso
48 metri. L' ingresso ed il passaggio dei cocchi sarà verso  la  via Berchet. _ Qui sorgeva la casa eretta nel IV secolo dai
dei cocchi sarà verso la via Berchet. _ Qui sorgeva  la  casa eretta nel IV secolo dai marchesi Imbonati, la quale
sorgeva la casa eretta nel IV secolo dai marchesi Imbonati,  la  quale nel 1829 passò in terza proprietà a Massimo d'
l'albergo della Bella Venezia. _ Nel mezzo di essa sorgeva  la  casa Sannazzari, edificata in sullo scorcio del passato
scorcio del passato secolo dall'architetto Piermarini,  la  quale conteneva ricchi musei d'opere d'arte, e una rara
aprile 1814. _ In quell'occasione, saccheggiata e guasta,  la  casa fu poscia del tutto demolita per dare agio maggiore
del 1668, alcune Madame raccolte in un gaietto stuolo:  la  Contessa di Bouteron, la Marchesa di Pianezza e le sue
raccolte in un gaietto stuolo: la Contessa di Bouteron,  la  Marchesa di Pianezza e le sue figliuole gemelle, la
la Marchesa di Pianezza e le sue figliuole gemelle,  la  Contessa di Saint-Jean, la Contessa di Verrua, Madame
e le sue figliuole gemelle, la Contessa di Saint-Jean,  la  Contessa di Verrua, Madame d'Olivier, ambasciatrice
ambasciatrice straordinaria e ordinaria di Francia, con  la  nipote e il nipotino, accogliere fra alte grida di gioia
Sono stato dalla Duchessa; sono giunto mentre Sua Altezza e  la  Marchesa di Cavour ... Una balenìo d'occhi e di denti, un
corre nella penombra elegante. - Scusate, Monsignore - è  la  padrona di casa che parla - Ortensia, accompagna Cristina e
accompagna Cristina e Maria Adelaide e Serafino a vedere  la  pauvre Gigette è l'ora del miele orzato. Gigette è la
la pauvre Gigette è l'ora del miele orzato. Gigette è  la  canina cinese: sofferente di intestini ribelli e bisognosa
ha suscitato in tutte il demone della curiosità. - Ebbene?  La  Duchessa si è accorta di qualche cosa? - Avanti! - Ci avete
non mi lasciate parlare. Oggi sono giunto a Palazzo mentre  la  Duchessa e la Marchesa di Cavour ... - Ebbene? - Si
parlare. Oggi sono giunto a Palazzo mentre la Duchessa e  la  Marchesa di Cavour ... - Ebbene? - Si salutavano,
generale. - Ma non è possibile! - Non è possibile che  la  Duchessa non sappia! - La Duchessa sa. E per questo
possibile! - Non è possibile che la Duchessa non sappia! -  La  Duchessa sa. E per questo abbraccia la Marchesa
non sappia! - La Duchessa sa. E per questo abbraccia  la  Marchesa teneramente, per dare alla rivale la fiducia più
abbraccia la Marchesa teneramente, per dare alla rivale  la  fiducia più temeraria e spingerla all'ultima imprudenza. -
a Sua Altezza il complimento dell'Accademia degli Incolti,  la  Marchesa, che s'annoiava terribilmente, sbadigliò dieci
Io ero presso una delle finestre che dànno sul Po e vidi  la  Marchesa scendere le scale, accennare la barca reale
sul Po e vidi la Marchesa scendere le scale, accennare  la  barca reale dov'erano il Duca, il Conte Rebaudengo e un
il Duca, il Conte Rebaudengo e un barcaiuolo e vidi  la  barca avvicinarsi e la Marchesa balzarvi dentro, e come il
Rebaudengo e un barcaiuolo e vidi la barca avvicinarsi e  la  Marchesa balzarvi dentro, e come il Duca le diede aiuto,
rideva e ridevano il Conte Rebaudengo e il barcaiolo. - E  la  sconvenienza del giugno scorso, al Castello di Rivoli?
in faccia alla Duchessa, alla Corte intera, quasi a sfidare  la  tolleranza di tutte noi. Non ebbe, quella svergognata, la
la tolleranza di tutte noi. Non ebbe, quella svergognata,  la  sfrontatezza di salire su un albero di ciliege e di
di offrirle le ciliege nel tricorno di suo marito e  la  Duchessa sorrideva tranquilla, sembrava non vedere, non
- Ma vede, sente, medita, state sicure! - E soffre.  La  sotto-governante, ieri, passando nei gabinetti di toeletta,
sotto-governante, ieri, passando nei gabinetti di toeletta,  la  vide riflessa in uno specchio con sulle ginocchia il
interrompe l'abate, che tace sconfitto da qualche tempo. -  La  verità prima di tutto. Io ho sposata la Marchesa, ho visto
da qualche tempo. - La verità prima di tutto. Io ho sposata  la  Marchesa, ho visto il suo atto di nascita. Ha ventott'anni,
triste che io non so immaginarla alla luce del sole, ma  la  vedo in una perpetua mezz'ombra crepuscolare, nella sua
con le sue mura, le sue torri, le sue porte, con  la  sua piazza del Castello dagli edifici miseri e grigi che
al genio architettonico di Filippo Juvara! Come trascorreva  la  vita in quel Palazzo reale che Carlo Emanuele aveva fatto
poi Amedeo II e Carlo Emanuele III? In pace trascorreva  la  vita, da quasi un trentennio, dopo la tremenda guerra
In pace trascorreva la vita, da quasi un trentennio, dopo  la  tremenda guerra civile del 1640. Una grande figura di
Una grande figura di donna, ormai sessantenne, vi profilava  la  sua ombra grandiosa: Madama Reale, quella Cristina di
Tommaso e Cardinale Maurizio, non aveva esitato a fare  la  cosa inaudita nella storia delle guerre civili, uscire per
nella storia delle guerre civili, uscire per assediare  la  sua città bene amata, costringere i suoi cari torinesi alla
dopo cinque mesi d'assedio atroce, alla resa; e nel 1640  la  città s'arrendeva e la Duchessa vittoriosa (cosa commovente
atroce, alla resa; e nel 1640 la città s'arrendeva e  la  Duchessa vittoriosa (cosa commovente e tragica!) rientrava
e tragica!) rientrava nella sua Torino vestita a lutto per  la  vittoria riportata contro i suoi sudditi Quasi un
chiamato l'Adriano del Piemonte. Il Piemonte rifioriva.  La  Francia esercitava sopra Torino, non per diritto, ma per
non per diritto, ma per fatto, un supremo dominio, ma  la  dipendenza era velata da speciose ragioni di protezione,
politica, si faceva sentire nell'arte e nei costumi.  La  Corte torinese era improntata a quella di Parigi e certo
d'oltr'Alpe, nè l'eleganza della Senna, delle Grazie madre  la  sua vita coniugale non lieta, e non per colpa sua, l'aveva
nozze con quella dolce Francesca d'Orléans, chiamata, per  la  sua bellezza e la sua grazia, minuscola Colombina d'Amore,
dolce Francesca d'Orléans, chiamata, per la sua bellezza e  la  sua grazia, minuscola Colombina d'Amore, nozze felici
accademico del tempo. E il giovane sovrano aveva consolata  la  sua vedovanza con varie dame: Gabriella di Mesme di
in Piemonte, e due figlie: Cristina e Luisa Adelaide.  La  ragion di Stato, anzi l'amorosa ragion di Stato come canta
del Genovese e del Faussigny. Le nozze furono splendide e  la  sposa, giovinetta, entrò in Torino inghirlandata di tutti i
giubilo vicendevole dei suoi amatissimi sposi. "Pervenuta  la  sposa in Torino, Madama Reale voleva andarle incontro in
salute, fu necessitata di aspettarla al castello. "Ascesa,  la  Regale Sposa, le scale del Palagio fra suoni di trombe,
da essa complimentata con quei termini che le somministrò  la  sua naturale gentilezza e facondia incomparabile, veramente
espressivi dell'amor riverente dovuti a sì gran Madre,  la  sposa reale. "Volle Madama Reale in ogni modo condurla alle
e luminarie e fuochi artifitiali e altri passatempi". Oimè,  la  luna di miele, col suo alone roseo d'illusioni, doveva
col suo alone roseo d'illusioni, doveva durare ben poco e  la  bella sposa - pur con tutta la ingenuità dei suoi diciotto
doveva durare ben poco e la bella sposa - pur con tutta  la  ingenuità dei suoi diciotto anni - non doveva tardar molto
sposa del Duca, più antica di lei, terribile di tutta  la  sua bellezza matura ed esperta, forte da anni e anni
amata, collocata in vari collegi di Francia e di Lombardia:  la  Marchesa di Cavour. E certo, la Duchessa baciava tremando
di Francia e di Lombardia: la Marchesa di Cavour. E certo,  la  Duchessa baciava tremando il capo d'oro dell'unico
per lui. Quale spaventosa tragedia, silenziosa come  la  fiumana che serpeggia sotterra, doveva tumultuare nel
doveva tumultuare nel piccolo cuore non ancora ventenne! -  La  Duchessa? non s'accorge di nulla, non vede nulla, non
che il calice fosse colmo ... E il calice fu colmo.  La  noia dei salotti secenteschi torinesi fu un bel mattino
fu un bel mattino rallegrata da una novella incredibile.  La  Duchessa è fuggita di Palazzo. Dov'è? Fuggita? Ma no! È a
mai più! S'è accorta di tutto! Ha sorpreso il Duca con  la  Marchesa. Finalmente! Il Duca aveva lasciata la Corte
il Duca con la Marchesa. Finalmente! Il Duca aveva lasciata  la  Corte l'altro giorno per la Venaria dicendo d'aver ritrovo
Il Duca aveva lasciata la Corte l'altro giorno per  la  Venaria dicendo d'aver ritrovo di caccia col cugino,
caccia col cugino, l'abate Visconti, che veniva da Milano.  La  duchessa era rimasta a Torino accusando vapori al cervello,
riposo per quindici giorni. Invece, nella notte successiva  la  Duchessa fu vista arrivare alla Venaria alle tre del
Balza al portone. Le guardie le proiettano in volto  la  lanterna rossigna, allibiscono, vietano il passo
vietano il passo supplicando, implorano quasi piangendo  la  Duchessa di non salire; ne va della loro vita! La Duchessa
piangendo la Duchessa di non salire; ne va della loro vita!  La  Duchessa legge la verità negli occhi dei soldati tremanti,
di non salire; ne va della loro vita! La Duchessa legge  la  verità negli occhi dei soldati tremanti, spezza la catena
legge la verità negli occhi dei soldati tremanti, spezza  la  catena delle braccia robuste, balza su per le scalee,
chiuse - giungevano le strida della Marchesa di Cavour,  la  voce convulsa del Duca, la voce irriconoscibile della
strida della Marchesa di Cavour, la voce convulsa del Duca,  la  voce irriconoscibile della giovane Duchessa. Poi più nulla.
della giovane Duchessa. Poi più nulla. Fu vista uscire  la  Duchessa livida, disfatta, fu vista raggiungere barcollando
Duchessa livida, disfatta, fu vista raggiungere barcollando  la  berlina e la berlina partire di gran carriera, seguìta dai
disfatta, fu vista raggiungere barcollando la berlina e  la  berlina partire di gran carriera, seguìta dai quattro
di gran carriera, seguìta dai quattro staffieri a cavallo.  La  Duchessa è ritornata in Francia. Torino è annichilita.
Torino è annichilita. Passano due, tre, quattro giorni.  La  notizia è ormai diffusa nella nobiltà, nella borghesia, nel
ormai diffusa nella nobiltà, nella borghesia, nel contado;  la  Duchessa è in Francia? No! Non è vero, impone di credere un
un ordine di Corte, affisso sulla piazza del Castello.  La  Duchessa è sofferente e tiene il letto da quindici giorni;
si celebrerà anzi un Te Deum per implorare dal cielo  la  sua certa guarigione. Ma nessuno crede a quella commedia,
sua certa guarigione. Ma nessuno crede a quella commedia,  la  verità è risaputa; la Duchessa tradita è ritornata presso
Ma nessuno crede a quella commedia, la verità è risaputa;  la  Duchessa tradita è ritornata presso la sua famiglia
verità è risaputa; la Duchessa tradita è ritornata presso  la  sua famiglia d'oltr'Alpe come una bourgeoise qualunque che
Ma al quinto giorno un'altra notizia sbigottisce Torino:  La  Duchessa rientrerà fra poche ore in città! Non è stata
esulta, ma anche in questo è risaputa ben presto tutta  la  verità. Uno squadrone, dopo la fuga notturna della
è risaputa ben presto tutta la verità. Uno squadrone, dopo  la  fuga notturna della Duchessa, s'è precipitato, per ordine
tracce della fuggitiva, ha costretto con le armi spianate  la  berlina reale a far ritorno a Torino. E la Duchessa ritorna
le armi spianate la berlina reale a far ritorno a Torino. E  la  Duchessa ritorna pallida, disfatta, rientra in Torino
- Se non fosse di suo figlio - commenta qualche madre fra  la  folla, - scommetto che si sarebbe piuttosto lasciata
registrate dagli archivi polverosi, ma noi non cercheremo  la  conferma nel tedio delle antiche carte. Tutto l'episodio
dal Nigra nella sua raccolta di canzoni piemontesi.  La  Marchesa di Cavour Sua Altessa l'è muntà an carossa, An
l'è muntà an carossa, An carossa l'è bin muntè, Che a  la  Venaria a völ andè. Quand a l'è staita a la Venaria, L'à
muntè, Che a la Venaria a völ andè. Quand a l'è staita a  la  Venaria, L'à butà le guardie tut anturn Per la Marcheza di
l'è staita a la Venaria, L'à butà le guardie tut anturn Per  la  Marcheza di Cavour. Bela madamin munta an carossa, An
Bela madamin munta an carossa, An carossa l'è bin muntè, A  la  Venaria la vol dco andè, Quand a l'è staita a la Venaria,
munta an carossa, An carossa l'è bin muntè, A la Venaria  la  vol dco andè, Quand a l'è staita a la Venaria, Llà trova le
muntè, A la Venaria la vol dco andè, Quand a l'è staita a  la  Venaria, Llà trova le guardie tut anturn Per la Marcheza di
staita a la Venaria, Llà trova le guardie tut anturn Per  la  Marcheza di Cavour. Bela Madamin sforza le guardie. E le
le guardie. E le guardie l'à bin sforzè; Per cule stanse  la  vol andè, Quand l'è staita ant cule stanse, La Marcheza l'à
cule stanse la vol andè, Quand l'è staita ant cule stanse,  La  Marcheza l'à trova cugià E Sua Altessa da l'auter là. - Me
altessa a j'a ben di - je; - Bela madamin, stè chieta vui,  La  Marcheza l'è più bela ch'vui. Bela Madamin munta an
munta an carossa, An carossa l'è bin muntè. Che an Fransa  la  vol turnè. Quand lè staita a metà strada, Bela Madamin
Quando fu alla Venaria, mise guardia tutt'attorno per  la  Marchesa di Cavour. La bella Madamina monta in carrozza, in
mise guardia tutt'attorno per la Marchesa di Cavour.  La  bella Madamina monta in carrozza, in carrozza è ben montata
Quando fu alla Venaria, trovò le guardie tutt'attorno per  la  Marchesa di Cavour. La bella Madamina forzò le guardie, le
trovò le guardie tutt'attorno per la Marchesa di Cavour.  La  bella Madamina forzò le guardie, le guardie ben forzò; per
forzò le guardie, le guardie ben forzò; per quelle stanze  la  vuol andare. Quando fu in quelle stanze, trovò la Marchesa
stanze la vuol andare. Quando fu in quelle stanze, trovò  la  Marchesa coricata, e Sua Altezza dall'altro lato. - Vi
ringrazio tanto, che vi abbiate fatto un sì bell'amante. -  La  signora Marchesa ben le disse: - Questo non è di mio
Altezza ben le disse: - Bella Madamina, state zitta voi.  La  Marchesa è più bella di voi. - La bella Madamina monta in
state zitta voi. La Marchesa è più bella di voi. -  La  bella Madamina monta in carrozza, in carrozza ben montò,
monta in carrozza, in carrozza ben montò, che in Francia  la  vuol tornare. Quando fu a metà strada, la bella Madamina si
che in Francia la vuol tornare. Quando fu a metà strada,  la  bella Madamina si volta indietro, vide venire due
che ti farò fermare e dentro una torre ti farò cacciare. -  La  bella Madamina ben gli disse: - Se non fosse del mio
fu per entrare nelle porte, tutti facevano solennità.  La  bella Madamina è tornata. Mandò a chiamare la signora
solennità. La bella Madamina è tornata. Mandò a chiamare  la  signora Marchesa: Io vi dò soltanto tre giorni di tempo,
una volta un Re che avea una bimba.  La  Regina era morta di parto, e il Re avea preso una balia che
di parto, e il Re avea preso una balia che gli allattasse  la  piccina. Un giorno la balia scese, insieme colla bimba, nel
preso una balia che gli allattasse la piccina. Un giorno  la  balia scese, insieme colla bimba, nel giardino reale. La
la balia scese, insieme colla bimba, nel giardino reale.  La  bimba avea tre anni, e si divertiva a fare chiasso
all'ombra dei grandi alberi. Sull'ora di mezzogiorno  la  balia s'addormentava; ma quando si svegliò, non trovò più
balia s'addormentava; ma quando si svegliò, non trovò più  la  Reginotta. Cerca, chiama per tutto il giardino; nulla! La
la Reginotta. Cerca, chiama per tutto il giardino; nulla!  La  bimba era scomparsa. Come presentarsi al Re, che andava
presentarsi al Re, che andava matto per quella figliuola?  La  povera balia si picchiava il petto, si strappava i capelli:
e rifruga, tutto fu inutile. Venne l'ora del pranzo. - E  la  Reginotta? - domandò il Re. I ministri si guardarono in
si guardarono in faccia, più bianchi di un panno lavato. -  La  Reginotta dov'è? - Maestà, - disse un ministro - è accaduta
di sé dal gran dolore. Fece subito un bando: - Chi riporta  la  Reginotta, gli si concede qualunque grazia. Ma eran già
regno in regno: - Sia cristiano, sia infedele, chi riporta  la  Reginotta, gli vien concessa qualunque grazia. Ma passò un
piangeva giorno e notte. Nel giardino reale c'era un pozzo.  La  Reginotta, mentre la balia dormiva, s'era accostata
Nel giardino reale c'era un pozzo. La Reginotta, mentre  la  balia dormiva, s'era accostata all'orlo e vi si era
un braccio lungo lungo, peloso peloso, che l'afferrò e  la  tirò giù. E così, da parecchi anni, lei viveva in fondo a
che non ci penetrava mai sole, ma ci si vedeva lo stesso.  La  bimba veniva servita da quella Reginotta che era. Una
una per lavarla, una per pettinarla, una per recarle  la  colazione, una per servirla a pranzo, una per metterla a
umore. Il Lupo Mannaro russava tutto il santo giorno e  la  notte andava via. Siccome la bimba, quando lo vedeva,
tutto il santo giorno e la notte andava via. Siccome  la  bimba, quando lo vedeva, strillava dalla paura, si facea
si facea veder di rado: non volea spaventarla. Intanto  la  Reginotta s'era fatta una bella ragazza. Una sera, entrata
- mi pare una quaglia. - Bisogna vedere - rispose il cuoco.  La  Reginotta sentì che giravano adagino il pomo della
di lei? Il Lupo Mannaro voleva mangiarsela. Le si accapponò  la  pelle, sfido io! Si fece piccina piccina, e finse di
cuoco - e sarà un boccone reale. Come intese queste parole,  la  Reginotta si senti rinascere: - Otto giorni! Oh, quella
mangiata; no, no! Pensa e ripensa, le venne un'idea.  La  mattina, saltata giù dal letto, appostossi alla bocca della
del pozzo, ed aspettò che venisse gente ad attinger acqua.  La  carrucola stride, la secchia fa un tonfo, ed ecco la
che venisse gente ad attinger acqua. La carrucola stride,  la  secchia fa un tonfo, ed ecco la Reginotta che s'afferra
acqua. La carrucola stride, la secchia fa un tonfo, ed ecco  la  Reginotta che s'afferra alla corda, puntando i piedini
alla corda, puntando i piedini sull'orlo della secchia.  La  tiravano su lentamente; era un po' pesa. A un tratto la
La tiravano su lentamente; era un po' pesa. A un tratto  la  corda si rompe, e secchia e Reginotta, patatunfete, giù!
e Reginotta, patatunfete, giù! Accorsero le cameriere e  la  ritirarono dall'acqua. - Ebbi un capogiro e cascai. Non ne
E passò un giorno. Il secondo giorno, aspetta aspetta,  la  secchia non venne giù. Bisognava trovare un altro mezzo: ma
trovare un altro mezzo: ma non era come dirlo. Quale?  La  grotta non aveva che quell'unica uscita. E passò un altro
non aveva che quell'unica uscita. E passò un altro giorno.  La  Reginotta non si perdette d'animo. Appena aggiornava, era
perdette d'animo. Appena aggiornava, era al suo posto; ma  la  secchia non calava. E passarono altri due giorni. Una
né amici! Il Pesciolino montava a fior d'acqua, dimenando  la  coda, aprendo e chiudendo la bocca; pareva l'avesse
a fior d'acqua, dimenando la coda, aprendo e chiudendo  la  bocca; pareva l'avesse sentita: - Ah! Pesciolino, tu sei
questo momento. - Cavalcami sulla schiena e tienti forte.  La  Reginotta si mise a cavalcioni del Pesciolino e gli si
si afferrò alle branchie; e il Pesciolino, nuota, nuota,  la  portò in fondo al pozzo. Di lì passava un fiume, sotto
passava un fiume, sotto terra. Il Pesciolino infilò diritto  la  corrente e la Reginotta gli si tenne sempre ben afferrata
sotto terra. Il Pesciolino infilò diritto la corrente e  la  Reginotta gli si tenne sempre ben afferrata alle branchie.
ingoiarli: - Pagate il pedaggio, o di qui non si passa.  La  Reginotta si strappò un'orecchia e gliela buttò. Nuota,
di denti: Pagate il pedaggio, o di qui non si passa.  La  Reginotta si strappava l'altra orecchia e gliela buttava.
si strappava l'altra orecchia e gliela buttava. Quando  la  corrente sboccò all'aria aperta, il Pesciolino depose la
la corrente sboccò all'aria aperta, il Pesciolino depose  la  Reginotta sulla sponda e diè un salto fuor dell'acqua. Era
del palazzo reale non volevano lasciarla passare. - Sono  la  Reginotta! Son la figliuola del Re! Non ci credeva nessuno,
non volevano lasciarla passare. - Sono la Reginotta! Son  la  figliuola del Re! Non ci credeva nessuno, nemmeno il Re.
venire dinanzi: - Chi sa? Poteva anche darsi! Il Re  la  guardò da capo a piedi: gli pareva e non gli pareva. Lei
capo a piedi: gli pareva e non gli pareva. Lei gli raccontò  la  sua storia; ma non disse nulla delle orecchie, per
mia? Dove le perdeste le orecchie? Il Re, indignato,  la  condannava a rigovernare i piatti e le stoviglie della
- Senza-orecchie, Senza-orecchie, ecco roba per te!  La  Reginotta accorse: eran davvero le sue orecchie. Tremante
il Re suo padre raffigurolla ad un tratto: - É lei! É  la  mia figliuola! E bandì feste reali per otto giorni. Poi,
era vecchio, volle lasciare il regno. E il re Pesciolino e  la  Regina Senza-orecchie regnarono a lungo dopo di lui.
Senza-orecchie regnarono a lungo dopo di lui. Stretta  la  foglia, e larga la via, Dite la vostra, ché ho detto la
regnarono a lungo dopo di lui. Stretta la foglia, e larga  la  via, Dite la vostra, ché ho detto la mia.
lungo dopo di lui. Stretta la foglia, e larga la via, Dite  la  vostra, ché ho detto la mia.
la foglia, e larga la via, Dite la vostra, ché ho detto  la  mia.
di curiosità, accompagnato da lungo mormorio, corse per  la  folla degli spettatori; e le teste dei giurati si volsero
dei giurati si volsero tutte verso l'uscio, aspettando  la  comparsa della moglie dell'accusato, che si fece attendere
per una mano, e condurla davanti il presidente, che  la  fissava aggiustandosi gli occhiali luccicanti sul naso
fatevi coraggio. Raccontate il fatto ai signori giurati -.  La  povera giovane alzò timidamente la testa, guardò quei visi
ai signori giurati -. La povera giovane alzò timidamente  la  testa, guardò quei visi rivolti intentamente verso di lei,
accusare nessuno. Raccontate quel che sapete. Com'è morta  la  bambina? Che sospettaste allora? - Il presidente addolciva
bambina? Che sospettaste allora? - Il presidente addolciva  la  voce, sorrideva, per farle animo; e col gesto additava i
quei signori seduti là, e dalla bocca di lei; cosí ordinava  la  legge. La giovane borbottò alcune parole. - Piú forte - le
seduti là, e dalla bocca di lei; cosí ordinava la legge.  La  giovane borbottò alcune parole. - Piú forte - le disse il
appena scorse, dietro il cancello di ferro, suo marito che  la  guardava con occhi spalancati e con viso sconvolto, non
Finalmente, rasserenatasi un pochino, cominciò a parlare: -  La  piccina era figlia dell'altro marito. Dapprima anche costui
ma dopo, non so perché, cominciò a trattarla duramente.  La  picchiava per un nonnulla, non la poteva piú soffrire.
a trattarla duramente. La picchiava per un nonnulla, non  la  poteva piú soffrire. Quella mattina io l'avevo mandata da
Quella mattina io l'avevo mandata da lui, insieme con  la  sorellina del secondo letto, per portargli la colazione in
insieme con la sorellina del secondo letto, per portargli  la  colazione in bottega. Sapevo che egli non voleva: ma la
la colazione in bottega. Sapevo che egli non voleva: ma  la  bambina piú piccola aveva paura di andar sola e s'era messa
parso piú rabbioso del solito, e temevo non si sfogasse su  la  povera creatura da me mandata là contro il divieto di lui.
anzi ci ha dato da mangiare". Respirai! Ma, da lí a poco  la  poverina si sentí male. Aveva nausee, dolori allo stomaco.
stomaco. Le diedi una tazza di acqua bollita. Fu peggio.  La  bambina cominciò a vomitare. Si contorceva, urlava; si
ero atterrita, vedendogli osservare attentamente quel che  la  bambina vomitava, e vedendolo pensieroso davanti alla
via; ma tornò quasi subito col pretore, per interrogare  la  bambina che già stentava a parlare, tanto era sfinita. Io
Perché il pretore? Ero spaventata. - E vostro marito? -  la  interruppe il procuratore del re, chiesto al presidente il
- Non diceste cosí al giudice istruttore; rammentatevelo -.  La  figura e la voce di quel personaggio vestito di nero, con
cosí al giudice istruttore; rammentatevelo -. La figura e  la  voce di quel personaggio vestito di nero, con quello strano
è avvelenata col fosforo", che rispose vostro marito? -  La  povera giovane esitò un momento, e guardò suo marito
- Lui esclamò: "Non può essere!" - E si diè a interrogare  la  bambina: "Hai preso dei fosfori? ... Gli hai mangiati, per
... Gli hai mangiati, per caso? ... " "No, no" rispondeva  la  bambina. "Ecco!" fece lui; ma il pretore gli disse:
ma il pretore gli disse: "Zitto!". - Che raccontò allora  la  bambina? - insistette il presidente, vedendo ch'ella s'era
gli occhiali. - Alle parole della bambina egli disse: "Oh,  la  bugiarda!" E il pretore gli diè di nuovo sulla voce:
zitto io!". Allora lui si rammentò che in bottega c'era  la  pasta avvelenata pei topi. Forse, la bambina n'aveva
che in bottega c'era la pasta avvelenata pei topi. Forse,  la  bambina n'aveva ingoiato un pezzettino senza sapere che
è un cattivo soggetto; non è possibile che abbia avvelenato  la  bambina lui stesso, a posta! Che male gli aveva fatto la
la bambina lui stesso, a posta! Che male gli aveva fatto  la  innocente? ... Questa è la verità! - Si era alzata da
posta! Che male gli aveva fatto la innocente? ... Questa è  la  verità! - Si era alzata da sedere, rivolta verso quell'uomo
- Si era alzata da sedere, rivolta verso quell'uomo che  la  fissava come uno stupido, con le mani sui ginocchi e la
che la fissava come uno stupido, con le mani sui ginocchi e  la  bocca semiaperta, meravigliato che sua moglie ora tentasse
Io, come potevo dimenticare quella sant'anima? E poi,  la  bambina era il suo ritratto; tal quale, fin nel suono della
che lo dimenticassi, che non lo nominassi piú! E odiava  la  bambina perché si chiamava Giovanna. La poverina, da un
piú! E odiava la bambina perché si chiamava Giovanna.  La  poverina, da un anno, non avea piú nome per lui. Le dava
E si strappava i capelli, piangendo, bestemmiando i santi e  la  madonna. Spezzò sedie, piatti, ogni cosa! ... Io corsi a
cominciò a stracciare quei vestiti (nuovi, di panno fino;  la  sant'anima li aveva indossati poche volte!) li ridusse in
dov'era? - E cosí costui si acchetò un pochino. Ma c'era  la  bambina; ma si chiamava Giovanna; e non voleva, no, che la
la bambina; ma si chiamava Giovanna; e non voleva, no, che  la  chiamassi cosí, perché, diceva - era una fissazione,
vergine santa! - non chiamavo lei, ma quell'altro; perciò  la  chiamavo cosí spesso. Che bisogno c'era di chiamarla cosí
Una povera madre, che non potev a chiamare per nome  la  propria figliuolina orfana! Mi diventava piú
Mi diventava piú compassionevole; non mi pareva piú quella,  la  poverina, senza il nome di suo padre che non l'aveva neppur
bene; volevo contentarlo; il sacrificio era tutto mio;  la  bambina che ne capiva? E non ebbe piú nome; non ebbe piú il
E anche il confessore mi confortava: "Fa a modo suo, per  la  pace della casa!" La pove ra giovane s'interrompeva spesso,
mi confortava: "Fa a modo suo, per la pace della casa!"  La  pove ra giovane s'interrompeva spesso, volgendo la testa
casa!" La pove ra giovane s'interrompeva spesso, volgendo  la  testa verso la gabbia dove ora suo marito smaniava,
ra giovane s'interrompeva spesso, volgendo la testa verso  la  gabbia dove ora suo marito smaniava, passandosi le mani su
gabbia dove ora suo marito smaniava, passandosi le mani su  la  faccia; e mentre dal cuore le sgorgava quello sfogo, senza
sotto gli occhi dei giurati pendenti dalle sue labbra,  la  invadeva il terrore, se mai la sua deposizione potesse
pendenti dalle sue labbra, la invadeva il terrore, se mai  la  sua deposizione potesse nuocere a colui, e aggravarlo
nuocere a colui, e aggravarlo dinanzi i giudici. Ma era  la  verità! Dal posto dove il presidente l'aveva fatta sedere,
ai testimoni, ella sentiva raccontare dall'avvocato tutta  la  propria storia. Questi però la diceva in un'altra maniera,
dall'avvocato tutta la propria storia. Questi però  la  diceva in un'altra maniera, a modo suo. Ella capiva e non
e solenni dell'avvocato, le suscitavano intanto lucidissima  la  visione di quei fatti, di quella giornata, di quel posto:
visione di quei fatti, di quella giornata, di quel posto:  la  dolce sensazione del sole di primavera, del verde del
alberi e dei muggiti dei buoi lontani, mentr'ella scendeva  la  viottola che conduceva alla fontana ... E quegli, appostato
che conduceva alla fontana ... E quegli, appostato dietro  la  siepe dei roveti, era sbucato a un tratto e l'aveva
dei roveti, era sbucato a un tratto e l'aveva afferrata per  la  vita, prima ch'ella potesse gridare; e levatala di peso su
vita, prima ch'ella potesse gridare; e levatala di peso su  la  mula bardata, l'aveva rapita, come un ladro, di violenza,
come un ladro, di violenza, baciandola ansiosamente su  la  nuca, sui capelli, mentre ella si dibatteva indignata e
capelli, mentre ella si dibatteva indignata e impaurita. E  la  mula trottava, e gli alberi correvano vertiginosi attorno,
trottava, e gli alberi correvano vertiginosi attorno, quasi  la  terra girasse. E lui le andava dicendo: - Ora sei mia! Ora
- No! no! Che tradimento mi avete fatto! No! - E  la  mula trottava, quasi fosse d'intesa anch'essa, giú per la
E la mula trottava, quasi fosse d'intesa anch'essa, giú per  la  china fra gli ulivi, scansando la via battuta. E lei, pur
anch'essa, giú per la china fra gli ulivi, scansando  la  via battuta. E lei, pur rispondendo sempre di no, perché
una commozione profonda, una pietà anche, pel forte che  la  rapiva a quel modo, perché l'amava e la voleva sua a ogni
pel forte che la rapiva a quel modo, perché l'amava e  la  voleva sua a ogni costo! - Ora sei mia! - E tornava a
a casa mia! Lasciatem i andare! - Infatti, giunti davanti  la  grotta, tra i fichi d'India, egli saltò da cavallo, e
le disse solamente: - Ah, bella figliuola mia! Tu sarai  la  mia regina -. E lei piangeva, col viso fra le mani, e non
rispondeva nulla; non le pareva piú di esser lei - Sarai  la  mia regina! ... - E l'avvocato continuava ad agitare le
da predicatore, battendo i pugni sul tavolino, facendo  la  voce grossa. Era strano; ella non afferrava il significato
quasi le venissero destando nel cervello l'immagine,  la  rappresentazione di quel che esse raccontavano ai giurati:
sogno sparito subito via, quand'ella era diventata da vvero  la  regina di lui, e non solo gli aveva perdonato la violenza,
da vvero la regina di lui, e non solo gli aveva perdonato  la  violenza, ma gli voleva bene e l'adorava come s'adora Gesú
bene e l'adorava come s'adora Gesú Sacramentato! ... E  la  poverina non vedeva piú nulla, né il presidente, né i
né i giurati, né il gran crocifisso in fondo alla sala, né  la  folla, né la gabbia, nulla, nulla! E non sentiva piú
né il gran crocifisso in fondo alla sala, né la folla, né  la  gabbia, nulla, nulla! E non sentiva piú neppure la voce
né la gabbia, nulla, nulla! E non sentiva piú neppure  la  voce dell'avvocato che rimbombava tuttavia; ma piangeva
anch'esso, quando due uomini avevano portato via  la  cassa della morticina benedetta dal cappellano! ... E a lei
... E a lei era parso che le portassero via il cuore! ...  La  gente, affollata sull'uscio, per vedere daccosto quella
cosí stranamente due volte amata, aspettò un bel pezzo.  La  poverina, appresa la condanna, era svenuta gettando un
due volte amata, aspettò un bel pezzo. La poverina, appresa  la  condanna, era svenuta gettando un urlo, con le braccia tese
... E il presidente aveva detto, per conchiusione: - Ecco  la  donna! ... Ha dimenticato fin la bambina! ... Bella causa,
per conchiusione: - Ecco la donna! ... Ha dimenticato fin  la  bambina! ... Bella causa, caro avvocato! - Roma, 20@ 20
guardano estasiati, le si accostano timidamente: le palpano  la  veste, i lunghi capelli d'oro: Come sono belli! Come è fine
rovine dell'antico tempio del Sole venne innalzata  la  chiesa di San Babila. Subì una totale riforma nel 1588, e
riforma nel 1588, e fu anco a' nostri giorni rimodernata. _  La  chiesa era anticamente fuori delle mura della città, le
fuori delle mura della città, le quali seguivano  la  linea delle due vicine vie del Monte Napoleone e Durini.
e levato il mattone aprii il mio finestrino, vi ficcai  la  testa e appiccicai l'occhio al buchino fatto ieri notte
odioso collegio. Da principio tutto era buio: ma poco dopo  la  scena si rischiarò a un tratto e vidi comparire giù dalla
a un tratto e vidi comparire giù dalla porta a sinistra  la  signora Geltrude impugnando un doppiere con le candele
del petrolio nelle balle del riso è inesplicabile... -  La  direttrice non rispose e seguitò lentamente a camminare
non rispose e seguitò lentamente a camminare verso  la  porta di destra. - Possibile che si annidi tra i collegiali
ogni modo farò di tutto per scoprirlo... - A questo punto  la  signora Geltrude si fermò, si rivoltò verso il marito e con
voi siete un imbecille! - Ed entrò nella camera lasciando  la  sala del defunto Pierpaolo Pierpaoli nella più completa
defunto Pierpaolo Pierpaoli nella più completa oscurità.  La  scena alla quale avevo assistito dal palchetto era stata
Se non altro essa mi aveva dimostrato che l'altra notte  la  direttrice parlando delle patate non si era rivolta al
non si era rivolta al cuoco come mi aveva fatto supporre  la  grande libertà di linguaggio adoperato, ma aveva parlato
di linguaggio adoperato, ma aveva parlato col direttore...  La  signora Geltrude quando diceva: imbecille! si rivolgeva
con ansia l'esito del nostro strattagemma per scoprire se  la  minestra di magro è fatta o no con la rigovernatura dei
per scoprire se la minestra di magro è fatta o no con  la  rigovernatura dei piatti...
Beatissimo Padre, che a rimunerare in qualche modo  la  fede ardente del sig. Duca, V. S. dovesse avere la
modo la fede ardente del sig. Duca, V. S. dovesse avere  la  benignità di conferire o a lui, o a suo fratello Don
fratello Don Rodrigo canonico della cattedrale di Tolosa,  la  sacra porpora la quale egli si ha già acquistato con le sue
canonico della cattedrale di Tolosa, la sacra porpora  la  quale egli si ha già acquistato con le sue escursioni
Quanti gliene capitano nelle mani costringe a professare  la  nostra fede con la formola ingiunta da V. S. Se ricusano,
nelle mani costringe a professare la nostra fede con  la  formola ingiunta da V. S. Se ricusano, li fa battere ben
faceva trottole d'ogni forma e d'ogni grandezza. Quand'era  la  stagione delle trottole, i ragazzi si affollavano nella sua
- Piccola o grande? Piatta o col cocuzzolo? Secondo che  la  volevano piccola o grande, piatta o col cocuzzolo, egli
brontolando: - Trottolina, piatta piatta, Gira gira e fa  la  matta! Oppure: - Trottolone fatto a pera, Gira gira fino a
fino a sera! E continuava a brontolare così, fino a che  la  trottola non era bell'e finita. Quel brontolìo era lo
il verso: - Trottolina, piatta piatta, Gira gira e fa  la  matta! Trottolone fatto a pera, Gira gira fino a sera! -
di ferro ben limato e lisciato, e il giorno appresso  la  portò al palazzo reale: si attendeva un grosso regalo. La
la portò al palazzo reale: si attendeva un grosso regalo.  La  Trottolina gli era riuscita una bellezza. Prima di andare a
non che parlare, pareva cantasse. Dicendo al Reuccio:  La  Trottolina parlerà, il povero tornitore intendeva dire
Il Reuccio però non l'aveva capita così. E visto che  la  trottola non parlava, si mise a strillare, a pestare i
parlava, si mise a strillare, a pestare i piedi: - Voglio  la  Trottolina che parla! Voglio la Trottolina che parla!
a pestare i piedi: - Voglio la Trottolina che parla! Voglio  la  Trottolina che parla! Accorsero il Re e la Regina. Il
parla! Voglio la Trottolina che parla! Accorsero il Re e  la  Regina. Il tornitore spiegando la cosa, tremava come una
parla! Accorsero il Re e la Regina. Il tornitore spiegando  la  cosa, tremava come una foglia. Intanto il Reuccio
Reuccio continuava a strillare, a pestare i piedi: - Voglio  la  Trottolina che parla! Disse il Re al tornitore: - Tu hai
che parla, e bisogna che parli. Se domani non gli porti  la  Trottolina parlante, guai a te! Il tornitore andò via più
non chiuse occhio, piangendo e lamentandosi: Poverino a me!  La  mattina venne un servo del palazzo reale: - Sua Maestà
venne un servo del palazzo reale: - Sua Maestà vuole  la  Trottolina che parla. A un tratto il tornitore ebbe
ebbe un'idea; e tutto allegro andò dal Re: - Maestà,  la  Trottolina l'ho fatta io; ma la lingua gliel'ha fatta il
andò dal Re: - Maestà, la Trottolina l'ho fatta io; ma  la  lingua gliel'ha fatta il fabbro ferraio; se la Trottolina
fatta io; ma la lingua gliel'ha fatta il fabbro ferraio; se  la  Trottolina non parla, è colpa sua. Il Re si capacitò. -
E il fabbro ferraio venne: - Maestà, che comanda? -  La  Trottolina del Reuccio dovrebbe parlare; il tornitore l'ha
parlare; il tornitore l'ha fatta e tu gli hai messo  la  lingua di ferro; gliel'hai messa male. Se domani non mi
di ferro; gliel'hai messa male. Se domani non mi riporti  la  Trottolina parlante, guai a te! Quel furbo rispose: - É
a te! Quel furbo rispose: - É vero, Maestà; io le ho messo  la  lingua, ma la bocca gliel'ha fatta lui; se la Trottolina
rispose: - É vero, Maestà; io le ho messo la lingua, ma  la  bocca gliel'ha fatta lui; se la Trottolina non parla, è
le ho messo la lingua, ma la bocca gliel'ha fatta lui; se  la  Trottolina non parla, è colpa di chi non ha saputo farle
non parla, è colpa di chi non ha saputo farle bene  la  bocca. - Ah! Ve la mandate dall'uno all'altro? ... O domani
è colpa di chi non ha saputo farle bene la bocca. - Ah! Ve  la  mandate dall'uno all'altro? ... O domani riporterete qui la
la mandate dall'uno all'altro? ... O domani riporterete qui  la  Trottolina parlante, o guai a voi. Andarono via tutti e due
aveva per le mani una bambolinuccia che parlava. - Date qua  la  Trottolina. V'incollò la bambola sopra, avvolse attorno al
che parlava. - Date qua la Trottolina. V'incollò  la  bambola sopra, avvolse attorno al picciuolo il laccetto, e
avvolse attorno al picciuolo il laccetto, e fece girare  la  trottola per prova. La trottola girava e la bambola
picciuolo il laccetto, e fece girare la trottola per prova.  La  trottola girava e la bambola parlava: - Buon giorno,
e fece girare la trottola per prova. La trottola girava e  la  bambola parlava: - Buon giorno, Reuccio! Buona sera,
voglio nulla. Il Reuccio passava le giornate facendo girare  la  trottola. E la trottola: - Buon giorno, Reuccio! Buona
Reuccio passava le giornate facendo girare la trottola. E  la  trottola: - Buon giorno, Reuccio! Buona sera, Reuccio! Alla
- Sposerò Trottolina. Il Re montò sulle furie; prese  la  trottola e la sbatacchiò sul pavimento. La bambola schizzò
Trottolina. Il Re montò sulle furie; prese la trottola e  la  sbatacchiò sul pavimento. La bambola schizzò da una parte e
furie; prese la trottola e la sbatacchiò sul pavimento.  La  bambola schizzò da una parte e la Trottolina, spaccata in
sbatacchiò sul pavimento. La bambola schizzò da una parte e  la  Trottolina, spaccata in due pezzi, dall'altra. - Ecco come
e i medici non sapevano dire che male fosse. Il Re e  la  Regina erano disperati: si vedevano morire lentamente il
Ha avuto qualche grave dispiacere il Reuccio? - No. Il Re e  la  Regina non potevano mica immaginare che il Reuccio morisse
ne farà un'altra? E corsero da lui. - Voi, tornitore, Fate  la  trottola; voi, fabbro ferraio, appiccicatele il picciuolo
e lisciato, e poi tornate da me. Il Reuccio così riebbe  la  Trottolina parlante e si mise a farla girare. La trottola
riebbe la Trottolina parlante e si mise a farla girare.  La  trottola girava, e la bambola parlava: - Buon giorno,
parlante e si mise a farla girare. La trottola girava, e  la  bambola parlava: - Buon giorno, Reuccio! Buona sera,
quasi fossero vivi. Ma Trottolina parlava soltanto quando  la  trottola girava, Che potevano fare il Re e la Regina? Visto
quando la trottola girava, Che potevano fare il Re e  la  Regina? Visto questo prodigio di Trottolina che cresceva, e
il Reuccio non tornasse ad ammalarsi, acconsentirono che  la  sposasse. Tanto era un matrimonio per chiasso. Pei primi
chiasso. Pei primi giorni passò. Il Reuccio faceva girare  la  trottola, e Trottolina parlava. La trottola girava per dei
Il Reuccio faceva girare la trottola, e Trottolina parlava.  La  trottola girava per dei quarti d'ora, senza fermarsi;
era una bambola di legno e niente altro. Gli venne a noia.  La  buttò in un angolo della camera e non la cercò più. La
Gli venne a noia. La buttò in un angolo della camera e non  la  cercò più. La notte, sentiva un lamento: - Ah, Reuccio,
La buttò in un angolo della camera e non la cercò più.  La  notte, sentiva un lamento: - Ah, Reuccio, Reuccio, come
poteva più dormire. Ordinò che gliela levassero di camera e  la  portassero in cantina. Non valse. Tutte le notti, dalla
una bella ragazza di diciotto anni; e ora, per far girare  la  trottola ci voleva molta forza. Non si trattava più d'una
I genitori del Reuccio erano morti; il Re era lui. Mancava  la  Regina; e i Ministri gli dissero: - Maestà, il matrimonio
vera. Il Re si lasciò persuadere e risolvette di sposare  la  Reginotta di Spagna. Il giorno delle nozze, la Reginotta di
di sposare la Reginotta di Spagna. Il giorno delle nozze,  la  Reginotta di Spagna si sentì male tutt'a un tratto e in
tutt'a un tratto e in poco d'ora morì. Il Re se n'accorò.  La  notte, il solito lamentìo: - Ah, Reuccio, Reuccio, come
e a Trottolina e vi appiccò il fuoco. Una vampata; ma  la  trottola in fiamme cominciò a girare a girare, mettendo
attaccava il fuoco. In un attimo il palazzo fu in fiamme.  La  trottola girava e Trottolina parlava: - Buon giorno,
Buona notte, Maestà! Ma non girava più; non aveva più  la  trottola sotto i piedi. Ora che Trottolina non era di
sotto i piedi. Ora che Trottolina non era di legno, il Re  la  sposò per davvero. E furono marito e moglie; A loro il
giovani, esortandoli a fare anche il maggior sacrificio per  la  patria. E Milano risorge. Le sue mura? I nostri petti.
mura? I nostri petti. Abbiamo costruito una novella città;  la  vogliamo chiamare Alessandria, in onore del nostro duce
non ha bisogno di mura; e se mura devono essere,  la  circonderemo di paglia. I nostri petti saranno anche a lei
di paglia. I nostri petti saranno anche a lei mura.  La  Chiesa e l'Italia combattono la battaglia decisiva, per la
saranno anche a lei mura. La Chiesa e l'Italia combattono  la  battaglia decisiva, per la libertà, per la vita. Se
La Chiesa e l'Italia combattono la battaglia decisiva, per  la  libertà, per la vita. Se Alessandro non vince non potrà più
combattono la battaglia decisiva, per la libertà, per  la  vita. Se Alessandro non vince non potrà più ritornare a
apostati, infami e vili creature imperiali, profaneranno  la  maggior basilica; sulla tomba del Pescatore mani sacrileghe
sulla tomba del Pescatore mani sacrileghe offriranno  la  gran vittima, e l'Italia sarà per sempre schiava
sarà per sempre schiava dell'invasore. Alla lotta, per  la  tede e per l'Italia. Egli comprende, che quest'i due
venir separati; che l'Italia ha bisogno della fede per  la  sua vera grandezza; che solo la religione del Cristo la può
ha bisogno della fede per la sua vera grandezza; che solo  la  religione del Cristo la può rendere grande; che la sola
per la sua vera grandezza; che solo la religione del Cristo  la  può rendere grande; che la sola fede riempie i cuori di
che solo la religione del Cristo la può rendere grande; che  la  sola fede riempie i cuori di nobili palpiti; che non vi può
vero, sentito, intenso amore alla Chiesa. Egli sente che  la  religione è la scintilla che accende i cuori di amore
intenso amore alla Chiesa. Egli sente che la religione è  la  scintilla che accende i cuori di amore all'Italia.
Alessandro! Pietro vince in Alessandro! Il mercenario,  la  maledetta creatura dell'imperatore teutone, non profanerà
Costruiamo il carroccio! Lo condurremo con noi, e noi,  la  compagnia della morte, lo difenderemo coi nostri petti'!
bellissima e giovanissima donna sola. "Peccato, pensai, non  la  rivedrò mai più in vita mia. Fra poco un oscuro treno
il caldo cielo d’Italia, e mai più rivedrò i begli occhi e  la  fronte serena di questa donna che avrei tanto amata, se
Raggiunsi il mio posto nel vagone-letto, feci preparare  la  cuccetta e mi addormentai. Il giorno dopo, mentre mi recavo
vagone-ristorante, con altri viaggiatori, vidi con sorpresa  la  bellissima sconosciuta che leggeva in una cabina sola. Poi
bellissima sconosciuta che leggeva in una cabina sola. Poi  la  intravidi un momento alla stazione dove io cambiavo treno,
un momento alla stazione dove io cambiavo treno, ma tra  la  folla, la persi subito di vista; né del resto avrei potuto
alla stazione dove io cambiavo treno, ma tra la folla,  la  persi subito di vista; né del resto avrei potuto seguirla.
durante il controllo dei bagagli, chi mi trovo vicino?  La  bella sconosciuta. Purtroppo un asino di doganiere mi fece
nel vagone-ristorante, chi vidi a un tavolo in fondo?  La  bellissima sconosciuta. Ma lei non si accorse nemmeno di
Nel suo scompartimento non c’era posto. Perciò, abbandonai  la  partita, immaginando che sarebbe scesa a una qualunque
viaggiatrice, quando, sceso per comprare dei giornali,  la  vidi affacciata a un finestrino del mio stesso treno. In
affacciata a un finestrino del mio stesso treno. In breve,  la  rividi, potete immaginare con che gioia, a Roma, che era la
la rividi, potete immaginare con che gioia, a Roma, che era  la  mia meta finale. "Qui – dissi – non mi sfugge". Prese un
– non mi sfugge". Prese un taxi, io ne presi un altro e  la  seguii. E immaginate la mia sorpresa, quando la vidi
un taxi, io ne presi un altro e la seguii. E immaginate  la  mia sorpresa, quando la vidi scendere al portone di casa
un altro e la seguii. E immaginate la mia sorpresa, quando  la  vidi scendere al portone di casa mia. Feci le scale dietro
Feci le scale dietro di lei, con crescente meraviglia. Era  la  porta del mio appartamento. In breve: si trattava della
vedevano in lui un demolitore di dogmi. È incredibile  la  loro miopia: dall' opera di Darwin, che coincide con la sua
la loro miopia: dall' opera di Darwin, che coincide con  la  sua stessa vita, spira una religiosità profonda e seria, la
la sua stessa vita, spira una religiosità profonda e seria,  la  gioia sobria dell' uomo che dal groviglio estrae l' ordine,
l' ordine, che si rallegra del misterioso parallelismo fra  la  propria ragione e l' universo, e che nell' universo vede un
queste pagine, di polemica aspra e quasi divertita contro  la  tesi assurda che gli animali e le piante siano stati creati
belli affinché siano ammirati dall' uomo, Darwin raggiunge  la  composta bellezza del ragionamento strenuo e serrato.
creazione, riafferma col suo stesso coraggio intellettuale  la  dignità dell' uomo. Ma perché ciò che è bello per noi è
è  la  bella storia di Ranocchino porgi il ditino, e sentirete qui
piccino quanto un ranocchio. - Io son contento - rispose. E  la  mattina quel povero diavolo se lo prese in collo, e
diavolo se lo prese in collo, e cominciò a girare per  la  città. - Chi mi compra Ranocchino! Chi mi compra
un cosino a quella maniera! S'affacciò alla finestra  la  figlia del Re. - Che cosa vendete, quell'uomo? - Vendo
quell'uomo? - Vendo questo bimbo, chi lo vuol comprare.  La  Reginotta lo guardò, fece una smorfia e gli sbatacchiò le
ammazzarti! Ah, Ranocchino mio! E non ti vedrò più per  la  casa, non ti vedrò! Ah, coricino mio! E chi fu la Strega
più per la casa, non ti vedrò! Ah, coricino mio! E chi fu  la  Strega che te lo cantò in culla, chi fu? Ah, Ranocchino
diavolo si voltò e vide una vecchia seduta a traverso  la  bocca della grotta, con un bastoncello in mano. - Che cosa
Beppe; ma noi gli diciamo Ranocchino. - E Ranocchino sia!  La  vecchia toccava appena il bimbo col bastoncello, che quegli
padre rimase spaventato. - Fatti coraggio! - gli disse  la  vecchia - Fruga in quel canto; c'è del pane e del
aspettami sotto le finestre del palazzo reale: sarà  la  tua fortuna. Quando i figliuoli lo videro tornare senza il
sotto le finestre del palazzo reale. Aspetta, aspetta,  la  vecchia non compariva. La figlia del Re era a una finestra,
palazzo reale. Aspetta, aspetta, la vecchia non compariva.  La  figlia del Re era a una finestra, che si pettinava. Lo
ve l'han comprato? Ma prima che quello rispondesse, ecco  la  vecchia con una coda di gente dietro. La gente fece
rispondesse, ecco la vecchia con una coda di gente dietro.  La  gente fece crocchio e la vecchia, nel mezzo, diceva: -
con una coda di gente dietro. La gente fece crocchio e  la  vecchia, nel mezzo, diceva: - Ranocchino, porgi il ditino!
- Ranocchino, porgi il ditino! E Ranocchino stendeva  la  zampina e porgeva il ditino alla vecchia. Gli altri avevano
Una meraviglia non mai vista. E tutti pagavano un soldo.  La  Reginotta fece chiamar la vecchia sotto la finestra; voleva
vista. E tutti pagavano un soldo. La Reginotta fece chiamar  la  vecchia sotto la finestra; voleva veder anche lei. -
un soldo. La Reginotta fece chiamar la vecchia sotto  la  finestra; voleva veder anche lei. - Ranocchino, porgi il
doppio. Ranocchino, porgi il ditino! E Ranocchino stendeva  la  zampina e porgeva il ditino alla vecchia. Gli altri avevano
- Vedi? - disse il Re alla Reginotta. - Occorre anche  la  vecchia. La Reginotta non s'era provata. - Ranocchino,
- disse il Re alla Reginotta. - Occorre anche la vecchia.  La  Reginotta non s'era provata. - Ranocchino, porgi il ditino!
e le porse il ditino. Allora bisognò comprarlo: se no,  la  Reginotta non si chetava. Posero Ranocchino in un piatto
piatto della bilancia e un pezzettino d'oro nell'altro, ma  la  bilancia non lo levava. Possibile che quel Ranocchino
quel Ranocchino pesasse tanto? Colmarono d'oro il piatto ma  la  bilancia non lo levava. La Reginotta e la Regina si tolsero
Colmarono d'oro il piatto ma la bilancia non lo levava.  La  Reginotta e la Regina si tolsero gli orecchini, gli anelli,
il piatto ma la bilancia non lo levava. La Reginotta e  la  Regina si tolsero gli orecchini, gli anelli, i braccialetti
i braccialetti e li buttarono lì. Nulla! Il Re si tolse  la  cintura, ch'era d'oro massiccio, e la buttò lì. Nulla! -
Nulla! Il Re si tolse la cintura, ch'era d'oro massiccio, e  la  buttò lì. Nulla! - Anche la corona! Vorrei ora vedere!...
ch'era d'oro massiccio, e la buttò lì. Nulla! - Anche  la  corona! Vorrei ora vedere!... Allora la bilancia levò
lì. Nulla! - Anche la corona! Vorrei ora vedere!... Allora  la  bilancia levò esatta; non mancava un pelo. La vecchia si
Allora la bilancia levò esatta; non mancava un pelo.  La  vecchia si rovesciò quel mucchio d'oro nel grembiule e andò
le tasche. - Però bada! Spendi tutto a tuo piacere; ma  la  corona reale, se tu la vendi o la perdi, guai a te! La
bada! Spendi tutto a tuo piacere; ma la corona reale, se tu  la  vendi o la perdi, guai a te! La Reginotta si spassava,
tutto a tuo piacere; ma la corona reale, se tu la vendi o  la  perdi, guai a te! La Reginotta si spassava, tutto il
ma la corona reale, se tu la vendi o la perdi, guai a te!  La  Reginotta si spassava, tutto il giorno, con Ranocchino. -
mangiare nel piatto di lei. - Una cosa sconcia! - diceva  la  Regina. Ma quella era figlia unica, e le perdonavano tutti
e le perdonavano tutti i capricci. Arrivò il tempo che  la  Reginotta dovea andare a marito. L'avea chiesta il Reuccio
marito. L'avea chiesta il Reuccio del Portogallo, e il Re e  la  Regina n'eran contentissimi. Lei disse di no: Voleva
dalla finestra che glielo strappò di mano e sparì.  La  Reginotta piangeva giorno e notte. Povera figliuola, faceva
giorno e notte. Povera figliuola, faceva pena! E tutta  la  Corte stava in lutto. Intanto in casa di Ranocchino pareva
non ci fu più il becco d'un quattrino. - Babbo, vendiamo  la  corona reale. - La corona reale non si tocca! - Si dee
becco d'un quattrino. - Babbo, vendiamo la corona reale. -  La  corona reale non si tocca! - Si dee crepar di fame?
reale non si tocca! - Si dee crepar di fame? Vendiamola! -  La  corona reale non si tocca. Quel povero diavolo tornò nella
i quattrini son finiti e quei figliuoli vorrebbero vendere  la  corona reale; ma io non l'ho permesso. - Fruga in quel
aspettami sotto le finestre del palazzo reale: sarà  la  tua fortuna. Tornò a casa, e trovò una tragedia! Cinque
forte e picchiò alla finestra. "Ragazzi, Fatemi vedere  la  corona reale." "Il babbo la tiene sotto chiave." "E dove
"Ragazzi, Fatemi vedere la corona reale." "Il babbo  la  tiene sotto chiave." "E dove l'ha riposta?" "In questa
diavolo si sentì rizzare i capelli. I figliuoli morti e  la  corona sparita! Il giorno dopo, quando vide la vecchia, le
morti e la corona sparita! Il giorno dopo, quando vide  la  vecchia, le raccontò ogni cosa. - Lascia fare a me! -
raccontò ogni cosa. - Lascia fare a me! - rispose quella.  La  Reginotta stava malissimo. I medici non sapevano più quali
- Maestà, - dissero, all'ultimo - qui ci vuol Ranocchino, o  la  Reginotta è spacciata. Il Re si disperava: - Dove prenderlo
L'aquila lo aveva già digerito da un pezzo. Si presentò  la  vecchia: - Maestà, Ranocchino ve lo farei trovare io; ma ci
terzo, verso il tramonto, giunsero in una pianura. Lì c'era  la  torre incantata, senza porte e senza finestre, alta un
senza finestre, alta un miglio. - Ranocchino è qui! - disse  la  vecchia. - Quegli uccellacci che aliano attorno alla cima,
attorno al cuoio. - Ora rivolteremo questo cuoio - disse  la  vecchia. - Io vi ci cucirò dentro. Scenderanno gli
dentro. Scenderanno gli uccellacci e vi porteranno lassù.  La  notte, spaccherete il cuoio col coltello di diamante; e la
La notte, spaccherete il cuoio col coltello di diamante; e  la  mattina quando l'aquila e gli uccellacci saranno andati via
quando l'aquila e gli uccellacci saranno andati via per  la  caccia, attaccherete la corda alla cima, prenderete
uccellacci saranno andati via per la caccia, attaccherete  la  corda alla cima, prenderete Ranocchino e la corona reale,
attaccherete la corda alla cima, prenderete Ranocchino e  la  corona reale, metterete il coltello fra i denti e vi
fra i denti e vi lascerete andar giù. Il Re esitava. - E se  la  corda si spezzasse? - Tenendo il coltello fra i denti non
che lo afferrano cogli arti gli e se lo portano lassù.  La  notte, spaccò il cuoio col coltello di diamante e andò a
e gli uccellacci di preda andassero a caccia, attaccò  la  corda alla cima della torre, prese Ranocchino e la corona
attaccò la corda alla cima della torre, prese Ranocchino e  la  corona reale, e si lasciò andar giù. E il coltello? L'aveva
andar giù. E il coltello? L'aveva dimenticato. Allora  la  corda cominciò a nicchiare: - Ahi, ahi! Mi spezzo! Dammi da
schizzar il sangue. Intanto scivolava giù. Ma poco dopo  la  corda da capo: - Ahi, ahi! Mi spezzo! Dammi da bere. Il Re
capo: - Ahi, ahi! Mi spezzo! Dammi da bere. Il Re si morse  la  vena dell'altro braccio e ne fece schizzar il sangue.
e ne fece schizzar il sangue. Intanto scivolava giù. Ma  la  corda da capo: - Ahi, ahi! Mi spezzo! Dammi da bere. Il Re,
- rispose. Infatti si spezzò; ma lui, per sua fortuna, se  la  cavò con qualche ammaccatura. Per le vene ferite delle
con qualche ammaccatura. Per le vene ferite delle braccia  la  vecchia cercò un'erba, e gliele medicò con essa, e gli
essa, e gli sanarono a un tratto. Appena visto Ranocchino,  la  Reginotta cominciò a riaversi. - Ranocchino, porgi il
Il Re, per finirla, voleva far subito le nozze. Ma  la  vecchia gli disse: - Bisogna aspettare ancora un mese.
Quando fu il giorno, l'olio bolliva nella caldaia. Venne  la  vecchia e dietro a lei quel povero diavolo con un carro, su
distesi i cadaveri dei sei figliuoli. - Reginotta, - disse  la  vecchia - volete sposare Ranocchino? Bisogna prenderlo per
prenderlo per un piede e tuffarlo tre volte in quell'olio.  La  Reginotta esitava. - Tuffami, tuffami! - le disse
- le disse Ranocchino. Allora lei lo tuffò. Uno, due! Ma  la  terza volta le scappa di mano e casca in fondo alla
volta le scappa di mano e casca in fondo alla caldaia.  La  Reginotta si svenne. Il Re voleva far ammazzare la vecchia;
caldaia. La Reginotta si svenne. Il Re voleva far ammazzare  la  vecchia; ma questa, afferrati in fretta in fretta quei
Ma Ranocchino venne soltanto a galla e non saltò.  La  Reginotta, appena lo scorse, tentò d'afferrarlo; la vecchia
saltò. La Reginotta, appena lo scorse, tentò d'afferrarlo;  la  vecchia la trattenne. - Voleva scottarsi? Doveva fare come
Reginotta, appena lo scorse, tentò d'afferrarlo; la vecchia  la  trattenne. - Voleva scottarsi? Doveva fare come al solito.
..., e chi uscì fuori? Un bel giovane che pareva un Sole.  La  Reginotta lo riconobbe pel bimbo che quel povero diavolo
nozze con magnifiche feste, e Ranocchino, a suo tempo, ebbe  la  corona reale. Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta; Chi non
feste, e Ranocchino, a suo tempo, ebbe la corona reale. Chi  la  vuol cruda, chi la vuol cotta; Chi non gli piace, me la
a suo tempo, ebbe la corona reale. Chi la vuol cruda, chi  la  vuol cotta; Chi non gli piace, me la riporti.
Chi la vuol cruda, chi la vuol cotta; Chi non gli piace, me  la  riporti.
aveva perduto  la  voce. Stava ritto in mezzo alla sala, con la testa bassa,
aveva perduto la voce. Stava ritto in mezzo alla sala, con  la  testa bassa, col mento conficcato nello stomaco, e di tanto
come dire: "Quando saremo fuori di qui, faremo i conti e me  la  pagherete! ... ". "Dunque, si può sapere che cos'è
da cavalleria . "No: io!", gridò Gigino, il rappresentante  la  fanteria . "Nossignori, tocca a me", strillò Arnolfo, il
piccolo trombettiere, non sapendo lì per lì trovar subito  la  parola per dar principio al suo racconto, cominciò a fare
per dar principio al suo racconto, cominciò a fare con  la  bocca mille versi e a gesticolare con le mani: alla fine
versi e a gesticolare con le mani: alla fine poi, trovata  la  parola, prese a dire come seguitando un racconto: "Sicché
domandò il babbo. "O che non lo sai? S'andava a far  la  guerra ... " "La guerra contro chi?" "La guerra contro
una grossa quercia, che rimane a metà del bosco." "E perché  la  chiamate Cartagine?" "Bella forza! Perché noi siamo i
a camminare avanti, ma siccome Leoncino è un prepotente per  la  ragione che ha la sciabola dorata e la striscia bianca al
ma siccome Leoncino è un prepotente per la ragione che ha  la  sciabola dorata e la striscia bianca al berretto, allora mi
è un prepotente per la ragione che ha la sciabola dorata e  la  striscia bianca al berretto, allora mi saltò addosso col
babbo? Scusa, babbino, te che te ne intendi, quando si fa  la  guerra, chi è che va avanti, il generale o quello che sona
guerra, chi è che va avanti, il generale o quello che sona  la  tromba? Io dico che quello che sona la tromba gli è sempre
o quello che sona la tromba? Io dico che quello che sona  la  tromba gli è sempre il primo di tutti ... ne convieni? ...
gli è sempre il primo di tutti ... ne convieni? ... Se no  la  guerra sarebbe una bella ingiustizia." "Via! via! via!",
del gatto del nostro ortolano, quando gli si faceva vedere  la  frusta? Tale e quale." "E la cagione di questo spavento?"
quando gli si faceva vedere la frusta? Tale e quale." "E  la  cagione di questo spavento?" "Figurati! Aveva visto fra
un altro pepe, e nel terzo fram- menti di vetri. Il pepe e  la  sabbia li get- tava in faccia a quelli che trovava a di-
viso, quando si sentì chiamare: - Fiorino! Fiorino! - Alzò  la  testa, e, nella corolla di una campanula, vide una piccola
nella corolla di una campanula, vide una piccola Fata con  la  chioma d'oro e una corona di perle di ru- giada sui capelli
un popolo di pic- cole Fate, meno belle di lei, che era  la  Regina di tutte. - Sono, Fiorina, la Fata dei fiori - disse
belle di lei, che era la Regina di tutte. - Sono, Fiorina,  la  Fata dei fiori - disse la Regina. - Tu sei un buon bambino
Regina di tutte. - Sono, Fiorina, la Fata dei fiori - disse  la  Regina. - Tu sei un buon bambino e dovresti farmi un
Dissi- dio si metterà insieme con te in cammino per portare  la  discordia in una famiglia che abita ai piedi del Monte San
San Bernardo, sulla riva di un gran lago. Giunto colà, tu  la  lascerai e ti arrampicherai sui fianchi del monte, e a
pianta, tornerai da me, e io ti farò felice. - Era calata  la  notte e a un tratto si accesero d'intorno alla Regina mille
- Ora ritorna da Dissidio, e voi, miei paggi, illuminategli  la  via! - disse la Regina. Le lucciole si mossero a stormi di-
Dissidio, e voi, miei paggi, illuminategli la via! - disse  la  Regina. Le lucciole si mossero a stormi di- nanzi a
seguito Fiorino, si avventò alle gam- be della vecchia e  la  morse; poi andò ad accucciarsi ai piedi del bimbo. Quando
ad accucciarsi ai piedi del bimbo. Quando egli si coricò,  la  volpe gli si mise accanto sulla paglia, e ogni volta che la
la volpe gli si mise accanto sulla paglia, e ogni volta che  la  vecchia si alzava pian piano per picchiarlo, la volpe le si
volta che la vecchia si alzava pian piano per picchiarlo,  la  volpe le si avventava ai magri polpacci e glieli faceva
ai magri polpacci e glieli faceva sanguinare. , A giorno  la  vecchia urlò a Fiorino: - Alzati, poltrone, che dobbiamo
che dobbiamo met- terci in cammino! - Fiorino si alzò e  la  volpe gli scodin- zolò accanto, come per dirgli: - Sii
mense pianure e per boschi sconfinati, e ovunque passavano,  la  gente veniva a con- tesa, si accapigliava, si uccideva con
che era venuto il momento di sepa- rarsi da Dissidio, e  la  notte, mentre ella dormiva, si alzò pian piano e, seguìto
do- mandava dove fossero le piante di edel- weiss, e  la  gente gli accennava la cima nevosa del monte. Fiorino
fossero le piante di edel- weiss, e la gente gli accennava  la  cima nevosa del monte. Fiorino saliva, saliva sempre, senza
come il punto ove incominciava a crescere l'edelweiss,  la  tormenta si mise a soffiare impetuosa. La neve turbinava da
l'edelweiss, la tormenta si mise a soffiare impetuosa.  La  neve turbinava da ogni lato. Fiorino si sentì i piedi
di riposo. Egli si coricò, e ben presto si addormentò sotto  la  coltre bianca, che la neve aveva steso su di lui, e con la
e ben presto si addormentò sotto la coltre bianca, che  la  neve aveva steso su di lui, e con la fida volpe accanto.
la coltre bianca, che la neve aveva steso su di lui, e con  la  fida volpe accanto. Egli dormì a lungo, e la prima cosa che
di lui, e con la fida volpe accanto. Egli dormì a lungo, e  la  prima cosa che sentì, nel destarsi, fu una lingua calda,
sentì, nel destarsi, fu una lingua calda, che gli leccava  la  faccia e le mani. Nel- l'aprir gli occhi vide un giovane
bere un cordiale, lo legò sulla groppa del cane, e mentre  la  neve imperversava ancora, lo condusse alla sua capanna, e
aspettava i doni del Bambino Gesù, perchè quel giorno era  la  vigilia di Ceppo. Quei buoni bimbi appena videro Fio- rino
paura della volpe che lo seguiva; e quando il babbo e  la  mamma distribuirono loro doni, consistenti in soldatini di
Fiorino, il quale non poteva parlare perchè non ca- piva  la  lingua del paese. - Edelweiss! - ripetè una bella fan-
- ripetè una bella fan- ciulla bionda. E socchiusa  la  porta della capanna, uscì riportando una pianticella dai
pianse vedendo quel fiore, che gli era costato quasi  la  vita; e appena ebbe ripreso vigore, e la tormenta fu ces-
era costato quasi la vita; e appena ebbe ripreso vigore, e  la  tormenta fu ces- sata sulle vette nevose, egli fece una
si rimise in cammino dopo aver ringraziato affettuosamente  la  buona fami- glia di montanari che lo aveva ricoverato.
ricoverato. Questa volta il viaggio fu più agevole, poiché  la  volpe lo precedeva sempre, in- segnandogli la via. Nei
poiché la volpe lo precedeva sempre, in- segnandogli  la  via. Nei boschi tornava la primavera, al- lorché egli
sempre, in- segnandogli la via. Nei boschi tornava  la  primavera, al- lorché egli giunse dalla fata Fiorina. -
Fiorina. - Fiorina, ecco l'edelweiss! - gridò egli vedendo  la  piccola Fata ritta sulla co- rolla di una campanula. -
quando il bimbo mostrò i fiori vellutati e bianchi come  la  neve. - Raccontaci il tuo viaggio, - gli disse Fiorina. Il
Povero Fiorino! Povero Fiorino! - Meriti un premio, - disse  la  pic- cola Fata - e lo avrai. Mentre tu espo- nevi la vita
disse la pic- cola Fata - e lo avrai. Mentre tu espo- nevi  la  vita per me, io ti preparavo una splendida dimora. Vieni a
che formavano intorno a lei un fascio di vi- vida luce.  La  fata Fiorina si fermò a poca di- stanza di un gruppo
a poca di- stanza di un gruppo d'alberi, ove prima sorgeva  la  capanna di Dissidio. La capanna non c'era più e invece di
gruppo d'alberi, ove prima sorgeva la capanna di Dissidio.  La  capanna non c'era più e invece di quella si ergeva sul
luogo uno splendido palazzo. - Vivrai a me vicino, - disse  la  Fata. - I fiori allieteranno in ogni stagione la tua dimora
- disse la Fata. - I fiori allieteranno in ogni stagione  la  tua dimora e tu non avrai altro che a dire: edelweiss!
che a dire: edelweiss! perché io accorra vici- no a te. -  La  Fata disparve in una nube scintil- lante, tutta formata di
nelle profondità del bosco, Fiorino aveva già pronunziato  la  magica parola, e la bella Fata tornava a lui volando. - Che
bosco, Fiorino aveva già pronunziato la magica parola, e  la  bella Fata tornava a lui volando. - Che vuoi? - gli
- Che vuoi? - gli domandò. - Desidererei che tu stabilissi  la  tua dimora nel mio palazzo, Fatina bella. - Allora
nel mio palazzo, Fatina bella. - Allora sposiamoci, - disse  la  Fata. E così fecero. Le nozze furono celebrate con gran
le lucciole illuminarono tutti i recessi del bosco, e  la  rugiada sparse tesori di perle sull'erba verde dei prati.
da tanto tempo da Dissidio, re- gnarono da allora in poi  la  Concordia e l'Amore.
E il vedovo aveva una figlia della sua prima moglie e  la  vedova aveva una figlia del suo primo marito. La figlia del
moglie e la vedova aveva una figlia del suo primo marito.  La  figlia del vedovo si chiamava Serena, la figlia della
suo primo marito. La figlia del vedovo si chiamava Serena,  la  figlia della vedova si chiamava Gordiana. la matrigna
Serena, la figlia della vedova si chiamava Gordiana.  la  matrigna odiava Serena ch'era bella e buona e concedeva
buona e concedeva ogni cosa a Gordiana, brutta e perversa.  La  famiglia abitava un castello Principesco, a tre miglia dal
un castello Principesco, a tre miglia dal villaggio, e  la  strada attraversava un crocevia, tra i faggi millenari di
tondo e facevano beffe terribili ai viaggiatori notturni.  La  matrigna che sapeva questo, una domenica sera, dopo cena,
vammelo a cercare. - Mamma, perdonate... è notte. - C'è  la  luna più chiara del sole! - Mamma, ho paura! Andrò
Andrò domattina all'alba... - Ti ripeto d'andare! - replicò  la  matrigna. - Mamma, lasciate venire Gordiana con me... -
senza il libro della matrigna. Fece violenza al tremito che  la  scuoteva, e s'avanzò con passo tranquillo. Appena la
che la scuoteva, e s'avanzò con passo tranquillo. Appena  la  videro, gli gnomi verdi si separarono da quelli rossi e
ala ai lati della strada, come per darle il passo. E quando  la  bimba si trovò fra loro la chiusero in cerchio, danzando. E
per darle il passo. E quando la bimba si trovò fra loro  la  chiusero in cerchio, danzando. E uno gnomo le porse un
- gridarono tutti con voce lieta e crepitante. Ripresero  la  danza vertiginosa, tenendosi per mano, poi spezzarono il
giunse al villaggio e fece alzare il sacrestano perché  la  chiesa era chiusa. Ed ecco che ad ogni parola una perla le
mano. Serena ebbe il libro e ritornò al castello paterno.  La  matrigna la guardò stupita. Serena splendeva di una
ebbe il libro e ritornò al castello paterno. La matrigna  la  guardò stupita. Serena splendeva di una bellezza mai
ad ogni parola una perla le cadeva dall'orecchio sinistro.  La  matrigna si rodeva d'invidia. - E il mio libro di
d'invidia. - E il mio libro di preghiere? - Eccolo, mamma.  La  logora rilegatura di cuoio e di rame s'era convertita in
e di rame s'era convertita in oro tempestato di brillanti.  La  matrigna trasecolava. Poi decise di tentare la stessa sorte
brillanti. La matrigna trasecolava. Poi decise di tentare  la  stessa sorte per la figlia Gordiana. La domenica dopo, alla
trasecolava. Poi decise di tentare la stessa sorte per  la  figlia Gordiana. La domenica dopo, alla stessa ora, disse
decise di tentare la stessa sorte per la figlia Gordiana.  La  domenica dopo, alla stessa ora, disse alla figlia di
voi! Gordiana, non avvezza ad ubbidire, smaniò furibonda e  la  madre fu costretta a cacciarla con le busse, per deciderla
tondo si divisero in due schiere ai lati della strada, poi  la  chiusero in cerchio; e uno si avanzò porgendole il fungo e
chiusero in cerchio; e uno si avanzò porgendole il fungo e  la  felce e invitandola garbatamente a danzare. - Io danzo con
e con baroni: non danzo con brutti rospi come voi. E gettò  la  felce e il fungo e tentò di aprire la catena dei piccoli
come voi. E gettò la felce e il fungo e tentò di aprire  la  catena dei piccoli ballerini con pugni e con calci. - Che
- gridarono tutti con voce irosa e crepitante. Ripresero  la  danza prendendosi per mano, poi spezzarono la catena e
Ripresero la danza prendendosi per mano, poi spezzarono  la  catena e disparvero. Gordiana scrollò le spalle, giunse
alla chiesa, prese il libro e ritornò al castello. Quando  la  madre la vide dié un urlo: - Gordiana, figlia mia! Chi t'ha
prese il libro e ritornò al castello. Quando la madre  la  vide dié un urlo: - Gordiana, figlia mia! Chi t'ha conciata
parola, uno scorpione dalla coda forcuta le scendeva lungo  la  persona. Trasse il libro di tasca e lo diede alla madre; ma
un grido d'orrore. - Che schifezza! É tutto lordo di bava!  La  madre era disperata di quella figlia zoppa e gobba, più
figlia zoppa e gobba, più brutta e più perversa di prima. E  la  condusse nelle sue stanze, affidandola alle cure di medici
inutilmente per risanarla. Si era intanto sparsa pel mondo  la  fama della bellezza sfolgorante e della bontà di Serena, e
le parti giungevano richieste di principi e di baroni; ma  la  matrigna perversa si opponeva ad ogni partito. Il Re di
di Serena che fece all'istante richiesta della sua mano.  La  matrigna soffocava dalla bile; ma si mostrò ossequiosa al
fortuna. E già macchinava in mente di sostituire a Serena  la  figlia Gordiana. Furono fissate le nozze per la settimana
a Serena la figlia Gordiana. Furono fissate le nozze per  la  settimana seguente. Il giorno dopo il Re mandò alla
di valore inestimabile. Giunse il corteo reale per prendere  la  fidanzata. La matrigna coprì dei gioielli la figlia
Giunse il corteo reale per prendere la fidanzata.  La  matrigna coprì dei gioielli la figlia Gordiana e rinchiuse
per prendere la fidanzata. La matrigna coprì dei gioielli  la  figlia Gordiana e rinchiuse Serena in un cofano di cedro.
dalla carrozza dorata e aprì lo sportello per farvi salire  la  fidanzata. Gordiana aveva il volto coperto d'un velo fitto
dolci parole dello sposo. - Signora mia suocera, perché  la  sposa non mi risponde? - É timida, Maestà. - Eppure l'altro
Maestà. - Eppure l'altro giorno fu così garbata con me... -  La  solennità di questo giorno la rende muta... Il Re guardava
fu così garbata con me... - La solennità di questo giorno  la  rende muta... Il Re guardava con affetto la sposa. -
questo giorno la rende muta... Il Re guardava con affetto  la  sposa. - Serena, scopritevi il volto, ch'io vi veda un solo
un solo istante! - Non è possibile, Maestà - interruppe  la  matrigna - il fresco della carrozza la sciuperebbe! Dopo le
Maestà - interruppe la matrigna - il fresco della carrozza  la  sciuperebbe! Dopo le nozze si scoprirà. il Re cominciava ad
il Re cominciava ad inquietarsi. Proseguirono verso  la  chiesa e già la madre si rallegrava di veder giungere a
ad inquietarsi. Proseguirono verso la chiesa e già  la  madre si rallegrava di veder giungere a compimento la sua
e già la madre si rallegrava di veder giungere a compimento  la  sua frode perversa. Ma passando vicino ad un ruscello,
- Dove? - Nel cofano di cedro! Il Re forzò il cofano con  la  punta della spada e sollevò il coperchio. Serena balzò in
il coperchio. Serena balzò in piedi, pallida e bella. Il re  la  sollevò fra le braccia, la pose sul suo cavallo e ritornò
in piedi, pallida e bella. Il re la sollevò fra le braccia,  la  pose sul suo cavallo e ritornò dove il corteo l'aspettava.
l'operazione.  La  terza testa che si è strappata si muta in una grossissima
è per voi, ex Maestà ... Torna a ripetere l'operazione, e  la  quarta testa che ha buttata in terra, si muta in una enorme
enorme zucca.) questa, Eccellenza, è per voi ! ...(Offre  la  zucca al Ministro.)
mulino videro una vecchia giumenta quasi cieca, che girava  la  macina. Nonsò guardò attentamente la bestia e disse: -
cieca, che girava la macina. Nonsò guardò attentamente  la  bestia e disse: - Signore, quello è il destriero che mi
Nonsò supplicante, cedette alle sue preghiere e comperò  la  giumenta. Il mugnaio, consegnando la bestia a Nonsò, gli
preghiere e comperò la giumenta. Il mugnaio, consegnando  la  bestia a Nonsò, gli disse all'orecchio: - Vedete questi
un poco, ma poi si lasciò vincere dal Desiderio e prese  la  collana. Il Re aveva affidato a Nonsò la cura di alcuni
Desiderio e prese la collana. Il Re aveva affidato a Nonsò  la  cura di alcuni suoi cavalli e di notte egli illuminava la
la cura di alcuni suoi cavalli e di notte egli illuminava  la  sua scuderia con la collana sfavillante. Gli altri
suoi cavalli e di notte egli illuminava la sua scuderia con  la  collana sfavillante. Gli altri stallieri, gelosi di lui,
e una notte, entrando di subito nella scuderia, vide che  la  luce veniva dalla collana abbagliante, appesa ad una
scoperse che il monile era della Bella dalle Chiome Verdi,  la  Principessa più sdegnosa del mondo. - Bisogna che tu mi
più sdegnosa del mondo. - Bisogna che tu mi conduca  la  Principessa dalle Chiome Verdi - disse il Sovrano - o non
dalle Chiome Verdi - disse il Sovrano - o non c'è che  la  morte per te. Nonsò era disperato. Andò a rifugiarsi dalla
giumenta e piangeva sulla sua magra criniera. - Conosco  la  causa del tuo dolore - gli disse la bestia fedele, - è
criniera. - Conosco la causa del tuo dolore - gli disse  la  bestia fedele, - è venuto il giorno del pentimento per la
la bestia fedele, - è venuto il giorno del pentimento per  la  collana presa contro mio consiglio. Ma fa' cuore ed
Il Re diede avena e danaro e Nonsò si mise in viaggio con  la  sua cavalla sparuta. Arrivarono al mare. Nonsò vide un
fra le alghe. - Libera quel poveretto! - gli consigliò  la  cavalla. Nonsò ubbidì, e il pesce, emergendo con la testa
la cavalla. Nonsò ubbidì, e il pesce, emergendo con  la  testa sull'acqua, disse: - Tu mi hai salvata la vita e il
con la testa sull'acqua, disse: - Tu mi hai salvata  la  vita e il tuo benefizio non sarà dimenticato. Se tu
preso alla pania. - Libera quel poveretto! - gli consigliò  la  giumenta. Nonsò ubbidì e l'uccello disse: - Grazie, Nonsò;
dinanzi al castello della Principessa. - Entra - disse  la  giumenta - e non temere di nulla. Quando vedrai la Bella,
- disse la giumenta - e non temere di nulla. Quando vedrai  la  Bella, invitala ad accompagnarti qui. Io danzerò per lei
al palazzo. Aprì una dama bellissima, ch'egli prese per  la  Principessa in persona. - Principessa... - Non son io la
la Principessa in persona. - Principessa... - Non son io  la  Principessa. E l'accompagnò in un'altra sala dove
benevolmente, e dopo un giorno accondiscese a vedere  la  giumenta danzatrice. - Saltatele in groppa, Principessa, ed
Principessa, ed essa danzerà con voi danze meravigliose.  La  Bella, un poco esitante, ubbidì. Nonsò le balzò accanto,
dinanzi al palazzo del Re. - M'avete ingannata - gridava  la  Principessa, - ma non mi do per vinta, e prima d'essere la
la Principessa, - ma non mi do per vinta, e prima d'essere  la  sposa del Re vi farò piangere più d'una volta... Nonsò
d'una volta... Nonsò sorrideva soddisfatto. - Sire, eccovi  la  Bella dalle Chiome Verdi! Il Re fu abbagliato di tanta
di tanta bellezza e voleva sposarla all'istante. Ma  la  Principessa chiese che le si portasse prima una forcella
castello. E Nonsò fu incaricato dal Re della ricerca, pena  la  morte. Il giovane non osava ritornare al castello della
Bella dalle Chiome Verdi, dopo il rapimento, e guardava  la  sua giumenta, accorato. - Ti ricordi - disse questa -
accorato. - Ti ricordi - disse questa - d'aver salvata  la  vita all'uccello impaniato? Chiamalo e t'aiuterà. Nonsò
Nonsò chiamò e l'uccello comparve. - Tranquillati, Nonsò!  La  forcella ti sarà portata. E adunò tutti gli uccelli
il reattino, perdendovi quasi tutte le penne, e portò  la  forcella al desolato Nonsò. Nonsò presentò la forcella alla
e portò la forcella al desolato Nonsò. Nonsò presentò  la  forcella alla Principessa. - Al presente - disse il Re -
di ritrovare l'anello, e quegli si mise in viaggio con  la  giumenta fedele. Giunto in riva al mare chiamò il pesce e
l'anello, fatti cuore! E il pesce avvertì i compagni;  la  notizia si sparse in un attimo per tutto il mare e l'anello
venne ritrovato poco dopo, tra i rami d'un corallo.  La  Principessa dovette acconsentire alle nozze. Il giorno
alla cattedrale con gran pompa e cerimonia. Nonsò e  la  cavalla seguivano il corteo regale ed entrarono in chiesa
in chiesa con grave scandalo dei presenti. Ma quando  la  cerimonia fu terminata, la pelle della giumenta cadde in
scandalo dei presenti. Ma quando la cerimonia fu terminata,  la  pelle della giumenta cadde in terra e lasciò vedere una
Bella dalle Chiome Verdi. Essa prese Nonsò per mano: - Sono  la  figlia del re di Tartaria. Vieni con me nel regno di mio
re di Tartaria. Vieni con me nel regno di mio Padre e sarò  la  tua sposa. Nonsò e la Principessa presero congedo dagli
con me nel regno di mio Padre e sarò la tua sposa. Nonsò e  la  Principessa presero congedo dagli astanti stupefatti, né
quella sera egli non proferse altre parole. Prese per mano  la  figlia, e, accompagnandola fin presso la stanza delle rose
Prese per mano la figlia, e, accompagnandola fin presso  la  stanza delle rose prese commiato da lei col bacio del buon
e interrotte, le strane proteste di Rolland, tutta  la  scena cui poco dianzi aveva assistito le riempirono il
si assise al cembalo magnetico e scorrendo colle dita sovra  la  tastiera di avorio, parlò alla sorella d'amore. - Vegli, o
diedero fragranza, ma le spine sono cresciute. - Narrami  la  storia del tuo cuore - io chino l'orecchio sul cembalo per
per udire il melodioso canto della vergine innamorata.  La  casa di Fidelia e la casa di Speranza erano disgiunte da
canto della vergine innamorata. La casa di Fidelia e  la  casa di Speranza erano disgiunte da tre lunghe contrade -
le labbra oscillavano; i polsi tremavano convulsi per  la  pressione del fluido sospinto ... E quando Fidelia, stanca
quando Fidelia, stanca da quegli sforzi violenti, reclinava  la  testa sul timpano sonoro, una musica soavissima le parlava
- una musica di consigli, di speranze e di benedizioni -  la  musica di un'anima sorella. - Il telegrafo magnetico di
dell'anima, esso non poteva in verun modo trasmettere  la  menzogna.
arrivava a spuntare. Una bella giornata ch'era freddino,  la  Regina s'era messa davanti il palazzo reale per riscaldarsi
per riscaldarsi al sole. Passa una vecchiarella: - Fate  la  carità! Quella per la noia di cavar le mani di tasca
sole. Passa una vecchiarella: - Fate la carità! Quella per  la  noia di cavar le mani di tasca rispose: - Non ho nulla. La
la noia di cavar le mani di tasca rispose: - Non ho nulla.  La  vecchiarella andò via brontolando. - Che cosa ha
andò via brontolando. - Che cosa ha brontolato? - domandò  la  Regina. - Maestà, ha detto che un giorno avrete bisogno di
- Maestà, ha detto che un giorno avrete bisogno di lei.  La  Regina le fece correre una persona dietro, per richiamarla;
le fece correre una persona dietro, per richiamarla; ma  la  vecchiarella aveva svoltato cantonata ed era sparita. Otto
in segreto col Re: - Maestà, ho il rimedio per guarir  la  Regina. Ma prima facciamo i patti. - Oh, bravo! Facciamo i
abbandonarla lassù: non ne saprete più nuova. - Consulterò  la  Regina. - Vuol dire che non ne farete nulla. Stretto fra
le dita e disse: - Ecco il rimedio. Questa notte, appena  la  Regina sarà addormentata, Vostra Maestà glielo versi tutto
intero in un orecchio. Basterà. Infatti, dopo nove mesi,  la  Regina partorì e fece una bella bambina. A questa notizia
- Povera figliolina, che mala Sorte! Che mala Sorte!  La  Regina lo seppe: - Maestà, perché avete pianto: Povera
Povera figliolina, che mala Sorte? - Non ne Fate caso.  La  Reginotta cresceva più bella del sole: il Re e la Regina
caso. La Reginotta cresceva più bella del sole: il Re e  la  Regina n'erano matti. Quando entrò nei sette anni, il
Ma il patto era questo: bisognava osservarlo. Il giorno che  la  Reginotta compì i sette anni, il Re disse alla Regina: - Vo
giunsero a piè della montagna e cominciarono a salire.  La  Reginotta non potea arrampicarsi, e il Re se la tolse in
a salire. La Reginotta non potea arrampicarsi, e il Re se  la  tolse in collo. - Babbo, che andiamo a fare lassù? Torniamo
Re non rispondeva, e si bevea le lagrime che gli rigavano  la  faccia. - Babbo, che andiamo a fare lassù? Torniamo
Re non rispondeva, e si bevea le lagrime che gli rigavano  la  faccia. - Babbo, che siam venuti a fare quassù? Torniamo
E l'abbandonò alla sua Sorte. Vedendolo tornar solo,  la  Regina cominciò a urlare: - E la figliuola? E la figliuola?
Vedendolo tornar solo, la Regina cominciò a urlare: - E  la  figliuola? E la figliuola? - Calò giù un'aquila, l'afferrò
solo, la Regina cominciò a urlare: - E la figliuola? E  la  figliuola? - Calò giù un'aquila, l'afferrò cogli artigli e
figliuola? - Calò giù un'aquila, l'afferrò cogli artigli e  la  portò via. - Ah, figliuola mia! Non è vero! - Le sbucò
mia! Non è vero! - Faceva chiasso in riva al fiume e  la  corrente la travolse. - Non è vero! Non è vero! Allora il
Non è vero! - Faceva chiasso in riva al fiume e la corrente  la  travolse. - Non è vero! Non è vero! Allora il Re le
Allora il Re le raccontò per filo e per segno ogni cosa. E  la  Regina partì, come una pazza, per ritrovar la figliuola.
ogni cosa. E la Regina partì, come una pazza, per ritrovar  la  figliuola. Salita in cima alla montagna, cercò, chiamò tre
anni. Della bimba non s'era più saputo nuova. Un giorno  la  Regina si affaccia al terrazzino e vede giù nella via
donna, montate su. - Maestà, oggi ho fretta; verrò domani.  La  Regina rimase male. E il giorno dopo stette tutta la
La Regina rimase male. E il giorno dopo stette tutta  la  mattinata ad aspettarla al terrazzino. Come la vide
stette tutta la mattinata ad aspettarla al terrazzino. Come  la  vide passare: - Buona donna, buona donna, montate su. -
su. - Maestà, oggi ho fretta; verrò domani. Il giorno dopo,  la  Regina, per far meglio, andò ad aspettarla innanzi il
il portone. - Maestà, oggi ho fretta; verrò domani. Ma  la  Regina la prese per una mano e non la lasciò andar via; e
- Maestà, oggi ho fretta; verrò domani. Ma la Regina  la  prese per una mano e non la lasciò andar via; e per le
verrò domani. Ma la Regina la prese per una mano e non  la  lasciò andar via; e per le scale le domandò perdono di
l'elemosina. - Buona donna, buona donna, Fatemi ritrovar  la  mia figliuola! - Maestà, che ne so io? Sono una povera
femminuccia. - Buona donna, buona donna, Fatemi ritrovar  la  mia figliuola! - Maestà, male nuove. La Reginotta è alle
Fatemi ritrovar la mia figliuola! - Maestà, male nuove.  La  Reginotta è alle mani d'un Lupo Mannaro, quello stesso che
un gomitolo di refe e un pugno di grano, e venite con me.  La  Regina prese tutto quello che la vecchiarella avea
di grano, e venite con me. La Regina prese tutto quello che  la  vecchiarella avea ordinato, e partì insieme con lei.
con lei. Giunsero ad una buca, che ci si passava appena.  La  vecchiarella attaccò un capo del refe a una piantina e
quei ti sciolga. Ed entrarono. Scendi, scendi, scendi,  la  Regina già si sentiva le ginocchia tutte rotte. -
tantino! - Maestà, è impossibile. Scendi, scendi, scendi,  la  Regina non si reggeva più dalla fame. - Vecchiarella,
svenire! - Maestà, non è possibile. Scendi, scendi, scendi,  la  Regina affogava di sete. - Vecchiarella, per carità, un
E sbucarono in una pianura. Il gomitolo del refe terminò.  La  vecchiarella attaccò quell'altro capo ad una pianticina, e
quei ti sciolga. Cominciarono ad inoltrarsi. Ad ogni passo  la  Regina dovea lasciar cadere in terra un chicco di grano e
Regina dovea lasciar cadere in terra un chicco di grano e  la  vecchiarella diceva: - Grano, grano di Dio, Com'io ti
in terra il coltellino e sputate tre volte; siamo arrivati.  La  Regina piantò il coltellino e sputò tre volte; e la
La Regina piantò il coltellino e sputò tre volte; e  la  vecchiarella disse: - Coltellino, coltellino di Dio, Com'io
colle pietanze fumanti. - Reginotta, mangiate, mangiate!  La  tavola parlava. Mangiò, bevve, e poco dopo le vennero le
in aria come una bambola. - Mi vuoi per marito? Mi vuoi?  La  Reginotta rideva: - Ti voglio, ti voglio. E un altro salto
l'ebbe a male ed andò via. E per un anno non si fece vivo.  La  Reginotta s'annoiava a star lì senza vedere un viso
bella piuma più alta di lui. - Buon giorno. - Buon giorno.  La  Reginotta, nel vederlo lo stesso, rimase sorpresa. Lo prese
in aria come una bambola. - Mi vuoi per marito? Mi vuoi?  La  Reginotta rideva: - Ti voglio! Ti voglio! Ma per ora bada a
via. Ogni anno così; ed eran passati sette anni. Intanto  la  Reginotta s'era fatta una ragazza, che ci volevan quattro
per saltar dalla finestra. - Ascolta, figliuola - disse  la  Regina sotto voce. - Quel Gomitetto è il Lupo Mannaro. Ti
di sì; altrimenti sarai morta; ne farà due bocconi.  La  prossima notte a quest'ora ci rivedremo. La mattina, la
due bocconi. La prossima notte a quest'ora ci rivedremo.  La  mattina, la Reginotta udì la solita voce: - Vuoi vedermi? -
La prossima notte a quest'ora ci rivedremo. La mattina,  la  Reginotta udì la solita voce: - Vuoi vedermi? - Volentieri.
a quest'ora ci rivedremo. La mattina, la Reginotta udì  la  solita voce: - Vuoi vedermi? - Volentieri. Si spalancarono
occhiacci e certe zanne, che Dio ne scampi ogni creatura!  La  Reginotta si sentì mancare. - Mi vuoi per marito? Ti feci
me. Lei tremava come una foglia. - Mi vuoi per marito? Più  la  Reginotta sentiva quella vociaccia, e più tremava e si
e poi rispose: - Ti sia concesso! Sarai mangiata domani.  La  notte, all'ora fissata, lei s'affacciò alla finestra: - Ah,
di no; sarò mangiata domani. - Fatevi coraggio! - disse  la  vecchiarella. E picchiò forte al portone. - Chi è? Chi
Son coltellino, Son piantato nella terra dura, Per difender  la  creatura. Contro questa malìa, il Lupo Mannaro non poteva
Contro questa malìa, il Lupo Mannaro non poteva nulla. E  la  mattina, all'alba, venne fuori; e come vide il coltellino,
frugò attorno, ma non trovò nessuno. All'ultimo chiamò  la  Reginotta: - Vien qua, strappami di terra questo
strappami di terra questo coltellino: non ti mangerò più.  La  Reginotta gli credette, e strappò il coltellino. - Ed ora
un momentino incerto, e poi rispose: - Ti sia concesso.  La  notte, la Reginotta s'affacciò alla finestra: - Ah, mammina
incerto, e poi rispose: - Ti sia concesso. La notte,  la  Reginotta s'affacciò alla finestra: - Ah, mammina mia! Mi
glielo strappai. Domani sarò mangiata! - Fatevi coraggio! E  la  vecchiarella picchiò forte al portone. - Chi è? Chi
frumentino, Son seminato nella terra scura, Per difender  la  creatura. Contro questa malìa, il Lupo Mannaro non poteva
Contro questa malìa, il Lupo Mannaro non poteva nulla. E  la  mattina all'alba, venne fuori; e come vide il seminato
un boccone. Cercò, frugò intorno, ma non trovò nessuno. E  la  mattina dopo disse alla Reginotta: - Vieni qua: mietimi
- Vieni qua: mietimi questo frumento; non ti mangerò più.  La  Reginotta gli credette, e si mise all'opera. Per lei non
e poi rispose: - Ti sia concesso, per l'ultima volta.  La  notte, la Reginotta s'affacciò alla finestra: - Ah, mammina
rispose: - Ti sia concesso, per l'ultima volta. La notte,  la  Reginotta s'affacciò alla finestra: - Ah, mammina mia! Mi
glielo mietei. Domani sarò mangiata. - Fatevi coraggio! E  la  vecchiarella picchiò forte al portone. - Chi è? - urlò il
refe fino Son attaccato alla pianta matura, Per difender  la  creatura. Contro questa malìa, il Lupo Mannaro non poteva
Contro questa malìa, il Lupo Mannaro non poteva nulla. E  la  mattina all'alba venne fuori, e come vide il capo del refe
scioglimi questo refe dai due capi: non ti mangerò più.  La  Reginotta era stata indettata dalla vecchiarella. Non
fuori, cominciò a mordersi rabbiosamente le mani. E vista  la  vecchiarella, diventò bianco come un panno lavato. - Ah! La
la vecchiarella, diventò bianco come un panno lavato. - Ah!  La  nemica mia! Son morto! Son morto! La Regina e la Reginotta
un panno lavato. - Ah! La nemica mia! Son morto! Son morto!  La  Regina e la Reginotta si voltarono e, invece della
- Ah! La nemica mia! Son morto! Son morto! La Regina e  la  Reginotta si voltarono e, invece della vecchiarella, videro
vecchiarella, videro una bellissima signora, che pareva  la  stella del mattino. Era la Regina delle Fate. Figuriamoci
bellissima signora, che pareva la stella del mattino. Era  la  Regina delle Fate. Figuriamoci che allegrezza! La Regina
Era la Regina delle Fate. Figuriamoci che allegrezza!  La  Regina delle Fate prendeva intanto dei sassi, e li metteva
intanto dei sassi, e li metteva l'uno sull'altro davanti  la  buca. - Sassi, sassi di Dio, Io vi muro e vo' smurarvi io!
- Sassi, sassi di Dio, Io vi muro e vo' smurarvi io! Murata  la  buca, la Regina delle Fate sparì. E quella brutta
sassi di Dio, Io vi muro e vo' smurarvi io! Murata la buca,  la  Regina delle Fate sparì. E quella brutta bestiaccia crepò
sparì. E quella brutta bestiaccia crepò di fame lì dentro.  La  Regina e la Reginotta tornarono sane e salve al palazzo; e
brutta bestiaccia crepò di fame lì dentro. La Regina e  la  Reginotta tornarono sane e salve al palazzo; e un anno dopo
Reginotta tornarono sane e salve al palazzo; e un anno dopo  la  Reginotta sposò il Re di Portogallo.
di un popolo — Lo spirito femminile — L'uomo e  la  donna — Loro dif- ferenza — L'educazione femminile — La
e la donna — Loro dif- ferenza — L'educazione femminile —  La  missione della donna — La cultura della donna — La donna e
— L'educazione femminile — La missione della donna —  La  cultura della donna — La donna e la poesia della casa — I
— La missione della donna — La cultura della donna —  La  donna e la poesia della casa — I diritti dei genitori per
missione della donna — La cultura della donna — La donna e  la  poesia della casa — I diritti dei genitori per l'educazione
tra figliuoli e genitori — I doveri della madre moderna —  La  riforma femminile e la madre moderna — L'uguaglianza morale
— I doveri della madre moderna — La riforma femminile e  la  madre moderna — L'uguaglianza morale nel secolo XIX — Il
del popolo e della famiglia del povero — L'ideale moderno.  La  grande riforma educatrice del sesso femminile è uno dei
l'esperienza e il buon senso, portarono a concludere, che  la  donna istruita e saggiamente educata, ha una grande,
contrarie , che lo consumerebbero interamente, togliendogli  la  facoltà di illuminare. In questo secolo la donna fu
togliendogli la facoltà di illuminare. In questo secolo  la  donna fu definita: « una creatura uguale all'uomo per
Si vollero unire le due grandi forze del creato: l'uomo e  la  donna. Si sentì la necessità di completare quello per mezzo
le due grandi forze del creato: l'uomo e la donna. Si sentì  la  necessità di completare quello per mezzo di questa. La
la necessità di completare quello per mezzo di questa.  La  coscienza pubblica convenne che la donna, la quale, come
per mezzo di questa. La coscienza pubblica convenne che  la  donna, la quale, come dimostra la storia, ha sempre mirato
di questa. La coscienza pubblica convenne che la donna,  la  quale, come dimostra la storia, ha sempre mirato a la
pubblica convenne che la donna, la quale, come dimostra  la  storia, ha sempre mirato a la libertà, ha diritto di
la quale, come dimostra la storia, ha sempre mirato a  la  libertà, ha diritto di esigerla, per quanto la natura
mirato a la libertà, ha diritto di esigerla, per quanto  la  natura voglia che essa vi cammini per una via diversa di
e seriamente educata, hanno in gran parte culla e sviluppo  la  famiglia la religione, che sono necessità del sentimento.
educata, hanno in gran parte culla e sviluppo la famiglia  la  religione, che sono necessità del sentimento. Da ciò il
Da ciò il bisogno di seriamente istruire e educare  la  donna. E la società che cresce e progredisce per opera
ciò il bisogno di seriamente istruire e educare la donna. E  la  società che cresce e progredisce per opera specialmente
il ricordo del tempo in cui, filosofi e poeti chiamavano  la  donna ora angelo e ora demone; in cui la società tutta
e poeti chiamavano la donna ora angelo e ora demone; in cui  la  società tutta quanta, l'aveva in conto o di cortigiana o di
offesa e insulto d'ogni momento, adesso è successo per  la  donna un sentimento di stima, di rispetto, di affetto vero
il tempo in cui, in concilio, si lanciava seriamente  la  domanda, se la donna avesse un'anima. Per chi sente e
in cui, in concilio, si lanciava seriamente la domanda, se  la  donna avesse un'anima. Per chi sente e pensa, adesso, la
se la donna avesse un'anima. Per chi sente e pensa, adesso,  la  donna é un essere uguale a l'uomo per quanto da lui
ma piuttosto dalla differenza che esiste fra essi; e che  la  natura , la quale destina l' uomo a vivere con la donna, ha
dalla differenza che esiste fra essi; e che la natura ,  la  quale destina l' uomo a vivere con la donna, ha dato a
e che la natura , la quale destina l' uomo a vivere con  la  donna, ha dato a l'uno e a l'altra, sentimenti attitudini e
diritti e doveri. L'uomo d'oggi vuole nella donna  la  compagna; cioè una creatura, che come lui possieda i doni
in lui e nella sua compagna con qualche differenza?...  La  legge della differenza non è forse il fondamento della
non è forse il fondamento della creazione?.. Che importa se  la  ragione è — generalmente — nell'uomo guidata da calcolo e
e dalla passione ? L'uomo giudica per riflessione,  la  donna per istinto. L' uomo vede il vero; la donna lo sente.
riflessione, la donna per istinto. L' uomo vede il vero;  la  donna lo sente. L'uomo è assennato per logica, la donna per
il vero; la donna lo sente. L'uomo è assennato per logica,  la  donna per ispirazione. Ciò che per l'uomo è giustizia, per
donna per ispirazione. Ciò che per l'uomo è giustizia, per  la  donna è quasi sempre carità ; la filo- sofia della donna è
l'uomo è giustizia, per la donna è quasi sempre carità ;  la  filo- sofia della donna è filosofia del sentimento, il
l'amore della patria e dell'umanità: l'uomo ha il potere,  la  donna ha i diritti. E tutto ciò è giusto perchè è
Questo ora l'uomo sente e ca- pisce e vuole nella donna non  la  schiava, non l'idolo, non la serva, ma la compagna. La
pisce e vuole nella donna non la schiava, non l'idolo, non  la  serva, ma la compagna. La compagna capace di comprenderlo,
nella donna non la schiava, non l'idolo, non la serva, ma  la  compagna. La compagna capace di comprenderlo, di esercitare
non la schiava, non l'idolo, non la serva, ma la compagna.  La  compagna capace di comprenderlo, di esercitare una benefica
di comprenderlo, di esercitare una benefica influenza su  la  sua intelligenza e su la sua energia: capace di sostenerlo
una benefica influenza su la sua intelligenza e su  la  sua energia: capace di sostenerlo del suo coraggio, fatto
consigli, incoraggiamenti, riposo. E vuole nella donna sua  la  reggitrice, la regina della famiglia. Ma una reggitrice,
riposo. E vuole nella donna sua la reggitrice,  la  regina della famiglia. Ma una reggitrice, una regina tutta
una regina tutta moderna che non ha nulla a che vedere con  la  moglie e la madre dei tempi andati. Poi che l'ideale della
tutta moderna che non ha nulla a che vedere con la moglie e  la  madre dei tempi andati. Poi che l'ideale della famiglia
prepotenti dalla persuasione della loro superiorità. Allora  la  madre di famiglia, doveva sedere al focolare, filando
estranea a tutto quanto non fosse l'azienda domestica. Ma  la  donna moderna non può nè deve essere una semplice
Vivendo in mezzo ai continui prodotti della scienza,  la  sua ignoranza ora sarebbe colpevole e fatale. Ed ella ha la
la sua ignoranza ora sarebbe colpevole e fatale. Ed ella ha  la  sua giusta parte di coltura, una coltura, che con giusta
di chi sostiene, che lo studio ed il sapere possano deviare  la  donna dalle occupazioni, dai piaceri della famiglia. La
la donna dalle occupazioni, dai piaceri della famiglia.  La  donna dell'Inghilterra, dove, circa cinquant'anni fa, si
molto saggiamente educata e buona massaia ad un tempo.  La  donna americana, nei grandiosi collegi di New- York, del
illuminato della famiglia e dei doveri dai quali dipende  la  felicità domestica, nello stesso tempo che impara a
Nei collegi universitarii di Oxford e di Cambridge,  la  donna si abilita nelle arti e nelle scienze, e non per
che possano urtare contro l'onestà e il buon costume. Così  la  donna è quivi come in America, tenuta in alta stima; ed è
negli affari, nel commercio, nell' industria. E' splendida  la  nuova idealità della donna, chiamata a liberamente
esplicare il suo spirito in ogni attività consentanea a  la  sua natura. Chi negherebbe che più la donna coltiva il suo
consentanea a la sua natura. Chi negherebbe che più  la  donna coltiva il suo spirito, più diminuisce la sua
che più la donna coltiva il suo spirito, più diminuisce  la  sua ignoranza, e meglio prende sul serio la vita nel suo
più diminuisce la sua ignoranza, e meglio prende sul serio  la  vita nel suo scopo e nei suoi doveri e più si fa virtuosa?
nel suo scopo e nei suoi doveri e più si fa virtuosa? ...  La  donna saggiamente istruita e educata, sente in tutta la sua
... La donna saggiamente istruita e educata, sente in tutta  la  sua soavità la poesia della famiglia. Dolce e sana poesia,
istruita e educata, sente in tutta la sua soavità  la  poesia della famiglia. Dolce e sana poesia, che non è certo
ideali, nel vago, sconfinato azzurro delle illusioni. E'  la  poesia che si accoglie nelle piccole umili cose, poesia
nelle piccole umili cose, poesia ascosa e gentile, di cui  la  donna è la vera ispiratrice; è la poesia della casa e della
umili cose, poesia ascosa e gentile, di cui la donna è  la  vera ispiratrice; è la poesia della casa e della famiglia.
ascosa e gentile, di cui la donna è la vera ispiratrice; è  la  poesia della casa e della famiglia. *** La famiglia di oggi
ispiratrice; è la poesia della casa e della famiglia. ***  La  famiglia di oggi non è certo quella del passato e neppure
quella del principio del nostro secolo. Come tutte le cose,  la  famiglia ha subito una grande evoluzione. Tutto si è
grande evoluzione. Tutto si è modificato nella famiglia;  la  potenza paterna, i diritti della madre, il diritto
specie di tutela, che, in generale cessa quando il figlio o  la  figlia abbiano raggiunto l'età maggiore. E questo potere
educare i figli come meglio gli piace. Ma, senza intaccare  la  libertà del padre di famiglia, nel nostro secolo si è
padre di famiglia, nel nostro secolo si è detto: « Va bene  la  libertà del padre, ma non è tutto. Vi sono anche i diritti
Vi sono anche i diritti e gli interessi dei figli : e poi  la  società è interessata grandemente a l'educazione delle
». In vista dei diritti dei figli e dell'interesse sociale,  la  legge ha dunque portata una restrizione a la libertà del
sociale, la legge ha dunque portata una restrizione a  la  libertà del padre di famiglia. Basta accennare a questi
operai, il diritto di ricorso accordato al fanciullo contro  la  tale e la tale altra decisione dei genitori, ecc. Vi sono
diritto di ricorso accordato al fanciullo contro la tale e  la  tale altra decisione dei genitori, ecc. Vi sono leggi che
nella scelta della professione non fosse d'accordo con  la  volontà paterna. « I parenti — dicono queste leggi — hanno
di ricorrere al tribunale competente ». E quando il padre e  la  madre non avessero le stesse idee riguardo all'educazione
il fisico e lo spirituale, è quindi necessario, oltre  la  cura igienica corporale, l'educazione morale e religiosa,
l'educazione morale e religiosa, l'insegnamento elementare,  la  preparazione a una professione. « Nella scelta della
le attitudini e i gusti dei figli. Se il padre e  la  madre non sono d'accordo in ciò che riguarda l'educazione e
madre non sono d'accordo in ciò che riguarda l'educazione e  la  professione dei figli, è al padre che resta l' ultima
cioè i sedici anni, ha il diritto di scegliere liberamente  la  religione che meglio si confaccia con le convinzioni sue.
convinzioni sue. Vi sono anche delle leggi che dicono: « Se  la  madre è convinta che la volontà del padre sia tale da
anche delle leggi che dicono: « Se la madre è convinta che  la  volontà del padre sia tale da danneggiare i figli, può
sola l' educazione dei figli. Il principio che ha dettato  la  legge francese del 28 luglio 1889 guida a questa stessa
a questa stessa conclusione. In fatti ; dal momento che  la  potenza paterna può essere soppressa quando il padre mal
abbia le sue buone ragioni per far valere e appoggiare  la  sua domanda ? La donna ha o non ha -- si disse nel secolo
buone ragioni per far valere e appoggiare la sua domanda ?  La  donna ha o non ha -- si disse nel secolo XIX -- il diritto
o non ha -- si disse nel secolo XIX -- il diritto di alzare  la  voce quando si tratta dei figli suoi ? E siccome l'attuale
l'attuale forma della famiglia non permette di confidare a  la  madre gli stessi diritti del padre in quanto si riferisce a
del padre in quanto si riferisce a l'educazione dei figli,  la  più elementare giustizia esige il diritto di ricorso a
esige il diritto di ricorso a vantaggio della madre.  La  restrizione del potere paterno nella famiglia, ha fatto che
alle sue parole. Che se alcuno dei figli osava opporsi a  la  volontà paterna, era tenuto in conto di ribelle, si aveva
accettavano senza discussione le idee per quanto non più a  la  cieca i comandi e le ingiunzioni. La famiglia d'allora era
per quanto non più a la cieca i comandi e le ingiunzioni.  La  famiglia d'allora era più raccolta e perciò i vincoli d'
quale il padre si chiamava vicini i figli e i domestici per  la  preghiera in comune. Il sentimento religioso, sentito più o
apertamente e riverentemente nelle forme esteriori.  La  Messa ascoltata religiosamente nei dì di festa, la
La Messa ascoltata religiosamente nei dì di festa,  la  confessione e la comunione a Pasqua, il digiuno e il magro
ascoltata religiosamente nei dì di festa, la confessione e  la  comunione a Pasqua, il digiuno e il magro nei dì comandati.
Nelle campagne, fra i contadini, il capocasa reggeva  la  famiglia la quale accoglieva spesso in un centro solo,
campagne, fra i contadini, il capocasa reggeva la famiglia  la  quale accoglieva spesso in un centro solo, parecchie
famiglie numerosissime tutte dipendenti da un sol capo.  La  restrizione del potere paterno è arrivata da per tutto e
del potere paterno è arrivata da per tutto e tutti  la  trovano logica e conforme al progresso dell' incivilimento.
dice : « L'Italia è l'antica terra del dubbio. Poco vi potè  la  Riforma, non tanto perché la frenasse l'Inquisi- zione
terra del dubbio. Poco vi potè la Riforma, non tanto perché  la  frenasse l'Inquisi- zione romana, quanto perchè poco
« Il senso religioso era vero e profondo generalmente «  La  parola conversione uona oggi al nostro orecchio quasi come
XIX dalla famiglia sparì il dispotismo paterno; scomparve  la  rigida autorità del padrone per lasciar luogo a maggior
del padrone per lasciar luogo a maggior tenerezza a  la  confidenza, a la familiarità, a la reciproca affettuosa
per lasciar luogo a maggior tenerezza a la confidenza, a  la  familiarità, a la reciproca affettuosa fiducia. Il
a maggior tenerezza a la confidenza, a la familiarità, a  la  reciproca affettuosa fiducia. Il sentimento della famiglia
rafforzò ma si ingentilì, specialmente in molte classi. A  la  terza persona, con la quale nella prima metà del secolo, i
specialmente in molte classi. A la terza persona, con  la  quale nella prima metà del secolo, i figli usavano trattare
i genitori, in Italia venne a poco a poco sostituita  la  seconda; il tu he invita a confidenza , che avvicina cuore
i figli non ebbero più nessun timore del padre e trattavano  la  madre con intimità spesso eccessiva. I genitori perdettero
da un eccesso all'altro. E' entrata nell'animo di tutti  la  persuazione, che l'autorità non è come il potere, un fatto
una cosa morale, che influisce su l'anima, che suppone  la  virtù in chi l'esercita, la docilità e l'amore rispettoso
su l'anima, che suppone la virtù in chi l'esercita,  la  docilità e l'amore rispettoso in chi la subisce. E, una
in chi l'esercita, la docilità e l'amore rispettoso in chi  la  subisce. E, una volta di ciò persuasi, i genitori si
volta di ciò persuasi, i genitori si lasciarono andare a  la  tenerezza non di rado soverchia, e nei figli andò
individualità, sono forse due cose ancora troppo nuove come  la  libertà e l'uguaglianza ; sono per dir cosi, due ottimi
ora nelle famiglie delle persone educate, è specialmente  la  madre che tenta di svegliarla e di rafforzarla in se stessa
non è punto facile, ella sente il bisogno di guadagnarsi  la  stima dei figli. Ora, questo bisogno, questo desiderio di
per se solo, l'attuale cambiamento dei rapporti morali fra  la  madre e i figliuoli. Nei tempi andati, la madre come il
morali fra la madre e i figliuoli. Nei tempi andati,  la  madre come il padre non si curavano certo dell'intima
curavano certo dell'intima considerazione dei figli; perchè  la  considerazione e la stima suppongono il giudizio; e allora
considerazione dei figli; perchè la considerazione e  la  stima suppongono il giudizio; e allora non si ammetteva che
? ... Non è più razionale, più equa, più secondo natura,  la  confidenza , quasi l' uguaglianza moderna fra i genitori e
morali nella famiglia? ... Una di queste cause, molti  la  riconoscono nella grande riforma educatrice della donna;
donna; riforma che ha per fondamento e per conseguenza  la  giustizia e sopratutto la stima dell'uomo per la donna. La
per fondamento e per conseguenza la giustizia e sopratutto  la  stima dell'uomo per la donna. La donna amata di amore
la giustizia e sopratutto la stima dell'uomo per  la  donna. La donna amata di amore dignitoso e elevato, stimata
la giustizia e sopratutto la stima dell'uomo per la donna.  La  donna amata di amore dignitoso e elevato, stimata nel suo
giacenti inerti, indistinte, abbuiate, sente in tutta  la  sua forza la propria individualità, e l'anima sua, fatta di
inerti, indistinte, abbuiate, sente in tutta la sua forza  la  propria individualità, e l'anima sua, fatta di sentimento,
fatto di indulgenze, di paure vaghe e di pietà infinita,  la  sua autorità, il suo potere di padre; e diventa l'amico, il
abituata ad agire per proprio impulso; non si piega a  la  cieca la ragione, che non fu mai offuscata da tirannia.
ad agire per proprio impulso; non si piega a la cieca  la  ragione, che non fu mai offuscata da tirannia. Così, per
una influenza che non sia l'autorità d'altri tempi;  la  influenza d'una superiorità riconosciuta e di una
con una voce cara e insinuante, che sappia trovare  la  via del cuore. Ed ecco perché la madre per riuscire nella
che sappia trovare la via del cuore. Ed ecco perché  la  madre per riuscire nella educazione dei figli, ha bisogno
in modo da essere una continua vivente lezione di moralità.  La  madre che educa con vera intelligenza d'amore i suoi
staccavano, per così dire, i figli della madre,  la  quale — in generale — quando aveva loro insegnato a
loro insegnato a brontolare vecchie preghiere e a baciarle  la  mano mattina e sera, a parlare appena se interrogati , a
io credo, a l'istruzione e a l'educazione femminile,  la  famiglia civile di oggi; la famiglia, ove la tenerezza
e a l'educazione femminile, la famiglia civile di oggi;  la  famiglia, ove la tenerezza avvicina e la mutua simpatia
femminile, la famiglia civile di oggi; la famiglia, ove  la  tenerezza avvicina e la mutua simpatia intellettuale
civile di oggi; la famiglia, ove la tenerezza avvicina e  la  mutua simpatia intellettuale interessa ed avvince; la
e la mutua simpatia intellettuale interessa ed avvince;  la  famiglia retta e guidata dalla madre che può e vuole essere
famiglia retta e guidata dalla madre che può e vuole essere  la  prima educatrice dei figli suoi. La madre moderna — intendo
che può e vuole essere la prima educatrice dei figli suoi.  La  madre moderna — intendo quella che comprende il proprio
di svegliare , e educare nel cuore e nella mente dei figli,  la  prima idea di Dio, dell'onestà, del bene, del bello, e il
che fa che uno si senta qualcuno e voglia essere qualcuno.  La  madre intelligente sa che è guaio serio comprimere la
La madre intelligente sa che è guaio serio comprimere  la  individualità nell'animo dei fanciulli; sa che la
la individualità nell'animo dei fanciulli; sa che  la  depressione converte i deboli in ipocriti e i forti in
di ben dirigere nei figli questa forza , insegnando loro  la  sana e forte dottrina, che è la compagna della libertà: la
forza , insegnando loro la sana e forte dottrina, che è  la  compagna della libertà: la dottrina della responsabilità
la sana e forte dottrina, che è la compagna della libertà:  la  dottrina della responsabilità personale. Chi nel secolo XIX
personale. Chi nel secolo XIX tanto fece e fa tuttora per  la  riforma femminile, non pensò certo di strappare la donna al
per la riforma femminile, non pensò certo di strappare  la  donna al suo centro naturale, che è quello degli affetti ;
complesso di pene morali che però l' intima compiacenza e  la  soddisfazione generosa, acchetano e addolciscono. E più la
la soddisfazione generosa, acchetano e addolciscono. E più  la  donna è istruita, più sa e più ha l'animo temprato al
e meglio è compresa della sua alta, difficile missione, e  la  missione stessa le torna più delicata, più doverosa e
santi diritti nel punto di vista della morale pubblica; che  la  sua più grande disgrazia è la digradazione morale, che la
della morale pubblica; che la sua più grande disgrazia è  la  digradazione morale, che la miseria distrugge il rispetto
la sua più grande disgrazia è la digradazione morale, che  la  miseria distrugge il rispetto personale, esaurisce lo
bisogno di mezzi accessibili al ricco come al povero; che  la  verità morale è il tesoro della intelligenza; che il germe
Tutti uguali, non solo davanti a Dio, non solo davanti a  la  legge , ma nella coscienza di ciascuno; nella coscienza
e soave sogno di pochi, o esigenza di prepotenti; ma  la  santa uguaglianza, che sta nell'elevatezza morale; la
ma la santa uguaglianza, che sta nell'elevatezza morale;  la  persuasione che ogni uomo può cercare in se stesso forza e
l'altra a l'amore del dovere, a l'energia della volontà , a  la  coltura dello spirito. La persuasione che di queste virtù
a l'energia della volontà , a la coltura dello spirito.  La  persuasione che di queste virtù si può arricchire chiunque
sana lettura e fortificare il carattere con il lavoro e  la  pratica del bene. Solo in questa via feconda si trova la
e la pratica del bene. Solo in questa via feconda si trova  la  pace dell'anima e il sentimento della propria dignità e
bene insieme con quello della società; si può acquistare  la  certezza , che la più grande forza dell'universo è lo
quello della società; si può acquistare la certezza , che  la  più grande forza dell'universo è lo spirito, non già la
che la più grande forza dell'universo è lo spirito, non già  la  forza bruta e materiale ; che il potere dell'uomo è fatto
e intellettuale e che è lo spirito che ha conquistato  la  materia. Tutto ciò si senti e si pensò nel secolo XIX; e
nella mente, con questi sentimenti nel cuore, si finì, per  la  maggiore, a sentire l'uguaglianza, la fratellanza santa,
cuore, si finì, per la maggiore, a sentire l'uguaglianza,  la  fratellanza santa, comandata da Dio, necessaria a la
la fratellanza santa, comandata da Dio, necessaria a  la  ragione, indispensabile a la generosità. Tutti fratelli;
comandata da Dio, necessaria a la ragione, indispensabile a  la  generosità. Tutti fratelli; quindi disposti al reciproco
progresso riusciranno a diminuire ma non a sopprimere, come  la  mano esperta dell'agricoltore riesce a scemare le male erbe
l'orgoglio e il dispregio da una parte, l'avvilimento,  la  persuasione d'inferiorità e spesso la ribellione,
parte, l'avvilimento, la persuasione d'inferiorità e spesso  la  ribellione, dall'altra. Adesso, grazie, principalmente alle
si esprime benino; ha modi abbastanza urbani, capisce.  La  distanza fra lui e chi a lui è superiore per istruzione e
non vi sono classi che si lasciano opprimere e avvilire;  la  società è fatta di tutti, e tutti vogliono avervi e
è fatta di tutti, e tutti vogliono avervi e sentirvi  la  propria parte. L'operaio, il contadino, tutti o quasi
tutti o quasi tutti, adesso pensano; vogliono sapere  la  ragione di ciò che fanno, di ciò che credono, per fino
passato. A l'inerzia d'ogni nobile desiderio, è successa  la  sete della verità; a l'accasciamento morale, è successo il
vuole migliorare una generazione, è necessario comprendere  la  ragione dell' umano vivere , guardare al punto ove hanno
mali e le norme del volere, e farne oggetto di applicazione  la  famiglia; prendere per mano i fanciulli e gli ignoranti,
? ... « ... né l'acqua iraconda che scende a ruina  la  valle — dice Fogazzaro — nè la frana di macigni e di selve
iraconda che scende a ruina la valle — dice Fogazzaro — nè  la  frana di macigni e di selve capovolte che trabocca dall'
ancora qualche cosa. Però non maledite l'arte ch'è  la  manifestazione dei vostri gusti. I greci innamorati ci
dei vostri gusti. I greci innamorati ci lasciarono  la  statua di Venere; noi lasceremo il cancan litografato sugli
una civiltà, oggi è un lusso: anzi, un lusso da scioperati.  La  civiltà è il benessere; e in fondo ad esso, quand'è
come oggi, non ci troverete altro, se avete il coraggio e  la  buona fede di seguire la logica, che il godimento
altro, se avete il coraggio e la buona fede di seguire  la  logica, che il godimento materiale. In tutta la serietà di
di seguire la logica, che il godimento materiale. In tutta  la  serietà di cui siamo invasi, e nell'antipatia per tutto ciò
- mettiamo pure l'arte scioperata - non c'è infine che  la  tavola e la donna. Viviamo in un'atmosfera di Banche e di
pure l'arte scioperata - non c'è infine che la tavola e  la  donna. Viviamo in un'atmosfera di Banche e di Imprese
in un'atmosfera di Banche e di Imprese industriali, e  la  febbre dei piaceri è la esuberanza di tal vita. Non
Banche e di Imprese industriali, e la febbre dei piaceri è  la  esuberanza di tal vita. Non accusate l'arte, che ha il solo
piangere per voi i dolori dei vostri piaceri. Non predicate  la  moralità, voi che ne avete soltanto per chiudere gli occhi
lasciare il cuore e l'onore là dove voi non lasciate che  la  borsa, - voi che fate scricchiolare allegramente i vostri
in faccia. Controllato il testo immagine fino a pag54.  La  versione testuale è quella di liberliber
e ogni giorno ri- partivano, carichi, per lontane terre.  La  gente lo inchinava come un monarca, i suoi sottoposti
lo inchinava come un monarca, i suoi sottoposti baciavano  la  polvere che egli calpestava, e perfino i sultani del-
bazar. - Hamid è generoso! - dicevano i poveri stendendogli  la  mano. E Hamid passava altero fra la folla, gettando denaro
i poveri stendendogli la mano. E Hamid passava altero fra  la  folla, gettando denaro ai mendicanti, senza nep- pur
tutte le ore che non de- dicava agli affari, solo, fumando  la  pipa e meditando sul modo di accumulare ric- chezze. Della
bella fanciulla di sedici anni, che egli sfuggiva, perchè  la  vista di lei gli rammentava la morte degli altri figli e
che egli sfuggiva, perchè la vista di lei gli rammentava  la  morte degli altri figli e della moglie. Quelle perdite
vide entrare una vecchia stracciata e sporca. Hamid  la  guardò e le fece cenno col dito di uscire. - Sono la
Hamid la guardò e le fece cenno col dito di uscire. - Sono  la  Sventura; - disse la vec- chia - ho un posticino in tutte
fece cenno col dito di uscire. - Sono la Sventura; - disse  la  vec- chia - ho un posticino in tutte le case e ho visitato
- ho un posticino in tutte le case e ho visitato spesso  la  tua. - Tu non hai mai varcato la soglia della mia dimora;
case e ho visitato spesso la tua. - Tu non hai mai varcato  la  soglia della mia dimora; non ti conosco. - Tua moglie non è
perire. - E il tuo figlio secondogenito, e il terzo, e  la  bella Irma? - Tutti dovevano morire; erano con- dannati dal
- Piega il capo davanti a me, Hamid; rammentati che io sono  la  Sventura. - Vattene, strega. Io adoro Allalh e il suo
e tu dovrai inchi- narti dinanzi a me. - Vattene! -  La  Sventura uscì, lanciando al mer- cante uno sguardo torvo.
uscì, lanciando al mer- cante uno sguardo torvo. Hamid  la  salutò con una sghignazzata. Una mattina, un commesso di
suo padrone. - Signore, - disse l'uomo tremante, abbassando  la  testa. - Signore, preparati a ricevere una funesta notizia.
Nulla, di quel che avviene sulla terra, può scuoterlo. Che  la  volontà di Allah sia fatta, e lode al suo profeta! -
aggiunse il commesso - l'uomo in cui tu avevi riposto tutta  la  tua fiducia, è fuggito stanotte sopra una nave montata
voro. - Quel giorno Hamid andò al bazar, come al solito, e  la  gente che lo guardava cu- riosa non scoprì sulla sua fronte
sugli spessi tappeti della sua camera, vide en- trare  la  solita vecchia lacera e sporca. - Che vuoi? - le domandò
lacera e sporca. - Che vuoi? - le domandò Hamid. - Sono  la  Sventura, non mi ricono- sci? Ho preso dimora qui, in casa
che dinanzi ai decreti di Allah, che adoro. Vattene! -  La  Sventura sedè in un cantuccio e si accomodò dietro le
tarra. Alla fioca luce di una lampada rossa- stra egli vide  la  scimitarra entrare nelle carni della vecchia, ma quando la
la scimitarra entrare nelle carni della vecchia, ma quando  la  cavò fuori non era macchiata di sangue. La vecchia fece una
ma quando la cavò fuori non era macchiata di sangue.  La  vecchia fece una risataccia. - Le tue armi sono inutili; -
il tuo Dio che riposi lungamente. - Dopo pochi istanti,  la  vecchia, col capo sorretto dal guanciale, livida ed este-
este- nuata, dormiva e pareva morta. Hamid chiuse a chiave  la  stanza, e la notte stessa ordinò ai suoi schiavi che ne
dormiva e pareva morta. Hamid chiuse a chiave la stanza, e  la  notte stessa ordinò ai suoi schiavi che ne murassero ogni
uscita. Essi ubbidirono ai suoi comandi, e in poche ore  la  stanza era murata. La mattina seguente, il solito com-
ai suoi comandi, e in poche ore la stanza era murata.  La  mattina seguente, il solito com- messo bussò presto alla
tutto è perito. - Farò costruire altri bastimenti. Che  la  volontà di Allah sia fatta! - Quel giorno Hamid andò, come
- Quel giorno Hamid andò, come al so- lito, al bazar, e  la  gente curiosa, guardan- dolo, si accorse che il suo volto
Era da poco seduto nel suo negozio, quando comparve  la  solita vecchia, strac- ciata e sporca. - Vattene! - le
- Vattene! - le disse Hamid. - I tuoi schiavi, murando  la  camera, mi hanno destata col rumore delle pale e delle
già accorto. - Vattene! Io non mi sono accorto di nulla.  La  volontà di Allah si compie, e non la tua! Concedimi
sono accorto di nulla. La volontà di Allah si compie, e non  la  tua! Concedimi l'ospitalità,lasciami dor- mire sotto il tuo
tetto! - Vattene! - ripetè Hamid. - Te ne pentirai, - disse  la  vecchia minacciandolo con una mano nell'uscire. Hamid la
la vecchia minacciandolo con una mano nell'uscire. Hamid  la  salutò con un sogghigno. Ogni mattina Hamid era destato dal
di spezie è bruciato nel porto di Genova. - Lascia che  la  volontà di Allah sia fatta! - La gente lo guardava
di Genova. - Lascia che la volontà di Allah sia fatta! -  La  gente lo guardava sorpresa, senza osare fargli
fargli condoglianze. Appena era seduto, gli si presentava  la  solita vecchia. - Sono in giro per il mondo e col- pisco
che ti appartiene. Hai sentito le notizie? – Ma Hamid  la  cacciava tutte le volte. Un giorno erano le sue carovane
sventure. Ma Hamid il superbo, continuava a portare alta  la  testa, a non degnare di uno sguardo la gente, a sogghignare
a portare alta la testa, a non degnare di uno sguardo  la  gente, a sogghignare alla Sven- tura. Soltanto Hamid aveva
palazzo. Gli schiavi dovevano darsi il turno per vegliare  la  notte; le donne di Fatima non dovevano abbandonarla un
donne di Fatima non dovevano abbandonarla un minuto, pena  la  vita, ed egli stesso stava più di frequente nelle stanze
il padrone. - Tua figlia è sparita; abbiamo tro- vato  la  camera vuota, i suoi gioielli, le sue vesti, tutto è
i suoi gioielli, le sue vesti, tutto è sparito con lei. -  La  fiera testa di Hamid s'incurvò a quella notizia e una
barba. Quel giorno non andò al bazar; quel giorno non ebbe  la  forza di moversi, e nel suo dolore neppur si rammentò della
che aveva fatta alle donne di Fatima. Verso sera entrò  la  Sventura e gli si mise accanto. - Perché non mi scacci? -
- Pietà! - diceva - pietà! non per me, ma per Fatima, per  la  figlia mia. - La Sventura lo respinse sogghignando, e sparì
- pietà! non per me, ma per Fatima, per la figlia mia. -  La  Sventura lo respinse sogghignando, e sparì in un attimo
stanza; Hamid non aveva più forza. Gli schiavi, temendo  la  sua collera, fuggirono a uno a uno; il suo palazzo rimase
vaganti. I primi lo saccheggiarono; il vento, il sole,  la  pioggia vi entrarono schiantando, bruciando, putrefacendo i
intatto, era an- cora nella camera dove l’aveva colpito  la  notizia tremenda, e il suo capo, umiliato dalla Sventura,
tremenda, e il suo capo, umiliato dalla Sventura, toccava  la  terra.
è quasi intollerabile  la  lettura dell' "Iliade", di quell' orgia di battaglie,
di Achille. L' "Odissea" è invece a misura umana,  la  sua poesia nasce da una speranza ragionevole: la fine della
umana, la sua poesia nasce da una speranza ragionevole:  la  fine della guerra e dell' esilio, il mondo ricostruito
il mondo ricostruito sulla pace conquistata attraverso  la  giustizia. Siamo nel Canto ix. Ulisse è sfuggito alla
nella caverna del Ciclope. Ha perso molti compagni, ma poi  la  sua astuzia ha avuto ragione della rozza violenza di
di Polifemo; Ulisse lo ha ubriacato, accecato, ha eluso  la  sorveglianza del mostro grazie all' espediente dei montoni.
andarsene in silenzio, ma preferisce portare a compimento  la  sua rivincita: è fiero del suo nome, che finora aveva
una settimana, e mi ci vorrà una bella pazienza... Ma  la  mamma, se sarò buono, mi ha promesso di regalarmi una
che, a quanto ho sentito, deve arrivare domani. È questa  la  sesta volta a far poco che mi promettono un velocipede, e,
cosa che mi ha impedito di averlo. Speriamo che questa sia  la  buona! La bambina che si aspetta è una nipotina
mi ha impedito di averlo. Speriamo che questa sia la buona!  La  bambina che si aspetta è una nipotina dell'avvocato
che è una sua sorella maritata a Bologna, di venire qui con  la  figlia per conoscere la sua futura cognata che sarebbe la
a Bologna, di venire qui con la figlia per conoscere  la  sua futura cognata che sarebbe la mia sorella Virginia.
la figlia per conoscere la sua futura cognata che sarebbe  la  mia sorella Virginia. Ormai pare che per lo sposalizio
pare che per lo sposalizio tutto sia concluso, e tanto  la  mamma che l'Ada, iersera, dopo una gran predica fatta dal
figurine di gesso: - Chi vuol figurine, chi vuole! Su  la  tavola che portava in testa sopra un cércine, vecchi
reale: - Figurinaio, venite su. Non gli era mai capitata  la  Fortuna di vendere qualcuna di quelle sue cosucce alla casa
inciampa e casca quant'era lungo. Il gattino andò in pezzi.  La  Reginotta, ch'era corsa all'uscio, cominciò a strillare: -
tra loro e s'incollavano da sé; e già il gattino crollava  la  testa e pareva contento di quella prodezza. Il figurinaio
via; quel gattino portentoso forse sarebbe stato  la  sua Fortuna. Ma col Re non si scherzava; bisognava venderlo
moneta d'oro. Il figurinaio s'attendeva di più, e intascò  la  moneta di malumore. - Non sei contento? Eccotene un'altra.
diede al figurinaio altre due monete d'oro. - Dio t'aiuti!  La  Reginotta portò il gattino in camera, e si divertiva tutto
camera, e si divertiva tutto il giorno a fargli scrollare  la  testa. - Gattino, mi vuoi bene? E il gattino rispondeva di
vuoi bene? E il gattino rispondeva di sì. - Gattino, vuoi  la  gattina? E il gattino rispondeva di sì. - Gattino, ci
E il gattino rispondeva di sì. Accadde che in quel tempo  la  Reginotta fu richiesta da un Reuccio. Il Re se ne rallegrò;
mezzanotte, si sentì un grido lamentoso: - Meo! Meo! Meo -  La  Reginotta si svegliò: - Che. hai, gattino? - Meo! Meo! Meo!
un bastone per farlo in pezzi: - Te lo do io il meo, meo!  La  Reginotta gli trattenne il braccio. - Chiamiamo il
non fu potuto trovare; era andato in un'altra città.  La  notte seguente, a mezzanotte appunto, il gattino
corse in camera della Reginotta, afferrò il gattino, aperse  la  finestra e lo buttò nella via. La Reginotta si mise a
il gattino, aperse la finestra e lo buttò nella via.  La  Reginotta si mise a piangere: - Povero gattino mio! Di lì a
E un zampino picchiava ai vetri e grattava con le ugne.  La  Reginotta aperse e trovò il gattino di gesso sul davanzale;
aperse e trovò il gattino di gesso sul davanzale; crollava  la  testa e pareva dicesse: Grazie! grazie! - Sta' zitto,
vuoi bene? E il gattino rispondeva di sì. - Gattino, vuoi  la  gattina? E il gattino rispondeva di sì. - Gattino, ci
notte non gridò più. - Dunque vuol sposarmi lui! - disse  la  Reginotta. - Qui ci deve essere un incanto. Gattini di
andare. Mi vuole il gattino, e il gattino mi avrà. Il Re  la  credette impazzita. La Reginotta, senza scomporsi, gli
gattino, e il gattino mi avrà. Il Re la credette impazzita.  La  Reginotta, senza scomporsi, gli spiegò la cosa: - Maestà,
impazzita. La Reginotta, senza scomporsi, gli spiegò  la  cosa: - Maestà, qui c'è un incanto. Chiamarono un Mago. - É
Quel gattino è un Reuccio. Se l'incanto non vien disfatto,  la  Reginotta è perduta. Figuriamoci la costernazione del Re e
non vien disfatto, la Reginotta è perduta. Figuriamoci  la  costernazione del Re e di tutta la corte! - Come disfarlo?!
è perduta. Figuriamoci la costernazione del Re e di tutta  la  corte! - Come disfarlo?! - Bisogna recuperare le tre monete
in tal giorno nel tal posto con le monete in tasca; pena  la  vita. Quel giorno, nel posto indicato, si vide più di un
in faccia sospettose, tenendo le mani in tasca. Venne  la  Reginotta col gattino in braccio e cominciò a passeggiare
Nessuno di quella gente possedeva dunque le monete cercate.  La  Reginotta disse: - Maestà, vo' andare attorno pel mondo. Mi
monete. Se non faccio così, sono perduta. Il Re acconsentì.  La  Reginotta si fece cucire un vestito da uomo, si tagliò i
alloggio. - Chi siete? - Un figurinaio. Le apersero e  la  fecero entrare. Erano due vecchi, marito e moglie. - Non
una moneta d'oro. - Ah! Tu sei un ladro! Il vecchio afferrò  la  ronca e voleva ammazzarla. - Non sono un ladro! Per quella
Per quella moneta ve ne do dieci! Sentite. E raccontò  la  sua storia. I due vecchi ebbero pietà di lei. Infatti
Meo! Meo! Pareva che gongolasse di allegrezza. Si sparse  la  voce che c'era un figurina!o, il quale dava dieci monete
un figurina!o, il quale dava dieci monete d'oro contro una.  La  gente le andava incontro con le monete in mano per fare
buon guadagno. Ma il gattino stava zitto. Cammina, cammina,  la  Reginotta arrivò un giorno davanti un'osteria. Parecchi
Meo! Meol - Buona gente, voi avete una moneta d'oro. Se me  la  date, ve ne do dieci e d'oro anch'esse. - Fa' vedere, La
me la date, ve ne do dieci e d'oro anch'esse. - Fa' vedere,  La  Reginotta cavò fuori le monete. Quei mascalzoni le si
sfuggita di mano al suo possessore e nessuno l'aveva vista.  La  Reginotta la raccolse, la involtò insieme con l'altra, e
al suo possessore e nessuno l'aveva vista. La Reginotta  la  raccolse, la involtò insieme con l'altra, e riprese il
e nessuno l'aveva vista. La Reginotta la raccolse,  la  involtò insieme con l'altra, e riprese il viaggio. Cammina,
fece coraggio e picchiò: - Buona gente, aprite; ho smarrita  la  strada. Non rispondeva nessuno. - Buona gente, aprite; ho
Non rispondeva nessuno. - Buona gente, aprite; ho smarrita  la  strada. Comparvero due visacci barbuti: - Mal per te! Chi
- Noi lo prendiamo per nulla. E volevano strapparglielo.  La  povera Reginotta era capitata in un covo di ladri. Sentendo
fuori una dozzina, minacciosi, con i pugnali in mano.  La  Reginotta si vide perduta: - Non mi fate male; ve lo do! -
non c'era da rispondere. Per non separarsi dal gattino,  la  Reginotta disse: - Farò da servo. La sera i ladri andavano
separarsi dal gattino, la Reginotta disse: - Farò da servo.  La  sera i ladri andavano via e lasciavano la Reginotta chiusa
- Farò da servo. La sera i ladri andavano via e lasciavano  la  Reginotta chiusa col catenaccio dentro la grotta. - Ah,
via e lasciavano la Reginotta chiusa col catenaccio dentro  la  grotta. - Ah, gattino mio! Che mala sorte c'è toccata! - Il
perché ci hai preparato un buon desinare! Ma non era  la  moneta che la Reginotta cercava. Infatti il gattino stava
ci hai preparato un buon desinare! Ma non era la moneta che  la  Reginotta cercava. Infatti il gattino stava zitto. - Ah,
capo dei ladri se n'accorse: - Chi sei? Tu sei una donna!  La  povera Reginotta si sentì morire; e piangendo, disse: -
Reginotta si sentì morire; e piangendo, disse: - Sono  la  figlia del Re. - Allora ti prendo per moglie. Sono Re
Sono Re anch'io; Re dei ladri! Ci sposeremo domani. Giusto  la  notte che viene andiamo a rubare in casa del Re. Ruberemo
notte che viene andiamo a rubare in casa del Re. Ruberemo  la  corona e il manto reale. La sera i ladri andarono via e
rubare in casa del Re. Ruberemo la corona e il manto reale.  La  sera i ladri andarono via e lasciarono la Reginotta chiusa
e il manto reale. La sera i ladri andarono via e lasciarono  la  Reginotta chiusa col catenaccio dentro la grotta. - Ah,
via e lasciarono la Reginotta chiusa col catenaccio dentro  la  grotta. - Ah, gattino mio! Che mala sorte c'è toccata! E i
carichi di preda; argento, oro, pietre preziose, e  la  corona e il manto reale. - A te questo! A te quello! A te
ecco il gattino: - Meo! Meo! Meo! I ladri si spaventarono.  La  Reginotta non gli aveva mai detto che il gattino di gesso
i ladri giacevano morti per terra, fra pozze di sangue.  La  Reginotta rimaneva in un canto, atterrita. Non osava
vedeva che il Reuccio aveva tuttavia gli orecchi, i baffi e  la  coda di gatto; provava paura. E la paura si accrebbe quando
gli orecchi, i baffi e la coda di gatto; provava paura. E  la  paura si accrebbe quando invece di sentirlo parlare, lo udì
- Meo! Meo! Dunque rimaneva sempre gatto, quantunque con  la  figura d'uomo? Dallo sbalordimento, la Reginotta gli disse:
quantunque con la figura d'uomo? Dallo sbalordimento,  la  Reginotta gli disse: - Ah, gattino mio, che disgrazia!
l'incanto cessasse. Gli cascarono gli orecchi, i baffi e  la  coda, e il Reuccio parlò: - Grazie, Reginotta. Quanto ho
Questi ladri sono i suoi figli; ora viene a cercarli.  La  concio io! - Andiamo via; sarà meglio. - Se non è morta
colei, non possiamo uscire di qui. Infatti non trovavano  la  porta. Gira di qua, gira di là per quella sfilata di
un cadavere con gli artigli, e lo portò via. - Era forse  la  Strega! - disse il Reuccio. - Se torna, la concio io! Poco
via. - Era forse la Strega! - disse il Reuccio. - Se torna,  la  concio io! Poco dopo, ecco una cagna, magra e pelosa, che
Sei tu, Stregona! E il Reuccio le assestò un colpo, ma non  la  colse. La cagna sparì. - Era lei! Se torna, la concio io!
E il Reuccio le assestò un colpo, ma non la colse.  La  cagna sparì. - Era lei! Se torna, la concio io! Poco dopo,
ma non la colse. La cagna sparì. - Era lei! Se torna,  la  concio io! Poco dopo, ecco un sorcio con una coda lunga e
ve ne fate? - Prendilo pure. Il sorcio afferrò coi denti  la  punta del vestito di uno di quei cadaveri e cominciò a
e cominciò a trascinarlo. Il Reuccio lo agguanta per  la  coda con una mano, e cava la spada con l'altra. Assesta il
Il Reuccio lo agguanta per la coda con una mano, e cava  la  spada con l'altra. Assesta il colpo, ma coglie la coda che
e cava la spada con l'altra. Assesta il colpo, ma coglie  la  coda che gli rimane in pugno, divincolandosi. Sorcio e
un bel fuoco; nel meglio della vampata, vi buttarono  la  coda. Di fuori, si sentivano gli urli della Strega: - Ahi!
gli urli della Strega: - Ahi! Non mi fate bruciare! Vi apro  la  porta! Ahi! Ahi! La coda guizzava, si dibatteva fra le
- Ahi! Non mi fate bruciare! Vi apro la porta! Ahi! Ahi!  La  coda guizzava, si dibatteva fra le fiamme. Il Reuccio, per
fra le fiamme. Il Reuccio, per paura che scappasse,  la  tenne ferma con la punta della spada, finché non si udì più
Il Reuccio, per paura che scappasse, la tenne ferma con  la  punta della spada, finché non si udì più nessun grido o
nessun grido o lamento della Strega. Il fuoco si spense, e  la  porta si aperse. L'incanto era disfatto. Reuccio e
delle loro nozze fu baldoria in tutto il regno. Stretta  la  via, larga la foglia; Ne dica un'altra, chi n'ha la voglia.
nozze fu baldoria in tutto il regno. Stretta la via, larga  la  foglia; Ne dica un'altra, chi n'ha la voglia.
Stretta la via, larga la foglia; Ne dica un'altra, chi n'ha  la  voglia.
anni. È tutt'occhi. Passando, in corridoio, nonostante  la  poca luce, avevo colto la somiglianza con la madre e la
in corridoio, nonostante la poca luce, avevo colto  la  somiglianza con la madre e la sorella. La ragazza maggiore
nonostante la poca luce, avevo colto la somiglianza con  la  madre e la sorella. La ragazza maggiore e più fatticcia.
la poca luce, avevo colto la somiglianza con la madre e  la  sorella. La ragazza maggiore e più fatticcia. Entrambi
luce, avevo colto la somiglianza con la madre e la sorella.  La  ragazza maggiore e più fatticcia. Entrambi hanno occhi
un incarnato bruno a macchie che non sono di peluria. È  la  pelle prematuramente sciupata all'aperto, sole freddo
sciupata all'aperto, sole freddo pioggia, riconosco  la  testina cotta del ragazzo pastore. Deve rispondere di
dialetto aspro che non si riesce a interpretare. Ha morso  la  sorella. Dice che aveva fame. Qualcuno ride. La madre sta a
Ha morso la sorella. Dice che aveva fame. Qualcuno ride.  La  madre sta a guardarlo corrugata da lontano, a un tratto
nel giacchettone, all'avvertimento della ragazza che  la  sovrasta di tutto il capo ricciuto. La storia è d'un
della ragazza che la sovrasta di tutto il capo ricciuto.  La  storia è d'un litigio tra fratelli come ne avvengono ogni
giorno nelle famiglie. Questi due sono i primi di otto che  la  madre tira su andando a opera nelle terre altrui. La
che la madre tira su andando a opera nelle terre altrui.  La  femmina (così essa dirà sempre nominandola) bada alla casa
pronunzia) va a pascolare. I ragazzi escono dal paese  la  mattina dietro un branchetto di pecore, già mordendo il
senza perché in casa non ce n'era. Tornò indietro e ancora  la  sorella non sfornava. Litigarono. Voleva pane, voleva
attorno, l'assillò, strepitò, disse "male parole". Ora è  la  ragazza davanti ai giudici e ammette, con certo impeto di
di contadina forzuta, d'essere corsa dietro al fratello con  la  scopa, di averlo buttato per terra. "Eh, non mi vince." Si
L'imputato anche lui abbozza una smorfia nervosa, fissando  la  sua antagonista sulla pedana. La madre scuote i cernecchi,
smorfia nervosa, fissando la sua antagonista sulla pedana.  La  madre scuote i cernecchi, giunge le mani, poi ne alza una
Catelli Giuseppe risulta buon figlio. Già si guadagna  la  vita pascolando le pecore di qualche vicino e riporta a
riporta a casa fino all'ultimo soldo. Le informazioni, che  la  donnetta travagliata ascolta leggere con stupore, dicono
tutti _ che il padre, pregiudicato, fu un violento.  La  donna tende l'orecchio, raggrinza la pelle alle tempie in
fu un violento. La donna tende l'orecchio, raggrinza  la  pelle alle tempie in un doloroso riandare al passato, a una
il segno del morso e docilmente solleva da una parte  la  massa dei ricci pretendendosi. I giudici si sporgono,
guardano senza espressione. Sulla panca l'imputato stira  la  bocca come se ridesse. E poi, tornando indietro, tranquilla
po' infatuata, nel passare vicino al tavolo degli avvocati,  la  ragazza rialza il lucore crinoso dei capelli e mostra
un giovane contadino, volendola baciare incontrerà sotto  la  ricca elettrica capigliatura quello sfregio. " Ecco, " dice
ricca elettrica capigliatura quello sfregio. " Ecco, " dice  la  madre allargando le braccia, "vado a sfaticare e dopo a
"vado a sfaticare e dopo a casa trovo questo." Nessuno  la  zittisce. Mi viene in mente uno scolaro che ebbi i primi
dalla valle il prete, un pretino pieno di zelo, e raccontò  la  parabola della pecore la smarrita, molto affannandosi in
pretino pieno di zelo, e raccontò la parabola della pecore  la  smarrita, molto affannandosi in spiegazioni e
domande. Dunque tu lasci il gregge, vai dietro a quell'una,  la  chiami, la invochi, la cerchi pungendoti ai rovi, calando
tu lasci il gregge, vai dietro a quell'una, la chiami,  la  invochi, la cerchi pungendoti ai rovi, calando nelle forre,
il gregge, vai dietro a quell'una, la chiami, la invochi,  la  cerchi pungendoti ai rovi, calando nelle forre, perdendo
brani di pelle, sanguinando contro le rocce... E poi  la  trovi e l'abbracci stretta e ... Ma che faresti dunque tu?
dentini di latte un poco digrignanti, il pastorello disse:  La  mozzicherò alla recchia. E poi seppi che effettivamente,
gli dava così da fare, una volta ritrovata lui per rabbia  la  morsicava a un orecchio. Guardo Catelli Giuseppe sulla
sa, dice che s'avventò e ritrovandosi in bocca qualche cosa  la  sputò per terra. "Ah, non l'ha mangiata," esclama il
ilarità. Infine lo perdonano. Prima della madre ha capito  la  sorella e non appena i giudici si muovono corre a baciarlo.
Faccio in tempo a vedere, impazientita per l'indugio,  la  ragazza manesca spingerlo dandogli addosso secchi rapidi
 La  mia conoscenza con i Mac Lewis datava da tre settimane, ma
bellissimo e sanguigno è un istintivo, che non osserva  la  vita, la vive: io non vivo la vita, l'osservo: forse per
e sanguigno è un istintivo, che non osserva la vita,  la  vive: io non vivo la vita, l'osservo: forse per questo io e
un istintivo, che non osserva la vita, la vive: io non vivo  la  vita, l'osservo: forse per questo io e Guido ci vogliamo un
britannizzato sino alla punta dei capelli. È  la  persona più generosa e ospitale ch'io abbia incontrata.
mesi nel suo bungalow di Sicula, quando mi sono spezzata  la  gamba. Ha anche una moglie e una bimbetta ... - Com'è la
la gamba. Ha anche una moglie e una bimbetta ... - Com'è  la  moglie? - Come vuoi che sia? Sembra una signora delle
e che sono avvezzi a trionfare di tutto. Il suo amore per  la  fanciulla non era una passione da paladino o da eroe; non
anche se fosse vecchia, perché in lei amava soprattutto  la  bontà affettuosa del cuore, la dolcezza sorridente, la
in lei amava soprattutto la bontà affettuosa del cuore,  la  dolcezza sorridente, la semplicità. Essendo una fanciulla,
la bontà affettuosa del cuore, la dolcezza sorridente,  la  semplicità. Essendo una fanciulla, e non brutta, la
la semplicità. Essendo una fanciulla, e non brutta,  la  simpatia non poteva prendere altro nome che quello d'amore.
altro nome che quello d'amore. Mancava però a quest'amore  la  gran leva, la vicinanza, l'intimità, la comunione dei
quello d'amore. Mancava però a quest'amore la gran leva,  la  vicinanza, l'intimità, la comunione dei sensi, per la quale
però a quest'amore la gran leva, la vicinanza, l'intimità,  la  comunione dei sensi, per la quale l'uomo raggiunge il
leva, la vicinanza, l'intimità, la comunione dei sensi, per  la  quale l'uomo raggiunge il massimo grado dell'esaltazione
balcone li tentavano continuamente. Piú tardi Orlandi, per  la  sua bella presenza, per la sua disinvoltura, fu scelto, a
Piú tardi Orlandi, per la sua bella presenza, per  la  sua disinvoltura, fu scelto, a preferenza dall'avvocato,
leggiucchiava i giornali, udiva lo scandalo recente,  la  notizia appena arrivata; fiutava il mazzolino di fiori che
notizia appena arrivata; fiutava il mazzolino di fiori che  la  padrona teneva sul banco, sussurrandole qualche
le emozioni della pubblicità. E poi amava, piú che tutto,  la  vita libera. Le serate all' Aquila divennero celebri.
giovane di Parma, buono e cattivo, esercitando sopra tutti  la  sua influenza dominatrice, la sua foga persuasiva di
esercitando sopra tutti la sua influenza dominatrice,  la  sua foga persuasiva di tribuno improvvisato. Sorgendo, per
improvvisato. Sorgendo, per l'alta statura, sovra le altre,  la  sua testa dall'espressione virile, dalla fronte spaziosa,
spiraglio nuovo; un leggero pungolo d'ambizione accrebbe  la  fermezza dei suoi pensieri. Scrisse alla fanciulla: "Ho
alla fanciulla: "Ho abbandonato lo studio di Sandri e  la  carriera legale. Ho un progetto grandioso; te lo
tutto va bene ed io ti adoro come sempre". Il progetto era  la  fondazione di un giornale politico-letterario; indipendente
non soggetto a scuole od a chiesuole. Si doveva proclamare  la  verità sempre, a qualunque costo; aiutare i deboli e gli
che avrebbe potuto fare del bene senza vincolare  la  propria libertà, né annoiarsi soverchiamente. Nelle liete
Nelle liete prospettive dell'avvenire, non mancava  la  sorpresa che avrebbe manifestato il signor Caccia, quando
il signor Caccia, quando Orlandi chiedendogli per  la  seconda volta la mano di Teresina, gli getterebbe in volto,
Caccia, quando Orlandi chiedendogli per la seconda volta  la  mano di Teresina, gli getterebbe in volto, come una sfida,
di un giornale. Ma, per l'onore di Egidio, bisogna dire che  la  gioia piú delicata, piú intimamente cara, era quella di
di Teresina. Come tutti gli esseri forti e buoni egli amava  la  debolezza e si faceva un dovere di proteggerla. La vita che
amava la debolezza e si faceva un dovere di proteggerla.  La  vita che conduceva la fanciulla gli sembrava così
e si faceva un dovere di proteggerla. La vita che conduceva  la  fanciulla gli sembrava così miserabile, che doveva essere
ventura il poterla cambiare. Questa persuasione spiega  la  frase compassionevole che egli pronunciava spesso: "Povera
spesso: "Povera Teresina!" Nell'amore del giovane  la  passione assorbente entrava poco; egli non aveva bisogno di
non aveva bisogno di quella fanciulla per essere felice, ma  la  trovava un complemento alla sua felicità. Non la desiderava
felice, ma la trovava un complemento alla sua felicità. Non  la  desiderava ardentemente, subito, colla avidità di un
subito, colla avidità di un assetato; egli non aveva sete,  la  teneva in serbo piuttosto. Era giusto. Comprendeva l'enorme
come tutto per il primo è piacere, è conquista, e per  la  seconda non è il piú delle volte che tormento. Che farci?
continuamente". Teresina andava al funerale della Calliope.  La  mattoide era morta improvvisamente e misteriosamente come
come era vissuta. Nella mattina dell'Epifania  la  trovarono distesa sul letto, vestita, col suo fazzoletto
letto, vestita, col suo fazzoletto giallo intorno al capo e  la  fisionomia calma. Era agghiacciata. Il dottor Tavecchia
dottor Tavecchia dichiarò che una sincope aveva determinata  la  morte, ma già la povera donna soffriva mal di cuore. Al
dichiarò che una sincope aveva determinata la morte, ma già  la  povera donna soffriva mal di cuore. Al trasporto era
tutto il paese, anche coloro che non avevano mai vista  la  Calliope e la conoscevano soltanto di nome. Siccome non
paese, anche coloro che non avevano mai vista la Calliope e  la  conoscevano soltanto di nome. Siccome non c'erano parenti
soltanto di nome. Siccome non c'erano parenti per regolare  la  cerimonia, nasceva un po' di confusione. Tutti entravano ed
a piacer loro. - Vieni anche tu, mamma - disse Teresina.  La  signora Soave non usciva mai di casa; il solo pensiero di
di doversi levare dalle spalle lo sciallino cenere,  la  spaventava; e poi soffriva mille incomodi; la folla le
cenere, la spaventava; e poi soffriva mille incomodi;  la  folla le faceva venire il mal di capo, le emozioni
temeva anche le vertigini. Teresina attraversò  la  strada colla sua fida amica, la pretora. - Andiamo a vedere
Teresina attraversò la strada colla sua fida amica,  la  pretora. - Andiamo a vedere la camera? - Ma si può? - Vedi
strada colla sua fida amica, la pretora. - Andiamo a vedere  la  camera? - Ma si può? - Vedi bene che entrano anche gli
gli altri. Si parlottava a bassa voce. Quanti anni aveva  la  morta? Cinquanta, sessanta, quarantacinque. Aveva fatto
in Francia a un indirizzo che il notaio solo conosceva.  La  vecchia storia tornò a galla. Il dottor Tavecchia ripeté
storia tornò a galla. Il dottor Tavecchia ripeté che  la  Calliope, a vent'anni, era bella come una dea. Si bisbigliò
della morta, vuoto, coperto da un lenzuolo, prospettava  la  finestra; la testiera, appoggiata al muro, era sormontata
vuoto, coperto da un lenzuolo, prospettava la finestra;  la  testiera, appoggiata al muro, era sormontata da un quadro
- Avrei creduto questa casa piú piccola. Che stanze ampie!  La  pretora sollevava il capo a guardare il soffitto; Teresina
via. Chi sa in quali mani sarebbero caduti! - Ecco, - disse  la  pretora - tutto è finito. Dio solo sa se la povera donna
- Ecco, - disse la pretora - tutto è finito. Dio solo sa se  la  povera donna era piú savia o piú matta di noi. Teresina
capì di non poter resistere alla tentazione. Le pareva che  la  morta, dal fondo della cassa dove stavano coprendola di
gemesse chiedendo i suoi fiorellini appassiti. Staccò  la  cornicina e, non vista, la fece scivolare sotto il
fiorellini appassiti. Staccò la cornicina e, non vista,  la  fece scivolare sotto il coperchio del cofano. - Piangi
con una commozione in tutte le fibre, esaltata per  la  storia della Calliope, chiedendosi sommessamente se anche
i bambini della pretora, insieme alle gemelle Caccia,  la  madre Portalupi coll'ultima figlia non ancora maritata, la
la madre Portalupi coll'ultima figlia non ancora maritata,  la  vecchia Tisbe che non moriva mai, come se avesse fatto un
della chiesa, floscio, portando attorno di malavoglia  la  pancia che incominciava a pesargli. - Ho freddo - mormorò
freddo - mormorò Teresina. - È una giornataccia - rispose  la  pretora sprofondando le mani nel manicotto. - Vuoi andare
nevicare. - Ho paura di sì. Non dissero altro per tutta  la  strada prese entrambe dal freddo e dalla tristezza, coi
alla fossa scavata di fresco, dove calarono lentamente  la  bare. - I morti non soffrono piú - disse Teresina volgendo
I morti non soffrono piú - disse Teresina volgendo altrove  la  testa. - No. È una consolazione. - Non soffrono piú, ma
Non soffrono piú, ma forse sentono ancora ... - È assurdo.  La  pretora disse questa parola distrattamente pensando a' suoi
Successe un lungo silenzio. Le due amiche rifacevano  la  strada. A un tratto Teresina sospirò così dolorosamente
Teresina sospirò così dolorosamente sotto il suo velo, che  la  pretora comprese subito dove andava quel sospiro. - È un
e le scarpe lucide ornate di grosse fibbie d'argento.  La  pretora urtò col gomito Teresina, sussurrando: - È
urtò col gomito Teresina, sussurrando: - È Monsignore.  La  fanciulla gli volse uno sguardo indifferente. Di lì a poco
volse uno sguardo indifferente. Di lì a poco incontrarono  la  signora Luzzi, con un cappellino bizzarro, fatto di stoffa
bizzarro, fatto di stoffa d'oro. - Guarda! - esclamò  la  pretora. Ma la fanciulla questa volta non girò nemmeno il
fatto di stoffa d'oro. - Guarda! - esclamò la pretora. Ma  la  fanciulla questa volta non girò nemmeno il capo. Allora
di prima. - Tuo padre non s'è mai accorto che continui  la  corrispondenza? - Se lo sapesse, povera me. - La mamma
continui la corrispondenza? - Se lo sapesse, povera me. -  La  mamma però? ... - Oh! la mamma ... le dico tutto. - Fai
- Se lo sapesse, povera me. - La mamma però? ... - Oh!  la  mamma ... le dico tutto. - Fai bene - sentenziò la pretora
- Oh! la mamma ... le dico tutto. - Fai bene - sentenziò  la  pretora - e sai perché la mamma ti compatisce? Perché è
tutto. - Fai bene - sentenziò la pretora - e sai perché  la  mamma ti compatisce? Perché è donna. Non c'è che le donne
brutta giornata! - A casa ci riscalderemo. Teresina scosse  la  testa, quasi fosse persuasa di non potersi riscaldare mai
Egli aveva una lettera per Teresina. - Allegra - esclamò  la  pretora. - Ora non avrai piú freddo. Le due amiche si
l'una correva a vedere i suoi bambini, l'altra a leggere  la  lettera. "Non ti ho scritto prima, ma credi senza colpa.
sere vado a teatro. Alla Scala c'è uno spettacolo stupendo;  la  Wrozlinger è la piú bella prima donna che io abbia mai
Alla Scala c'è uno spettacolo stupendo; la Wrozlinger è  la  piú bella prima donna che io abbia mai vista; anche il
Teresina voltasse e rivoltasse il foglio da tutte le parti,  la  parola d'amore che essa cercava, Egidio non l'aveva
l'aveva scritta. Egidio si divertiva, Egidio era felice ...  La  sua tristezza crebbe del doppio, sentì tutto l'orrore
che lo vedevano, che parlavano con lui, che gustavano  la  gioia de' suoi sguardi e de' suoi sorrisi, che gli
suoi sorrisi, che gli portavano via il tempo, i pensieri,  la  vita. Che valeva il suo ardente amore? che valevano quattro
continuo? Eccola sola a piangere, sola a soffrire. Guardò  la  neve che continuava a scendere lentamente e le parve che
che continuava a scendere lentamente e le parve che tutta  la  cingesse di un mantello di ghiaccio. Rabbrividì, un vago
po' imbarazzato): Mi pare ... Non lo rammento bene.  LA  REGINA DORMIGLIA: Sì, sì, quello che non ci volle vendere
quello che non ci volle vendere l'orto che formava tutta  la  sua felicità ...
stesso; poi, più ardita, si accosta al Mago e lo prende per  la  barba. Il fratello la imita): Come è folta! ... Potrebbe
si accosta al Mago e lo prende per la barba. Il fratello  la  imita): Come è folta! ... Potrebbe servirci da manto!
da Farneta era durata due mesi interi. Il professor Luigi e  la  signora Maria erano già partiti quand'ella tornò in
uve comprate da Carlo Buoni, avevano già bollito prima che  la  signora Durini permettesse alla buona vecchia di scender da
permettesse alla buona vecchia di scender da Camaldoli.  La  Regina aveva saputo rendersi così utile alla signora,
partito da tante cose, le aveva messo così bene in ordine  la  biancheria, da farle desiderare di tenersela sempre vicina.
da farle desiderare di tenersela sempre vicina. Ed anche  la  Regina s'era trovata contenta dell'accoglienza avuta, e
averlo veduto così affezionato all'Annina e così serio per  la  sua età. Il giovane, prima che ella partisse, l'aveva
partisse, l'aveva pregata di un favore: egli desiderava che  la  conclusione del matrimonio fosse affrettata e che le nozze
a Firenze in una casetta, che le avrebbe preparata.  La  Regina tornò dunque a Farneta con una missione abbastanza
"nonna cara", che ella non aveva saputo negargli  la  promessa di fare un tentativo con Maso. La Regina era
saputo negargli la promessa di fare un tentativo con Maso.  La  Regina era tornata una domenica mattina d'ottobre, e potete
il vetturino che aveva accompagnata Regina aveva posato  la  cesta in cucina, essi guardavano ora la Regina, ora quella
Regina aveva posato la cesta in cucina, essi guardavano ora  la  Regina, ora quella cesta misteriosa, che celava tante
ora quella cesta misteriosa, che celava tante sorprese.  La  Regina, un po' stanca, un po' infreddolita, s'era posta nel
un po' infreddolita, s'era posta nel canto del fuoco, e  la  Carola, intanto che le rivolgeva tante domande sull'Annina,
le preparava il caffè per riscaldarla. Allorché  la  buona vecchia si fu alquanto riavuta, leggendo in viso ai
riavuta, leggendo in viso ai bimbi l'impazienza, aprì  la  famosa cesta, e a chi dette cioccolatini inviati dalla
dell'ispettore, a chi balocchi, a chi oggetti di vestiario.  La  signora non aveva dimenticato nessuno, e Gigino aveva avuto
aveva ricevuto da Carlo e dal futuro suocero, informarono  la  vecchia delle faccende della famiglia. Il vino, fatto da
venderlo a un prezzo molto elevato. Questa notizia consolò  la  buona vecchia, e nel dopopranzo di quel lieto giorno,
e nel dopopranzo di quel lieto giorno, seduta sotto  la  cappa del camino, narrò ai figli e ai nipotini una bella
nome Bardo. Si diceva che avesse fatto morir di crepacuore  la  moglie, e invece di pensare ai due figli, che la poveretta
crepacuore la moglie, e invece di pensare ai due figli, che  la  poveretta gli aveva lasciati, li mandava a chieder
le recavano funghi e lamponi che coglievano nei boschi.  La  sera, quando Nando e la Lisa tornavano alla capanna isolata
lamponi che coglievano nei boschi. La sera, quando Nando e  la  Lisa tornavano alla capanna isolata del babbo, questi
avevano trovato da mangiare. Così venne a conoscere che  la  Fortunata li proteggeva, e una mattina, prima che i
mai bocca. Essi girarono tutto il giorno, e, venuta  la  sera, capitarono sull'aia della Fortunata mentr'ella
mandava a dormir le galline. - Piccini, buona sera, - disse  la  buona donna vedendoli. - Vi ho serbato una bella fetta di
madia. I bimbi entrarono in cucina e ritornarono fuori con  la  pattona in mano, senza però accostarsela alla bocca. - Che
accostarsela alla bocca. - Che avete oggi? non vi tormenta  la  fame, bimbi? buon segno! chi non mangia ha ben mangiato. -
segno! chi non mangia ha ben mangiato. - Fortunata, - disse  la  Lisa, che era la maggiore, senza alzar gli occhi, - ci
ha ben mangiato. - Fortunata, - disse la Lisa, che era  la  maggiore, senza alzar gli occhi, - ci potreste dar da
gli occhi, - ci potreste dar da dormire stanotte? Mentre  la  piccina rivolgeva questa domanda alla loro benefattrice,
domanda alla loro benefattrice, sentiva un tremito in tutta  la  persona, una smania, quasi un rimorso; e Nando, intanto, la
la persona, una smania, quasi un rimorso; e Nando, intanto,  la  tirava per la sottana per indurla a stare zitta. La
smania, quasi un rimorso; e Nando, intanto, la tirava per  la  sottana per indurla a stare zitta. La risposta della
la tirava per la sottana per indurla a stare zitta.  La  risposta della Fortunata non si fece aspettare. -
malanno di Bardo vi ha cacciati di casa? I bimbi chinarono  la  testa; non volevano dire una bugia e neppure volevano
disubbidire al babbo, che aveva imposto loro di tacere.  La  Fortunata interpretò il loro silenzio come una conferma
Non ha altro che due bimbi e li caccia come cani! Intanto  la  Lisa si offriva di aiutare la massaia nelle faccende, e
li caccia come cani! Intanto la Lisa si offriva di aiutare  la  massaia nelle faccende, e Nando la pregava di comandargli
si offriva di aiutare la massaia nelle faccende, e Nando  la  pregava di comandargli qualche cosa. - Vedo che vi volete
cosa. - Vedo che vi volete guadagnare l'alloggio, - disse  la  Fortunata. - Ebbene, Nando, tira su l'acqua dal pozzo ed
I bimbi andarono volenterosi ad accudire alle faccende, e  la  massaia preparò da cena. Intanto diceva fra sé: - Almeno
non si sa come campi e non vuole intender di lavorare. E  la  buona donna, invece di far quella sera la minestra
di lavorare. E la buona donna, invece di far quella sera  la  minestra soltanto, staccò alcuni rocchi di salsicce, sbatté
una dozzina d'uova, e quando i bimbi tornarono, trovarono  la  zuppa calda e una bella frittata con le salsicce. La
la zuppa calda e una bella frittata con le salsicce.  La  Fortunata li fece sedere a tavola insieme con i figli, e
Nando e Lisa non poterono prender sonno. - Senti, - diceva  la  bambina al fratello, - perché mai il babbo ci ha mandati
l'altro. - Io ho paura. - Di che hai paura? - chiedeva  la  Lisa turbata sempre più, sentendo che anche il fratello
rumore che udivano, facevano uno scossone; ma alla lunga  la  stanchezza li vinse e si addormentarono. Verso la
lunga la stanchezza li vinse e si addormentarono. Verso  la  mezzanotte, Bardo, insieme con due figuri suoi amici, si
li ho visti a cena, e poi ero qui accanto, nascosto, quando  la  massaia ha messo il chiavistello all'uscio. - Il capoccia e
tiro, - aggiunse Bardo. - In casa ci sono i quattrini che  la  Fortunata ha riscossi ieri dall'eredità dello zio prete, e
di nuovo. - Ora mi faccio sentire! - esclamò. E accostando  la  bocca al buco della chiave, si mise a chiamare: - Nando!
paglia alla porta, batté l'acciarino e appiccò il fuoco.  La  paglia si accese, le fascine crepitarono e ad un tratto si
crepitarono e ad un tratto si alzò un gran chiarore; ma  la  casa rimaneva chiusa, silenziosa, come se dentro non vi
imposte delle finestre, che ardevano pure, e circondavano  la  casa da ogni lato. I due compagni di Bardo fuggivano
poteva impossessarsi dei quattrini ai quali aveva già fatto  la  bocca, e che dovevano servirgli a fuggire da quel luogo,
spalancare una imposta al primo ed ultimo piano, e vide  la  Fortunata affacciarsi chiedendo aiuto. Bardo, in quel
furono udite da alcuni coloni vicini. Essi, nonostante che  la  casa fosse avvolta dalle fiamme, appoggiarono scale alla
avvolta dalle fiamme, appoggiarono scale alla finestra e  la  discesero insieme ai suoi bimbi. Allorché ella fu in salvo,
fu in salvo, si rammentò che giù in cucina c'erano Nando e  la  Lisa, e tanto pregò, tanto supplicò i suoi salvatori, che
supplicò i suoi salvatori, che questi, abbattuta facilmente  la  porta, penetrarono nella cucina. I due piccini parevano
quanto cercassero di rianimarli non vi riuscirono. Intanto  la  casa era caduta con gran fracasso e la povera Fortunata,
riuscirono. Intanto la casa era caduta con gran fracasso e  la  povera Fortunata, piangente in mezzo ai suoi piccini,
corse all'infuriata, senza accorgersi che tornava verso  la  casa cui aveva appiccato il fuoco. Ma allorché fu a poca
atroce. Ma Bardo rimase piantato in terra. Durante  la  notte egli mandava una fiamma viva e continui lamenti, e
il giorno una luce assai più mite e copiose lacrime.  La  Fortunata e il marito non ebbero coraggio di riedificare la
La Fortunata e il marito non ebbero coraggio di riedificare  la  casa. Dopo avere tolte le macerie e ricuperati i denari che
una cappella, detta del Perdono, alla quale affluiva  la  gente da ogni parte del Casentino per pregare riposo a
s'inginocchiò dinanzi al cero ardente, e, piantata in terra  la  croce, si mise a pregare e vi rimase tutta la notte. La
in terra la croce, si mise a pregare e vi rimase tutta  la  notte. La folla, allorché fu sopraggiunta la sera, si
la croce, si mise a pregare e vi rimase tutta la notte.  La  folla, allorché fu sopraggiunta la sera, si allontanò da
rimase tutta la notte. La folla, allorché fu sopraggiunta  la  sera, si allontanò da quel luogo; peraltro, alcune persone,
nella casa incendiata. Però, prima che l'alba imbiancasse  la  campagna, gli angioletti erano rivolati in Cielo, lasciando
campagna, gli angioletti erano rivolati in Cielo, lasciando  la  donna, la quale, senza alzarsi mai, continuava a pregare.
gli angioletti erano rivolati in Cielo, lasciando la donna,  la  quale, senza alzarsi mai, continuava a pregare. La gente,
donna, la quale, senza alzarsi mai, continuava a pregare.  La  gente, commossa, le portava cibo e acqua per ristorarsi; ma
sollievo che costei si concedesse, consisteva nell'aprir  la  bocca ogni tanto durante la notte e all'alba per ricevere
consisteva nell'aprir la bocca ogni tanto durante  la  notte e all'alba per ricevere la carezza del vento fresco.
bocca ogni tanto durante la notte e all'alba per ricevere  la  carezza del vento fresco. A forza di pregare, la sua voce
ricevere la carezza del vento fresco. A forza di pregare,  la  sua voce si era fatta rauca, e dopo tre giorni non le
non le usciva dalla gola altro che un suono inarticolato.  La  folla non si moveva più dalla cappella del Perdono, per
non si moveva più dalla cappella del Perdono, per vedere  la  donna e accertarsi che non mangiava né dormiva mai, e per
accertarsi che non mangiava né dormiva mai, e per attendere  la  discesa degli angioli dal Cielo. La quarta notte, i due
mai, e per attendere la discesa degli angioli dal Cielo.  La  quarta notte, i due angioletti, invece di collocarsi
della Verna, collocandolo dinanzi all'altare. Intanto  la  donna s'era alzata e, caricandosi sulle spalle la pesante
Intanto la donna s'era alzata e, caricandosi sulle spalle  la  pesante croce, si avviava su per l'aspro monte, inciampando
gli angioli, il cero umano e quella donna caduta sotto  la  croce, immaginarono che stesse per compiersi un miracolo e
per compiersi un miracolo e mossero in processione verso  la  chiesina. Ma gli angioli erano già volati via e il cero
dritto, senza alcun sostegno, dinanzi all'altare. Allora  la  donna fu sollevata di sotto la croce, ed ella fece cenno
dinanzi all'altare. Allora la donna fu sollevata di sotto  la  croce, ed ella fece cenno che desiderava di esser portata
desiderava di esser portata dinanzi all'altare insieme con  la  croce. I frati si misero a pregare, ed ella, non potendo
peccato. Il Santo sorrise di beatitudine e allora  la  donna, che pareva morta, si riebbe e, alzatasi, si avvicinò
si avvicinò al cero e lo abbracciò. In quel momento si aprì  la  vôlta della chiesina e scesero da quella i due angioli, i
le loro manine, unsero di un balsamo celeste tutto il cero.  La  fiammella si spense e Bardo riprese effigie umana. Quindi
Quindi gli angioli, cantando, sollevarono sotto le ascelle  la  povera donna e insieme con essa volarono al Cielo. Nel
e insieme con essa volarono al Cielo. Nel medesimo tempo  la  vôlta della chiesina si richiudeva, e san Francesco faceva
si richiudeva, e san Francesco faceva udire di nuovo  la  sua dolce voce: - Bardo, tu sei perdonato. Le preghiere dei
convertiti in angioli di Dio, e le suppliche di tua moglie,  la  quale, per salvarti, aveva rinunziato alla gloria del
fra gli uomini e cerca, col buon esempio, di cancellare  la  memoria del tuo peccato. Bardo si alzò e uscì dal convento.
era conosciuto, andò per primo alla casa della Fortunata.  La  buona donna, nel vederlo, si mise a gridare dalla paura; il
- Colpitemi, uccidetemi pure, io non temo né i patimenti né  la  morte. Vi ho fatto un gran danno e voglio cercare di
e d'erbe. Il capoccia avrebbe voluto mandarlo via con  la  forza, ma la Fortunata, impietosita da quel pentimento, lo
Il capoccia avrebbe voluto mandarlo via con la forza, ma  la  Fortunata, impietosita da quel pentimento, lo lasciava
dato qualcosa di meglio da mangiare e un ricovero per  la  notte. Bardo, però, ricusava il cibo come ricusava
l'alloggio, e passava le nottate sulla nuda terra, sotto  la  vôlta del cielo. Per anni e anni egli servì così la
sotto la vôlta del cielo. Per anni e anni egli servì così  la  famiglia della Fortunata. Dopo un certo tempo, anche il
vegliava di continuo sulla casa sua e sui suoi. Un giorno,  la  figlia minore della Fortunata e del capoccia era andata a
le pecore sul monte. Bardo, che non aveva nulla da fare,  la  seguì. Dopo aver lungamente camminato per trovare una
trovare una piaggia erbosa, perché l'autunno era inoltrato,  la  ragazzina si fermò sopra un ripiano, a fianco di una selva
e intrecciava un canestro di vimini, senza perder d'occhio  la  ragazzina, la quale, stanca per la lunga corsa, reclinò il
un canestro di vimini, senza perder d'occhio la ragazzina,  la  quale, stanca per la lunga corsa, reclinò il capo sul petto
senza perder d'occhio la ragazzina, la quale, stanca per  la  lunga corsa, reclinò il capo sul petto e si addormentò
della pastorella, gli ficcò i denti nella carne, mentre  la  lupa si avvicinava alla ragazzina dormente. Le pecore
suo nascondiglio e, afferrato un sasso, lo lanciò contro  la  lupa famelica senza colpirla. Quindi, vedendo che essa
colpirla. Quindi, vedendo che essa stava per azzannare  la  mano della ragazzina, fece un lancio e si mise fra la
la mano della ragazzina, fece un lancio e si mise fra  la  dormente e la belva. Questa, infuriata, gli saltò addosso
della ragazzina, fece un lancio e si mise fra la dormente e  la  belva. Questa, infuriata, gli saltò addosso sbranandogli le
non curante del dolore, urlava: - Salvati! Salvati!  La  ragazzina si destò e, sentendo l'avvertimento, diedesi a
come uno scoiattolo. Bardo, che era rimasto alle prese con  la  lupa, mentre il cane lottava col lupo, cessò di difendersi
lottava col lupo, cessò di difendersi appena vide in salvo  la  figlia della Fortunata e fu orribilmente sbranato. Le due
Le due belve, allorché furono sazie, tornarono nel bosco, e  la  ragazzina, vedendo passato il pericolo, scese dall'albero,
a casa tremante e spaventata, narrando il tragico fatto.  La  Fortunata, che aveva perdonato da un pezzo a Bardo, non
so davvero; so che in casa della Fortunata nessuno malediva  la  sua memoria, anzi, parlavano di lui con riconoscenza, e la
la sua memoria, anzi, parlavano di lui con riconoscenza, e  la  buona donna non sapeva darsi pace che egli fosse morto per
non sapeva darsi pace che egli fosse morto per salvare  la  figlia di lei. Ogni giorno la buona famiglia di contadini
egli fosse morto per salvare la figlia di lei. Ogni giorno  la  buona famiglia di contadini recitava preci per il riposo
recitava preci per il riposo dell'anima di Bardo, e  la  ragazzina specialmente gli serbava un grato ricordo di lui.
specialmente gli serbava un grato ricordo di lui. - Ora  la  novella è finita, - disse la Regina, - e presto non potrò
un grato ricordo di lui. - Ora la novella è finita, - disse  la  Regina, - e presto non potrò più raccontarvene. - Perché,
- Perché tutte quelle che sapevo le ho già dette, meno una,  la  più bella, che vi narrerò domenica prossima. Io non sarei
i bimbi. - Il solo divertimento non basta, - replicò  la  Regina. - Fin d'ora dovete assuefarvi a cercare nelle cose
più il lato utile che quello divertente; dovete pensare che  la  missione dell'uomo è molto seria, e bisogna prepararvisi
è molto seria, e bisogna prepararvisi fino da piccoli con  la  riflessione. Chi cerca nella vita solo il divertimento, va
che, durante le veglie dell'inverno, avrebbero ascoltato  la  lettura di buoni libri, fatta da Cecco alla famiglia
Le mie prigioni di Silvio Pellico, - disse Vezzosa,  la  quale ricordava con tenerezza l'episodio che si riferiva a
ci avete fatto nei momenti di scoraggiamento e di dolore.  La  vecchia non rispondeva, e grossi lacrimoni le scendevano
in quegli ultimi tempi, piangeva. Ogni piccola commozione  la  turbava, e pareva che attendesse trepidante la nascita del
commozione la turbava, e pareva che attendesse trepidante  la  nascita del bambino, della cui venuta non si parlava nemmen
dell'Annina occupava tutti quelli di casa. - Maso, - disse  la  Regina riportando il pensiero a Camaldoli, - aspetta che
turbandosi, - forse che quel che dovete dirmi è cosa che  la  famiglia non possa sentire, è cosa che faccia vergogna? -
figliuoli. I fratelli andarono a fumare sull'aia, e quando  la  vecchia e il capoccia furono soli, questi disse: - Ora,
questi disse: - Ora, mamma, parlate? - Parlate! - ripeté  la  Regina. - Ti assicuro che ricomincerei fin da principio
tutti i giovani e degli uomini d'oggigiorno: l'impazienza e  la  fretta. Vi ricordate che, prima di sposare la Carola, andai
e la fretta. Vi ricordate che, prima di sposare  la  Carola, andai a veglia da lei tre anni, e quando il mio
le spalle al muro per farmela sposare presto e dare intanto  la  via a una delle sue quattro figliuole, io gli rispondevo
che a tardare me ne son trovato bene, e quando ho sposato  la  Carola, sapevo che virtù e che difetti aveva, e per questo
questo siamo andati sempre d'accordo. - Tu hai ragione, ma  la  Carola potevi vederla quando volevi, perché le nostre case
volevi, perché le nostre case erano a poca distanza e  la  sera andavi sempre da lei; ma Carlo sta a Firenze, l'Annina
che non può aspettare un anno, come se un anno fosse  la  vita di un uomo. Ma se voi credete che l'Annina sia seria
- Spero che Iddio mi risparmi questo dolore, - disse  la  vecchia sorridendo, - e finché sarò in vita aiuterò la
la vecchia sorridendo, - e finché sarò in vita aiuterò  la  giovane coppia con i miei consigli, e, dopo morta, con le
Maso che non voleva sentir parlar di malinconie. - Quando  la  finirete di parlar di cose tristi? Regina non rispose, ma
non rispose, ma sorrise affettuosamente al figliuolo per  la  concessione fattale.
da un flauto, nessun avvocato come Iperide sveste oggi  la  propria accusata davanti alle Assise: il nostro
darebbe tempo ai carabinieri d'intervenire, mentre  la  stessa accusata non sentirebbe forse più la forza di tale
mentre la stessa accusata non sentirebbe forse più  la  forza di tale argomento. - Siete ben sicura che l'aneddoto
tutti coloro, che ignorano il greco; vedete bene che dedica  la  prefazione alla principessa di Teano, la più bella signora
bene che dedica la prefazione alla principessa di Teano,  la  più bella signora d'Italia. Certo una traduzione dovrebbe
un moto di dispetto ed ammirando involontariamente  la  superba bellezza della duchessa - pretende di tradurre
un poeta se Dio avesse consentito alle donne di esprimere  la  poesia invece d'ispirarla. Avete ragione Renan solo poteva
ragione Renan solo poteva tradurre Platone. Vi ricordate  la  sua preghiera sull'Acropoli di Atene? Avete ancora letto
letto l'ultimo capitolo del suo Ecclesiaste? È uscito ieri.  La  lingua francese può rendere la greca? A giudicare da Cousin
Ecclesiaste? È uscito ieri. La lingua francese può rendere  la  greca? A giudicare da Cousin m'hanno detto di no: a leggere
il pensiero deriva quasi sempre dalla frase, Renan ha  la  frase del proprio pensiero. La loro lingua è diversa:
sempre dalla frase, Renan ha la frase del proprio pensiero.  La  loro lingua è diversa: quella di Gauthier a girandole di
incensieri, in tutti i suoi disegni predomina il rabesco,  la  confusione prodiga ed inesauribile dell'ornato, la
rabesco, la confusione prodiga ed inesauribile dell'ornato,  la  ricchezza che impazza nella ricchezza, la melodia che si
dell'ornato, la ricchezza che impazza nella ricchezza,  la  melodia che si perde nel labirinto delle variazioni. - Vi è
due, talvolta nelle qualità più spesso nei difetti, mentre  la  sua arte discende da Balzac, che confessa, e dai romanzieri
Balzac, che confessa, e dai romanzieri inglesi, che nega.  La  sua originalità di artista e di pensatore sta nei soggetti
in vanità di astruserie, che annebbieranno loro sovente  la  verità dei quadri. Il fino diventerà impalpabile,
l'indicibile sarà detto, ma l'incompreso sarà aumentato.  La  duchessa ebbe un sorriso. - E Renan? Parlatemi di Renan, di
sono informi, tutte le sintesi incompiute: nelle prime  la  forma recalcitra, nelle seconde la materia sfugge. Egli non
incompiute: nelle prime la forma recalcitra, nelle seconde  la  materia sfugge. Egli non ha inventato nulla, ma sa quasi
Egli non ha inventato nulla, ma sa quasi tutto, ha percorso  la  storia e la geografia del mondo: l'Oriente gli ha ceduto
inventato nulla, ma sa quasi tutto, ha percorso la storia e  la  geografia del mondo: l'Oriente gli ha ceduto coi propri
coi propri colori le sorgenti della poesia e della pittura,  la  Grecia gli ha dato la bellezza, Roma antica il senno
della poesia e della pittura, la Grecia gli ha dato  la  bellezza, Roma antica il senno dell'equità, la Germania
gli ha dato la bellezza, Roma antica il senno dell'equità,  la  Germania moderna la critica per tutte le dottrine. Scettico
Roma antica il senno dell'equità, la Germania moderna  la  critica per tutte le dottrine. Scettico vero, egli concilia
in sè stesso le contraddizioni di tutti i sistemi, come  la  vita risolve nel proprio fatto l'antagonismo di tutte le
l'antagonismo di tutte le forze. Michelet ha detto che  la  storia è una resurrezione, ma scrivendola non ha sempre
ha sempre potuto trionfare della morte; Renan ha giudicato  la  vita un romanzo, e ha scritto quello di un uomo oggi ancora
romanzo è per lo più una tragedia indebolita, nella quale  la  disperazione diventa malinconia e il singhiozzo sorriso.
sorride. Egli credente solo nella vita, non ne accetta che  la  formula più alta, impossibile a tutti i sistemi, la
che la formula più alta, impossibile a tutti i sistemi,  la  bellezza. La vita è un fatto che la scienza cerca di
più alta, impossibile a tutti i sistemi, la bellezza.  La  vita è un fatto che la scienza cerca di decomporre, la
a tutti i sistemi, la bellezza. La vita è un fatto che  la  scienza cerca di decomporre, la storia di raccontare,
La vita è un fatto che la scienza cerca di decomporre,  la  storia di raccontare, l'arte di ripetere: l'arte è ancora
storia di raccontare, l'arte di ripetere: l'arte è ancora  la  più fortunata. Forse Schelling aveva ragione affermando in
affermando in essa l'ultimo momento del pensiero, se  la  creazione fu il primo momento della vita. - Oh! - Non mi
perchè ogni individuo non può essere perfetto che adulto.  La  Grecia rappresenta la perfezione del pensiero moderno,
non può essere perfetto che adulto. La Grecia rappresenta  la  perfezione del pensiero moderno, quella del nostro secolo
Renan giunge dopo che i romantici hanno rinnovellato  la  vecchia lingua classica e prima che i nuovi naturalisti la
la vecchia lingua classica e prima che i nuovi naturalisti  la  rimettano nel crogiuolo: ecco forse perché egli scrive
non rappresenta ma dice; solamente per questo non basta  la  sapienza della lingua, giacchè Littré sapendo la storia
non basta la sapienza della lingua, giacchè Littré sapendo  la  storia intima di ogni parola gli rimane incalcolabilmente
Filologia e chimica formano le parole e i colori,  la  natura e i pittori inventano i toni. E si fermò. - Renan,
i toni. E si fermò. - Renan, Renan! - tornò a provocarlo  la  duchessa senza lasciargli nemmeno il tempo di respirare -
che sapete tanto bene il latino, vi ricordate senza dubbio  la  definizione della bellezza data da Cicerone: la bellezza si
dubbio la definizione della bellezza data da Cicerone:  la  bellezza si può esprimere talvolta, più raramente
pagina di Renan rassomigli a una pagina di Mozart, ne abbia  la  stessa malinconia latente, lo stile puro quantunque
parola e illimitata nel sentimento? Balzac ha detto che  la  prima qualità di un libro è di far pensare; per un libro di
ma per un libro d'arte ne dubito. Renan ottiene di meglio:  la  sua prosa è una musica che vi fa sognare; ecco il
il fatto di esistere ne implica il diritto e ne contiene  la  ragione. La negazione, che pretende distruggere, è al tempo
di esistere ne implica il diritto e ne contiene la ragione.  La  negazione, che pretende distruggere, è al tempo stesso
Quindi, se Cousin disse impropriamente che l'errore è  la  forma della verità nella storia, Renan più fortunato
della verità nella storia, Renan più fortunato comprese che  la  verità non può risultare se non da tutte le contraddizioni,
che solo nel contraddirsi sempre e sinceramente stava  la  speranza di avere qualche volta ragione. Volete un libro,
avere qualche volta ragione. Volete un libro, che contenga  la  verità? - C'è? - Sì. - Datemelo. - Ma non avrete né il
- C'è? - Sì. - Datemelo. - Ma non avrete né il tempo né  la  pazienza di leggerlo. Pigliate il catalogo di una
di leggerlo. Pigliate il catalogo di una biblioteca, e se  la  biblioteca ha qualche milione di libri quel catalogo
ha qualche milione di libri quel catalogo contiene  la  verità. - Non si potrebbe farne un estratto? - Si è
lunga da concederne il tempo; l'arte sola, essendo come  la  vita una creazione, può talvolta essere vera mantenendosi
può talvolta essere vera mantenendosi inconscia. Intervenga  la  coscienza, e subito una sensazione o un'idea facendosi
che le stelle vi guardino con sorrisi di bontà, che  la  terra vi richiami col sospiro dei fiori, che le nubi si
vivido, il cuore più caldo. E Dio? Forse quella non è che  la  sua presenza: domandatelo a Renan, domandatelo a voi
due creazioni si saranno valse, ma se vorrete analizzarle,  la  scienza non vi darà che dei misteri e dei cadaveri, la
la scienza non vi darà che dei misteri e dei cadaveri,  la  critica che delle contraddizioni e delle parole. Si può
delle parole. Si può forse, esprimere in altro modo ciò che  la  musica dice? Sarebbe essa ancora l'ultimo sforzo del
il verbo dei pensieri muti altrimenti? Ebbene, anche  la  bellezza è una musica ineffabile come la vita stessa. -
Ebbene, anche la bellezza è una musica ineffabile come  la  vita stessa. - Triste musica, allora! - Siete pessimista? -
musica, allora! - Siete pessimista? - Sì. Egli sorrise.  La  duchessa si alzò per offrirgli da un tavolino prezioso
sigarette, e rimase qualche istante in piedi guardandolo.  La  sua bella testa pallida aveva sempre la stessa espressione
piedi guardandolo. La sua bella testa pallida aveva sempre  la  stessa espressione di freddezza quasi crudele. - La
sempre la stessa espressione di freddezza quasi crudele. -  La  prefazione di Bonghi conclude per la vita - egli soggiunse
quasi crudele. - La prefazione di Bonghi conclude per  la  vita - egli soggiunse con accento leggero di provocazione.
con accento leggero di provocazione. Io potrei ripetervi  la  sua frase: poiché siete tanto bella, tutto non è dunque
bella, tutto non è dunque dolore quaggiù. - Allora perché  la  bellezza non basta alla felicità dell'amore e l'amore
della bellezza? Bonghi ha ragione quando afferma contro  la  falsa serenità dei nuovi pagani che il mondo antico è stato
il mondo antico è stato infelice quanto il moderno, e che  la  malinconia non è un male cristiano. Noi siamo tutti
sul dolore e sul piacere, si è preteso che siano l'uno  la  cessazione dell'altro, poi due gradi di una stessa
perché una parola fa spesso più male di una pugnalata, e  la  frattura di una gamba è meno spasmodica talvolta di una
Il dolore morale è dunque diverso dal dolore fisico?  La  fame crea l'accattonaggio, mentre la vergogna di aver fame
dal dolore fisico? La fame crea l'accattonaggio, mentre  la  vergogna di aver fame produce sovente il suicidio. Perché
gettare con le mie mani lo scandaglio in certi abissi, ma  la  questione ci interessa tutti, grandi e piccoli, uomini e
e piccoli, uomini e donne. - Non vi farò che una obbiezione  la  più volgare ed insieme la più forte: se la vita è infelice,
- Non vi farò che una obbiezione la più volgare ed insieme  la  più forte: se la vita è infelice, perché tutti l'accettano?
una obbiezione la più volgare ed insieme la più forte: se  la  vita è infelice, perché tutti l'accettano? - Perché
voi i suicidi? Coloro che accettano, sperano, ecco tutto. -  La  speranza deriva essa pure dalla vita: ma volete davvero una
ogni fenomeno è doppio, pigliate i due estremi della gamma,  la  generazione e la morte: la voluttà dell'una è più intensa
pigliate i due estremi della gamma, la generazione e  la  morte: la voluttà dell'una è più intensa del dolore
i due estremi della gamma, la generazione e la morte:  la  voluttà dell'una è più intensa del dolore dell'altra. Anzi,
che non potete rinnegare, sosteneva con ragione che  la  morte sola è senza dolore. - Siete ben sicuri che in ogni
spalliera della poltrona. Egli tornò a sorridere. Allora  la  duchessa si alzò lentamente, andò alla finestra, dinanzi
gatto d'Angora, che sonnecchiava sopra uno sgabello.  La  duchessa aveva appena avuto il tempo di sedersi che Alì le
Alì le era saltato sulle ginocchia e, percotendogliele con  la  coda, le si strofinava con le orecchie nel seno. Poi si
nel suo grembo guardando tranquillamente il canarino.  La  duchessa gli passò una mano sul capo e appressandogli
corpicino ancora vivo. Entrambi erano diventati pallidi.  La  duchessa scacciò Alì con un gesto, si alzò e tendendogli la
La duchessa scacciò Alì con un gesto, si alzò e tendendogli  la  mano ripeté con indefinibile sorriso: - Adesso ditemi
In fondo l'uscio ferrato della prigione dov'è rinchiusa  la  Reginotta. Si sente la voce flebile di lei che canta:
della prigione dov'è rinchiusa la Reginotta. Si sente  la  voce flebile di lei che canta:
sera giunsero dalla Fata dell'Adolescenza. Entrarono per  la  finestra aperta. La buona Fata li accolse benevolmente.
Fata dell'Adolescenza. Entrarono per la finestra aperta.  La  buona Fata li accolse benevolmente. Prese Piumadoro per
attraversarono stanze immense e corridoi senza fine, poi  la  Fata tolse da un cofano d'oro uno specchio rotondo. -
Fortunate, ed è quegli che ti chiama da tanto tempo con  la  sua canzone. É vittima d'una malìa opposta alla tua.
sarà rotto nell'istante che vi darete il primo bacio.  La  visione disparve e la buona Fata diede a Piumadoro tre
che vi darete il primo bacio. La visione disparve e  la  buona Fata diede a Piumadoro tre chicchi di grano. - Prima
ti apparirà una fata maligna che cercherà di attirarti con  la  minaccia o con la lusinga. Tu lascerai cadere ogni volta
maligna che cercherà di attirarti con la minaccia o con  la  lusinga. Tu lascerai cadere ogni volta uno di questi
ogni volta uno di questi chicchi. Piumadoro ringraziò  la  Fata, uscì dalla finestra coi suoi compagni e riprese il
Era il 1o agosto 1876, quando il periodico letterario  la  Vita Nuova pubblicò un saggio degli studii da me fatti
modo di studiarla nella sua piena libertà. Diciamolo tosto:  la  plebe è sospettosissima di quanti vestono abiti di panno.
peccati veniali e mortali m'erano passati innanzi in tutta  la  loro sfacciata bruttezza. È dovere però confessare che ho
spaventosi, rassegnazioni ammirande. Perle nel fango.  La  plebe è corrotta. Sicuramente: essa riflette la corruzione
nel fango. La plebe è corrotta. Sicuramente: essa riflette  la  corruzione delle classi così dette elevate, come
sentimenti bassi, se non quando si elevano alla borghesia.  La  plebe collettiva ha sempre sentimenti nobili, perché
nobili, perché partono dal cuore, perchè sono istinto.  La  plebe, si potrebbe dire mercantilmente, è corrotta per
volete pretendere dalla plebe? Avete ragione di chiamarla  la  pellagra sociale "Si, signori, vi dirà Cesare Correnti,
"Si, signori, vi dirà Cesare Correnti, avete detto bene:  la  plebe è la pellagra sociale. "Chi mangia male e
vi dirà Cesare Correnti, avete detto bene: la plebe è  la  pellagra sociale. "Chi mangia male e irregolarmente, chi
"Chi mangia male e irregolarmente, chi respira il tifo e  la  colpa nelle locande si guasta il sangue e le idee. Effetti
è un peccato non averle pubblicate prima d'ora. Del resto  la  plebe di quel tempo non è più la plebe de' giorni nostri.
prima d'ora. Del resto la plebe di quel tempo non è più  la  plebe de' giorni nostri. Gran parte è sparita dalla scena
giorni nostri. Gran parte è sparita dalla scena del mondo.  La  media della vita de' disgraziati plebei è breve: gli stenti
de' disgraziati plebei è breve: gli stenti ne affrettano  la  morte. Inoltre dal 1876 in poi la plebe milanese è
gli stenti ne affrettano la morte. Inoltre dal 1876 in poi  la  plebe milanese è diventata una tutt'altra cosa. I ladri
ed è diventato un discreto padre di famiglia. - G'hoo  la  donna, adess besogna che faga giudizi - Bravo, bravo: n'era
giudizi - Bravo, bravo: n'era tempo. Per vero dire anche  la  società dal canto suo ha procurato di trasformare i plebei,
carcerarie, agenti di pubblica sicurezza; infine per  la  pura verità si pensa poco a prevenire, ma in quella vece si
de' buoni sentimenti nascosti giù de' precordii tra  la  zavorra. Ma chi se ne occupa? Se ne occupano i preti e i
dottrinarii, Carità pretensiosa, arida, infeconda.  La  plebe s'è trasformata di tendenze e di costumi: l'odio
fatti nel 1876 sulla plebe di Milano possono oggi riveder  la  luce, e corretti, e compiuti, cattivarsi la curiosità e
oggi riveder la luce, e corretti, e compiuti, cattivarsi  la  curiosità e forse il giudizio benevolo del cortese lettore.
curiosità e forse il giudizio benevolo del cortese lettore.  La  sostanza è la stessa, gli accidenti sono mutati, epperò ho
il giudizio benevolo del cortese lettore. La sostanza è  la  stessa, gli accidenti sono mutati, epperò ho dovuto mutare
stessa, gli accidenti sono mutati, epperò ho dovuto mutare  la  forma del mio lavoro. Ma siccome le durezze della miseria
del mio lavoro. Ma siccome le durezze della miseria per  la  povera plebe sono oggi ancora quello ch'erano allora, così
così possiamo dire essere questi studii nuovi ... nuovi per  la  società disattenta e negligente. Altri ci ha seguiti in
collo stesso frutto che abbiamo ottenuto, allorquando per  la  prima volta li abbiamo messi noi. Voglia la sorte che
allorquando per la prima volta li abbiamo messi noi. Voglia  la  sorte che quando la Società sarà disposta ad ascoltare i
volta li abbiamo messi noi. Voglia la sorte che quando  la  Società sarà disposta ad ascoltare i lamenti della plebe e
ascoltare i lamenti della plebe e ad esaudirne i desiderii,  la  società non abbia a dover riconoscere quanto sia vera la
la società non abbia a dover riconoscere quanto sia vera  la  sentenza del Machiavelli, e cioè che "venendo con i tempi
ripetiamo il nostro grido; e se mai troppo affiocata fosse  la  nostra voce, gioviamoci di quella potentissima di Victor
gioviamoci di quella potentissima di Victor Hugo che per  la  Francia potrebbe essere stata profetica: "Messieurs,
songez-y, c'est l'anarchie qui ouvre les abimes, mais c'est  la  misère qui les creuse."
piena di polvere? LUIGI: Eh che non l'ho forse cercata io  la  carrozza? è colpa mia se c'era la carrozza e non il
non l'ho forse cercata io la carrozza? è colpa mia se c'era  la  carrozza e non il cavallo? dovevo andar sotto io a tirarla
carrozza e non il cavallo? dovevo andar sotto io a tirarla  la  carrozza? Non farmi girar il bocino. SIGNORA: Oh non chiedo
Sei tu che mi tratti come un cavallo, bimba. IL CAPO: (Oec,  la  se scalda!) SIGNORA: Del resto non è la prima volta e non
IL CAPO: (Oec, la se scalda!) SIGNORA: Del resto non è  la  prima volta e non sarà nemmeno l'ultima. È ormai la storia
non è la prima volta e non sarà nemmeno l'ultima. È ormai  la  storia di tutti i giorni, padron mio. LUIGI: Tu vuoi dire
ti peso, che non so trattare colle dame, che ti avveleno  la  vita... SIGNORA: L'allegria, la chiacchiera, la garbatezza,
colle dame, che ti avveleno la vita... SIGNORA: L'allegria,  la  chiacchiera, la garbatezza, i salamelecchi li sai trovare
ti avveleno la vita... SIGNORA: L'allegria, la chiacchiera,  la  garbatezza, i salamelecchi li sai trovare quando sei in
delle signore de' tuoi amici... LUIGI: Adesso fammi anche  la  gelosa, bimba. SIGNORA: Ma per tua moglie tutto è inutile,
tutto è caricatura, tutto è spesa inutile; se fossi  la  tua serva non potresti trattarmi con meno cerimonia. LUIGI:
con meno cerimonia. LUIGI: Guarda che son di Romagna e  la  mi fuma presto, la mi fuma. SIGNORA: Sì lei signor Luigi
LUIGI: Guarda che son di Romagna e la mi fuma presto,  la  mi fuma. SIGNORA: Sì lei signor Luigi Spazzoletti, lei
che un uomo che lavora dalla mattina alla sera, che ha  la  testa negli affari e nelle cambiali in scadenza abbia tempo
SIGNORA: Basterebbe, signor Spazzoletti, che non trattasse  la  su' signora come lo straccio della stoviglia sporca, che
signora come lo straccio della stoviglia sporca, che non  la  lasciasse in casa sei, sette, otto ore sola in compagnia
rattoppargli le calze, a preparargli le pappe, per entrare  la  sera torbido, brontolone, scontroso, uggioso, come se la
la sera torbido, brontolone, scontroso, uggioso, come se  la  sua casa fosse la gabbia dell'orso e mica la casa di sua
brontolone, scontroso, uggioso, come se la sua casa fosse  la  gabbia dell'orso e mica la casa di sua moglie. E quando si
come se la sua casa fosse la gabbia dell'orso e mica  la  casa di sua moglie. E quando si degna di condur sua moglie
LUIGI: Ma che ti salta in mente? che mi vai tortorellando?  la  ti gira? è ora che tu la smetta. CAPO: La xè squasi cotta!
mente? che mi vai tortorellando? la ti gira? è ora che tu  la  smetta. CAPO: La xè squasi cotta! LUIGI: Se ti ero
tortorellando? la ti gira? è ora che tu la smetta. CAPO:  La  xè squasi cotta! LUIGI: Se ti ero antipatico non dovevi
ci vogliono sposare o pei nostri begli occhi o... per  la  nostra bella dote... LUIGI: Mariannuccia, bada che la va a
per la nostra bella dote... LUIGI: Mariannuccia, bada che  la  va a finir male... Bada che son di Romagna... SIGNORA:
poesia, promettono mari e monti; a sentirli devono passare  la  vita ai nostri piedi a respirare il nostro respiro, a
in collera, si grida per tutte le sciocchezze, o perché  la  zuppa è troppo salata, o perché non è salata abbastanza, o
perché piove, o perché fa caldo, o perché il governo mette  la  ricchezza mobile e tutti i mali si fanno passare per la
la ricchezza mobile e tutti i mali si fanno passare per  la  pelle della moglie come se la moglie fosse il cuscinetto
i mali si fanno passare per la pelle della moglie come se  la  moglie fosse il cuscinetto degli spilli. Per rifarsi, la
se la moglie fosse il cuscinetto degli spilli. Per rifarsi,  la  sera si va alla birreria, a giocare al bigliardo, a far
al bigliardo, a far visita alla signora Tortorelli e  la  moglie a casa a sbadigliare. LUIGI: Hai finito, gioia? Tu
che non ha paura di trecento operai io; né voglio subire  la  prepotenza d'una... pettegola... SIGNORA: Ah...
Ah... pettegola...? in Romagna dite pettegola? IL CAPO:  La  va de sora via... SIGNORA: Mantiene questa parola, sor
Mantiene questa parola, sor Luigi Spazzoletti? LUIGI:  La  mantengo, la ripeto, la stampo, sora Marianna. SIGNORA:
questa parola, sor Luigi Spazzoletti? LUIGI: La mantengo,  la  ripeto, la stampo, sora Marianna. SIGNORA: Basta. Dopo
sor Luigi Spazzoletti? LUIGI: La mantengo, la ripeto,  la  stampo, sora Marianna. SIGNORA: Basta. Dopo appena due anni
che il signor cav. Spazzoletti regala a sua moglie.  La  ringrazio. Non ho più nulla a dirle. Mi ritiro qui in sala;
queste maledette donne sembran fatte a posta per guastare  la  pace d'un galantuomo. Oh ma la faremo finita...! non voglio
fatte a posta per guastare la pace d'un galantuomo. Oh ma  la  faremo finita...! non voglio morir tisico io per la lingua
Oh ma la faremo finita...! non voglio morir tisico io per  la  lingua della sora Marianna Spazzoletti. Divisione,
Divisione, divisione assoluta di casa e di pane. Un uomo ha  la  pazienza limitata per un po', due po', tre po',... ma po...
un cane di sigaro, corpo d'una saetta, e mi tocca fumar  la  mia rabbia. Non c'è un tabaccaio qui vicino, sor capo?
apre  la  lanterna. La luce che n'è evasa saltellando si posa su
apre la lanterna.  La  luce che n'è evasa saltellando si posa su quattro basse
a svegliar colle buone; tien tu il lume. - E accostatisi,  la  man del cavaliere piano piano la testa scosse che, in bende
il lume. - E accostatisi, la man del cavaliere piano piano  la  testa scosse che, in bende nere stretta, e china su un
parte, lugubramente. E un soffio esalò dalla salma.  La  carogna turbata par che riacquisti un'alma; il fetore che
par che riacquisti un'alma; il fetore che l'abita vuol  la  quiete profonda: se lo tocchi, s'ingrossa, come il verme, e
lo tocchi, s'ingrossa, come il verme, e t'innonda. - Deponi  la  lanterna e aiutami; la vesta mi convien perquisirle... - Ma
come il verme, e t'innonda. - Deponi la lanterna e aiutami;  la  vesta mi convien perquisirle... - Ma chi è dessa? - Cotesta
e vecchia, gironzava per le strade e le piazze e stendeva  la  mano alle belle ragazze. Queste per elemosina vi lasciavan
qui ". - - Questa donna ti giuro che per me non farebbe:  la  dev'essere un ninnolo di miele e di giulebbe; amo le forti,
vuoi che usciam bellamente in Canalazzo? " Mi adatterò  la  sua parrucca in testa, ne porterò la spada e il
" Mi adatterò la sua parrucca in testa, ne porterò  la  spada e il giustacuore, le piume, i ciondoli, e l'amante
" L'anima ho piena di versi rimati, e porterò con me  la  mia mandòla: parole e musica ti alletteran come una cosa
". - Infamia! - Oh Lionello, usciam da questo orrore! Ho  la  testa che bolle, e mi si spezza il cuore; certo un malor ci
di sonno e di bagordi... eccolo!... affediddio, viva  la  Berenice! è ben cotesto il mio! Grazie, povera morta; che
sul muro... alcun ci spia. - Oh fosse un sì che scrive  la  contessina mia! - Bada, l'ombra si appressa. E la lanterna
scrive la contessina mia! - Bada, l'ombra si appressa. E  la  lanterna cieca drizzò alla porta. Videro corne una forma
di cui gli occhi soltanto apparivan. Lionello ha sguainata  la  spada. - Spegni il lume, fratello - Ma la strana figura
ha sguainata la spada. - Spegni il lume, fratello - Ma  la  strana figura s'era già dileguata. Allor dall'atra stanza,
legittimare con  la  cerimonia civile il matrimonio religioso da me
il matrimonio religioso da me precedentemente contratto con  la  adulta Fidelia Berretta, figlia di Terzo Berretta, Gran
certa cantilena burlesca: "La si calmi, sor Generale, via,  la  si calmi! La sia bonino!". E tutti gli altri ragazzi a
burlesca: "La si calmi, sor Generale, via, la si calmi!  La  sia bonino!". E tutti gli altri ragazzi a ripetere in coro
bonino!". E tutti gli altri ragazzi a ripetere in coro con  la  medesima cantilena: "La si calmi, sor Generale, la si
coro con la medesima cantilena: "La si calmi, sor Generale,  la  si calmi! La sia bonino! ... ". E lì tanto dissero e tanto
cantilena: "La si calmi, sor Generale, la si calmi!  La  sia bonino! ... ". E lì tanto dissero e tanto fecero che
dissero e tanto fecero che Leoncino, dimenticandosi tutta  la  bizza che aveva addosso, cominciò a ridere anche lui. Poi,
voltandosi verso Arnolfo, gli domandò: "Mi dici perché te  la  prendi sempre con me?". "Io me la prendo con te? Neanche
"Mi dici perché te la prendi sempre con me?". "Io me  la  prendo con te? Neanche per sogno. Eppoi, anche se me la
me la prendo con te? Neanche per sogno. Eppoi, anche se me  la  prendessi con te, credilo, ci sarebbe la sua brava
Eppoi, anche se me la prendessi con te, credilo, ci sarebbe  la  sua brava ragione." "Perché?" "Perché, volere o volare,
"Perché, volere o volare, fosti tu che mi mangiasti  la  colazione quella mattina che feci da sentinella avanzata. E
te lo dico: ma quella celia fu una gran brutta celia e me  la  rammenterò sempre fin che campo ... Meno male che oramai
salto, vogliamo il salto!" gridarono tutti. Leoncino, a dir  la  verità, se ne sarebbe tirato indietro volentieri; ma dopo
ma dopo essersi vantato tanto, non poteva più scansare  la  prova. Il suo amor proprio non gliel'avrebbe permesso!!!
e questo premio sembra ad essi tanto maggiore, quanto  la  cosa scoperta riesce più dissimile dalle cose già note, o
destarono meraviglia ed interesse vivissimo in chi ebbe  la  fortuna di leggerle; eppure con quegli ottimi Papuas
Paris di Maxime du Camp; Les classes dangereuses de  la  population dans les grandes villes del Frégier; Les
di Denis Poulot; Intemperance et misère di J. Le Fort;  La  Société et les moeurs allemands dal Tissot; La misère di J.
J. Le Fort; La Société et les moeurs allemands dal Tissot;  La  misère di J. Siegfried. Riguardo ad ignoranza e ad
di J. Siegfried. Riguardo ad ignoranza e ad abbiettezza  la  feccia plebea di qualsiasi grande città può dare dei punti
dare dei punti ai Papuas, agli Akka ed agli Esquimesi. E  la  marmaglia pullula e brulica in ogni grande città, eppure
in ogni grande città, eppure gli onesti cittadini non  la  curano, perchè non la vedono quasi mai, e appena ne
eppure gli onesti cittadini non la curano, perchè non  la  vedono quasi mai, e appena ne ricordano talvolta con
che insofferente dal giogo che porta, levasi contro  la  classe avversaria, ne calpesta le istituzioni e ne crea di
ne calpesta le istituzioni e ne crea di nuove, se  la  fortuna le dà il trionfo nella terribile lotta. La
se la fortuna le dà il trionfo nella terribile lotta.  La  marmaglia vive alla luce del sole, quanto dura cotesta
in tutte le città d'Italia e specialmente in Milano, quando  la  lotta s'impegnò tra cittadini e stranieri, è dovere il
s'impegnò tra cittadini e stranieri, è dovere il dirlo,  la  marmaglia si fece massacrare a nome del principio
del quale non poteva sperare alcun vantaggio. Perocchè  la  smania di far bottino non era ragion sufficiente per
non era ragion sufficiente per ispronare i plebei a esporre  la  vita loro a gravissimo pericolo; tanto più che a cagion
d'esempio, nella Rivoluzione del 1848, mentre più ferveva  la  lotta, non si ebbero a lamentare ruberie e la plebe fece
più ferveva la lotta, non si ebbero a lamentare ruberie e  la  plebe fece meravigliare le classi più elevate colla sua
formato disegno di violare il diritto di proprietà. Forse  la  feccia era sostenuta in quegli istanti supremi da un
pensava che dalla redenzione nazionale potesse derivare  la  redenzione individuale, e che rompendola colle vecchie
per una via conducente a non deplorevole meta. Fors'anche  la  lusingava la speranza d'un po' di gratitudine da parte de'
conducente a non deplorevole meta. Fors'anche la lusingava  la  speranza d'un po' di gratitudine da parte de' suoi
Ma comunque ciò sia avvenuto ed avvenga, è certo che  la  plebe non partecipa alla politica, che durante
non partecipa alla politica, che durante gl'interregni e  la  sua esistenza pubblica dura dalla caduta d'un governo alla
soverchiamente, perchè non conoscono e perciò ne esagerano  la  tristizie e la potenza. Dissi che anche il popolo la teme,
perchè non conoscono e perciò ne esagerano la tristizie e  la  potenza. Dissi che anche il popolo la teme, perchè nulla ha
la tristizie e la potenza. Dissi che anche il popolo  la  teme, perchè nulla ha di comune con questa turba; alla
ed ebbe sempre le stesse tendenze le stesse passioni,  la  stessa natura. Tra la Suburra e la Villette e Ménilmontant
stesse tendenze le stesse passioni, la stessa natura. Tra  la  Suburra e la Villette e Ménilmontant tra White-Chapel e la
le stesse passioni, la stessa natura. Tra la Suburra e  la  Villette e Ménilmontant tra White-Chapel e la via Varese o
la Suburra e la Villette e Ménilmontant tra White-Chapel e  la  via Varese o la via Legnano, o lo stretta Calusca, o il
Villette e Ménilmontant tra White-Chapel e la via Varese o  la  via Legnano, o lo stretta Calusca, o il vicolo della Corde,
turba fu pure in ogni tempo spregiata, giacchè Sallustio ve  la  dirà cupida sempre di nuove cose e Machiavelli per natura
del male Milano ha del pari che tutte l'altre città  la  sua feccia, la quale, come ripeto, ha nulla di comune
Milano ha del pari che tutte l'altre città la sua feccia,  la  quale, come ripeto, ha nulla di comune coll'ottimo popolo
a noi tutti i loro rifiuti. Cosa questa non nuova, chè  la  plebe di Roma era pur essa composta di gente venuta dal di
dalla corruzione della Roma de' suoi tempi, ne svela  la  cagione dicendo che in Roma "omnia turpia atque scelesta
celebranturque" il che può ripetersi a buon diritto per  la  nostra Milano. In Parigi eziandio, la plebe è formata non
a buon diritto per la nostra Milano. In Parigi eziandio,  la  plebe è formata non solo dei déclassés della grande
non solo dei déclassés della grande metropoli, ma per  la  maggior parte, dei provinciali, il qual fatto era già stato
le plus intelligent; mais l'autre est le rebut de toute  la  France. Chaque ville des provinces a son égout, qui amène
fondo al primo tratto della via Rastrelli evvi  la  Regia Posta delle lettere. La facciata dell'edificio è di
della via Rastrelli evvi la Regia Posta delle lettere.  La  facciata dell'edificio è di buona architettura, disegnata e
delle parti, e termina con un elegante frontone. _ Bella è  la  sala della impostazione e distribuzione delle lettere,
nella demolita via dei Profumieri, presso Piazza Mercanti.  La  posta delle lettere era stata introdotta dai Torriani; se
dai Torriani; se ne pagava tenuissima tassa; ma nè pronta  la  spedizione, nè esatto il riscontro.