Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Problemi della scienza

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Federigo Enriques 48 occorrenze

D'altronde per quanto già abbiamo avvertito, una vera definizione logica della proprietà non può neppure essere richiesta, dovendo essa necessariamente fondarsi sopra concetti equivalenti a quello che si vuole spiegare; piuttosto è da domandarsi di determinare, con opportuni enunciati, «i modi volontarii di agire sulla cosa, che la legge garantisce al proprietario». I quali appunto dovrebbero essere determinati, tenendo conto:

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Negli sviluppi precedenti, dopo avere caratterizzato la Logica formale, in un senso psicologico, ne abbiamo desunto la possibilità dallo sviluppo delle Matematiche. Ancora da questo siamo stati indotti ad istituire una critica della definizione, ed in ispecie a riconoscere come logicamente primitiva la definizione implicita dei concetti; talune questioni relative al modo di stabilirla, ci hanno fermato nei due ultimi paragrafi, il cui contenuto esce dal campo della Logica pura.

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Abbiamo voluto soltanto citare un esempio, senza spingere la discussione fino al limite cui si può giungere nello stato attuale delle nostre conoscenze. Avremo occasione di riprendere in esame il problema: qual'è il senso più assoluto che possiamo attribuire al moto? Ma si tratterrà sempre di dare alla parola «assoluto» un significato relativo più esteso, soddisfacente meglio all'insieme dei rapporti meccanici conosciuti.

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Colle considerazioni precedenti abbiamo chiarito il significato relativo enon rigoroso degli invarianti reali. La rappresentazione logica della realtà è dunque da intendere nel medesimo senso; alla approssimata invariabilità fisica delle coesistenze e successioni reali si fa corrispondere l'invarianza logica (rigorosa) degli oggetti del pensiero, e della loro riunione o del loro ordinamento come elementi dei concetti.

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E questa astrazione implica unatto volontario di supposizione, in cui già abbiamo ravvisato come la premessa al riconoscimento del fatto scientifico, che si compie colla verificazione.

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Il quale esige così un postulato, completante e precisante il postulato della conoscenza, che abbiamo diritto di tener fermo fino a quando non si mostri un arresto necessario di quel progresso, ben lungi da imporsi a noi sotto verun aspetto, e di cui anzi non sappiamo nemmeno immaginare la possibilità.

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Perchè abbiamo motivo di supporre (in base ad osservazioni su altre tombole analoghe) che se furono mescolati foglietti portanti premio e foglietti bianchi, il numero di questi possa essere grande in proporzione al numero di quelli, ma non viceversa; e perchè infine il caso di frode, in cui i premi manchino affatto, deve apparire improbabilissimo di fronte al caso in cui si sia voluto il premio certo.

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La seconda tesi rimane come una veduta generica in questi ordine di problemi, troppo vaga per essere considerata come una spiegazione della difficoltà che abbiamo in vista.

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Nuove idee e più arditi sviluppi della filosofia geometrica nascono da codesta veduta, e per più vie tendono ad illuminare il problema fisico della struttura dello spazio; dalle ricerche di GAUSS, LOBATSCHEWSKY, BOLYAI, RIEMANN, HELMHOLTZ, fino alle più recenti, che abbiamo esposte nel nostro articolo sui «Principii della Geometria» citato a pag. 117, ed alle quali accenniamo in parte nei seguenti paragrafi.

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La verifica diretta di una proprietà geometrica, in ogni singolo caso, non può superare un certo limite d'approssimazione, il quale può essere segnatoa priori in rapporto al limite che già abbiamo riconosciuto nella realizazzione degli oggetti stessi della Geometria. Ma se la proprietà anzidetta si considera come un'ipotesi relativa a condizioni teoricamente semplici, la verifica si allarga con tanti modi di prova indiretti, alla cui esattezza non può più segnarsia priori limite alcuno.

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In qual modo un errore nella posizione di un problema, potrebbe dar valore ad un simbolo che abbiamo riconosciuto privo di senso?

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I fondatori della Geometria non-euclidea, accordando ai loro sviluppi astratti il valore di un ipotesi reale, furono certamente arditi; ma, come vedremo, essi non meritano il rimprovero cui sopra abbiamo accennato. Matematici, essi furono insieme filosofi, proponendo una questione che segna la più alta vittoria dello spirito critico; e come filosofi furono, nel miglior senso, positivisti, poichè cercarono una risposta ai loro dubbi nel fatto, e questo valutarono con giudizio sereno.

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Per quanto abbiamo detto la questione delle parallele si può decidere,teoricamente, dall'ispezione di un solo triangolo: se in questo la somma degli angoli è uguale a due retti, sussiste la ipotesi d'Euclide, se è minore deve accettarsi l'ipotesi di Lobatschewsky, e se è maggiore quella di Riemann. In questi ultimi due casi, indicando con a la differenza tra la somma suddetta e due retti (la quale è positiva nel caso riemanniano) e con A l'area del triangolo, si può porre rispettivamente

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Diventava quindi possibile di controllarla in più modi, come sopra abbiamo accennato, o spingendo la precisione delle misure terrestri e moltiplicandone il numero, o studiando le conseguenze

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Abbiamo visto che la valutazione delle esperienze conduce ad ammettere varie Geometrie fisicamente possibili, e la critica matematica scopre perfino la possibilità di rappresentare un medesimo sistema di ipotesi sullo spazio reale, mediante sistemi diversi di concetti e di postulati. Ma nonostante l'arbitrarietà che rimane così alla costruzione geometrica, sta in fatto che l'intuizione, quale si trova in ogni mente formata, opera una scelta, costruendo la rappresentazione di uno spazio psicologicamente definito. Pertanto nasce il problema, interessante per lo psicologo, di spiegare codesta intuizione.

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di cui già abbiamo discorso. In questo ultimo stadio l'interesse fisico della questione dello spazio prevale sui criterii logici di ordinamento. Comunque, l'indirizzo elementare suddetto è caratterizzato dalla mancanza di un'analisi tendente a separare i concetti geometrici; tutti i concetti fondamentali (di retta, piano, congruenza ecc.) sono considerati l'uno accanto all'altro, e si cerca soltanto di rendere semplici le proporzioni (postulati) che ne esprimono i primi rapporti, e di lumeggiarne le mutue dipendenze.

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Abbiamo mostrato come i postulati che stanno a base della teoria del continuo, costituiscano condizioni per la possibilità di unire associativamente, nei concetti astratti della linea e della superficie, le varie rappresentazioni genetiche ed attuali che vi si collegano. La nostra critica ha in pari tempo posto in luce una certa indeterminatezza di quei concetti generali, dipendente dalla loro relatività, per cui si manifesta necessaria una costruzione progressiva, la quale ponga innanzi alcune linee e superficie particolari, e muova da queste ad estendere via via i concetti già definiti.

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Gli sviluppi matematici cui sopra abbiamo accennato, pertinenti in ispecie alla seconda metà del secolo appena compiuto, indicano fino a che punto possano svolgersi le due Geometrie suddette; onde si può affermare che col tatto (generale e speciale) costruiamo una Geometria metrica, e colla vista una proiettiva, riferentisi alla medesima varietà di punti (lo spazio).

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Abbiamo tenuto conto fino ad ora delle condizioni associative che sottostanno alla genesi dei concetti geometrici, in ordine ad un solo gruppo di sensazioni tattili o visive. Questi hanno il comune sostrato nei concetti derivati dalla sensibilità generale e, tostochè si sieno associate le due immagini, tattile e visiva, del punto, danno origine a due Geometrie, una Geometria tattile ed una visiva, che si riferiscono al medesimo continuo a tre dimensioni,. cioè al medesimo spazio.

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Abbiamo già avvertito (cap. IV, 6) che tale gerarchia dei concetti, rispecchiantesi nell'ordine di esposizione dommatica della Scienza, non ha valore di subordinazione necessaria. Non è vietato di alterare quest'ordine, di costruire cioè una Meccanica indipendente da qualche ipotesi geometrica, la quale si lascerà allora tradurre con una ipotesi meccanica equivalente. In tal modo la Meccanica può condurre ad una più estesa verifica o anche ad una correzione degli stessi principii geometrici.

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Potrà sembrare strano che certe considerazioni sviluppate in questo libro per giustificare la conclusione nominalistica, si assomiglino a taluni degli argomenti che noi abbiamo adoperato collo scopo opposto. Ma il motivo fondamentale della differenza sta nella veduta trascendente del filosofo francese (cfr. cap. IV), a cui si contrappone lo spirito della nostra critica. ), e, per quanto vediamo, se pure meno

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Esiste un orologio le cui indicazioni rispondano ad una sensazione di durata relativa a certe serie fenomeniche nettamente distinte che abbiamo in vista allorchè parliamo di una misura naturale del tempo? E vi è qualche fatto generale che si esprima col reciproco accordo delle indicazioni fornite dalle scale temporali suddette?

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Noi abbiamo la sensazione del ritmo di certe serie acustiche che denominiamo isocrone, le varie serie di suoni che sentiamo come isocrone ci porgono misure del tempo confrontabili l'una coll'altra, portano cioè, sebbene in limiti di sensazione ristretti, ad un medesimo apprezzamento delle durate uguali, e quindi ad una medesima misura naturale del tempo.

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Ora i varii termometri convenzionali rappresentano ugualmente bene le nostre sensazioni di aumento di temperatura; infatti la sensazione che proviamo nel passaggio da 0° a 1° e quella relativa al passaggio da 20° a 21°, rispetto ad un ordinario termometro a mercurio, non hanno nulla di comparabile, onde, se un altro termometro c'indichi il secondo aumento come doppio del primo, non abbiamo nella sensazione alcun criterio per preferire l'una all'altra fra le due indicazioni (1 Circa il significato della temperatura assoluta cfr. cap. VI. ).

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Come abbiamo detto l'equazione del moto di un punto materiale fu considerata dapprima implicitamente da GALILEO, nel caso della gravità, e come relativa alla terra; ma un confronto più largo dei dati astronomici porta a correggere codesta legge, mostrando che essa ha un valore più preciso ove sia riferita alle direzioni delle stelle. Ora se oggi si vuoi dare un senso positivo alla supposizione che Newton accoglie implicitamente, col moto assoluto, sembra che si debba enunciare il seguente Postulato:

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E non si sarebbe così forzati di accordare un posto a questo assoluto, che dianzi abbiamo proclamato vuoto di senso?

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Abbiamo già rilevato (§§ 16, 21) come questo principio contenga una supposizione di fatto già nel caso del punto materiale. Importa ora osservare che il principio generale di D'Alembert è una conseguenza del postulato di GALILEO relativo alla Dinamica del punto, ove si accettino talune ipotesi implicite che si riattaccano al concetto dei legami.

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La metafisica della quantità, sebbene non possa essere accettata come tale, resta sempre l'idea direttrice di un secolare movimento scientifico, che abbiamo chiarito in senso positivo come un processo psicologico associativo. Importa perciò di vedere in qual modo essa si attui concretamente in una Fisica considerata come estensione della Meccanica.

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Ma, senza indugiarci ulteriormente nella critica di quei procedimenti trascendenti, di cui abbiamo denunziato la vanità, riconosciamo piuttosto che anche nelle ontologie della moderna Metafisica, ci è sempre un sistema di immagini, un modello, che può adattarsi, talvolta convenientemente, ad un qualche ordine di fatti reali, e che, ad ogni modo, promovendo associazioni nuove, può riuscir utile nello sviluppo della Scienza. Ed unicamente a questo

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Noi abbiamo considerato fino ad ora soltanto fenomeni termodinamici reversibili; ora questo è soltanto un caso limite del caso generale in cui si hanno fenomeni irreversibili, pei quali il teorema di CARNOT-CLAUSIUS deve essere modificato, sostituendo una diseguaglianza all'eguaglianza considerata di sopra. Se allora si definisce anche in questo caso la variazione d'entropia (1 Cfr. POINCARÈ, op. cit., pag. 229.), si giunge al resultato seguente:

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Ora abbiamo già avuto occasione di notare che la distinzione schematica suaccennata corrisponde imperfettamente alla realtà, quando si riguardino i fatti conosciuti nella loro più vasta estensione. Infatti da una parte il confronto delle masse di corpi chimicamente irriducibili ci conduce ad esperienze di movimento, ove entrano, almeno implicite, le forze. D'altra parte i campi di forze newtoniani ci mostrano già una dipendenza della forza, che si vuoi prendere come dato esterno, dalla massa su cui essa agisce; ed i fenomeni elettrici ecc. c'indicano di più una dipendenza delle forze stesse dallo stato fisico del corpo mobile, cioè da caratteri di esso che, in una prima intuizione almeno, si presentano come interni.

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Così appunto accade nelle equazioni hertziane, che abbiamo considerato nel § 23 limitandoci alla Elettro-magnetica dei corpi in quiete; così ancora nei nuovi sviluppi a cui ha condotto il tentativo di coordinare i varii fenomeni elettro-magnetici dei corpi in movimento, ed in particolare nella teoria di LORENTZ.

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Veramente non possiamo tacere che i nuovi studii originati dall' esperienza del tubo di CROOKES, e le idee relative alla spiegazione elettrica dell'indivisibilità dell'atomo, allontanerebbero forse la più grave delle difficoltà a cui sopra abbiamo alluso. Nondimeno tali difficoltà rinascerebbero per l' elettrone, sicchè uno spirito prudentemente positivo non può vedere nell'ipotesi atomica che una rappresentazione subiettiva.

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Ed è a nostro avviso interessante il riconoscere come parte più ferma della Meccanica, quella che rappresenta insomma «la parte comune a tutte le Meccaniche relative a sistemi di riferimento qualsiansi» (1 Posteriormente alla prima edizione di quest'opera abbiamo riassunto le nostre vedute intorno al principio d'inerzia e alle Dinamiche non-newtoniane in un articolo inserito nel n. II della Rivista di Scienza, 1907. ).

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Questi due indirizzi che si riattaccano ai nomi di DESCARTES e di NEWTON, s'intrecciano e si alternano nel progresso scientifico di cui abbiamo tentato di ricostruire il quadro, convergono in una più intima associazione dei dati sensibili ed in un riavvicinamento delle immagini, onde da una parte si allarga il concetto dei legami, dall'altra si unificano le forze in un tipo, p. es. elastico o elettrico.

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alla quale abbiamo subordinato una serie di atti, e quindi in connessione coi caratteri permanenti della nostra personalità. All'opposto invece crediamo di avere meno responsabilità nelle azioni improvvise, imputandoci tuttavia quanto ad esse, di non esserci premuniti contro il motivo sopravveniente (tentazione) coll'inibirne l'effetto sul nostro volere; per modo che questa responsabilità svanisce quasi ai nostri occhi se l'azione fu mossa da un motivo forte ed inaspettato.

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Abbiamo già avuto occasione di ricordare, come la filosofia moderna sia piena di questa grande controversia che tocca il cosidetto problema della realtà. Il nodo della difficoltà sta nella posizione del problema stesso. Se il reale viene preso in un modo trascendente, attribuendogli un significato di per sè, inteso come assoluto, si cade in un idealismo scettico, facendo sorgere innanzi ai nostri occhi il fantasma dell'inconoscibile. Ma se si respinge codesto significato trascendente, come vuoto di senso, ci si avvicina al fenomenismo di E. MACH, o alla interpretazione dell'idealismo del nostro G. VAILATI, vedute in sostanza equivalenti. L’idealismo così interpretato non merita più neppure questo nome, perchè non include alcuna affermazione agnostica; non è una negativa del reale, ma (come dice il Vailati) una definizione di esso.

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Fin qui abbiamo assunto, anche nella visione del passato, quell'atteggiamento attivo dello spirito, che tiene gli occhi rivolti sul presente e sull'avvenire. Ma non si può disconoscere che un diverso atteggiamento contemplativo del passato, considera in altro modo il decorso delle sensazioni, idee, volizioni. Secondo questa intuizione propriamente storica, i ricordi vengono riavvicinati in guisa da ricostruire nella sua successione temporale la nostra vita psichica e rievocare quindi, in una rappresentazione sintetica, le emozioni che vi sono connesse.

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Si domanda se in questo caso il criterio che abbiamo considerato come pietra di paragone del reale, sia atto a renderci conto dell'errore cui siamo esposti, o come e perchè esso si trovi in diffetto.

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Con esempii tratti dalla Zoologia, abbiamo cercato di fissare la fisionomia del fatto, che cade nell'ambito delle scienze naturali, considerate secondo il significato ristretto della parola. Ma la visione di codeste scienze rimarrebbe veramente incompleta, se esse non venissero riguardate nel loro legame cogli altri rami delle scienze della vita.

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Nulla abbiamo da obiettare a coloro (come il nostro B. CROCE) che sostengono essere questo il senso proprio della Storia; e ci sembra chiaro che a tale concetto artistico, non osti la domanda della verità dei fatti storici; questa appare, sia come una condizione per la possibilità di estendere la rappresentazione proposta senza urtare in contraddizioni, sia come una condizione particolare per l'interesse della rappresentazione stessa, cioè come un elemento del suo valore emotivo. Mentre il poeta non conturbato dal dubbio, ascolta la voce che sorge dal fosco carcere del castello estense a Ferrara, narrante di Parisina e di Ugo, lo storico inquieto interroga i documenti, se in essi possa scoprire alcuna traccia che valga a confermare o a negare la leggenda pietosa.

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Una impossibilità più assoluta in confronto alla quadratura del circolo, di cui sopra abbiamo discorso, sembra ostare al desiderato di coloro che da secoli attendono alla ricerca del moto perpetuo. Ma il problema scientifico che a questa ricerca si collega, lungi dal mostrarsi irrisolubile, ha condotto alla scoperta di un sommo principio della natura.

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E qui si noti che le nuove teorie degenerative del genio (intorno a cui non abbiamo competenza per pronuziarci) non appariscono in contrasto col concetto delle facoltà geniali sopra accennato, quante volte si mostri che la iperestesia di certe vie associative del cervello vada legata ad una più bassa tonalità di altre funzioni cerebrali.

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Quando abbiamo un gas in un recipiente messo nel vuoto, la pressione sulla superficie si rende facilmente manifesta, in quanto si ha una forza che agisce normalmente alla superficie stessa dall'interno verso l'esterno. Ma se nel recipiente suddetto si avessero due gas, mescolati, codesta forza si presenterebbe come la somma delle pressioni di ciascuno di essi, che, in questo caso, non riusciremmo a distinguere. Supponiamo tuttavia che la superficie del recipiente lasci passare uno dei due gas, ma non l'altro; il primo si metterà in equilibrio coll'ambiente esterno, e la forza agente sulla superficie dall'interno verso l'esterno ci darà la pressione del secondo.

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Negli sviluppi precedenti abbiamo adoperato la rappresentazione meccanica come un modo di determinare ciò che corrisponde alla pressione di un gas, nell'analogia stabilita fra gas e soluzioni. L'ipotesi cinetica può dopo ciò ritenersi fino ad un certo punto come indifferente, limitandone l'applicazione ai principii dell'energetica. Appunto in base al principio dell'equivalenza fra calore e lavoro, Van' t' Hoff è riuscito a spiegare i fatti dell'abbassamento della temperatura di congelazione e dell'innalzamento della temperatura di ebullizione, che, per le soluzioni diluite, è proporzionale alla concentrazione (esperienze di RAOULT). Infatti, se ci si riferisce, p. es., al secondo caso, basta notare che per far bollire un liquido contenente una sostanza disciolta, occorre fornire oltre al calore di vaporizzazione, un calore equivalente al lavoro di compressione della soluzione.

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In primo luogo i problemi che si riferiscono allo sviluppo deduttivo della Scienza, cioè ai processi logici di trasformazione dei concetti e delle ipotesi, riguardati sia nell'aspetto puramente psicologico, sia nella applicazione propriamente scientifica. Dall'esame di questi scaturirà in particolare l'arresto necessario di ogni sviluppo deduttivo; sicchè l'alternarsi di una fase induttiva e di una fase deduttiva, che abbiamo scorto nelle costruzioni teoriche, si paleserà sotto un aspetto più generale come legge di sviluppo delle scienze.

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Ma veramente noi abbiamo riconosciuto soltanto l'utilità di una Logica formale che detti le leggi del ragionamento, indipendentemente dal suo contenuto. Resta a vedere se ed in qual senso codesta indipendenza possa effettivamente raggiungersi, in modo rigoroso. E l'esame è tanto più necessario, in quanto che tale possibilità viene contestata anche da taluni fra i più illustri seguaci della filosofia critica.

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Ma astraendo dal significato concreto degli oggetti, si propone di rappresentarne i rapporti logici, che un'analisi approfondita riesce a fissare e a ridurre a pochi tipi generali, anch'essi simbolicamente rappresentati; il ragionamento trova pertanto la sua espressione in una specie di calcolo logico, analogo, come abbiamo accennato, al calcolo algebrico.

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