accanto a me nel corridoio, era nell'angolo delle sue rose, sulla strada tra i rovi sotto il sole, il foulard nero con i fiori rossi, vedi laggiù
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allontana la bellezza. Di qua dal velo un altro luogo, un'altra ora. Il frastuono delle cicale nel vespro, il mare che manda scintille in fondo al mantello
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, le voci dei giuochi delle bocce e la voce del pallone da football... ”.
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La furia improvvisa delle campane nel sabato lontano di resurrezione e il sole ancora dolce nella strada, le strisce d'ombra sui marciapiedi e le
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, e sto rischiando. Di solito scrivo delle cose che mi sono abituato a chiamare poesie, ma se questa cosa di questo momento non dovesse funzionare, non
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rami, visto sempre dall'interno, fa pensare ad un cuore pulsante, il cuore della nostra casa posto fuori. Tutto questo movimento delle piante che abbiamo
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una stanza illuminata all'altra delle nostre case rispettive, come se non avessimo niente da inventare, come se tutti e due non avessimo da lavorare
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prima delle mode e dei bilanci secolari, il tarlo di Auschwitz: prima di tutto il resto, un'esperienza ferroviaria priva di ritorno, della quale era
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levava nell'odor lussurioso dei vichi, e la bianca notte mediterranea scherzava colle enormi forme delle femmine tra i tentativi bizzarri della fiamma di
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nell'aria del crepuscolo si intendono delle risa, serenamente, e dalle mura sporge una torricella rosa tra l'edera che cela una campana: mentre, accanto
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, ... Per i vichi marini nell'ambigua Sera cacciava il vento tra i fanali Preludii dal groviglio delle navi: I palazzi marini avevan bianchi Arabeschi
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voglio la tristezza delle rose morte all'inizio della primavera per farne una corona alle mie bende. Il mio cortile con un po' di cielo, con poche
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giardino delle piante grasse, sotto il tennis; ma il parente maniaco non verrà più a fotografare al lampo di magnesio il fiore unico, irripetibile, sorto su
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sfugge. Chi ha avuto da te quest' alta lezione di decenza quotidiana (la più difficile delle virtù) può attendere senza fretta il libro delle tue
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lontano Grida, canti e clamori di villici. - Imbruniva. - Pei fessi delle imposte filtrava un'aria viva Che pareva dicesse: L'inverno è qui che viene. - Io
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Ma un vento lieto giù dalla montagna invade la natura senza luce che per pioggia e per nebbia si dissolve e delle nubi oscure la continua trama
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la polvere degli avi e i propositi dei savi rompi e l'ombra delle chiese. Ed il pavido borghese che nell'essa porta il gelo dell'inverno trapassato e
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vento e lo sciame ronzante degli insetti. - Delle rondini il volo affaccendato segna di curve rotte il cielo azzurro e trae nell'alto vasti cerchi il
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l'onda canuta, né la mensa famigliare e l'usato giaciglio ho rimpianto o il commercio delle care e dolci cose. Né deserto e triste m'è apparso il mar
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l'allevava il mio sogno lontano, ancor ch'io fossi d'ogni certa speranza privo al tutto; ma da quello una vena mi fluiva di forza che nel mezzo delle
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massa delle nubi, e lungi livida luce rompe la tenèbra e pei piani rivela in nuovo aspetto messi ondeggianti ed alberi ricurvi e pei monti corruschi
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non sia un dei mari. Anche il mare è un deserto senza vita, arido triste fermo affaticato. Ed il giro dei giorni e delle lune, il variar dei venti e
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attraverso! - E il fruscìo delle morbide sottane volea beffarmi, cingendole il fianco; e le corna mi fean con pieghe strane sul lato manco, da quella
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e le placide sponde delle profonde - gioie albergatrici? Come restare? Abbacchiano le noci sulle montagne ; già dei fanciulli le garrule voci, fra le
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ha corso, nè luce, nè suon... Oh cadete, mie pallide gote, e sull'ossa lasciate impietrir l'onestà delle sfingi, le immote che al deserto non ponno
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attaccar la briglia alle fossette delle vostre spalle, la noia, il condottier della famiglia, si dipingea di ciel le guancie gialle! Giacchè, marchesa, voi
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ciel mi sogguardate collo splendor delle tremanti occhiate, ditelo voi, vergini cose, è vero, ch'io tutto finirò nel cimitero? Suonano a esequie, un
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di teschi al sol risorti!... Le croci, pinte ad olio, o sculte in marmo e in oro, son là, delle famiglie miserrimo decoro, alla neve, alla pioggia
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solingo lavor. Quando la nebbia intorbida l'ampia campagna rasa, è pur dolce l'immagine delle donne di casa: le muse son, son gli angeli del
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il queto bimbo urlando. Dormi: la notte è fertile di sante apparizioni, e nuota in lei più rapido l'estro delle canzoni; io, Beniamini, io veglio col
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in agguato io vedea sulla sua porta filar la tela delle voglie ardenti, piangete meco: Serafina è morta. Morta: l'amante dell'ultima notte n'ebbe gli
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poeta, e son gelosa! Son gelosa de' tuoi vaghi dolori delle tue belle vendemmie di fiori, sono gelosa della fantasia che ti dilunga dalla soglia mia
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all'allòr delle tue bianche chiome, del nostro pianto asperso, e profumato sul nostro cuore! Inno, inno mio, vola per l'ampio oceano! L'amor che ti conduce
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, ritrosa romana, al par delle statue di piazza Fontana? Ch'io vada pescandoti, per darti la cena, nel nostro naviglio delfino, o murena ? Ch'io danzi coi
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lattai dalle cascine, che la sera amoreggiano le fulve contadine, mentre ai bifolchi narrano, raccolti nelle stalle, l'ardor delle cavalle che trottano
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dell'uom volgare, senti l'ingiurie, che rimbalzando già cedono al baston l'aspro comando! Addio tripudio delle canzoni, si pensi a tergere le contusioni
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tempeste, belle al mite sospir delle calme! - - Sacerdoti! alle turbe infelici predicate i miracoli vieti, e di ceri e dorate cornici fate addobbo alle
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la compagna appar! Portan la vela lacerata ai venti, come stendardo che in battaglia erró; portano remi e canapi stridenti, che il nerbo delle braccia
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coll'usato affetto e mi sedette accanto. Poi mi narrò de' suoi lunghi malanni e delle pene della famigliuola; sentirsi affranto e avvelenato ormai dall'afa
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Tele antiche, io vi saluto, che dall'arte profumate, qui vivete, come mummie delle razze trapassate!- Ecco appeso alle pareti lungo stuol di
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libra a tergo di ogni donna, che al fruscio delle perle e della gonna nascoso entro la chioma, è il solo amante, e ambizion si noma. Il solo amante
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eterei sorrisi, i nostri s'infiammino due pallidi visi! Facciam delle coltrici gli Elisi e l'Inferno!... Si ingoii l'assenzio se manca il Falerno! Te
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De mémoire de rose on n'a jamais vu mourir de jardinier. TENDHAL. Sull'infanzia dei germi e delle fronde il marzo sbuffa; alle ospitali gronde, alle
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' sentieri agresti, delle canzoni! Del focolar con cui spesso, nel verno, si viveva del prossimo in disparte, rimescolando fra di noi l'eterno tema
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Quanti sogni, quante favole, che follie, che visïoni, non scandemmo, o Musa, al facile rimeggiar delle canzoni! Si cantò la luna, il pallido astro
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basterna d'ogni onor vestita l'amatista pudica, dei folli sogni e dell'oblio nemica. Non olezzò di ambrosia delle Pimplee la chioma, sul fonte di Ippocrene
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. Raccogliti, cor mio, l'ora è solenne! Le rondini più e più stringon le spire dei vispi voli in cui beâr le penne, e le assal delle gronde il sovvenire. Così
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stanzetta s'empie di trasparenze, di visïoni e di memorie pie al suon delle lontane avemarie. Altri di bianche nudità, di note, di profumi briaco, pallido
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delle radici e perché i placidi sospir dell'erbe che ti fean ventaglio? Va saltellando il grillo, la sempiterna Venere già rigonfia d'amor le foglie
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mio balcone, e mi addormenta. Sogno allor le scarpette esposte al vento, i magi in viaggio ancor sui dromedari, e il gioir delle madri, e lo sgomento
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