Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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son povero al par  di  un fraticello; ma tu sei vispo, rubicondo e bello,
ormai dei giorni miei. Ti lascio, amico mio, molte sciagure  di  cui farai tesoro: esse valgono - sai? - nell'ore oscure oh!
mille imagini gaie, e le canzoni che leggerai pensando  di  chi visse di te, mio venerando. Mio bel vecchietto dalle
gaie, e le canzoni che leggerai pensando di chi visse  di  te, mio venerando. Mio bel vecchietto dalle chiome bionde,
Ti lascio il meglio che mi resta ancora: il pio desir  di  una celeste aurora, dei pedanti il disprezzo, e la manìa di
di una celeste aurora, dei pedanti il disprezzo, e la manìa  di  cercar perle al lezzo. Ti lascio - forse - alcune avite
il vecchio Dante onde al cielo si arripa, e, ausigliatrice  di  non vacue notti, una eccellente pipa! Luglio 1874.
furia improvvisa delle campane nel sabato lontano  di  resurrezione e il sole ancora dolce nella strada, le
biciclette che svoltano col freno stridente e un aquilone  di  carta oleata blu sopra le logge e il pallone che rimbalza
quale aprile viene questo istante a visitarmi nella notte  di  una citta che ha torri e altane e ha piazze la cui luce è
e ha piazze la cui luce è bella e lontana come quella  di  un paese straniero e gli uccelli che rigano il cielo sopra
uccelli che rigano il cielo sopra le mura sono un disegno  di  china, e i miei passi che battono le lastre in pendio sono
ma bisbiglianti la litania del tempo dissipato in fili  di  nulla, del tempo fatto pulviscolo dell irreversibile, ma
suono della trenula che ruota nell'aria sospinta dalle mani  di  un ragazzo, e la donna nerovelata che cammina nel sole
cammina nel sole zoppicando, tornano le voci che mi gridano  di  prendere il pallone finito nella bottega del falegname,
del falegname, mentre qui nella notte s'avvicina il rombo  di  moto che taglia il silenzio poi si perde fuori porta...
; mio saggio demone, che mai sarà? - Rispose: - All'ombra  di  quel velo bianco, in mezzo al cor di un tuo fratello
- Rispose: - All'ombra di quel velo bianco, in mezzo al cor  di  un tuo fratello inerme, della Sventura che ti rode il
: mio saggio demone, che mai sarà? - Rispose: - All'ombra  di  quel drappo oscuro, in mezzo al cor di un tuo fratello
Rispose: - All'ombra di quel drappo oscuro, in mezzo al cor  di  un tuo fratello inerme, è nato un avo del tuo re futuro, è
del suo splendore, del male che le fa differenti e lucide  di  sé. E complimenti al platano e addio alla passeggiata, di
di sé. E complimenti al platano e addio alla passeggiata,  di  chi per un momento ha creduto di vederlo e l'ha
e addio alla passeggiata, di chi per un momento ha creduto  di  vederlo e l'ha dimenticato.
un mortale anelava il fuggente globo  di  Venere; e le montagne sotto il dì nascente parean di
globo di Venere; e le montagne sotto il dì nascente parean  di  cenere. Era l'ora del sonno, e del dolore, e dei patiboli;
sul cielo glauco. Qualche tempio qua e là si dipingeva  di  negre spoglie; e il pispiglio dei passeri sorgeva fuor
cadono spuntandosi, ora riprende ardire una pioggia  di  morti nel giardino, e una voce di casa, che è una voce di
ardire una pioggia di morti nel giardino, e una voce  di  casa, che è una voce di vivi ed è perplessa, stupida
di morti nel giardino, e una voce di casa, che è una voce  di  vivi ed è perplessa, stupida immortale, come un pensiero
dorme con un berretto  di  pelo e il petto chiuso mentre la strada scricchiola di
di pelo e il petto chiuso mentre la strada scricchiola  di  gelo. La notte ha mille astucci. Uno per ogni fiala.
voci e voci e canti  di  fanciulli e di lussuria per i ritorti vichi dentro
voci e voci e canti di fanciulli e  di  lussuria per i ritorti vichi dentro dell'ombra ardente, al
forme delle femmine tra i tentativi bizzarri della fiamma  di  svellersi dal cavo dei lampioni. Esse guardavano la fiamma
dei lampioni. Esse guardavano la fiamma e cantavano canzoni  di  cuori in catene. Tutti i preludii erano taciuti oramai. La
calata. Le porte moresche si caricavano e si attorcevano  di  mostruosi portenti neri nel mentre sullo sfondo il cupo
neri nel mentre sullo sfondo il cupo azzurro si insenava  di  stelle. Solitaria troneggiava ora la notte accesa in tutto
troneggiava ora la notte accesa in tutto il suo brulicante  di  stelle e di fiamme. Avanti come una mostruosa ferita
ora la notte accesa in tutto il suo brulicante di stelle e  di  fiamme. Avanti come una mostruosa ferita profondava una
una via. Ai lati dell'angolo delle porte, bianche cariatidi  di  un cielo artificiale sognavano il viso poggiato alla palma.
la pura linea imperiale del profilo e del collo vestita  di  splendore opalino. Con rapido gesto di giovinezza imperiale
e del collo vestita di splendore opalino. Con rapido gesto  di  giovinezza imperiale traeva la veste leggera sulle sue
in attesa finché dolcemente gli scuri si chiudessero su  di  una duplice ombra. Ed il mio cuore era affamato di sogno,
su di una duplice ombra. Ed il mio cuore era affamato  di  sogno, per lei, per l'evanescente come l'amore evanescente,
la donatrice d'amore dei porti, la cariatide dei cieli  di  ventura. Sui suoi divini ginocchi, sula sua forma pallida
la mia pristina lampada instella il mio cuor vago  di  ricordi ancora. Volti, volti cui risero gli occhi a fior
aurighe per le vie leggere del sogno che inghirlandai  di  fervore: o fragili rime, o ghirlande d'amori notturni ...
... Dal giardino una canzone si rompe in catena fievole  di  singhiozzi: la vena è aperta: arido rosso e dolce è il
specchio ignudo, nel grande specchio ignudo velato dai fumi  di  viola, in alto baciato di una stella di luce era il bello,
specchio ignudo velato dai fumi di viola, in alto baciato  di  una stella di luce era il bello, il bello e dolce dono di
velato dai fumi di viola, in alto baciato di una stella  di  luce era il bello, il bello e dolce dono di un dio: e le
di una stella di luce era il bello, il bello e dolce dono  di  un dio: e le timide mammelle erano gonfie di luce, e le
e dolce dono di un dio: e le timide mammelle erano gonfie  di  luce, e le stelle erano assenti, e non un Dio era nella
stelle erano assenti, e non un Dio era nella sera d'amore  di  viola: ma tu nella sera d'amore di viola: ma tu chinati gli
era nella sera d'amore di viola: ma tu nella sera d'amore  di  viola: ma tu chinati gli occhi di viola, tu ad un ignoto
ma tu nella sera d'amore di viola: ma tu chinati gli occhi  di  viola, tu ad un ignoto cielo notturno che avevi rapito una
tu ad un ignoto cielo notturno che avevi rapito una melodia  di  carezze. Ricordo cara: lievi come l'ali di una colomba tu
una melodia di carezze. Ricordo cara: lievi come l'ali  di  una colomba tu le tue membra posasti sulle mie nobili
del sogno sei sola sei sola che appari nel velo dei fumi  di  viola. Come una nuvola bianca, come una nuvola bianca
noi gettato sull'infinito, che tutto ci appare ombra  di  eternità? A quale sogno levammo la nostalgia della nostra
Immagino chi ha inventato l'ago. Era vicino al fuoco e  di  colpo ha visto che l'osso più affilato (come la spina)
Osso. Quello che la morte smembrava poteva essere unito  di  nuovo. Da piccola cucivo foglie di castagno tra loro fino a
poteva essere unito di nuovo. Da piccola cucivo foglie  di  castagno tra loro fino a farne corone. Sognavo di fare
foglie di castagno tra loro fino a farne corone. Sognavo  di  fare vestiti completamente verdi appena rigati di nero
Sognavo di fare vestiti completamente verdi appena rigati  di  nero dalle spine dei ricci. Sopportavo che mi entrassero
Le corone erano perfette, ma fragili. Bastava una folata  di  vento e si decomponevano volando a caso nel castagneto.
intorno : " V'amo ". D'alte vicende altamente cercate,  di  prepotenti affetti e di visioni nell'invocato Avvenir
D'alte vicende altamente cercate, di prepotenti affetti e  di  visioni nell'invocato Avvenir divinate o in le sante
oltre il mare, avventure fortunose, poesie... casi ignorati  di  sogni e di congiure, epopea di cui rapsode avvilita è l'età
avventure fortunose, poesie... casi ignorati di sogni e  di  congiure, epopea di cui rapsode avvilita è l'età che noi
poesie... casi ignorati di sogni e di congiure, epopea  di  cui rapsode avvilita è l'età che noi giovani viviamo!... Ma
una parola : " Io v'amo! ". Amor sia dunque il motto, Amor  di  tutto che fu culto di lui ch'oggi si plora!... Certo egli
". Amor sia dunque il motto, Amor di tutto che fu culto  di  lui ch'oggi si plora!... Certo egli or geme di vederci in
che fu culto di lui ch'oggi si plora!... Certo egli or geme  di  vederci in lutto, ma ci sorride ancora. 31 dicembre 1870
 Di  questa fiaba in versi ho tolto l'argomento Da una romanza
cadenzato ed eguale, Che infastidisce i nervi qual tocco  di  campana: Ma in quella cantilena, per dissonanza strana,
sua grazia a credermi impostore, Pensando che allo scopo  di  accrescere l'effetto, Accollassi ad un altro le mende del
in genere a nessun sia secondo Nel mestiere invidiabile  di  fare il gabbamondo, E benché di siffatti artifizi dolosi
Nel mestiere invidiabile di fare il gabbamondo, E benché  di  siffatti artifizi dolosi Anche Manzoni adopri là nei
capace, Tuttavia questa volta vi prego, e son sincero,  Di  credere che quanto v'ho raccontato, è vero. Era un giorno
Che v'annebbia il cervello in barba alla ragione, Sia vapor  di  vendemmia che impregna l'atmosfera, Siano i fumi che i
lontano della fossa: Fatto sta che i pensieri mutano  di  colore A sembianza di foglie sovra il ramo che muore. - Ero
Fatto sta che i pensieri mutano di colore A sembianza  di  foglie sovra il ramo che muore. - Ero solo, adagiato, - ma
con un libro in mano, Semichiuso ancor esso. - Mi giungeva  di  lontano Grida, canti e clamori di villici. - Imbruniva. -
ancor esso. - Mi giungeva di lontano Grida, canti e clamori  di  villici. - Imbruniva. - Pei fessi delle imposte filtrava
ma, sia pigrizia o grillo, Sopportavo quei brividi, pure  di  star tranquillo. La stanza parea enorme, tanto era vuota e
La stanza parea enorme, tanto era vuota e bruna. -  Di  tratto in tratto, a sbalzi, una mosca importuna Borbottava
siam noi che scriviamo, È il vento che fa un fremito correr  di  ramo in ramo, È una canzon perduta che pel capo ci frulla,
È una canzon perduta che pel capo ci frulla, È il fumo  di  un sigaro, è un'ombra, è tutto, è nulla, È un lembo della
è un'ombra, è tutto, è nulla, È un lembo della veste  di  persona sottile, È la pioggia monotona che scroscia nel
E la mente perduta in fantasmi confusi, Aveo smesso  di  leggere per sonnecchiare, ed era L'autunno, ve l'ho detto,
la sera. Il libro raccontava storie vecchie e infantili  Di  castelli, di fate, di valletti gentili. Talora licenzioso
Il libro raccontava storie vecchie e infantili Di castelli,  di  fate, di valletti gentili. Talora licenzioso nei motti, ma
raccontava storie vecchie e infantili Di castelli, di fate,  di  valletti gentili. Talora licenzioso nei motti, ma coll'aria
valletti gentili. Talora licenzioso nei motti, ma coll'aria  Di  un nonno che sorrida con malizia bonaria. È strano come in
perduti; I camini giganti dall'ali protettrici Son colmi  di  macerie, stridon sulle cornici I più grotteschi uccelli: ma
forti che le torri e più saldi che i muri. Quelli uomini  di  ferro d'ogni mollezza schivi Si parano alla mente baldi,
là, coll'armi al fianco, col grifalco in mano, Ieri: leon  di  guerra, ed oggi: castellano. Ignoranti di patria, di
mano, Ieri: leon di guerra, ed oggi: castellano. Ignoranti  di  patria, di libertà: capaci Di morire per un nome od un paio
leon di guerra, ed oggi: castellano. Ignoranti di patria,  di  libertà: capaci Di morire per un nome od un paio di baci.
oggi: castellano. Ignoranti di patria, di libertà: capaci  Di  morire per un nome od un paio di baci. Con tre motti
patria, di libertà: capaci Di morire per un nome od un paio  di  baci. Con tre motti stampati nel cuore e nella mente: Il
al figlio, padre a sua volta, ed era Quell’atto più solenne  di  qualunque altra preghiera. E sapeva il vegliardo, chiudendo
chiamavano le lacrime su quei volti abbronzati. O storie  di  battaglie, d’amor, di cortesie, Nuvolette vaganti per
su quei volti abbronzati. O storie di battaglie, d’amor,  di  cortesie, Nuvolette vaganti per quelle fantasie, O sereni
O gotici leggii, o vetri istoriati, O figlie flessuose  di  padri incappucciati, O sciarpe ricamate fra l’ansie
chiesa, O mura dei conventi malinconici e queti, Celle  di  sognatori, di santi di poeti, Voi dell’arte e dei sogni
mura dei conventi malinconici e queti, Celle di sognatori,  di  santi di poeti, Voi dell’arte e dei sogni siete i lucenti
conventi malinconici e queti, Celle di sognatori, di santi  di  poeti, Voi dell’arte e dei sogni siete i lucenti fuochi,
raccolto lume sulle pagine mute Che aspettavano il frutto  di  tante ore perdute, Ed io dalla romanza scritta il mille e
perdute, Ed io dalla romanza scritta il mille e trecento  Di  questa fiaba in versi ho tolto l’argomento.
apro solo oggi internet. Ed ecco che ti sento dar  di  cozzo, come quei cerbiatti che nei riti di Venere, cioè in
che ti sento dar di cozzo, come quei cerbiatti che nei riti  di  Venere, cioè in Lucrezio, si scontrano dall'aItra parte del
Lucrezio, si scontrano dall'aItra parte del fiume. Come te,  di  là dal Po. Che sfreghi la tua (la vostra) pietra focaia. Un
Due finestre marroni soffocate dall'edera. Un cespuglio  di  mirto piegato verso sinistra da una raffica di vento. Il
Un cespuglio di mirto piegato verso sinistra da una raffica  di  vento. Il cielo grigio. Il gatto che adesso sarà
terra che si scurisce. Il muso che si scompone. L`allarme  di  una sirena. L'allarme nel mio cuore.
alla porta dell'eterno buio! Né ch'io giammai mi stanchi  di  riporli nel core ad uno ad uno, di volta in volta che il
ch'io giammai mi stanchi di riporli nel core ad uno ad uno,  di  volta in volta che il fatal becchino li mena via sotto il
il fatal becchino li mena via sotto il tappeto bruno: ché,  di  sera, al camino, li vo evocando e me li schiero intorno;
fantastico, ed in mezzo a celestiale olezzo e a qualche po'  di  odor di sepoltura, medito e scrivo sotto dettatura.
ed in mezzo a celestiale olezzo e a qualche po' di odor  di  sepoltura, medito e scrivo sotto dettatura.
il fidanzato lontano non scrive da tanto. Va dalla madre  di  lui e la trova in cucina a lustrare pentole di rame. Parla
dalla madre di lui e la trova in cucina a lustrare pentole  di  rame. Parla con la vecchia, le chiede del figlio, non le
Parla con la vecchia, le chiede del figlio, non le riesce  di  trattenere le lacrime. L' altra risponde evasiva, la
sul fatto che, nella notte seguente l'attentato, centinaia  di  milioni di telespettatori avranno presumibilmete sognato,
che, nella notte seguente l'attentato, centinaia di milioni  di  telespettatori avranno presumibilmete sognato, in lingue e
che avanzando nel mondo ci sia un delta parlo una lingua  di  fosso seguo suoni di legno mentre il vento dilania
mondo ci sia un delta parlo una lingua di fosso seguo suoni  di  legno mentre il vento dilania l`incerata.
prendo sonno, accenni  di  pressione alta nonostante la seconda pastiglia (notturna,
pressione alta nonostante la seconda pastiglia (notturna,  di  sicurezza), ma nessuna adrenalina da corse, è stata una
vinto né perso, nessuna emozione particolare, in compagnia  di  due ippici innocui. E questa insonnia non è normale,
cara, vieni a volar nella stanzetta mia, quando l'arte,  di  amplessi ahi! troppo avara, del disinganno vittima mi
del disinganno vittima mi oblia! Vieni e vedrai, specchio  di  un tuo sorriso, la tavolozza mia tutta splendore, e
sia bella, fu senz'ali posata entro la culla; e quando esce  di  casa a far mazzetti della viola sui margini odorosa, e a
sospirar nei placidi boschetti il dì che intrecci ghirlanda  di  sposa: non vola, no, libera in mezzo al cielo, ma preme il
no, libera in mezzo al cielo, ma preme il suolo, e a colmo  di  sventura, la madre ha accanto che le abbassa il velo, e la
chi  di  voi parlerà… degnamente, osterie che i pittor ricoverate?
ricoverate? Delle vostre cucine è nume un niente frammisto  di  cipolle e di patate! Sognate vino e ostiera seducente? Un
Delle vostre cucine è nume un niente frammisto di cipolle e  di  patate! Sognate vino e ostiera seducente? Un vecchio
ohimè non ne parlate! Ma quando tapezzata è la stanzetta  di  tele, e qualche amabile pilota narra gli eventi della sua
o 'che 'gli è cieco?». M'erutta in faccia con fetor  di  vino un popolano dondolando l'anca. In vasta curva
dai camini neri batte nell'aria, e l'alito affannoso ferve  di  vita. E risponde dall'anima mia triste un'ansiosa brama di
di vita. E risponde dall'anima mia triste un'ansiosa brama  di  vittoria ed un bisogno amaro di carezze: forza incosciente
mia triste un'ansiosa brama di vittoria ed un bisogno amaro  di  carezze: forza incosciente - fiaccola fumosa.
vigna, ferita d'ogni ulivo che s'infiamma nell'ora arsa  di  cicale e polvere. Chissà dov'è rimasta la tua gonna, se a
me ad attendermi, contemplando un cancello o a un tavolino  di  caffè all'aperto, fosse Lucca o Volterra, fosse l'ansia di
di caffè all'aperto, fosse Lucca o Volterra, fosse l'ansia  di  una via alberata, Val di Chiana che fugge come gli anni,
Lucca o Volterra, fosse l'ansia di una via alberata, Val  di  Chiana che fugge come gli anni, all'insaputa. Sono per te
Sono per te che resti mentre vado questi fogli  di  sosta, messaggeri al Marzocco, nel risveglio.
scrittoio legato in vecchio cuoio, che comperai per memoria  di  viaggio da un prete di villaggio; costui l'avea trovato
cuoio, che comperai per memoria di viaggio da un prete  di  villaggio; costui l'avea trovato frugando in un convento
trovato frugando in un convento abbandonato. Tutto pieno  di  note è il volumetto: qua e là qualche versetto della Chiesa
stanza queta, balzo repente, e, attonito, perplesso, parmi  di  aver lì appresso il volto aguzzo e smunto, e l'alito di un
di aver lì appresso il volto aguzzo e smunto, e l'alito  di  un monaco defunto che, scappato dal freddo monumento,
onesti - russavano già. Il cielo era un buio germoglio  di  stelle; s'empìa di fiammelle - la negra città. Le serve
già. Il cielo era un buio germoglio di stelle; s'empìa  di  fiammelle - la negra città. Le serve ridevano di sotto alle
s'empìa di fiammelle - la negra città. Le serve ridevano  di  sotto alle porte; furtiva la Morte - salìa l'ospital.
- coll'ansia nel cor, i giovani imberbi battevan le traccie  di  pallide faccie, - di squallidi amor. L'astronomo, insetto
i giovani imberbi battevan le traccie di pallide faccie, -  di  squallidi amor. L'astronomo, insetto dell'atomo errante,
annebbiavano, davanti ai camini, gli sguardi indovini -  di  un sonno legger. Il giuoco accendevasi nei turpi ridotti; e
 di  parole.
spugne e saponi. Il padre dello sposo, anche lui, morirà  di  cancro sei mesi dopo, una sera di gennaio. Lo sposo è
sposo, anche lui, morirà di cancro sei mesi dopo, una sera  di  gennaio. Lo sposo è distratto, sudato. Il fratello della
sudato. Il fratello della sposa va per duecento chilometri  di  autostrada a prendere le valige dimenticate. Tornerà a
Dimmi quali. Hanno tutti gli occhi chiusi, le teste coperte  di  squame. Dalla bocca di uno pende una lingua rotonda. Una
gli occhi chiusi, le teste coperte di squame. Dalla bocca  di  uno pende una lingua rotonda. Una luna remota, per chi ha
rotonda. Una luna remota, per chi ha respirato un'erba  di  capelli e saliva. Ricordami che sguardo avevo in vita,
ogni pochi minuti sono qui,  di  fianco a dove passi inchiodata le giornate e ti parlo: a
inchiodata le giornate e ti parlo: a raffica, non so bene  di  cosa, memorie dissepolte, perdite, presagi, fatti strani.
rettangolo  di  cemento, con un Cristo sanguinante sull'altare di marmo
di cemento, con un Cristo sanguinante sull'altare  di  marmo screziato. I santi patroni ai due lati, su cattedre
lenzuolo  di  nebbia avvolge il cielo, e la pioggia minuta e lenta cade;
e lenta cade; le colline lontane han messo il velo, e  di  fango si coprono le strade. Piangono come vedove le biade,
a stelo, addormenta le selve e i nidi invade, i nidi pieni  di  piume e di gelo. Che narrano le goccie ai bruchi erranti?
le selve e i nidi invade, i nidi pieni di piume e  di  gelo. Che narrano le goccie ai bruchi erranti? Alle buccie
le siepi dei viali un'infinità  di  piccole pietre grige tutte delle medesime dimensioni tutte
tra campi riquadri file numeri fino al giusto rettangolo  di  neve di Giuseppe, proprio il nostro sento che dico a mio
campi riquadri file numeri fino al giusto rettangolo di neve  di  Giuseppe, proprio il nostro sento che dico a mio padre
vagando alla foresta coglie sbadato ai margini un mazzolin  di  fiori, e fa un pazzo miscuglio di forme e di colori: qui
ai margini un mazzolin di fiori, e fa un pazzo miscuglio  di  forme e di colori: qui fuggendo i papaveri dei greci e dei
un mazzolin di fiori, e fa un pazzo miscuglio di forme e  di  colori: qui fuggendo i papaveri dei greci e dei latini,
sostiene Niccolini ; sotto que' vetri sparvero gelosie  di  mestiere, e vivono in famiglia codice e canzoniere. Vi son
ghirigori, che sembran dir: - guardateci non siam belli ...  di  fuorí? - Vi posa, o pia memoria! tolto al suo tavoliere,
tolto al suo tavoliere, dell'ava mia carissima un libro  di  preghiere, dal mio giovine orgoglio ahimè! troppo obliato
spariti! Cade la pioggia a torrenti, e risuonano come tasti  di  cembalo le tegole; un gatto nel cortil miagola ed urla,
le tegole; un gatto nel cortil miagola ed urla, quasi  di  spento vate anima errante! crepita il focolar,
vegliano ed io qui resto ad ascoltarli intento! Come fauci  di  cantanti che si muovono su e giù, or si schiudono, or si
a cercar: i tesori degli omeri nudi, delle chiome cosparse  di  fior! Oh divini di Venere ludi quando Bacco le avviva i
degli omeri nudi, delle chiome cosparse di fior! Oh divini  di  Venere ludi quando Bacco le avviva i color! Ama, e bevi,
musica, e anch'io cacciai le mani tra profumate chiome, e  di  più d'una il nome mi si stampò nel cor! Io pur cercai nei
il nome mi si stampò nel cor! Io pur cercai nei pampini  di  Bacco, un dì, la gioia; ma fra l'ebbrezza e l'estasi,
quando sparve la noia? Succhiato ho disinganni, veleno  di  malanni, col vino e coll'amor! O maledetta, inutile se
qui la vita! Questa mia bella imagine fu dunque partorita,  di  donne a trionfare, e le viti a sfruttare, e tutto, e tutto
il termine del mio galoppo aspetto! Ma chi mi dice dove, e  di  che tempre nuove, fia de' risorti il dì? - Sotto i vetri i
fia de' risorti il dì? - Sotto i vetri i libri altercano e  di  pagine è un fruscìo, qual di foglie che al natìo tronco
i vetri i libri altercano e di pagine è un fruscìo, qual  di  foglie che al natìo tronco strappa l'uragan! - Bimbo! un
cieli ha adorato, un volante augeletto sarà; un augello  di  cento colori che da un nido contesto di fiori, modulando
sarà; un augello di cento colori che da un nido contesto  di  fiori, modulando divini concenti, e cullato dall'ali dei
qui, cercando un'altra rima in i, m'accorgo che la musica  di  più chiare cadenze si vestì! ... Son sorci, sorci, ahi
poeti non sono da legar! Altro non è la musica che una cena  di  topi viaggiator ... Io che sperava scrivere su questo tema
nonna: o povero libro fra tutti io t'amo!. . Ecco i salmi  di  Davide, ed ecco, ecco il Vangelo ... come era bello il
adesso ? ... oh torna all'anima sempre l'antica fede; cinto  di  pie memorie, il Dio dei padri riede; riede possente, e il
e schiarite, temperatura in lieve aumento, piogge anche  di  forte intensità all'intemo. Il tempo di spegnere la radio e
piogge anche di forte intensità all'intemo. Il tempo  di  spegnere la radio e fare mente locale su quale sia il mio
parlare  di  questi sassi, ma non della loro forma o del loro colore, e
nemmeno della loro sostanza o del loro peso. Vorrei parlare  di  questi sassi, ma prima vorrei essere sicuro di non essere
parlare di questi sassi, ma prima vorrei essere sicuro  di  non essere frainteso. Per esempio, nemmeno del mio gesto mi
fatto male, senza stile, ma pur sempre con dentro qualcosa  di  simbolico. Invece io non voglio questo. Io vorrei che tutta
nuova ala del cimitero  di  cui è ancora possibile prenotare i loculi. Una bella parete
cui è ancora possibile prenotare i loculi. Una bella parete  di  mattoni a vista, e in un silenzio, in un verde, sembra un
pubblico insiste mia madre come volesse persuadermi  di  qualcosa che fatica a entrarmi in testa, mentre quello che
voler considerare sono queste sue psicosi che non stanno né  di  qua né di là, tra il mortale e il mortuario. Ma tempo ce
sono queste sue psicosi che non stanno né di qua né  di  là, tra il mortale e il mortuario. Ma tempo ce n'è rimasto
da chi legge, possono essere associati a vecchie foto  di  visi che colleziono negli anni e di cui non so il nome.
a vecchie foto di visi che colleziono negli anni e  di  cui non so il nome.
una vecchia città, rossa  di  mura e turrita, arsa su la pianura sterminata nell'Agosto
sterminata nell'Agosto torrido, con il lontano refrigerio  di  colline verdi e molli sullo sfondo. Archi enormemente vuoti
colline verdi e molli sullo sfondo. Archi enormemente vuoti  di  ponti sul fiume impaludato in magre stagnazioni plumbee:
fiume impaludato in magre stagnazioni plumbee: sagome nere  di  zingari mobili e silenziose sulla riva: tra il barbaglio
mobili e silenziose sulla riva: tra il barbaglio lontano  di  un canneto lontane forme ignude di adolescenti e il profilo
tra il barbaglio lontano di un canneto lontane forme ignude  di  adolescenti e il profilo e la barba giudaica di un vecchio:
ignude di adolescenti e il profilo e la barba giudaica  di  un vecchio: e a un tratto dal mezzo dell'acqua morta le
dei canali: fanciulle dalle acconciature agili, dai profili  di  medaglia, sparivano a tratti sui carrettini dietro gli
a tratti sui carrettini dietro gli svolti verdi. Un tocco  di  campana argentino e dolce di lontananza: la Sera: nella
gli svolti verdi. Un tocco di campana argentino e dolce  di  lontananza: la Sera: nella chiesetta solitaria all'ombra
al silenzio delle straducole antichissime lungo le mura  di  chiese e di conventi: non si udiva il rumore dei suoi
delle straducole antichissime lungo le mura di chiese e  di  conventi: non si udiva il rumore dei suoi passi. Una
terribili nella gran luce. Davanti alla faccia barbuta  di  un frate che sporgeva dal vano di una porta sostavano in un
alla faccia barbuta di un frate che sporgeva dal vano  di  una porta sostavano in un inchino trepidante servile,
assurdo lucente e vuoto. E la donna sorrideva sempre  di  un sorriso molle nell'aridità meridiana, ebete e sola nella
nella caldura. Ai confini della campagna una porta incisa  di  colpi, guardata da una giovine femmina in veste rosa,
attrasse: entrai. Una antica e opulente matrona dal profilo  di  montone, coi neri capelli agilmente attorti sulla testa
che rinascevano colla speranza traendo essa da un mazzo  di  carte lunghe e untuose strane teorie di regine languenti re
essa da un mazzo di carte lunghe e untuose strane teorie  di  regine languenti re fanti armi e cavalieri. Salutai e una
l'ancella che dormiva colla bocca semiaperta, rantolante  di  un sonno pesante, seminudo il bel corpo agile e ambrato.
amori sfilava monotona ai miei orecchi. Antichi ritratti  di  famiglia erano sparsi sul tavolo untuoso. L'agile forma di
di famiglia erano sparsi sul tavolo untuoso. L'agile forma  di  donna dalla pelle ambrata stesa sul letto ascoltava
Ruffiana si era fatta man mano più dolce, e la sua testa  di  sacerdotessa orientale compiaceva a pose languenti. La
capelli a tratti la rivelazione dei suoi occhi atterriti  di  voluttà intricarono una fantastica vicenda. Mentre più
a spegnersi ancora regnava nella lontananza il ricordo  di  Lei, la matrona suadente, la regina ancora ne la sua linea
Michelangiolo aveva ripiegato sulle sue ginocchia stanche  di  cammino colei che piega, che piega e non posa, regina
piega, che piega e non posa, regina barbara sotto il peso  di  tutto il sogno umano, e lo sbattere delle pose arcane e
regine antiche aveva udito Dante spegnersi nel grido  di  Francesca là sulle rive dei fiumi che stanchi di guerra
nel grido di Francesca là sulle rive dei fiumi che stanchi  di  guerra mettono foce, nel mentre sulle loro rive si ricrea
da una vita d'amore, a proteggermi ancora col loro sorriso  di  una misteriosa incantevole tenerezza. Si aprivano le chiuse
nella luce degli specchi impallidite nella loro attitudine  di  sfingi: e ancora tutto quello che era arido e dolce,
sul panorama scheletrico del mondo. ... Nell'odore pirico  di  sera di fiera, nell'aria gli ultimi clangori, vedevo le
scheletrico del mondo. ... Nell'odore pirico di sera  di  fiera, nell'aria gli ultimi clangori, vedevo le
la città al sobborgo ne le sere dell'estate torrida: volte  di  tre quarti, udendo dal sobborgo il clangore che si accentua
sobborgo il clangore che si accentua annunciando le lingue  di  fuoco delle lampade inquiete e trivellare l'atmosfera
delle lampade inquiete e trivellare l'atmosfera carica  di  luci orgiastiche: ora addolcite: nel già morto cielo dolci
addolcite: nel già morto cielo dolci e rosate, alleggerite  di  un velo: così come Santa Marta, spezzati a terra gli
cessato già sui sempre verdi paesaggi il canto che il cuore  di  Santa Cecilia accorda col cielo latino, dolce e rosata
eroica de la grande figura femminile romana sosta. Ricordi  di  zingare, ricordi d'amori lontani, ricordi di suoni e di
sosta. Ricordi di zingare, ricordi d'amori lontani, ricordi  di  suoni e di luci: stanchezze d'amore, stanchezze improvvise
di zingare, ricordi d'amori lontani, ricordi di suoni e  di  luci: stanchezze d'amore, stanchezze improvvise sul letto
luci: stanchezze d'amore, stanchezze improvvise sul letto  di  una taverna lontana, altra culla avventurosa di incertezza
sul letto di una taverna lontana, altra culla avventurosa  di  incertezza e di rimpianto: così quello che ancora era arido
taverna lontana, altra culla avventurosa di incertezza e  di  rimpianto: così quello che ancora era arido e dolce,
nel silenzio e i nostri occhi erano stanchi de le girandole  di  fuoco, de le stelle multicolori che avevano lasciato un
e il camminare accanto ci aveva illanguiditi esaltandoci  di  una nostra troppo diversa bellezza, lei fine e bruna, pura
frangia notturna dei suoi capelli. Entrammo. Dei visi bruni  di  autocrati, rasserenati dalla fanciullezza e dalla festa, si
dalla fanciullezza e dalla festa, si volsero verso  di  noi, profondamente limpidi nella luce. E guardammo le
limpidi nella luce. E guardammo le vedute. Tutto era  di  un'irrealtà spettrale. C'erano dei panorami scheletrici di
di un'irrealtà spettrale. C'erano dei panorami scheletrici  di  città. Dei morti bizzarri guardavano il cielo in pose
bizzarri guardavano il cielo in pose legnose. Una odalisca  di  gomma respirava sommessamente e volgeva attorno gli occhi
i passi e il sussurrio delle signorine del paese attonite  di  quel mistero. "E' così Parigi? Ecco Londra. La battaglia di
di quel mistero. "E' così Parigi? Ecco Londra. La battaglia  di  Muckden." Noi guardavamo intorno: doveva essere tardi.
viste per gli occhi magnetici della lenti in quella luce  di  sogno! Immobile presso a me io la sentivo divenire lontana
del mondo. ... Ero sotto l'ombra dei portici stillata  di  goccie e goccie di luce sanguigna ne la nebbia di una notte
Ero sotto l'ombra dei portici stillata di goccie e goccie  di  luce sanguigna ne la nebbia di una notte di dicembre. A un
stillata di goccie e goccie di luce sanguigna ne la nebbia  di  una notte di dicembre. A un tratto una porta si era aperta
goccie e goccie di luce sanguigna ne la nebbia di una notte  di  dicembre. A un tratto una porta si era aperta in uno sfarzo
dicembre. A un tratto una porta si era aperta in uno sfarzo  di  luce. In fondo avanti posava nello sfarzo di un'ottomana
in uno sfarzo di luce. In fondo avanti posava nello sfarzo  di  un'ottomana rossa il gomito reggendo la testa, poggiava il
le gambe lisce e ignude dalla vestaglia smagliante: e sopra  di  lei, sulla matrona pensierosa negli occhi giovani una
pensierosa negli occhi giovani una tenda, una tenda bianca  di  trina, una tenda che sembrava agitare delle immagini, delle
che sembrava agitare delle immagini, delle immagini sopra  di  lei, delle immagini candide sopra di lei pensierosa negli
delle immagini sopra di lei, delle immagini candide sopra  di  lei pensierosa negli occhi giovani. Sbattuto a la luce
giovani. Sbattuto a la luce dall'ombra dei portici stillata  di  gocce e gocce di luce sanguigna io fissavo astretto
a la luce dall'ombra dei portici stillata di gocce e gocce  di  luce sanguigna io fissavo astretto attonito la grazia
fissavo astretto attonito la grazia simbolica e avventurosa  di  quella scena. Già era tardi, fummo soli e tra noi nacque
dagli occhi giovani poggiata per sfondo la mobile tenda  di  trina parlò. La sua vita era un lungo peccato: la lussuria.
la lussuria. La lussuria ma tutta piena ancora per lei  di  curiosità irraggiungibili. "La femmina lo picchiettava
irraggiungibili. "La femmina lo picchiettava tanto  di  baci da destra: da destra perché? Poi il piccione maschio
le lagrime agli occhi io in faccia alla tenda bianca  di  trina seguivo seguivo ancora delle fantasie bianche. La
silenzioso struggente. Avanti alla tenda gualcita  di  trina la fanciulla posava ancora sulle ginocchia ambrate,
ancora sulle ginocchia ambrate, piegate piegate con grazia  di  cinedo. ... Faust era giovane e bello, aveva i capelli
mai quieta poggiata a sostenere il viso indeciso, gentile  di  ansia e di stanchezza. Prestavo allora il mio enigma alle
poggiata a sostenere il viso indeciso, gentile di ansia e  di  stanchezza. Prestavo allora il mio enigma alle sartine
delle stelle, tutta un chinarsi sull'abisso". Ero bello  di  tormento, inquieto pallido assetato errante dietro le larve
vidi le bianche cattedrali levarsi congerie enorme  di  fede e di sogno colle mille punte nel cielo, vidi le Alpi
le bianche cattedrali levarsi congerie enorme di fede e  di  sogno colle mille punte nel cielo, vidi le Alpi levarsi
ombre verdi sugli abeti, e piene della melodia dei torrenti  di  cui udivo il canto nascente dall'infinito del sogno. Lassù
svelata una giovine luce tra i tronchi, per sentieri  di  chiarìe salivo: salivo alle Alpi, sullo sfondo bianco
le lancie immobili degli abeti. E povero, ignudo, felice  di  essere povero ignudo, di riflettere un istante il paesaggio
abeti. E povero, ignudo, felice di essere povero ignudo,  di  riflettere un istante il paesaggio quale un ricordo
il pallore incerto della tenda. ... E allora figurazioni  di  un'antichissima libera vita, di enormi miti solari, di
... E allora figurazioni di un'antichissima libera vita,  di  enormi miti solari, di stragi di orgie si crearono avanti
di un'antichissima libera vita, di enormi miti solari,  di  stragi di orgie si crearono avanti al mio spirito. Rividi
libera vita, di enormi miti solari, di stragi  di  orgie si crearono avanti al mio spirito. Rividi un'antica
una forma scheletrica vivente per la forza misteriosa  di  un mito barbaro, gli occhi gorghi cangianti vividi di linfe
di un mito barbaro, gli occhi gorghi cangianti vividi  di  linfe oscure, nella tortura del sogno scoprire il corpo
sogno scoprire il corpo vulcanizzato, due chiazze due fori  di  palle di moschetto sulle sue mammelle estinte. Credetti di
il corpo vulcanizzato, due chiazze due fori di palle  di  moschetto sulle sue mammelle estinte. Credetti di udire
di palle di moschetto sulle sue mammelle estinte. Credetti  di  udire fremere le chitarre là nella capanna d'assi e di
di udire fremere le chitarre là nella capanna d'assi e  di  zingo sui terreni vaghi della città, mentre una candela
nudo nel fremere delle chitarre. A lato sul tesoro fiorente  di  una fanciulla in sogno la vecchia stava ora aggrappata come
Dalla Pampa si udì chiaramente un balzare uno scalpitare  di  cavalli selvaggi, il vento si udì chiaramente levarsi, lo
sai  di  qualcuno."
nel bianco riverberi  di  bianco, che spumeggiando rotolavano su una distesa bianca,
era bianco, un cielo perso nella luce che lo abbagliava  di  bianco, è assenza, mi dicevo, è vuoto d'assenza, ma era un
ma era un bianco che innevava i pensieri, un abisso  di  bianco che cancellava ogni cosa, a guardare bene anche il
moltitudini, qua e là s'affacciavano parvenze vestite  di  bianco, disfatte subito nel bianco, s'affacciavano
mi dicevo, il bianco del nulla, ma era soltanto un sogno  di  bianco che generava bianco, così quando lui sveglio guardai
generava bianco, così quando lui sveglio guardai a lungo,  di  là dalla finestra, la luna, che quella notte era bellissima
lenzuolo  di  nebbia avvolge il cielo, e la pioggia minuta e lenta cade;
e lenta cade; le colline lontane han messo il velo, e  di  fango si coprono le strade. Piangono come vedove le biade,
a stelo, addormenta le selve e i nidi invade, i nidi pieni  di  piume e di gelo. Che narrano le goccie ai bruchi erranti?
le selve e i nidi invade, i nidi pieni di piume e  di  gelo. Che narrano le goccie ai bruchi erranti? Alle bucce
che volando descrive traiettorie stranamente geometriche,  di  colpo e di continuo svoltando con un angolo di solito
descrive traiettorie stranamente geometriche, di colpo e  di  continuo svoltando con un angolo di solito acuto, e quello
geometriche, di colpo e di continuo svoltando con un angolo  di  solito acuto, e quello che è più strano è che tuttosi
nell'attimo stesso tutti e due precipitando in una vicenda  di  puri attimi, una nuova commedia d'amore. ..
a ottant'anni. Guarda i mobili della sua stanza, il passero  di  porcellana, la scatola d'argento sul piano di marmo del
il passero di porcellana, la scatola d'argento sul piano  di  marmo del comò. Il figlio la sente dire ansimando: «Potessi
e l'amor mio. Io so trovarli i mesti sentieruoli pieni  di  caprifoglio, e in un bosco ben noto agli usignuoli condur
ben noto agli usignuoli condur ti voglio. Ti innonderò  di  mammole il lettuccio ai dì di primavera; e leverò, se vuoi,
ti voglio. Ti innonderò di mammole il lettuccio ai dì  di  primavera; e leverò, se vuoi, dal suo cantuccio la croce
hai guardato come si guarda un morto, non già coll'occhio  di  chi pensi al fato di un Dio risorto! Povera croce!... e ne
guarda un morto, non già coll'occhio di chi pensi al fato  di  un Dio risorto! Povera croce!... e ne torrò, se vuoi, i
se vuoi, i lunghi affetti e i voti, appesi insieme un  di  da tutti noi, bimbi devoti! E verrò teco, in mezzo alla
e gli uomini perversi; e se sospiri ancor sante conquiste  di  santi versi, deh, ripulisci all'amore il gioiello della tua
ospedale e giunsi in breve dove il malato non si attendeva  di  vedermi: sulla balconata degli incurabili, stesi al sole.
era vuoto, e sulla costa apparivano sparse le architetture  di  marzapane degli arricchiti. Ultima sosta del viaggio:
sparendo dai loro lettucci. T' eri portato alcuni pacchi  di  libri, li avevi messi al posto del tuo zaino d' un tempo:
messi al posto del tuo zaino d' un tempo: vecchi libri fuor  di  moda, a eccezione di un volumetto di poesie che presi e che
zaino d' un tempo: vecchi libri fuor di moda, a eccezione  di  un volumetto di poesie che presi e che ora resterà con me,
vecchi libri fuor di moda, a eccezione di un volumetto  di  poesie che presi e che ora resterà con me, come indovinammo
colloquio non ricordo più nulla. Certo non aveva bisogno  di  richiamarsi alle questioni supreme, agli universali, chi
i propri attributi, riconoscersi e saggiarsi nei limiti  di  un assunto di cui ignoriamo il significato. (Anch' essa,
riconoscersi e saggiarsi nei limiti di un assunto  di  cui ignoriamo il significato. (Anch' essa, dunque, avrebbe
il significato. (Anch' essa, dunque, avrebbe bisogno  di  noi? Se è una bestemmia, ahimè, non è neppure la nostra
ci sfugge. Chi ha avuto da te quest' alta lezione  di  decenza quotidiana (la più difficile delle virtù) può
il libro delle tue reliquie. La tua parola non era forse  di  quelle che si scrivono.
 di  rovi e di pruina ecco il Febbraio. Buone madri, cui desta
di rovi e  di  pruina ecco il Febbraio. Buone madri, cui desta alla
rapida e fina, e il canto del rovaio, badate al fanciullin  di  quando in quando, se mai la coltre allontanò sognando.
e guanti gialli, cercan la fonte degli eterni falli  di  quest'età mortale e rugiada di mistici conforti in voi,
la fonte degli eterni falli di quest'età mortale e rugiada  di  mistici conforti in voi, poemi dei poveri morti! Beato
sua lucernetta tremola e impallidisce, la stanzetta s'empie  di  trasparenze, di visïoni e di memorie pie al suon delle
e impallidisce, la stanzetta s'empie di trasparenze,  di  visïoni e di memorie pie al suon delle lontane avemarie.
la stanzetta s'empie di trasparenze, di visïoni e  di  memorie pie al suon delle lontane avemarie. Altri di
e di memorie pie al suon delle lontane avemarie. Altri  di  bianche nudità, di note, di profumi briaco, pallido il core
al suon delle lontane avemarie. Altri di bianche nudità,  di  note, di profumi briaco, pallido il core e pallide le gote,
delle lontane avemarie. Altri di bianche nudità, di note,  di  profumi briaco, pallido il core e pallide le gote, il
briaco, pallido il core e pallide le gote, il selciato  di  ratte orme percote nel crepuscolo opaco, mentre le belle si
percote nel crepuscolo opaco, mentre le belle si tolgon  di  testa gl'estinti fiori dell'estinta festa. Misere gioie! oh
tè al gelsomino, parla  di  lontananze e di scoperte. È stupita dall'indifferenza dei
tè al gelsomino, parla di lontananze e  di  scoperte. È stupita dall'indifferenza dei più per i viaggi
nel vuoto siderale. Eppure, ripete, le capita ancora  di  rneravigliarsi delle voci nella radio, delle facce nel
si concentrasse su quei sassi. Non perché siano importanti  di  per sé, e non perché siano un simbolo di qualcosa, ma
siano importanti di per sé, e non perché siano un simbolo  di  qualcosa, ma proprio perché sono una cosa come un'altra:
alla sera l'Ave... tu che, in mezzo alla torbida procella  di  questo improbo viaggio che si chiama la vita, una sorella e
è chiusa. Ed illumina tanto! Ispirami!... La chioma orna  di  viole, di rose e di verbene, e adergi, o Dea, nel
Ed illumina tanto! Ispirami!... La chioma orna di viole,  di  rose e di verbene, e adergi, o Dea, nel sempiterno sole le
tanto! Ispirami!... La chioma orna di viole, di rose e  di  verbene, e adergi, o Dea, nel sempiterno sole le pupille
ingrate; e i bianchi crini del bel veglio, pari ad aureola  di  santo, c'inviteran, come raggi lunari, alla mestizia e al
raggi lunari, alla mestizia e al pianto! E noi riparlerem  di  quando ancora l'Arte era un sogno vago; era la Notte che
vi rammento insieme, o mia madre, o Poeta!.. Ella che vive  di  fede e di speme, te arrivato alla meta!
insieme, o mia madre, o Poeta!.. Ella che vive di fede e  di  speme, te arrivato alla meta!
fede e dell'amore, pensa che tu saresti un menestrello  di  nordici lïuti animatore, un giovin paggio tutto pallido e
fede e dell'amore, pensa ch'io sarei forse un fraticello  di  tavole e di dogmi indagatore, e che vivrei contento
pensa ch'io sarei forse un fraticello di tavole e  di  dogmi indagatore, e che vivrei contento scordando l'ora e
e ciarpa. Inganniamo il destino: in una queta stanzuccia  di  villaggio ecco la cella, cella di solitario e di poeta! -
in una queta stanzuccia di villaggio ecco la cella, cella  di  solitario e di poeta! - Da qui, fra l'oro delle bionde
stanzuccia di villaggio ecco la cella, cella di solitario e  di  poeta! - Da qui, fra l'oro delle bionde anella, rivedo
e pazzo che mi parla in latino. Gli fan codazzo torri  di  foco e sibilanti draghi e fantasimi e maghi, e paladini e
un nano. E il bel mar degli azzurri e delle calme si popola  di  chiostri e di romiti, ed ecco Abido e il suo serto di
bel mar degli azzurri e delle calme si popola di chiostri e  di  romiti, ed ecco Abido e il suo serto di palme, e il tempio
di chiostri e di romiti, ed ecco Abido e il suo serto  di  palme, e il tempio di Memnone, e i monoliti, e lontan, per
romiti, ed ecco Abido e il suo serto di palme, e il tempio  di  Memnone, e i monoliti, e lontan, per le sabbie e fra gli
colloquii con Dio, o lotte, o tentazioni! O templi, o tombe  di  profondo oblio, o monaci guerrier, monaci maghi! O visi
piange! Arrigo, odo cantare l'organo della chiesa... , è dì  di  festa: l'armonia che al mio tavolo si frange mi conturba la
che vivo in una cella ?... - Musa, favella! Noli (Riviera  di  Ponente) 1864 .