Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Astronomia

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J. Norman Lockyer 10 occorrenze

Abbiamo visto che la Luna descrive il suo corso intorno alla Terra, mostrandoci sempre ad un di presso la medesima faccia e le medesime macchie. Altrettanto fa Mercurio nel percorrere la sua orbita attorno al Sole; esso presenta al gran luminare sempre a un di presso il medesimo emisfero della sua superficie.

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Sovr'esso noi non possiamo immaginare continenti e mari e atmosfera in condizioni analoghe alle terrestri, così come abbiamo fondamento di fare per Mercurio, per Venere e più ancora per Marte. Giove è una massa tuttora fluida, dotata di grande densità, forse di calore grandissimo, certo di grande instabilità.

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Dietro quanto più sopra, nel capitolo quarto paragrafo secondo, abbiamo detto circa la distanza e le dimensioni del Sole, facile è dedurre che i grani di riso, dei quali la grandezza apparente, ossia l'angolo sotto cui si vedono, oscilla fra uno e due secondi d'arco, in realtà hanno dimensioni che vanno da 720 a 1440 km.; che i granuli, gli ultimi elementi visibili della fotosfera, grandi apparentemente una frazione di secondo d'arco, misurano in realtà centinaia di km.

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È quell'aureola che più sopra nel capitolo quarto abbiamo chiamate corona, e che a Sole non eclissato è invisibile solo perchè ha luce troppo debole per vincere la luce assai più intensa, diffusa dell'atmosfera della Terra.

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Nel discorrere della figura della Terra abbiamo concluso (§ II) che essa è un corpo rotondeggiante, poco diverso da una palla o da un globo, che essa in altre parole ha approssimativamente la forma sferica. Approssimativamente, perchè già le ineguaglianze e la scabrosità della sua superficie, sebbene piccolissime, come vedemmo in confronto delle sue dimensioni, bastano ad impedire che la figura della Terra possa mai essere considerata come esattamente sferica.

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Già dissimo che ogni rotazione della Terra apporta a noi un giorno ed una notte, intese queste parole nel loro significato ordinario; già dissimo ancora che in due sole epoche dell'anno noi abbiamo il giorno lungo così come la notte successiva. In ogni altra epoca il nostro giorno e la successiva notte hanno durate disuguali fra loro, ma la somma delle singole durate successive dell’uno e dell'altra è sempre costante ed uguale alle 24 ore del giorno solare.

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Detto abbiamo che la Terra ruota intorno ad un suo asse, e che contemporaneamente ed incessantemente si sposta con grande velocità nello spazio. Se la Terra cambia di posizione nello spazio, anche il suo asse polare cambiar deve la sua posizione nello spazio; e poiché in ogni istante l’asse polare terrestre determina l’asse celeste, cambiare deve di posizione nello spazio anche l’asse celeste; e poichè i due poli del cielo sono determinati dall'asse celeste, anch'essi cambiare devono di posizione in cielo.

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Ricordatevi quello che si è detto nella seconda parte del capo 53; il vostro orizzonte sarà nella figura che abbiamo sott'occhio rappresentato dalla retta OO’' perpendicolare alla CzZ.

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È vero che noi abbiamo i cannocchiali, i quali aumentano d'assai la potenza dell'occhio, ma, non l'aumentano oltre un certo limite. Col più potente dei cannocchiali d'oggi giorno si distingue un oggetto sulla Luna solo se esso abbia in ogni direzione dimensioni di almeno 320 metri, se ne riconosce la forma solo nel caso che esso in ogni direzione misuri 641 metri almeno. Sono questi i numeri che oggi segnano l’ultimo limite dell'ancora visibile e discernibile sulla superficie lunare, ed in massima si può ritenere che quanto sulla Luna appare con forma distinta misura in ogni direzione circa un chilometro.

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Natura ed arte

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Giovanni Virginio Schiaparelli 3 occorrenze

Circa l'andamento delle stagioni e delle lunghe giornate e notti del polo vi è questa differenza, che le nostre stagioni durano tre mesi ciascuna, quelle di Marte hanno una durata poco men che doppia, di 171 giorni in media: e i giorni e le notti del polo, che presso di noi sono di sei mesi a un dipresso in Marte durano per un medio undici mesiRiferendoci tanto per Marte, che per la Terra, all’emisfero boreale, abbiamo le seguenti durate esatte delle stagioni in giorni terrestri: L’illuminazione del polo boreale di Marte dura quindi continua per 381 giorni; quella del polo australe per 306 giorni: delle notti accade l’inverso.. Tal differenza è dovuta a questo principalmente, che l'anno di Marte è di 687 giorni terrestri, mentre il nostro è di soli 365.

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Già abbiamo accennato al fatto delle straordinarie inondazioni periodiche, che ad ogni rivoluzione di Marte ne allagano le regioni polari boreali allo sciogliersi delle nevi: aggiungeremo ora, che queste inondazioni diramate a grandi distanze per una rete di numerosi canali, forse costituiscono il meccanismo principale (se non unico), per cui l'acqua (e con essa la vita organica) può diffondersi sulla superficie asciutta del pianeta. Perché infatti su Marte piove molto raramente, o forse anche non piove affatto. Ed eccone la prova.

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I canali possono intersecarsi fra di loro sotto tutti gli angoli possibili; ma di preferenza convergono verso le piccole macchie cui abbiamo dato il nome di laghi. Per esempio sette se ne veggono convergere nel Lago della Fenice, otto nel Trivio di Caronte, sei nel Lago della Luna, sei nel Lago Ismenio.

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Le Stelle. Saggio di astronomia siderale

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Angelo Secchi 23 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Dumolard
  • Milano
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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Noi non abbiamo potuto verificare queste sue aggiunte. Però il carattere generale da lui dato sulla stella combina col nostro. Può essere che le differenze siano anche qui come in altri casi effetto di variabilità reale della stella osservata in epoche diverse e in parte dovute agli strumenti, perchè gli spettroscopi con prismi a visione diretta restringono più il rosso che non i prismi angolari: ora io uso i primi, ed egli i secondi.

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Noi abbiamo aspettato a trattarne in questo luogo perchè la sua analisi sarebbe stata incompleta prima di conoscere gli studi spettrali.

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Fino dalle nostre prime ricerche spettrali e appena che avemmo inventato lo spettroscopio semplice a visione diretta di cui abbiamo detto sopra, restammo sorpresi dal seguente fatto. Guardando una stella scintillante vicino all’orizzonte il cui spettro fosse fornito di righe nere forti, come per esempio Sirio, queste restavano sensibilmente immobili, mentre lo spettro era percorso di grandi ondate luminose. Questa immobilità delle righe spettrali in mezzo al movimento delle ondate fu accertata al nostro stesso strumento da vari astronomi e tra gli altri dal chiarissimo sig. Prof. Respighi, che poscia studiò più accuratamente questo fenomeno. Queste ondate vanno scorrendo tutto lo spettro, indebolendo e rinforzando successivamente tutti i colori, andando ora verticalmente, ora in senso inclinato. La stabilità delle righe nere era pertanto un indizio sicuro che la stella realmente non si muoveva, ma che tutto il fenomeno consisteva in un rinforzo successivo e in un indebolimento che subivano i colori spettrali la cui variazione è la causa primaria della scintillazione.

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Se non che abbiamo veduto che le righe spettrali della stella restano immobili nello spettroscopio, mentre che nel caso qui contemplato esse righe dovrebbero cangiare colla natura del raggio illuminatore che arriva all’occhio, e quando si ha per esempio il giallo dovrebbe vedersi la riga D, e col bleu la F. Ora ciò non accade e le righe son fisse. Per dar ragione di questa immobilità, è necessario ricordare l’altro fatto già accennato dianzi. Questo è che la stella veste bensì successivamente diversi colori, ma che essi si succedono con tanta rapidità, che la maggior parte di loro si ricompone per ricostituire il bianco, e abbiamo veduto che per separare questi colori bisogna dare un rapido moto all’immagine. La luce naturale della stella deve adunque considerarsi come composta di due parti: una bianca e costante, benchè prodotta come dicemmo da continua ricomposizione de’ raggi spettrali semplici, l’altra variabile la quale va percuotendo il nostro occhio ora con un colore ora con l’altro. Alla prima di queste masse di raggi si deve l’immagine persistente che vedesi nello spettroscopio colle righe fraunhoferiane sensibilmente fisse: all’altra si deve lo spettro atmosferico che va scorrendo sullo spettro fisso fatto dal prisma, ed è questa seconda parte che ora rinforza ora indebolisce un dato colore. Perchè se il rosso cadrà sul rosso sarà questo ravvivato, se però cadrà sul verde sarà indebolito restituendo così una luce bianca che andrà a far parte dello spettro fisso della stella fatto dal prisma.

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Abbiamo detto che le ondate luminose vanno percorrendo lo spettro in una data direzione: che per le stelle a levante è verso il rosso, e per quelle a ponente in senso inverso, cioè al violetto. Benchè ciò non sia rigorosamente costante, poichè spesso si vede il contrario, e specialmente nelle sere di aria molto agitata non è facile il definire il verso del movimento; tuttavia questo andamento è generalmente costante in aria calma. Esso deve nascere primieramente dalla successione relativa delle onde aree le quali s’incalzano con certa regolarità in una data direzione. Osserveremo dapprima che tutte le precitate nostre osservazioni sono fatte di sera, quindi essendo l’atmosfera più calda a ponente dell’osservatore ove sia il Sole, che a levante, il corso dell’aria deve avere un andamento opposto ai due lati pure opposti all’orizzonte. Ma ciò malgrado la cagione sembra più sistematica.

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Lord Rosse trovò le regioni dell’asse maggiore sfrangiate: noi abbiamo veduto talora le frangie, ma stabilmente una semplice protrazione di nebulosità: a Washington vedono come noi. Le parti più dense sono nella direzione dell’asse minore, ove brillano punti distintissimi e si crederebbe stellare e risolubile, le dimensioni sono: asse maggiore 72",2: asse minore 60",4. Fuori vi è una stellina più viva che potrà servire a scoprire se vi è moto relativo.

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Essa trovasi in un superbo ammasso di stelle minute di cui abbiamo già parlato (v. pag. 69). Essa è chiaramente forata: si è detta anulare, ma il centro non è nero, e gli orli interni sono molto sfumati, mentre gli esterni sono netti. Dentro vi è una stella di 12a un poco eccentrica e due altre minutissime appena visibili.

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. = − 23° 47' 59"; ma che forse sono solo accidentalmente connesse: però la figura di H. è assai differente da quella che abbiamo veduto noi (v. Mem. del 1852 al 1855) e forse vi è cambiamento. Noi vi trovammo una massa irregolare nebulosa da cui partivano tre raggi di stelle in direzione 166°, 5; 146°, 1; 187°, 5 i tre raggi hanno un punto di convergenze molto lontano. Ulteriori osservazioni potranno decidere se le stelle vi siano fisicamente connesse o no.

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Ora di tali ne abbiamo più di un esempio, come α Centauro, Castore, ecc.

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Abbiamo detto altrove che alcune stelle sembravano cinte da astri oscuri, come Algol. Il calcolo de’ moti proprii ha fatto vedere che altre stelle erano influenzate dalla perturbazione prodotta da tali astri invisibili. I movimenti irregolari che manifestavansi in Sirio e Procione fecero credere che essi fossero da tal causa perturbati. Questa congettura è stata verificata pienamente, perchè si è ora scoperto che la prima di queste due stelle ha realmente un satellite, difficile a vedere, perchè immerso nei raggi della principale, ma che pure si è scoperto e misurato Fig. 50. Orbite della tripla ζ Cancro.

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Nelle ecclissi solari abbiamo veduto che il Sole apparisce cinto da una corona di luce, dovuta ad una atmosfera gassosa. Questa sembra prolungarsi assai più oltre che non si vede allora per la debole luce residua nelle ecclissi, e dar luogo alla così detta luce zodiacale. Da molte osservazioni sembra che questa materia luminosa si estenda fino oltre alla terra, e questa ne sia investita. Il suo spettro è continuo come quello delle luci fosforiche e non ha le righe dell’aurora boreale come si è detto da taluno. Questa materia diffusa formerebbe del Sole una vera stella leggermente nebulosa.

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Malgrado che ci sia impossibile penetrare completamente il mistero della costituzione del Mondo, tuttavia dai lavori eseguiti finora in larga scala dagli astronomi, abbiamo già molti materiali per illuminare un poco la nostra ignoranza. In questa materia dobbiamo sempre avere avanti agli occhi il bello avviso di Herschel, che si devono evitare i due estremi; il primo di fabbricar mondi a nostra fantasia, perchè così non arriveremo mai a conoscere la natura, e sarebbe tempo perduto l’occuparvisi intorno: l’altro è la troppa timidità di congetturare, perchè così si perde il frutto delle osservazioni, le quali appunto si devono fare, affine di arrivare a conoscere la composizione e la struttura dell’Universo Herschel Philos. trans. 1785.p. 213, On the construction of the Heavens. .

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Perciò riassumendo dai paragrafi precedenti la numerazione delle stelle, abbiamo la seguente tavoletta, nella quale la prima colonna dà le grandezze, e la seconda il numero delle stelle secondo Argelander ed Herschel; la terza le somme successive di 1.a e 2.a; 1.a, 2.a, 3.a, ecc; la 4.a il raggio della sfera che può contenere tutte le stelle delle rispettive grandezze poste a distanze uniformi; la 6.a colonna contiene il risultato dello stesso calcolo secondo la numerazione fatta da Struve sulle stelle di Bessel nel Catalogo di Weisse; in fine vi sono le differenze dei due calcoli.

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È possibile che la sua configurazione irregolare sia temporanea attualmente per noi, che siamo fuori del suo centro e che chi fosse al centro e potesse sapere le leggi del movimento di tanti corpi esso potrebbe rilevarne una struttura molto semplice; ma finora noi non abbiamo indizio di tutto questo e dobbiamo contentarci di ciò che vediamo, come per un istante nella immensità de’ secoli.

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Si credette per un gran tempo che la Via Lattea non fosse se non una di queste Nebulose, ma la natura gassosa di queste e la struttura stellare dell’altra non ammettono più paragone, almeno generale e rigoroso; però siccome in molte regioni vive della Via Lattea analizzate collo spettroscopio vi abbiamo trovato traccia di linee lucide, forse anche in essa sono ancora vaste masse gassose agglomerate. Ma per questi studi uno strumento come il nostro equatoriale è forse troppo debole. Speriamo che queste ricerche saranno continuate da altri quanto meritano con sufficienti mezzi.

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.° Così non ha guari che si credeva lo spazio celeste popolato solo di corpi stellari definiti e compatti; ora vi abbiamo scoperte masse enormi di gas, le quali forse sono destinate a costituire altri corpi solidi, se pure non sono già all’ora presente in tal forma condensati, ma la luce non ce ne ha ancora recata la notizia! L’orbita del più lontano dei nostri pianeti potrebbe appena misurare l’estensione di una Nebulosa planetaria. Che cosa diremo poi di tante altre, comep.es. di quella di θ Orione che si estende per tanti gradi nella parte più viva, senza contare la più pallida?

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Una qualche influenza però è innegabile come abbiamo detto sopra per β Cigno. Questi colori in genere non sono mai semplici, ma vere mezze tinte, come si riconosce guardandoli attraverso un prisma: quindi cresce la difficoltà di giudicarli. Ecco alcuni gruppi più celebri.

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Noi abbiamo creduto far cosa utile di riprodurre questo catalogo, aumentato di alcune stelle che dobbiamo al signor Birmingham, e aggiungervi ciò che spetta gli spettri stellari, iniziando così un Catalogo fisico delle stelle, che col tempo verrà perfezionato ed aumentato. In esso sono comprese anche le più importanti stelle variabili di grandezza delle quali parleremo appresso. Ivi troverà oltre le posizioni e il colore, la descrizione degli spettri delle più belle, per l’intelligenza delle quali cose andiamo ad esporre i risultati principali della spettroscopia.

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La pratica, e i principii di spettroscopia sono troppo conosciuti oggidì perchè dobbiamo qui riassumerli, e ripetere ciò che abbiamo già detto nell’opera Le Soleil, quindi, ad essa rimettendoci pel resto, ci limiteremo qui a dire ciò che riguarda esclusivamente le stelle.

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Noi abbiamo usato di ambedue i sistemi senza trovarci una preponderanza considerabile per questi ultimi; giacchè quello che nei primi si perde per assorbimento è compensato dagli altri, per ciò che perdesi in riflessioni troppo oblique. È vero però che è più facile avere un buono spettroscopio a prismi angolari che uno a visione diretta.

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Alcuni astronomi hanno asserito che potea farsi a meno della lente cilindrica, giacchè il prisma genera da sè una nappa dilatata; ciò è vero, ma in pratica noi non abbiamo trovato utile questa pretesa semplificazione, ma invece abbiam sempre veduto migliore l’imagine colla lente e perciò l’abbiamo preferita.

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Per comodità di trovare le stelle abbiamo montato sul corpo del grande cannocchiale un secondo cercatore, che fa col solito di cui è fornito l’equatoriale un angolo di circa 13°, cioè quanta è la deviazione del prisma; questo secondo cercatore è disposto in modo che quando la stella è nel campo del primo, girando l’equatoriale in ascensione retta, la stella viene nel campo del cercatore spettrale, e quindi il suo spettro sta nel centro del campo del refrattore grande.

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Le figure dello spettro di questa classe che circolano nei libri di spettroscopia carichi di numerose e grosse righe nere, per noi sono assolutamente erronee o almeno esagerate: e sì che non abbiamo risparmiato mezzi di ricerche anche fortissimi. Alcune però di quelle righe possono essere dovute all’assorbimento atmosferico tellurico, poichè in Sirio le abbiamo vedute soventi quando la stella era bassa, ma raramente al meridiano. In α Lira, le abbiamo vendute anche al meridiano (27 giugno 1869). Che le sfumature delle linee principali dell’idrogeno nelle stelle grandi fossero reali e non illusione, nè difetto di strumento, si provò da ciò che mentre col prisma obiettivo in β Gemelli le sue righe fine erano nettissime, in Sirio e α in Lira erano invece diffuse e larghe in tal grado che non potevano attribuirsi a difetto dello strumento.

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Osservazioni astronomiche e fisiche sulla grande cometa del 1862 con alcune riflessioni sulle forze che determinano la figura delle comete in generale

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Schiaparelli, Giovanni Virginio 5 occorrenze
  • 1873
  • Ulrico Hoepli
  • Milano-Napoli
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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Abbiamo dunque qui indizio positivo, che la curvatura della coda I giacesse fuori del piano dell’orbita. Sul che ragioneremo distesamente più avanti.

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Abbandonando anche la poco probabile idea di un’azione dei pianeti, abbiamo più sopra espresso come opinione più plausibile, che la forza dirigente in questo caso sia semplicemente una forza enorme di projezione risiedente nel nucleo della Cometa; il che ci ha condotti a concludere, l’orientazione del nucleo nello spazio esser stata quasi costante per tutto il tempo che durò la coda secondaria.

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Questo fatto è intimamente connesso colla forma curvata e asimmetrica della Cometa, di cui abbiamo più sopra discorso; e propriamente l’uno e l’altra sembrano essere un fenomeno identico, considerato in due stadj diversi, cioè nel suo principio ed in una fase ulteriore. Sebbene constatata ad occhio nudo soltanto a partir dal 17 agosto, fu notata anche nei giorni 7 e 10 dello stesso mese.

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Noi abbiamo detto che questa concavità anormale fu osservata anche il 7 e il 10 agosto. Se ne conchiude subito, che la deviazione iniziale della coda osservata nella seconda metà d’agosto, esisteva anche già in misura sensibile e nel medesimo senso in quei giorni. E siccome la Terra il 10 si trovava nel nodo della Cometa, e il 7 era dall’altra parte del piano dell’orbita: arriviamo alla conclusione irrecusabile, che tal deviazione era certamente fuori di esso piano: onde riman dimostrato ciò che prima soltanto era plausibile congettura.

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Con questa concordano intieramente i dati della direzione iniziale della coda e della posizione della sua ultima estremità; onde abbiamo qui un insieme di testimonianze affatto soddisfacente.

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Storia sentimentale dell'astronomia

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Piero Bianucci 9 occorrenze

Un bel paradosso: l’immagine di ciò che abbiamo davanti a noi si forma alle nostre spalle e, per via dell’incrocio dei due nervi ottici, l’inquadratura dell’occhio destro va a sinistra e viceversa. Dalle due immagini, il cervello ne elabora una terza, dandoci la visione in 3D. Se non avessimo due occhi, la nostra vita sarebbe piatta, e non in senso metaforico. La visione stereoscopica si conquista a un anno di vita: ecco perché i neonati quando cercano di afferrare un oggetto spesso mancano la presa.

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Peccato che i riflessi umani abbiamo tempi di alcuni decimi di secondo, mentre la luce percorre tre chilometri in un centomillesimo. Galileo avrebbe concluso che la luce doveva essere almeno 10 volte più veloce del suono ma per la verità c’è chi dubita che abbia davvero eseguito l’esperimento. Rimane il fatto che lo immaginò, e che in mente aveva, come al solito, una sua convinzione da mettere alla prova.

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E poiché abbiamo 10 dita, decimali dovevano essere multipli e sottomultipli delle unità base.

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Da essi abbiamo imparato gran parte di ciò che sappiamo su come si evolvono le stelle dalla loro nascita per condensazione nel grembo delle nebulose alla loro morte più o meno violenta nelle esplosioni di nove e supernove.

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Il mezzo secolo che abbiamo alle spalle per la conoscenza del sistema solare è stato più rivoluzionario dei quattro secoli precedenti. Raccontare questa epopea richiederebbe un altro libro. Accontentiamoci di un cenno alle “nuove astronomie” che captano messaggi inaccessibili ai nostri sensi grazie a strumenti in orbita su satelliti artificiali.

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Di lui abbiamo 17 lettere e un ritratto. Quindici lettere riguardano vicende legate alla cattedrale di Frombork in Polonia della quale fu canonico, la sedicesima tratta la riforma della moneta e la diciassettesima discute questioni astronomiche in modo molto tecnico, senza toccare il problema cosmologico. Bisogna dunque accontentarsi di notizie piuttosto aride e di sapore cronistico. Possiamo invece fidarci del ritratto, forse opera dello stesso Copernico o ricavato da un suo abbozzo di autoritratto. Nel dipinto, che risente del raffinato gusto rinascimentale, vediamo un giovane dagli zigomi sporgenti, labbra ben disegnate, mascella volitiva, capelli lunghi alla Beatles, occhi intensi di color marrone, sguardo laterale come se volesse suggerirci l’originalità del suo punto di vista. L’iconografia ci mostra inoltre un trauma del setto nasale e una cicatrice dovuta a un’arma da taglio sul sopracciglio sinistro.

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Poco dopo, ma non abbiamo date precise, fu la volta di Peiresc, che scrive a Paolo Gualdo: “Nell’ottobre scorso ero in un piccolo paese chiamato Belgentier quando mi accorsi della nuova stella vicino a Giove, a occidente... Scintillava, e ciò mi fece concludere che si trattava di una stella fissa”.

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Ma si può anche immaginare che Homo neanderthalensis e Homo sapiens non abbiamo avuto solo rapporti brutalmente conflittuali. Forse qualche irsuta signorina Neandertal fraternizzò con i più raffinati signori Sapiens, e qualche fanciulla Sapiens apprezzò la rude virilità del popolo Neandertal, tanto da generare una discendenza della quale siamo epigoni.

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Una traccia evolutiva si coglie nello sviluppo dell’embrione umano: a 4 settimane dal concepimento abbiamo una sola orbita, come i mitici Ciclopi. Poco dopo l’orbita migra sopra il naso e si sdoppia. Alla sesta settimana compaiono le palpebre, che poi per apoptosi (suicidio programmato) delle cellule mediane si dividono in due liberando l’occhio. Tre mesi prima di nascere i feti sono in grado di percepire la luce attraverso il ventre materno, ma appena nati vedono bene solo nella penombra, la luce li abbaglia. Si potrebbe dire che nasciamo per osservare le stelle.

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