Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Numero di risultati: 324 in 7 pagine

  • Pagina 2 di 7

Da Bramante a Canova

250938
Argan, Giulio 1 occorrenze

Non tanto interessa stabilire che cosa l’artista abbia ideato e non potuto realizzare (su questo punto siamo abbastanza documentati); ma come, nel naufragio, abbia salvato il salvabile, recuperato valori compromessi, messo a profitto le circostanze avverse ed, infine, È fatto il restauro del restauro: tenendo presente che non tanto l’invenzione brillante quanto proprio il tormentoso svilupparsi dell’idea attraverso i dati di fatto, propizi o contrari, è il carattere veramente nuovo della progettazione borrominiana, sempre intimamente legata al farsi, alla vicenda esistenziale dell’opera.

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Della scultura e della pittura in Italia dall'epoca di Canova ai tempi nostri

251592
Poggi, Emilio 1 occorrenze
  • 1865
  • Tipografia toscana
  • Firenze
  • critica d'arte
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, dichiaro che io ebbi soltanto in mira di accennare le diverse fasi che subì questa bellissima figlia del genio dall'epoca dell’ultimo risorgi mento fino ai tempi nostri, nei quali è innegabile abbia operati grandi progressi da non dovere ella fra non molto invidiare i vantaggi della sua prediletta sorella, se i di le cultori, gelosi sempre del proprio onore, persisteranno nello studio delle buone scuole.

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La storia dell'arte

253094
Pinelli, Antonio 4 occorrenze

In una mostra tenutasi a Roma alcuni anni fa, intitolata Gaspare Vanvitelli e le origini del vedutismo, erano presenti un centinaio di suoi dipinti di diverse dimensioni e anche vari suoi disegni quadrettati (figg. 138-139), che dimostrano come egli abbia utilizzato la camera ottica da vari punti di vista, avvicinando e allontanando la camera dalla veduta per riuscire a definire anche i dettagli più minuti.

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Nel bassorilievo posto sul basamento della statua del San Giorgio, dov’è rappresentato il Combattimento di San Giorgio con il drago per liberare la principessa (fig. 142), troviamo uno dei primi esempi di stiacciato, utilizzato per la realizzazione dell’edificio porticato e della grotta in prospettiva, mentre nelle assai più tarde formelle bronzee dell’Altare del Santo, nella Basilica di Sant’Antonio a Padova (fig. 143), vediamo quali complessi risultati prospettici abbia raggiunto questa tecnica di rappresentazione dello spazio, che fu messa a punto da Donatello e si diffuse largamente, sia in Toscana che altrove, diventando pratica comune agli scultori di tutta Europa.

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A questa ipotesi fa eco, poco dopo, quella di una studiosa, Fiorella Sricchia Santoro, che tenta di dare un nome a questo «terzo» ipotetico maestro presente negli esagoni di Orvieto, ipotizzando che il grande pittore francese Jean Fouquet, presente sicuramente a Roma negli anni Quaranta, quando dipinge un ritratto del pontefice Eugenio IV (purtroppo andato perduto), possa essere passato da Orvieto e abbia lasciato prova della propria notoria perizia ritrattistica negli esagoni della Cappella di San Brizio.

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Con Giotto questo progressivo abbandono degli stilemi astratti in favore di un nuovo naturalismo diviene un fatto compiuto: nel suo celebre Crocifisso fiorentino (fig. 65), si può dire che Giotto abbia rappresentato, appeso sulla croce, un uomo in carne ed ossa. La tensione dei muscoli e dei nervi rende evidente il peso di quel corpo senza vita, che grava verso il basso e, per dirla con Dante, «come corpo morto cade».

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Le due vie

255020
Brandi, Cesare 3 occorrenze

Se io mi trovo di fronte ad una montagna, sentirò di colpo la montagna, in modo diretto e immediato: solo in un secondo momento potrò indagare, interrogare questo fenomeno che è la montagna, e cioè accantonare la sua presenza imminente, oggettivandola, per indagare come si sia formata, di quali strati geologici sia composta, e anche che cosa abbia significato per un dato popolo o lungo il succedersi delle varie epoche.

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Il problema allora è, se un contrasto simile fra le due meccaniche abbia o no portato ad un conflitto col principio di identità: ma è chiaro che, non potendosi avere pensiero valido al di fuori del principio di identità, il principio di indeterminazione non avrebbe potuto essere formulato, se un’inconciliabilità resultasse col primo. Infatti il principio di indeterminazione non contrasta col principio di identità, ma col principio di causalità, che non rappresenta una struttura inderogabile, valida in ogni direzione, del pensiero, e solo costituisce una struttura efficiente dove possa intervenire quella verifica sperimentale che consente di trasformare una successione nel tempo in un nesso causale.

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Né è rimasto campo dell’attività umana che non abbia ricevuto una teorizzazione che seguisse o riflettesse quella che a tutti si poneva a modello nelle scienze naturali.

Pagina 85

Leggere un'opera d'arte

256582
Chelli, Maurizio 2 occorrenze
  • 2010
  • Edup I Delfini
  • Roma
  • critica d'arte
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Ella poi è rappresentata al di là di un muricciolo che la separa dallo spazio reale, ossia lo spazio del riguardante, quasi che l’artista abbia voluto così simboleggiare un confine tra la “vita attiva” e la “vita contemplativa”, tra il tempo vissuto e il tempo che resta da vivere.

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Il gruppo composto dal Cristo e da Giuda è di dimensioni maggiori rispetto a quello dei soldati, e questo non è dovuto al fatto che l’artista abbia voluto rappresentare un effetto di profondità, per richiamare la distanza tra gli stessi, ma ad un principio di “gerarchia simbolica”.

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L'arte contemporanea tra mercato e nuovi linguaggi

256734
Vettese, Angela 1 occorrenze

Ernst Gombrich afferma che l’arte in sé non esiste, esistono soltanto gli artisti con le loro opere; Larry Shiner è convinto che la storia dell'arte abbia iniziato a esistere nel XVII secolo, mentre non solo nel Medioevo, ma persino nel Rinascimento, gli artisti erano considerati solo dei buoni artigiani; Morris Weitz afferma che qualsiasi definizione di arte renderebbe impossibile la creatività artistica.

Pagina 12

Personaggi e vicende dell'arte moderna

260806
Venturoli, Marcello 7 occorrenze
  • 1965
  • Nistri-Lischi
  • Pisa
  • critica d'arte
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E par davvero, davanti a molti dei suoi disegni migliori, di ritrovare, rispecchiato, il senso di una scoperta della realtà, di un viaggio nella realtà, su una immagine fissa, ma sempre diversa per la ricchezza arcana degli episodi che essa imprigiona. così il segno di Shahn è sicuro e al tempo stesso timido; netto, con la autorità quasi meccanica del grafico industriale e tuttavia sviluppato nel giro di una felice incertezza, quasi che la penna abbia intoppi frequenti a mano a mano che scorre e incontra difficoltà da superare senza fretta, pena uno sgarbo irreparabile.

Pagina 216

Si potrebbe dire che il massimo paladino italiano dell’astrattismo, nel sottolineare i momenti e le istanze «decorative», magiche, ermetizzanti del pittore romano abbia la sua parte di ragione, colga a suo modo nel segno. Ma la pittura di Mario Mafai è, nel suo insieme, un’altra cosa, vive una sua vita e una sua pienezza, malgrado l’opinione dell’illustre critico.

Pagina 258

Che poi, come scrive Marchiori, il raggiungimento della libertà interiore abbia salvato Guidi dal declino della vecchiezza, è vero soltanto sul piano umano, psicologico; sul terreno dei risultati, il Guidi di ora (non parlo certo del pittore di domani) è assai più «preistorico» ed inconsistente nelle sue tragedie senza voce, nelle sue sceniche tempeste di virgole animate, che non nei paesaggi di Venezia dagli anni 1928 al 1943, di cui nella Mostra, non a caso, manca totalmente l’esempio.

Pagina 300

Chi guardi i gruppi dei contadini dipinti nella seconda sala proverà subito una impressione nuova e singolare, quasi che i contadini incontrati da Levi si inseriscano nel taglio dei quadri come dentro una finestra, nella quale Levi abbia posato il suo sguardo. Il pittore scrive nella sua premessa in catalogo di aver dipinto dei frammenti di una più vasta narrazione; ma il poema è tutto nei frammenti, aggiungiamo noi, è in questo modo di guardare per quadri, una realtà troppo cruda, troppo articolata e intensa, per essere detta tutta. Almeno da Levi.

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Ma se Capogrossi è forse l’unico tra gli artisti della scuola romana che si è rinnovato in radice, i risultati di questo rinnovamento sono essenzialmente formalistici e molto spesso meccanici; non si direbbe proprio che il «nuovo corso» abbia giovato all’artista nella libertà della fantasia: imparato o scoperto questo nuovo alfabeto, Capogrossi ripete da quindici anni, con oscillazioni più o meno fisse e reperimenti piuttosto cauti della lezione di Magnelli e di Arp, la sua scrittura; in campiture e segni, in collocazioni e analogie, in schiere e in tribù sempre diversi, ma sempre nell’ordine del divenire meccanico, immaginativo: la fantasia non è molto amica di questo artista coraggioso e meritevole di rispetto. Qualche cosa di molto simile potrebbe esser detto di Leoncillo, squisito e patetico espressionista figurativo, divenuto poi cubisteggiante e in ultimo informale; ma non ci par proprio che Leoncillo abbia l’estro e l’intraprendenza fantastica, per esempio, di un Fontana; in lui, se non cova più la nostalgia del passato, è forse ancora una eccessiva compunzione nei confronti degli ultimi «ismi», sempre un atteggiamento troppo sperimentale e, nell’esperimento, edonistico. Si potrebbe perciò concludere che nella generazione antinovecentista coloro i quali sono oggi astrattisti (di Mafai non è davvero necessario parlare; l’ultima sua pittura è il sintomo della sua vecchiezza) non rappresentano il meglio di essa, ma soltanto un arrivo oltre il traguardo, per una gara che non li presupponeva; la vera gara, se così possiamo esprimerci, resta quella di una generazione impegnata nei modi dell’avanguardia storica, essenzialmente figurativa.

Pagina 329

Sembra, insomma, che l’animo ipersensibile di Guerreschi abbia subito un trauma durante questa seconda guerra mondiale, e che da questa spaventosa impressione egli non si sia più riavuto, non abbia voluto liberarsi del tutto: sembra che per Guerreschi la guerra sia scoppiata ieri e che sotto un certo profilo duri anche adesso.

Pagina 389

Le sue «miniature», come le chiama Konrad Rothel sono effettivamente «tra le cose più belle» che egli abbia eseguito dopo il 1956, ma non ci sembrano valori pittorici assoluti: intanto il loro maggior limite è quello di essere state eseguite, a così grande distanza di tempo dai primi analoghi esperimenti di Klee, con la medesima misura nella quale operò il maestro; accenti grafici precisi, raffinati e levitanti, di cose e paesi, di ambienti e di stagioni, sudari di decalcomanie, trepidi caleidoscopi di immagini su spazi candidi, non più grandi di un fazzoletto; noi siamo persuasi che l’artista abbia messo in questi poetici giuochi tutto il fervore e tutto l’amore inventivo di cui dispose Klee; però la misura minima di queste opere tradisce il distacco e precipita l’artista nell’imitazione.

Pagina 67

Saggi di critica d'arte

261856
Cantalamessa, Giulio 1 occorrenze
  • 1890
  • Zanichelli
  • Bologna
  • critica d'arte
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Si direbbe ch’egli abbia sempre un po’diffidato di sè stesso, evitando difficoltà, salvo quelle che nessun artista può schivare, perchè sono inerenti all’arte: le difficoltà del buon disegno e della modellatura che rende onestamente le apparenze del vero. E certo egli le supera abilmente; ma resta nell’opera sua l’indizio d’una lunga fatica, che le forze dell’ingegno hanno sostenuta bene, sì, ma lunga ad ogni modo e paziente ed anche talora alquanto sfreddata dell’entusiasmo che doveva aver avvivato la prima concezione; sicchè si pensa che l’artista abbia adunato a raccolta tutte le sue energie e le abbia spese compiutamente, mentre è proprio dei veramente grandi far cose perfette con tal disinvoltura apparente da non dar segno di esser giunti ai limiti estremi del loro potere. Non cerca neppure novità, non modifica con varianti ingegnose i motivi tradizionali, pago di serbarsi la sola libertà di interpretarli a seconda del suo cuore. Poco gli basta. Madonne in trono col putto; santi a destra e a sinistra simmetricamente, e non mai uno scorcio, salvochè talvolta nelle gambine degli angioli che si compiace di porre seduti alla base del trono. Si contenta di essere nulla più che un compositore ragionevole, e non gli passa mai nella mente il proposito di sorprendervi con una trovata imprevista. Non si sprigiona dalle sue invenzioni il sentimento di una forza nuova, non ne esce quel che fu detto grido dell'anima, quel poderoso scatto delle sensibilità eccezionali, quel fremito che or delizia lo spettatore, or l’impaura, sempre lo soggioga.

Pagina 30

Scritti giovanili 1912-1922

264857
Longhi, Roberto 25 occorrenze

Ma lo sviluppo più completo del colorismo zuccherino, delle ombre lucide e chiare, della superficie spaziosa e leggera che si compiace voluttuosamente del piegare le stoffe preziose seriche e cangianti, è quello che compie in questi anni l'artista pisano Orazio Gentileschi che, di certo, è il più maraviglioso sarto e tessitore che mai abbia lavorato fra i pittori..Ma quanto più s'intensifica il senso dell'epidermide tanto più diviene manchevole il senso di spessezza della sostanza pittorica che è affatto senza direzione. Le sue membra giallognole sfumate con dolcezza e trasparenza infinite nei loro declivi lentissimi paiono in realtà non pesare più che membra d'alluminio.

Pagina 114

Ma non è propriamente Boccioni che abbia bisogno di esser messo in guardia. Esprimevo le deviazioni possibili di questo stile che come tutti gli stili altissimi ha un suo equilibrio tragico. Boccioni - ch'io vorrei chiamare un Van Gogh che sente i volumi - non può rischiare una caduta verso il serpentino: non può permettere che l'ambiente stravinca; l'esaltazione del senso organico sempre all'erta nella forma è forse il suo massimo titolo di gloria, forma il nucleo più concreto dell'arte sua, e basta da sola per non farci temere di nulla.

Pagina 161

Anche parla di copie che Caracciolo avrebbe tratto di sulle opere napoletane del Merisi, e sebbene quella che cita della Flagellazione di Cristo alla Trinità degli Spagnuoli, in dubbio se attribuirla a Battistello o a Vaccaro, non esista più e forse non sia mai esistita, è difficile credere che B. non abbia veramente e ripetutamente copiato le opere del maestro. Vediamo di dimostrarlo meglio.

Pagina 180

Meglio è rivolgerci addirittura alla tela più importante, io suppongo, che Battistello abbia fatto fra le prime opere studiate e la notissima Lavanda del periodo maturo a San Martino: io mi riferisco alla Immacolata Concezione con San Domenico, Sant' Antonio da Padova e Adamo [figura 90], ch'è in un ripostiglio della sagrestia di Santa Maria della Stella 21. V'è tale rinascita di caravaggismo in questo capolavoro che noi non potremmo creder l'opera che di poco, seppure, posteriore al soggiorno romano di Battistello.

Pagina 190

L'Adorazione dei Magi [figura 99] nel Capitolo va citata soprattutto,per negare la strana fiducia riposta da altri in un documento o falso o riferentesi ad altro32, in base a che il quadro sarebbe di un ignoto Alberto de Rubeis, mentre i soliti caratteri di plasticità brunita e livida, di gesti stracchi, di panneggi pesi, e mille riscontri particolari, che ometto perché superflui a chi abbia occhi per guardare, bastano a convincere che l'autore è Caracciolo, come i vecchi scrittori napoletani han sempre ammesso.

Pagina 197

Lo si sente di finezza non comune quando abbia a rendere l'esattezza di delicati rapporti di colori in luci chiare, ma anche troppo attaccato al modello e al particolare, e privo di capacità integrativa, quando gli manchi dinanzi il naturale.

Pagina 225

Penso ch'egli abbia avuto ragione ed aggiungo che l'opera deve cadere nel periodo genovese, perché un quadro affatto simile attribuito a Guido è descritto dal Ratti a Palazzo Spinola, donde forse passò a Pisa 35.

Pagina 239

La quale non potendo esplicare la sua funzione veramente stilistica è costretta ad una che rimane in fondo realistica, per quanto abbia ad essere dolce, e poetica.

Pagina 30

Per la scultura egli si sbriga in poche parole, affermando che una scultura specificamente senese, salvo il fenomeno Iacopo della Quercia, non c'è; e qui gli potremmo quasi dar ragione se non credessimo che in certa scultura policroma Siena abbia prodotto, già oltre gli inizi del Rinascimento, delle cose superbe e singolarmente proprie, anche perché seguitatrici di certi spiriti medievali, inestinguibili in essa. Ma anche questa sarebbe troppo lunga dimostrazione, in gran parte da preparare; sebbene già con sospetti di certezza.

Pagina 306

Pagina 311

Si risponderà agevolmente che sapendosi l'autore di quegli affreschi essere quell'Altobello Melone che l'anonimo Morelliano afferma «discipulo de Armanin» non resta che da ammettere che Altobello abbia semplicemente praticato certe tendenze già attuate da Romanino prima del 1519, prima anzi del 1517.

Pagina 332

Infine non è affatto impossibile che Romanino abbia potuto apprendere parecchio dal metodo rapido e violento di Altobello Melone. La certezza, naturalmente, verrà soltanto quando la stranissima mistione stilistica operatasi a Cremona tra il 1510 e il 1520, sarà completamente schiarata. All'uopo noi speriamo che a qualcosa abbia servito presentare i due Santi cavalieri di Lovere, punto così chiaro di rapporto, nello svolgimento artistico di Girolamo Romanino pittore «veneziano».

Pagina 335

Ma non pare ch'egli abbia dimostrato in modo inconfutabile la paternità di Niccolò per l'Arca di San Ranieri a Castel Vitturi presso Spalato, nella quale veramente non vi è solo del donatellismo, ma anche dell'Agostino di Duccio e attraverso questi persino un risalire a forme robbiane anche in quel trattare la superficie del marmo col senso della maiolica.

Pagina 363

Aspettiamo di conoscere lo studio più ampio del F. per pronunciarci sulle distinzioni ch'egli dice d'aver condotte sottili, tra Niccolò, Andrea Alessi e Giovanni Dalmata; per ora non possiamo dichiararci soddisfatti di questo saggio, e anche consigliamo il F. a sveltirsi nella conoscenza dell'italiano, poiché supponiamo benignamente che solo da un mancamento siffatto possa provenire l'asserzione che il Venturi abbia attribuito ad Alessandro Vittoria il San Giovanni Evangelista della cappella Orsini, mentre tutti ricordano averlo il Venturi attribuito all'Alessi, ed aver inoltre dichiarato esplicitamente di ritenere del '400 tutte le sculture della cappella Orsini biasimando persino l'errore del Kukulievjc che aveva creduto di vedervi in qualche parte la mano del Vittoria.

Pagina 363

Anche più raro è lo scrigno di Santa Cunegonda, che si potrebbe dire quasi un «pendant» di quello famoso di Santa Cordula, conservato a Cammin in Pomerania, L'uno e l'altro sono fra gli esempi più belli e affascinanti che ci abbia lasciato l'arte scandinava, che domina artisticamente anche la Pomerania nella prima metà del XII secolo; epoca cui risale con ogni approssimazione il mirabile cofanetto di Santa Cunegonda, decorato di originalissimi fermagli zoomorfici, e di inestricabili intarsi in osso.

Pagina 376

Chi ora abbia fra mano la Guida del Touring e la esamini con certa attenzione, crede dapprima di rilevare nelle citazioni e nelle distribuzioni degli asterischi un certo spostamento del polo magnetico dal quattro e dal cinquecento al sei e al settecento; se una riflessione oltremodo facile non l'avvertisse che ciò risulta dalla maggior larghezza con che ogni argomento e perciò anche l'arte è riferito nella Guida; ed anche dipende dai luoghi presi in esame fin qui, ove l'arte che predomina non è certo la primitiva.

Pagina 394

Non è da coteste parti che si trova il poco di buono che l'arte italiana dell'800 abbia prodotto; e non dovremo poi avercela a male se gli stranieri così male informati da noi, proprio da noi, continueranno a spicciarsi in due righe e rotti della nostra arte moderna. I brevi cenni che il Sapori fa precedere ad ogni volumetto sono privi di qualsiasi valore.

Pagina 449

Non ci pare, a dir vero, che in essa il P. abbia raggiunto quel grado necessario e sufficiente di chiarità concettuale che occorre agli avversari per intavolare una discussione; eppure sarebbe stato opportuno poterlo fare da che sembra il P. si volga - se pure con certo alone di rimpianto - contro la «critica figurativa pura» dei meriti o dei difetti della quale siamo in Italia i soli intimamente responsabili.

Pagina 455

Il simile giova replicare per 1'Austria, spezialmente per Vienna, dove non si dorrebbe ormai per gli occhi Monsignor Bottari, risorgendo a mirar la gran macchina del Pozzo non più a Sant'Ignazio ma nell'aula grande del Lictenstain; più godrebbe che il Guglielmi, questo sventuratissimo soggetto Romano, abbia per vaghezza, per dolcezza, per discorde armonia, di molto superato le soffitte di San Spirito in quelle di Sciombrunn [figura 180]; di certo scuola indicibile per que' nazionali.

Pagina 477

Io non so se il signor Mengs abbia oltre ad Ercolano perlustrato anche Napoli; in tal caso egli avria riscoperto fra que' nostri municipali de' consanguinei di Velasquez, senza bisognare di Madrid.

Pagina 486

Veggo di essermi fin troppo indugiato nel viaggio, ma chi volesse ora sfrondarlo delle lungaggini e, come direbbe il conte Algarotti, de' truismi che vi spesseggiano, gli bisognerebbe più tempo e più fatica che non abbia io durato a regger la barra fin qui.

Pagina 492

Non v'è forse che Picasso nel suo Uomo Nudo che abbia compreso quale sia il genere di curve che racchiudono il moto: là, da un gheriglio ellissoidale si sferrano curve rade e ampie che fan procedere il corpo come per torsione.

Pagina 50

È infatti così: questa serie mirabile, talora di notazioni, talora di disegni che, come quelli dei vecchi maestri, si conchiudono in una loro perfezione non tramutabile in pittura, sono uno dei commenti più energetici che la fisicità corporea abbia ottenuto, e vivere con essi vuol dire esaltarsi ad ogni istante in un particolare atteggiamento vitale. Non molto diverso è il senso di rinnovata energia che sorge vivendo i disegni di Michelangelo.

Pagina 54

L'A. crede che l'allegoria non abbia alcun carattere politico, platonico, o religioso, ma raffiguri il lamento del tempo (le parti del giorno) sovra gli eroi morti. I Fiumi che erano nel progetto di Michelangelo avrebbero rappresentato la dominazione terrena, cui gli eroi sono stati sottratti. Nello stato attuale della cappella egli riscontra, quanto allo stile, un contrasto ineliminabile tra l'architettura e la scultura.

Pagina 57

Non bisogna credere però che Vittoria Colonna abbia compreso un'acca del ragionar filato di Michelangelo. Tant'è che dopo una meravigliosa effusione di nazionalismo artistico del Buonarroti, la quale non è poi che una espressa disperata speranza che l'arte debba restare dove ha seguitato per un gran pezzo con intenti realmente lirici, ed è invece interpretata banalmente da Francisco de Hollanda col sussidio di spiegazioni etniche ambientali culturali, che i nostri artisti si son poi, col tempo, accaniti a smentire; la marchesa con ottuso ardimento si rifà da capo tramando il tema: «Qual sarà mai il virtuoso e pio (se anche non abbia aspirazioni vere alla santità) che non faccia gran conto o non adori le spirituali contemplazioni divote della pittura sacra?» in un compendiolo di illustrazione religiosa. Nulla di più semplice, poi, col trapasso con che applica lo stesso assunto alle cose della terra: pittura dilettosa pittura insegnativa pittura curiosa. E infine: vero e proprio ritrattismo, coi tipi; eroico, di belle donne, e a ricordi di famiglia.

Pagina 6

L'arte è contemporanea. Ovvero l'arte di vedere l'arte

266773
Sgarbi, Vittorio 2 occorrenze
  • 2012
  • Grandi Passaggi Bompiani
  • Milano
  • critica d'arte
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La coincidenza fra stile e immagine crea in questo modo un rapporto abbastanza automatico nonché anche per chi abbia attenzione e sensibilità artistica una certa resistenza al godimento dell’arte contemporanea. Essa, infatti, è infinitamente ripetitiva, quindi preclude facilmente il passo alla pittura figurativa, giacché tagli, sacchi, linee sono soggetti più facili da ripetere rispetto alla figura. La pittura astratta, la pittura informale, viene spesso identificata con lo stile di un autore che si riproduce nello stesso soggetto anche perché se applicasse lo stesso concetto alla figura rischierebbe di diventare insopportabilmente ripetitivo, come è accaduto per esempio ad artisti come Bueno.

Pagina 52

Di un’opera cubista, per esempio, dovremo intendere quanto sia compiuta, quanto abbia raggiunto la propria “entelechia”, la propria armonia, ovvero l’armonia delle sue forme in riferimento al suo tempo. Lo stesso vale in generale per l’arte cosiddetta “astratta”, così come più recentemente per l’arte informale, con cui spesso si identifica con qualche ragione la cosiddetta arte contemporanea.

Pagina 7

Ultime tendenze nell'arte d'oggi. Dall'informale al neo-oggettuale

267928
Dorfles, Gillo 3 occorrenze
  • 1999
  • Feltrinelli
  • Milano
  • critica d'arte
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Questo spiega altresì come abbia potuto passare nelle diverse fasi del suo lavoro dalle passamanerie, dai lustrini, dalle medaglie dei suoi "Generali" e delle sue "Dame," all’utilizzazione di materie plastiche, di serigrafie o di strutture eseguite col meccano, senza mai tradire la sua più schietta identità creativa.

Pagina 102

Dovevo accennare a questo fatto perché potrà spiegare come mai io abbia lasciato in disparte molti nomi di artisti tutt’altro che ignoti, ma che considero, o scarsamente autentici, o destinati, già sin d’ora, a un rapido declino. E questo spiega altresì come io abbia nominato o illustrato altri artisti, magari assai giovani e poco noti, ma che considero destinati a catalizzare nuove correnti verso percorsi sino ad oggi inesplorati. Naturalmente, essendomi prefisso di osservare e commentare solo l’arte degli ultimissimi tempi, non mi è stato possibile intraprendere nessuna rivalutazione, che in certi casi sarebbe indispensabile ma che è compito d’uno storico e non d’un critico militante. Eppure ne sarebbe valsa la pena: vi sono purtroppo nell’arte contemporanea diversi nomi importanti che sono rimasti nell’ombra e lo rimarranno forse per sempre (tipico il caso di quel tale M. K. Ciurlionis che ebbe a precedere in molte invenzioni il grande Kandinsky; o quello di Frederick Kiesler, l’architetto-scultore viennese-americano, noto piuttosto come agitatore di idee, come pioniere di un certo surrealismo, che come autentico scultore; e valga anche il caso di Osvaldo Licini, nato "troppo tardi" e divenuto perciò un semplice epigono anziché l’iniziatore autentico di una nuova corrente nazionale).

Pagina 13

Io credo che il sistema non abbia nessuno strumento adeguato di lotta contro il desiderio di libertà dell’uomo. Quando l’uomo decide di essere in condizione di autodeterminarsi, il capitalismo è finito. E io insegno appunto l’autodeterminazione. ["Corriere della Sera," 1° aprile 1973.]

Pagina 211