Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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giorno del suo compleanno toglieva il tappeto dal pavimento  della  sala d`aspetto e, con quello, copriva il tavolo da pranzo,
statue, ma sorridenti, e non ci sono domande, solo il gioco  della  luce che declina e del vento che ci muove i vestiti.
rugiada. La abbellirà la placida melode che è il benvenuto  della  terra al sole, fruscìo di selve, mormorìo di prode,
allegria dei fanciulli il nostro invito: fu certo un cenno  della  mia sorella che di me ti ha invaghito, o un sospir di mia
ti festi ancella, mi apparisti nei dolci occhi dell'ava e  della  mia sorella... E fui poeta. - Un povero poeta di te
Alpi piemontesi. - Gran sala, stile Trecento. - Al levarsi  della  tela Renato e Iolanda stanno presso una finestra come per
dette, dei pensieri pensati? che dei verdi e dei gialli  della  stagione trascorsa, sterminatrice di foglie, spogliatrice
scote il torpore del mio suol natìo, fra i tardi inchini  della  folla avara posso prostrarmi anch'io! Eravam giovinetti,
anch'io! Eravam giovinetti, eravam belli; il frutto  della  vita era ancor fiore che si schiudea fra l'oro dei capelli
perle del core; non si sapea di patria, eppur s'amava qual  della  Musa asilo e della gloria, ch'ora, ironie dell'esistenza
si sapea di patria, eppur s'amava qual della Musa asilo e  della  gloria, ch'ora, ironie dell'esistenza schiava, piangon
col più fecondo de' tuoi casti amplessi; tutti i tesori  della  tua dottrina li avevi a lui concessi. Il desiderio delle
fior del nordico paese, vaga beltà  della  colonia inglese, ben mi dicea quel tuo sguardo profondo che
cuor! sulle mie guancie smorte sentir mi parve il soffio  della  morte!... Oggi un amico mi venne a narrare: - La giovinetta
che canta la divina melode all'infelice: col Cherubino  della  fede santa. Ahi! se i fantasmi del gioir superno turba la
- “migliaia di isolani sprofondarono nell'oblio” a causa  della  sepoltura usata allora. Le bare infatti venivano collocate
intarsiata e la porta cigolante. Non c'è più la statua  della  santa incollanata di rose. All'eucarestia le donne intonano
ENRICO JUNK  Della  città, madre di inganni e toschi, sei stanco, amico, e
respiri insiem coll'aria, coll'aria imbalsamata! Vuoi  della  vita frivola l'oblio, e da lontan già senti il brulichio di
sono stati per molti anni, nella luce gialla  della  grande città. Io so che non potrò cambiare niente di tutto
fosse chiara e illuminata dalla lampadina e dal bagliore  della  penna.
velo bianco, in mezzo al cor di un tuo fratello inerme,  della  Sventura che ti rode il fianco è nato un germe! - - Ecco
ciel sereno, sostar sommessi alla mia porta udìa, la notte  della  santa Epifanìa, o son morti di freddo, o son malati, nei
ciel sereno, sostar sommessi alla mia porta udìa, la notte  della  santa Epifanìa, o son morti di freddo o son malati nei
tratto le lunghe vesti mollemente verso lo splendore vago  della  porta le passeggiatrici, le antiche: la campagna
dove le femmine cantavano nella caldura. Ai confini  della  campagna una porta incisa di colpi, guardata da una giovine
il luogo commosso dai ricordi e pareva consacrarlo. La voce  della  Ruffiana si era fatta man mano più dolce, e la sua testa di
orientale compiaceva a pose languenti. La magia  della  sera, languida amica del criminale, era galeotta delle
anime infeconde inconsciamente cercanti il problema  della  loro vita. Ma la sera scendeva messaggio d'oro dei brividi
Ma la sera scendeva messaggio d'oro dei brividi freschi  della  notte. ... Venne la notte e fu compita la conquista
ancora tutto quello che era arido e dolce, sfiorite le rose  della  giovinezza, tornava a rivivere sul panorama scheletrico del
gli ultimi clangori, vedevo le antichissime fanciulle  della  prima illusione profilarsi a mezzo i ponti gettati da la
e bruna, pura negli occhi e nel viso, perduto il barbaglio  della  collana dal collo ignudo, camminava ora a tratti inesperta
e volgeva attorno gli occhi d'idolo. E l'odore acuto  della  segatura che felpava i passi e il sussurrio delle signorine
tardi. Tutte quelle cose viste per gli occhi magnetici  della  lenti in quella luce di sogno! Immobile presso a me io la
divenuti a un tratto lontani e stranieri dopo lo strepito  della  festa, davanti al panorama scheletrico del mondo. ... Ero
era illanguidita, la voce era taciuta intorno, il mistero  della  voluttà aveva rivestito colei che lo rievocava. Sconvolto,
alzava gli occhi ai comignoli delle case che nella luce  della  luna sembravano punti interrogativi e restava pensieroso
come il suo, e lo schioccare dei ciocchi e i guizzi  della  fiamma sull'ocra delle volte i passi frettolosi sotto gli
consacrate dalla mia ansia del supremo amore, dall'ansia  della  mia fanciullezza tormentosa assetata. Tutto ero mistero per
e piene delle grandi ombre verdi sugli abeti, e piene  della  melodia dei torrenti di cui udivo il canto nascente
bianco delicato mistero, nel mio ricordo s'accese la purità  della  lampada stellare, brillò la luce della sera d'amore. ... Ma
s'accese la purità della lampada stellare, brillò la luce  della  sera d'amore. ... Ma quale incubo gravava ancora su tutta
ancora su tutta la mia giovinezza? O i baci i baci vani  della  fanciulla che lavava, lavava e cantava nella neve delle
come dopo un saccheggio. Un calore dorato nell'ombra  della  stanza presente, una chioma profusa, un corpo rantolante
un mito arabesco imbiancava in fondo il pallore incerto  della  tenda. ... E allora figurazioni di un'antichissima libera
là nella capanna d'assi e di zingo sui terreni vaghi  della  città, mentre una candela schiariva il terreno nudo. In
parole che non udivo, dolci come il vento senza parole  della  Pampa che sommerge. La matrona selvaggia mi aveva preso: il
gli occhi dolci e acuti come un gorgo. Sulle spalle  della  bella selvaggia si illanguidì la grazia all'ombra dei
dei capelli fluidi e la chioma augusta dell'albero  della  vita si tramò nella sosta sul terreno nudo invitando le
scalpitare parve perdersi sordo nell'infinito. Nel quadro  della  porta aperta le stelle brillarono rosse e calde nella
erranti sui scartafacci, ancora io vi rammento. Fiuto ancor  della  cattedra l'odore, risento il gelo delle vaste scuole, e
copre i piedi dei morti e il ruscello di seta sulla schiena  della  sposa. Allora scrivi per terra un'ultima volta,
coperchio  della  scatola del ghiaccio, scomparso a maggio, lo ritrova in
uscirono dalle viscere chili di braccialetti, anche quelli  della  donna scomparsa.
bella, o luna, quando il viso ti specchi nel mite tremolio  della  laguna; come bella, fra i pallidi scogli della montagna,
tremolio della laguna; come bella, fra i pallidi scogli  della  montagna, quando sul ghiaccio il tuo raggio si bagna! Ma
se l'ava non fosse sepellita, l'ava, l'antico amor  della  mia vita, s'ella vivesse ancor... pensate il gaudio di
vivesse ancor... pensate il gaudio di appenderle al seno  della  mia vita il giovinetto amor; pensate il gaudio, pensate
di attaccarti alla sua gonna, come si attacca un fior, e  della  sua celeste anima d'ava farne rugiada benedetta ancor! Ella
è freddo il mio core e lontano, non sente l'alito ardente  della  tua giovane vita.
mali che l'Adamo indura; e l'altro silfide educata ai pudor  della  natura. Son mille secoli che i due chèrubi insiem corron la
fosse nostro, Arrigo, il secol bello  della  fervida fede e dell'amore, pensa che tu saresti un
e canta! ". Se fosse nostro, Arrigo, il secol bello  della  fervida fede e dell'amore, pensa ch'io sarei forse un
e dei flagelli, penne e pennelli!... Per gli occhi tristi  della  donna mia, per l'amicizia degli amici buoni, per
ancora e il sofo piange! Arrigo, odo cantare l'organo  della  chiesa... , è dì di festa: l'armonia che al mio tavolo si
al resto? A conti fatti, chiedersi il come e il perché  della  partita interrotta è come chiederselo della nubecola di
e il perché della partita interrotta è come chiederselo  della  nubecola di vapore che esce dal cargo arrembato, laggiù
di vapore che esce dal cargo arrembato, laggiù sulla linea  della  Palmaria. Fra poco s' accenderanno nel golfo le prime
vecchiaia confortata di truffatissimi agi e del sorriso  della  posterità. Vennero un giorno i mariti delle figlie, i
e gettata la maschera fecero man bassa su quel ben di Dio.  Della  duen¹a e degli altri non si seppe più nulla. Uno dei
Ho cercato allora di tomare a sentire, mai sensi sono  della  vita, e la vita non basta, almeno così mi hanno convinto a
vertici natali chiamando il freddo e la malinconia, par,  della  via fra i suoni incerti e uguali, un la stonato in una
Ahi! che svanita come nebbia bianca nell'ombra folta  della  notte eterna è la natura e l'anima smarrita palpita e
la deserta strada, o viaggiatore, dove t'affretti ai raggi  della  luna? una madre lasciasti, il genitore e sposa e bimbi, per
e fra loro in famiglia discorrendo, di tutti i casolar  della  borgata. - To', la casa di Gilda è già segnata! - Ve' la
i santi. L'ammalata morì; fu un epitaffio breve alla porta  della  chiesa, e un requie di più. L'altra tornò nella sua casa
tornò nella sua casa stretta, oscura, pudica come la bara  della  estinta amica. E più di quella restò forse chiusa. Quando
eleganti  della  vaga festa, c'è alla porta una folla di signori di vario
dell'acqua, dalle ripe alte del fiume e pur dalle pareti  della  mia ignuda stanza, a piena voce il tuo nome riecheggia al
parole ma vuol esser vissuta, il più profondo e caro senso  della  nostra vita, che pur uniti e soli sotto il velo di parole
del dolore e nelle notti senza riposo, nella valle triste  della  sorda fatica e del tormento senza speranza, nel mio
conforto ogni viltà dal cuore mi toglieva. Dal più profondo  della  mia distretta, nella mente più oscura quella fiamma mi era
nuova vita; non disperare, ma rinuncia ai vani aspetti  della  vita, e nel deserto sarai tranquillo: dalla tua rinuncia
e vane cose nuovamente io mi dissolvo; nell'oscuro giro  della  diuturna noia il nostro sogno parmi tradito e per ignote
volghi e campane avean finito il coro, e nei vasi di fior  della  ringhiera s'udian le foglie bisbigliar tra loro. Sacra
e del mare - non melodiosa in tutta la persona nel ritmo  della  danza, o fiduciosa nell'infuriar dell'onde, come quando a
era raccolta - non più così la creatura del sole, il fiore  della  vita, la sorgente ond'io le labbra asciutte dissetava, la
dissetava, la giovinezza quale altrove invano per le vie  della  terra ho ricercata - non più così ti vidi nel mio sonno,
cielo navigare sembra, così pur l'anima tua stanca era già  della  morte ed era in vita, t'era fatta la vita sol dolore,
che il ciel ti spira, ma sia sommesso ed umile il suon  della  tua lira, nessun s'arresti a coglierne le note alle tue
che il ciel ti spira, ma sia sommesso ed umile il suon  della  tua lira; nessun s'arresti a coglierne le note alle tue
innamorato, perché, campione inutile, lascerò lo steccato?  Della  prima battaglia è il giorno! io mi ci affido ... ma i versi
che ben s'acconcia al crine! Al solitario e povero fanciul  della  Savoia, che nei caffè le veglie dei cittadini annoia, se
- che conserva le ossa degli 800 martiri in una cappella  della  cattedrale di Otranto. Con un'ostinazione che non doveva
o limpido raggio, o profondo velo! la vastità del cielo, e  della  donna il cor. . . . . . . . . . . . . Perché, cretino e
E lo venian dal placido suo tempio a scongiurare le dee  della  famiglia, le sue dilette glorie, cinte di pie memorie,
o limpido raggio, o profondo velo! la vastità del cielo e  della  donna il cor. Calava il sole e la notte salìa. Piovevano
smemorato del crepuscolo a strisce, attraverso le persiane  della  camera. Lo stesso azzurro con le macchie scure delle piante
sacre pareti; altro culto agli spiriti oppressi dal desio  della  vita migliore, altre preci, altri incensi ha concessi la
stola m'appaia il candore ... di lassù qui mi canta le lodi  della  luna e del mar lo splendore; e qui, meco, sull'umile prora,
un identico senso del respiro del mondo è l'arancione  della  pelle, che pertanto da dentro scopriamo non essere pallida
vai,... non si levano il cappello. Splendi agognando al dì  della  partenza; e ristucco di farci il zolfanello, di tanto in
tutto il resto, un'esperienza ferroviaria priva di ritorno,  della  quale era stato senz 'altro colpevole - in quanto testimone
colpevole - in quanto testimone muto - anche qualche ramo  della  mia discendenza, capostazione, casellante o semplice
conterò la storia  della  morta per cui suonano adesso la campana - era una tosa
Chissà dov'è rimasta la tua gonna, se a Fiesole sul muro  della  casa o in un albergo d'Arno; chissà dove ho lasciato me ad
pieno di note è il volumetto: qua e là qualche versetto  della  Chiesa all'esametro latino sposa Sant'Agostino, e le date
tende. Io voglio la tristezza delle rose morte all'inizio  della  primavera per farne una corona alle mie bende. Il mio
i chiodi terribili che sanno l'ossa dell'uomo e il legno  della  croce e spezzi invano quel suo cuore ardente. Chi mi parla
case che il fango d'un amplesso cinge? Chi l'oro ai figli  della  terra adduce? Ah, sei tu, sole, che le più profonde pupille
pupille ferme nell'eterna sfinge avvivi, anima orgiaca  della  luce?!
naturalmente, in basso, dove non c'è neppure bisogno  della  scala.
serena passar la vidi tra la folla oscena, e vidi gli occhi  della  folla ardenti sprofondarsi ne' suoi, come attoniti e opachi
dea come la forma strangoli l'idea, come al vergine altar  della  bellezza sorga stolto e profano il basso incenso