Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Fisiologia del piacere

170214
Mantegazza, Paolo 1 occorrenze
  • 1954
  • Bietti
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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La sensazione per se stessa semplicissima di quell'oggetto non c'interessa, ma noi lo guardiamo con calma e indifferenza, senza che quella vista ci abbia ispirato la menoma idea. Altre voile invece contempliamo sorridendo un bambino che dorme nella culla, senza che quella vista ci ispiri alcun affetto o eserciti in qualche modo il nostro pensiero. È un'emanazione armoniosa del cuore che si confonde coll'immagine degli occhi, un pensiero senza forma che rimane allo stato latente e non si esprime. Questo fatto psicologico è molto delicato, e richiede una grande abitudine di osservazione per essere sorpreso; ma non è per questo men vero, e chiunque può farne sopra di sè la riprova. In ogni modo, esso è molto fugace, e si verifica di rado in tutta la sua purezza. Molti oggetti coi loro caratteri matematici e fisici suscitano subito in noi un'idea primitiva e indefinita, che forma la prima sorgente del piacere. La simmetria e la proporzione c'ispirano l'idea dell'ordine e della calma, e noi riposiamo lo sguardo con vera compiacenza sugli oggetti che ne sono forniti. Il disordine e la confusione invece o ci dànno una immagine ridicola che ci diverte per il contrasto che presenta col tipo di perfezione che abbiamo in noi, ovvero ci ispirano un ribrezzo che può anche essere piacevole. Quanto al bello, che nasce dalla mancanza di simmetria e di ordine, si può piuttosto divinare che spiegare, come quando ci si trova alla presenza di un orrido. Forse si può dire che la brusca disubbidienza alle leggi piace per l'ardimento che ci pare di vedere nella natura o nell'arte che se. n'è fatta colpevole, e perchè la forza, sotto tutte le forme, ha sempre qualche cosa di grande che esalta e piace. Il disordine degli oggetti inanimati può gradirci, specialmente quando essi sono in movimento, perchè ci dànno l'immagine di una specie di vita. Comunque sia, il disordine tradizionale della bottega del rigattiere ci riesce assai più piacevole dell'ordinata e regolare distribuzione delle pezze di panno del magazzino di un mercante; nello stesso modo che il sublime caos di un oceano che mugge è uno spettacolo assai più bello della tranquilla superficie di una palude qualsiasi. L'immensità di alcune immagini ci ispira l'idea dell'infinita grandezza del mondo e della nostra piccolezza, in un contrasto piacevole al quale spesso si associa anche la compiacenza di potere col nostro occhio abbracciare tanta vastità di orizzonte. Quando contempliamo dalla spiaggia l'immenso piano del mare e la volta del cielo che, in curva maestosa, si confonde coll'estremo limite di un orizzonte incerto e nebuloso, noi abbiamo sotto i nostri occhi un'immagine sensibile dell'infinito, e con lo sguardo vaghiamo su quel deserto smisurato di acque e di cielo cercando invano un confine e un punto fermo su cui riposare. L'apparire improvviso di una vela, in mezzo a quella solitudine che ci confonde, rianima a vita anche il sentimento, facendolo concorrere al nostro piacere; e nello stesso tempo gustiamo l'idea purissima dell'infinito e l'affetto simpatico per ciò che è vivo ed umano. Questo è l'elemento fondamentale del piacere che si prova alla vista del mare, e che forma quasi il telaio sul quale si possono tessere poi le più splendide combinazioni delle gioie del sentimento e della mente. La piccolezza estrema degli oggetti suscita pure in noi l'idea dell'infinito, mostrandoci in qual modo i confini del microcosmo non abbiano limiti come gli spazi imponderabili del cielo. I piaceri che si provano in questo campo formano l'attrattiva principale delle ricerche microscopiche. È poi veramente singolare il fatto che ci porta molte volte ad amare alcuni oggetti per la sola ragione che sono piccoli. Pare che noi associamo ad essi l'idea della debolezza, e che ci sentiamo ispirati ad averne compassione e a proteggerli, anche quando essi non hanno vita. Altre volte essi ci ridestano il desiderio di possederli; per cui, prendendoli fra le mani e guardandoli con attenzione, atteggiamo il volto all'interessamento e alla simpatia. Questo genere singolare di piaceri non si prova in tutta la sua intensità, che quando l'oggetto è ben definito e costituisce un vero individuo. Difatti, il frammento angoloso di una roccia, per quanto piccolo, non produce in noi il piacere che gustiamo nel contemplare un ciottolino liscio e rotondetto; come pure la barba di una penna d'oca non ci interessa quanto un piccolo fagiuolo. A questi piaceri, per se stessi minimi, si collega spesso l'attrattiva speciale di alcune Il moto concorre ai piaceri morali della vista con molti elementi. Innanzi tutto, essendo uno dei sintomi essenziali di ogni specie di vita, ci ridesta la simpatia che abbiamo per ogni essere vivente. Quando il movimento intenso è prodotto dall'industria umana, noi ce ne rallegriamo, compiacendoci della nostra potenza. Quando invece il movimento è naturale, ci ridesta quasi sempre sentimenti più umili e delicati, a meno che non si sia riusciti colle nostre ricerche a scoprire un moto che non si rilevava spontaneo ai nostri occhi. I movimenti naturali producono due classi di piaceri ben distinti a seconda che siano alterni o continui. In generale i primi ci commuovono ad una affettuosa malinconia, mentre i secondi ci fanno gustare i piaceri grandiosi e tristi che si hanno dalle immagini dell'infinito. L'onda, che fremente si rompe sulla spiaggia e poi si allontana per tornare in alterna vicenda, ci interessa e ci consola, perchè ci rappresenta il moto della vita: il giorno dopo la notte, il riposo dopo la fatica, il riso dopo il pianto, il ritorno dopo la partenza. Invece lo scorrere lento e non interrotto delle acque d'un fiume ci tiene assorti in cupa contemplazione, che riesce piacevole solo per la grandezza delle idee che ci desta. L'acqua che scorre ai nostri piedi, scherza e si muove, ma passa e non ritorna; il vortice che molina e si scioglie è seguito da un altro che lo incalza e poi sparisce; la foglia che cade dall'albero è trascinata via e non ritorna; e sempre instancabile, continua, un'onda segue l'altra e il moto mai non riposa. Questo spettacolo ci offre nei suoi elementi una formula assoluta dell'eternità, un esempio del sempre. Il suicida che s'affaccia ad un fiume per precipitarvisi, ritornerebbe più facilmente addietro, se invece dell'onda inesorabile che passa e non ritorna, vedesse il lieto alternarsi delle onde sulla viva d'un lago. Anche la luce nei suoi diversi gradi di intensità può avere un valore morale. Quando è intensa ci ridesta alla vita; quando è debole e incerta ci ispira alla malinconia e alla calma. La luce di una mediocre intensità, ma tremula, ha una attrattiva speciale, e se ne ha un esempio magnifico nella calma voluttà che ci prodiga l'astro della notte. I colori hanno un valore morale di una certa importanza nei piaceri della vista. Noi chiamiamo allegri il rosso, il bleu e il giallo, che sono i tre colori fondamentali, mentre diciamo tristi il nero, il grigio o il cinereo, puro e verginale il bianco. Questo fatto, che si riscontra in tutte le lingue, dimostra più d'ogni altra cosa la natura intellettuale delle sensazioni della vista. Quasi tutti hanno una speciale simpatia per qualche colore: io, ad esempio, amo con trasporto l'azzurro. Nei paesi caldi si preferiscono i colori più vivi, mentre, là dove il sole sorride di rado, anche gli uomini amano meglio le tinte meno tenui e più cupe. Molte nazioni negre hanno una vera passione per i colori più sgargianti. Alcuni colori poi producono immensi piaceri per le memorie che vi si riferiscono; e l'esule può, in lontani paesi, piangere di gioia alla vista della bandiera tricolore. Gli esseri viventi ci interessano molte volte al solo vederli, per l'affinità naturale che abbiamo con essi; e il piacere riesce in generale tanto maggiore quanto più essi ci assomigliano. I vegetali, per quanto siano lontani da noi per ogni principio di affinità, e per quanto la loro vista sia fredda e priva di movimento spontaneo, pure ci interessano assai più dei minerali per la parte che prendono ai piaceri della vista. Il prigioniero, che tra le connessure delle pietre del carcere scorge una tenera pianticina di lichene, prova un piacere molto superiore che se avesse trovato un minerale pregiato. Le parti di una pianta che in generale ci interessano maggiormente sono i fiori, perchè appunto in essi la vita si mostra in tutto il lusso delle sue forme e dei suoi colori. La bellezza delle forme e la varietà dei colori, infatti, hanno gran parte nel piacere che ci dànno i fiori, ma non ne costituiscono l'elemento principale. Talvolta il fiorellino più modesto ci interessa assai più di un magnifico fiore smagliante, perchè una simpatia misteriosa ci lega a questi esseri delicati, a queste tenere creature del mondo vegetale. Gli animali possono piacere, quando non siano schifosi o non ci incutano paura. Tutti però in qualche circostanza possono concorrere alle gioie della vista. Il rospo si ammira nelle vetrine dei musei, come la tigre ci piace meglio quando è chiusa fra le sbarre di un serraglio. Alcuni animali ci interessano per la loro piccolezza, e il piacere che si prova contemplando una formica che passeggia sulla nostra mano, scomparirebbe del tutto, se quell'insetto avesse la proporzione di un coniglio. Altri animali rallegrano la vista col brio dei colori, colla vivacità dei movimenti, colla stranezza delle forme: alcuni di essi ispirano l'affetto, altri la curiosità. Le fiere ci dilettano per la loro potenza muscolare. L'uomo è l'animale che ci interessa più di tutti gli altri ed è naturale, sia perchè ci riguarda direttamente, sia perchè è l'essere superiore nella scala della creazione. Più d'una volta mi sono sorpreso in atto di ammirare la bellezza delle forme e la nobiltà dell'incesso che lo caratterizzano. La vista dell'uomo poi ci risveglia subito quell'affetto indistinto, che è il fondamento e la ragione prima della società. Il piacere che proviamo in questo caso sale poi di grado, a seconda dei vincoli che ci legano alla persona che vediamo. Fra lo sguardo affettuoso di una madre che divora cogli occhi il bambino che tiene fra le braccia, e l'occhiata distratta che gettiamo a chi passa per via accanto a noi, sta un mondo intero di sensazioni e di piaceri, che si riferiscono al sentimento. L'incontrarsi degli occhi è sorgente di gioie immense. Quando abbiamo dinnanzi a noi un uomo, possiamo contemplarlo e analizzarlo da capo a fondo; ma se egli si allontana senza averci guardato, noi restiamo stranieri l'uno all'altro, e la sensazione e le idee che egli ci ha destate si chiudono nei limiti del nostro io. Ma se ad un tratto i nostri occhi si incontrano, noi ci troviamo in rapporto intimo di fratellanza, e ci mandiamo mentalmente il saluto dell'uomo all'uomo. Questa corrispondenza misteriosa degli occhi non può farsi che fra esseri della stessa specie: e quando anche il nostro sguardo s'incontrasse con quello del cane che ci ama o del cavallo che ci porta, il piacere sarebbe languido e puramente sensuale. L'uomo, invece, col balenar dell'occhio, parla all'uomo e lo intende, e le due coscienze sembrano affacciarsi l'una all'altra. Una sensazione della vista può essere piacevole per le memorie che ridesta in noi. L'esule che, tornando in patria, dall'alto d'un colle scorge una semplice macchia bianca, ch'egli intuisce essere la sua casa paterna, la contempla con un vero delirio di gioia, senza che l'immagine sia per se stessa interessante. Egli contempla un oggetto che gli è caro e di cui adora anche l'immagine, e rimane sospeso fra la sensazione e il mondo di memorie che sta dietro ad essa, ma che ancora non si schiude; ed egli guarda e riguarda e si arresta, piangendo di gioia, sopra un'immagine che è pur sempre la stessa, ma che per lui diventa sempre più interessante, quanto più egli la contempla. Sotto questo aspetto, il valore morale degli oggetti può crescere a dismisura il piacere che ci danno colle loro immagini. La vista di una quercia può far delirare di gioia l'Europeo, che da lunghi anni non vede che palme e felci. Una donna che fila può far piangere lagrime soavi ad un soldato, cui rammenta la sua vecchia madre e i racconti del focolare domestico. Io non posso vedere senza compiacenza il cortile di una casa dove cresca dell'erba, perchè è sull'erba di un cortile che io ho tentato i primi passi, ho trascorso le ore più care della mia infanzia cacciando insetti e giuocando coi ciottoli, e dove ho gustato le sensazioni più vergini. La passione dominante rende piacevole la vista degli oggetti che vi si riferiscono, e produce in questo modo una infinità di piaceri diversi. Il sibarita guarda con gioia la polvere veneranda di una bottiglia a cui sta per dare l'assalto, mentre il bibliofilo palpita di piacere vedendo, ad un tratto, nei palchetti di una libreria un libro che ancora non possiede. In questo modo anche gli oggetti più indifferenti o anche ripugnanti possono essere fonti di gioia. Il malacologo ritorna a casa festoso dalla passeggiata, per una nuova lumaca che è riuscito a prendere; mentre l'anatomico rimane collo scalpello sospeso, nell'atto di una compiacenza superiore, sopra un cadavere ributtante, perchè egli ha sotto gli occhi un caso di inaspettata importanza.

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