Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbastanza

Numero di risultati: 543 in 11 pagine

  • Pagina 2 di 11

Sull'Oceano

171384
De Amicis, Edmondo 1 occorrenze
  • 1890
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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O miseria errante del mio paese, povero sangue spillato dalle arterie della mia patria, miei fratelli laceri, mie sorelle senza pane, figli e padri di soldati che han combattuto e che combatteranno per la terra in cui non poterono o non potranno vivere, io non v'ho mai amati, non ho mai sentito come quella sera che dei vostri patimenti, della diffidenza bieca con cui ci guardate qualche volta, siamo colpevoli noi, che dei difetti e delle colpe che vi rinfacciano nel mondo, siamo macchiati noi pure, perchè non v'amiamo abbastanza, perchè non lavoriamo quanto dovremmo pel vostro bene. E non ho provato mai tanta amarezza come in quell'ora di non poter dare per voi altro che parole. All'ultimo sogno di Fausto pensai: aprire una terra nuova a mille e a mille, e vederla fiorire di messi e di villaggi sui passi d'un popolo operoso, libero e contento. Per questo solo importerebbe di vivere, perchè la patria e il mondo siete voi, e finchè voi piangerete sopra la terra, ogni felicità degli altri sarà egoismo, e ogni nostro vanto, menzogna.

Pagina 220

Come devo comportarmi?

172545
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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La signorina indosserà un costume più decente che può, con il collo montante, le braccia e le gambe abbastanza coperte. Il costume dev'essere di lana, per la ragione, che molle, non si appiccichi alle carni. In testa porterà una cuffietta impermeabile, oppure nulla, raccogliendo i capelli in nodo a sommo del capo. Come in qualunque altro luogo, e anzi piu che in qualunque altro luogo, la signorina deve avere un contegno riservatissimo alla spiaggia ed al bagno. Nuoti pure se è capace di farlo, ma in compagnia di amiche o di signore e non si allontani troppo da riva. Non salti dal trampolino, non faccia il morto, non nuoti sott'acqua, non cacci strilli e urli per ogni ondata un po' forte. Non esca dal camerino se non è compiutamente abbigliata. Non fanno bella figura le fanciulle che se ne stanno avvolte nell'accappatoio, con i capelli sciolti, a passeggiare per la spiaggia o sdraiate su la sabbia in molli atteggiamenti. Hanno l'aria di voler chiamare l'attenzione; attirano piu critiche che ammiratori. E negli ozi della spiaggia, non si dia aria di sentimentale passeggiando sola sotto le piante, o sedendo in disparte con un libro in mano o affettando atteggiamenti da persona seria o troppo spigliata. Sia naturale, e semplice. Non disdegni le attenzioni dei giovinotti, ma non mostri nè pure di esserne lusingata. Se qualcuno Ie offre dei fiori, li accetti con bel garbo, ma senza dare importanza al dono.

Pagina 149

La camera dell'ospite deve essere abbastanza segregata per essere libera e tranquilla; e deve contenere non solo il necessario, ma anche le mille superfluità che per una persona raffinata diventano altrettante cose necessarie. Se in una casa non c' è una camera abbastanza segregata e con tutti gli accessori indispensabili a fornire quanto è necessario per qualche ora di intima, assoluta libertà di riposo e di toeletta, la signora non dovrebbe mai osare d'invitare qualcuno. La camera dell'ospite deve essere largamente fornita di tutto; elegante il servizio della toeletta, accurato quello delle bevande, dei liquori, di quanto può occorrere di notte e di giorno a uno stomaco delicato, a un temperamento nervoso, che pur troppo al giorno d'oggi non è difficile riscontrarsi. La signora deve usare ogni sottile attenzione al suo ospite, senza però soffocalo di cortesie, che è una maniera gentile di scemare la libertà. Se è una signora, l'accompagnerà quando ne fosse pregata, nelle visite e nelle compere; e non insisterà di seguirla e offrirle i suoi servigi quando ella mostrasse desiderio di uscire sola. Se è un uomo, basterà gli dica l'ora dei pasti e si guarderà bene dal chiedergli dove abbia passato le ore del giorno e della sera. Se l'uomo è persona eminente, darà in suo onore un pranzo di gala, una serata musicale o un ballo secondo i casi. Se l'ospite è una signorina, la tratterà come persona di casa; e se ella stessa ha delle figliole, l'abbandonerà, totalmente alle loro cure, persuasa che le fanciulle stanno bene fra di loro e quando sono gentilmente educate, se la intendono a meraviglia. Qualunque sia l'ospite, la signora provvederà a ciò, che durante la sua dimora in casa, tutto progredisca regolarmente e serenamente e non vi siano preoccupazioni per cambiamento di persone di servizio, per la condotta di figliuoli, per sopraccapi di qualunque altro genere. La signora a modo, starà attenta a ciò che i fanciulli di casa non rechino disturbo di sorta agli ospiti. Quindi nella sua cecità materna, non pretenderà che questi siano in continua ammirazione davanti a quelli. Con il contegno e il modo di parlare, mostrerà che è abitudine di famiglia di lasciare i fanciulli nel loro soave ambiente infantile; e oltre ai saluti rispettosi d'obbligo, da essi non si chiederà nulla. Nè saggi di lettura, nè recitazioni, nè suonatine sul pianoforte e tanto meno una mostra di balocchi e di libri illustrati, che sono un obbligo scortese di occupazione non sempre gradevole dopo il caffè. Per l'amore della felice digestione, si risparmi all'ospite, l'importuno, insulso complimento dei fanciulli che, dopo desinare, vanno uno ad uno a chiedere a ciascun convitato se abbia « pranzato bene! » È un complimento che si usava a' miei tempi; una tortura per i fanciulli, una seccatura per gli invitati. Lo credeva morto e sepolto nel vecchiume delle antiche usanze. L'ho visto tuttora in vigore presso alcune famiglie e me ne sono stupita sgradevolmente come d'una stonatura in piena orchestra del nostro progresso.

Pagina 276

Il successo nella vita. Galateo moderno.

174813
Brelich dall'Asta, Mario 5 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
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Soltanto una pratica abbastanza lunga può darei la perfezione. Così, è anche col buon contegno; mai una persona si può comportare veramente bene, se vuol avere soltanto occasionalmente delle buone maniere, e passata l'occasione solenne, cade di nuovo in un contegno volgare. La rispettiva persona che ci tiene a venire considerata come una persona beneducata, deve avere ed adoperare sempre e dappertutto, le buone maniere. Chi vuole soltanto dimostrare in certe occasioni, quando va in società, che si sa comportare convenientemente, ben presto attrarrà su di sè l'attenzione d'una società distinta, colla sua goffaggine ed il suo comportamento non naturale, e farà brutta figura. Colui che si serve costantemente delle buone forme e maniere, ci si abitua tanto, da non poterne fare a meno, tanto che gli sarebbe impossibile di vivere ed agire altrimenti. Un tal uomo non dimenticherà mai le convenienze sociali, non si sentirà smarrito in una compagnia estranea, nuova, e si comporterà in ogni situazione con sicura e distinta naturalezza.

Pagina 14

Una signora a cui venga offerto un ombrello, lo può accettare senz'altro anche da un signore sconosciuto, se l'offerta vien fatta con abbastanza rispetto ed osservanza. Ma, se la signora rifiuta ringraziando, non ce se ne può offendere.

Pagina 27

Pregati di assentarsi tutti coloro che non lo conoscono, si fa entrare il primo e lo si mette nel mezzo dei partecipanti che avranno fatto un circolo abbastanza stretto intorno a lui. L'organizzatore gli benda gli occhi e tutti cominciano un po' a spingerlo di quà e di là ed a stuzzicarlo. Ciò per poter dar agio a qualcuno di fissare sulla schiena della sua giacca uno spillo di sicurezza da cui pende attaccato con uno spago sottile un fischietto. Va da sè che non si possa scegliere quale vittima una signora od una signorina poichè con le vesti leggere che oggigiorno si usano essa si accorgerebbe subito che le fu appeso lo spillo di sicurezza ed inoltre sarebbe anche pericolo di farle del male pungendola o di strapparle le vesti durante il gioco. Il gioco comincia: la vittima nel mezzo deve ascoltare chi fischia e volgersi rapidamente verso di lui imponendogli di alzare le mani: « Mani in alto! » per sorprenderlo col fischietto in mano. Ma per quanto fa... il fischietto non è mai in mano di nessuno, finchè non s'accorge che il fischietto lo tiene proprio lui a portata di tutti! Certo che coloro che sono dietro di lui devono fischiare e rimettere rapidamente giù il fischietto, poichè la vittima cercherà di voltarsi il più rapidamente possibile per sorprendere chi tiene in mano il fischietto.

Pagina 285

non ne restino abbastanza per soddisfare le domande del primo. In tal caso, la persona che ha domandato è tenuta a prendere carte; ma siccome non può esigerne più di quante ne abbia il tallone, essa sceglie nel suo scarto, se è fatto, quelle carte che ha scartate in troppo. Il giuocatore che guarda il proprio scarto è obbligato di giuocare a carte scoperte. Quando, dopo la prima distribuzione, chi ha la mano propone, e l'altro rifiuta, quegli che rifiutò perde due punti, se non farà tre mani. Del pari, quando il primo a giuocare giuoca senza avere proposto, egli perde due punti, se non fa tre mani. Il giuocatore che, dando le carte dopo lo scarto, volge come se fosse la prima distribuzione, non può rifiutare un secondo scarto, allorchè il suo avversario lo chiede.

Pagina 355

Se ci sembra di non venire serviti con abbastanza attenzione, non facciamo scandali chiassosi, ma lagniamoci con l'oste o col direttore del locale. Non critichiamo ad alta voce e non « secchiamo » il personale. Così dobbiamo comportarci anche se qualche cibo servitoci, non ci piace. Se si rifiutano di riprenderlo, non facciamo scandalo, ed un'altra volta scegliamo un ristorante migliore. Lagnarsi col cameriere per la cattiva cucina, è sconveniente, e non ha assolutamente alcuno scopo, perchè il cameriere non c'entra colla cucina e non ha colpa se la cucina non è abbastanza buona. Per il comportamento a tavola in una località pubblica valgono le stesse regole che dobbiamo seguire a tavola in una casa privata. Si ponga attenzione specialmente al modo di tener le posate ed a mangiare senza rumore, insomma a comportarci civilmente. Si parlerà di quest'argomento più particolareggiatamente nel capitolo intitolato: « A tavola ». L'esaminare palesemente e visibilmente le posate, i cibi, o le bevande: è una grave malcreanza. Parimenti indecente è toccare e palpare panini. Sebbene sia una usanza molto diffusa quella di mangiare l'insalata o i legumi direttamente dal piatto in cui ci vengono serviti è poco distinto. Bisogna prima collocare colla forchetta questi cibi nel proprio piatto e soltanto poi mangiarli. Se il piatto di servizio è comune, il signore lo passerà prima alla signora ch'è in sua compagnia. In generale la signora deve sempre servirsi prima. Se è sola, è dovere del cameriere di servirla. Non si fanno osservazioni su altri ospiti che eventualmente non si comportino bene ed in generale non si critica ad alta voce. Una signora può bere birra soltanto da un piccolo bicchiere; mai dovrebbe bere da un boccale. Antialcoolisti domandino una bevanda senza alcool. Se bevande senz'alcool non ci sono; possono ordinare senz'altro acqua pura. Sono ormai passati i tempi, quando l'oste aveva il diritto di fare un viso arcigno, o di calcolare un prezzo maggiore a chi non beveva vino. In ogni caso un antialcoolista farà bene di non frequentare birrerie o osterie delle periferie. Consumare in un ristorante dei cibi portati con sè è - eccettuati i locali modesti per turisti - indecente. Non si portano a casa gli avanzi del pasto consumato, e neanche i pezzi di zucchero avanzati. Se abbiamo bisogno di sale, pepe, aceto, olio e panini, ce li facciamo portare dal cameriere, ma se per caso il cameriere non fosse presente, si può domandarli senz' altro alla tavola vicina, naturalmente soltanto nel caso che lì non se ne abbia più bisogno. Si può anche dal tavolo vicino domandare e prendersi una seggiola superflua. Tali piccole cortesie sono sempre dovere dei più giovani verso i più vecchi, di signori verso le signore. E' ben naturale che non ci si culla sulle sedie, non si « abbracciano » con le gambe i piedi della tavola, non si appoggiano i gomiti o la testa sulla tavola, e non si giuoca col sale, colle posate o collo stuzzicadenti. Ciononostante possiamo osservare abbastanza spesso tali usanze. Stuzzicarsi i denti, specialmente per minuti è una cosa addirittura nauseante. Orrenda è anche la cosidetta « pulizia pneumatica » dei denti, accompagnata sempre da diversissimi suoni poco estetici. Ed ancor peggio è lo schioccare colla lingua, - per esprimere anche esteriormente il godimento « gastronomico » per il buon pranzo, - uso purtroppo non raro. A tavola, finchè altri ancora mangiano, non si comincia a fumare, nè si chiede il

Pagina 48

Per essere felici

179513
Maria Rina Pierazzi 1 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
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Nulla si perdona così malvolentieri come l'inganno premeditato; perciò nelle piccole come nelle grandi cose della vita, non si sarà mai abbastanza franchi e leali. Non è con la dissimulazione che si accomodano e si appianano le faccende di questo mondo! Perciò, specialmente in un contratto di tanta importanza come il contratto nuziale, devesi presentare con chiarezza e precisione il vero stato finanziario delle due famiglie, senza ricorrere al mezzuccio di voler far apparire una maggior ricchezza di quanto non vi sia in realtà. Non è purtroppo un caso raro che certe doti subiscano dei tagli all'ultimo momento; e qualche matrimonio, appunto per questa ragione, è andato in fumo con gravissimo danno alla reputazione degli sposi.

Pagina 153

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180586
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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La regola risale a tempi in cui locande e stazioni di posta ospitavano assai raramente signore «per bene», e quindi l'uomo che ne scortava una si sentiva in obbligo di entrare per primo per controllare che l'ambiente fosse abbastanza decoroso e non fossero in corso risse o discussioni che potevano costituire un pericolo per l'incolumità della dama. Oggi, ringraziando il cielo, sono cambiati i tempi, ma dal momento che è raro trovare una porta in cui si possa agevolmente passare in due o tre per volta, tanto vale darsi una regola su chi entra per primo, a scanso di urtoni e pestoni di piedi. Che per altro accadono molto spesso, perché sono molto numerosi, purtroppo, i benintenzionati poco raffinati che sulla soglia del locale si fanno galantemente da parte e cedono il passo alla dama. E di conseguenza sono sempre meno le signore che d'abitudine rallentano il passo sul la porta per farsi precedere dal cavaliere. Al quale consiglio di preavvisare saggiamente, con una frase tipo: «Faccio strada». All'uscita l'uomo dovrebbe cedere il passo alla donna: ma se il ristorante dà su una strada buia e poco frequentata, forse è meglio che esca lui per primo... In generale, sulla porta dei locali (e dei mezzi) pubblici bisogna prima far passare chi esce e poi entrare. Ma, se piove a dirotto, la gentilezza ci consiglierà di non lasciare in attesa chi subisce l'inclemenza del tempo.

Pagina 141

Il Galateo

180978
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Le signore possono restar sedute, secondo tradizione, ma sono abbastanza irritanti quelle giovani dame (alle anziane si perdona quasi tutto) che dai meandri della poltrona in cui sono stravaccate, a stento sollevano una languida mano, senza spostare di un millimetro il resto del loro preziosissimo o stanchissimo corpo. Se una ha forze sufficienti per arrivare fino alla poltrona, dovrebbe avere anche quella di raddrizzare il busto quando saluta, stendere la mano e sorridere. Anche questo ci sembra piuttosto normale.

Pagina 54

Il tesoro

182008
Vanna Piccini 1 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
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Non si riflette per solito abbastanza alla responsabilità che tocca ai genitori e specialmente alla madre, nella riuscita morale dei figlioli. Voi siete convinta, signora, che il colore dei vostri capelli, che il vostro timbro di voce possono benissimo riprodursi in quel bimbo che è carne della vostra carne e sangue del vostro sangue, e non pensate che anche i vostri difetti di carattere, la vostra leggerezza, le vostre collere possono imprimere un marchio indelebile, una tendenza forse decisiva al suo carattere futuro. Vi fu chi raccomandò alle donne che sono « in speranza» di circondarsi di begli oggetti, di colori gai, di suoni dolcissimi, pensando che tutto ciò potrebbe influire sulle forme, sulle tendenze, sui gusti della creaturina futura; e non si dovrà piuttosto raccomandar loro di vivere in un'atmosfera satura di bontà e di gentilezza, non si dovrà indurle ad allontanare ogni pensiero men che generoso, ogni sentimento che non sia buono e puro? Ma sì, l'educazione del nostro nato comincia prima ancora che esso abbia visto la luce; comincia, ripetiamo, dal giorno in cui lo sentite sussultare entro di voi; in cui per la prima volta vi balena la speranza dolcissima del suo giungere. Pensateci, mamme di domani, e occupatevene fin da quel momento, chè, da quello appunto, cominciano per voi i doveri e le responsabilità di madre.

Pagina 642

Galateo popolare

183590
Revel Cesare 1 occorrenze
  • 1879
  • Vinciguerra
  • Torino
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Conversando sarà nostra cura mostrarci educati e gentili: mentre altri parla, dobbiamo astenerci da segni d'impazienza e di tedio collo sbadigliare o col sonnecchiare, o dall'interromperlo bruscamente per fare osservazioni o rettificazioni; non saremo mai abbastanza prudenti nel tollerare le altrui opinioni e nel non adirarsi perchè altri pensa diversamente da noi. Ognuno poi dee guardarsi dal decantare la propria arte disprezzando il mestiere altrui, occorrendo poi di rispondere a ciò che altri dice sovra un fatto che vi sia personale, non si trascurino quelle frasi « mi permetta, scusi, mi faccia il favore » che danno segno di animo gentile e di garbate maniere. Dipartendoci da tale persona, sarà bene cogliere il momento in cui sopravviene altra gente, o ci accorgiamo essere esaurito largamente l'argomento sul quale si ragionava, per salutare gentilmente e uscire.

Pagina 47

Il saper vivere

186696
Donna Letizia 1 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
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E' sperabile che abbia abbastanza giudizio per saper discernere se sia il caso, o no, di prolungare la conversazione col suo vicino di tavolo in albergo, o con il turista che ammira accanto a lei il soffitto della Cappella Sistina. Ci sono, tuttavia, alcune regole da cui la donna sola non può derogare: - Non si recherà mai da sola nell'appartamento di uno scapolo. Non vi si tratterrà per ultima, se vi si è recata insieme ad altre persone. - Non lascerà mai, la sera, entrare in casa il signore che l'ha accompagnata al ristorante o a teatro. I saluti si scambiano sul portone. - Non accetterà regali dai suoi corteggiatori: solo fiori, scatole di dolci, libri, ed eventualmente qualche "pensierino" di poco valore. - Non incoraggerà barzellette salate né confidenze intime. Non ne farà assolutamente: a circondarsi di un po' di mistero ha tutto da guadagnare. Naturalmente queste regole vanno interpretate con criterio: una nubile quarantenne non è obbligata a seguirle alla lettera.

Pagina 172

Galateo per tutte le occasioni

187776
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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Se si tratta di minestra con crostini o verdure abbastanza asciutta si inserisce dalla punta, a piccoli bocconi. Non si soffia sulle minestre. Il bicchiere infine non va mai riempito tutto, ma solo per tre quarti. Il vino non si allunga con l'acqua e i calici vanno impugnati dallo stelo (gli intenditori usano addirittura prenderli dalla base. Sostanzialmente è importante non scaldare il contenuto, tranne in rari casi). I piatti non si svuotano mai dagli scarti sulla tavola, così come non si raccolgono in presenza di ospiti gli avanzi dai piatti di portata: meglio svolgere queste operazioni più discretamente in cucina.

Pagina 105

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188932
Pitigrilli (Dino Segre) 3 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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Colui che rende un servizio crede di aver dato il massimo; quello che lo riceve è convinto di non avere avuto abbastanza e finisce per raggiungere la sicurezza che tutto sarebbe andato bene e forse molto meglio senza il vostro intervento. Un proverbio spagnuolo (anche una persona di spirito può, una volta nella vita, citare un proverbio Prometto che non lo farò più. dice che «cada comedido sale jodido», ogni piacere, ogni servizio, riesce fottuto. E poiché la serie rossa non è infinita, e inevitabilmente tutte le situazioni si rovesciano, dopo un certo tempo, come una clessidra, colui che vi ha chiesto la presentazione al ministro, alla professional beauty, all'agente di cambio o a vostra moglie, il giorno che constaterà un passivo nel bilancio delle proprie avventure, vi dirà: - Me lo hai presentato tu.

Pagina 18

Nei giorni di visita i bimbi stiano nella «nursery», e se non puoi pagarti questo lusso, mandali a passeggio in un giardino pubblico, ma i tuoi angioletti goditeli tu e non imporli alla ammirazione del prossimo, che ne ha già abbastanza dei suoi.

Pagina 198

La poetessa Anna de Noailles era abbastanza bella, con quei grandi e neri occhi greci vista di fronte, ma vista di profilo, ahimè, non aveva la purezza di Giovanna Tornabuoni nel ritratto del Ghirlandaio. Nella campagna elettorale del primo dopo-guerra ostacolò l'elezione di un tale, che aveva avuto la sincerità (la sincerità non è un lusso accessibile a tutte le corse) di dirle che era più bella di faccia che di profilo. Nel mondo degli artisti, questi eroi senz'armatura, questi semidei senza genealogia soprannaturale, la suscettibilità circoscritta a un punto della loro personalità è più frequente che presso la gente comune, forse perchè hanno una personalità più importante da difendere. Mentre suonava a un ricevimento principesco, Beethoven, accortosi che un invitato conversava sotto voce con una bella signora dell'aristocrazia, si alzò di scatto, strappò la musica e uscì senza salutare. E guai a parlargli di Mozart! Insoddisfatto dello scarso successo di cassetta del proprio «Fidelio», Beethoven esaminò i conti dell'impresario, il quale gli spiegò che non si erano venduti i palchi di second'ordine, ma che per l'avvenire... - Io non scrivo per il loggione! - protestò Beethoven. L'impresario, il barone Braun, ebbe la cattiva idea di rispondergli: - Eppure nemmeno Mozart disprezza il loggione. - Ebbene, si faccia scrivere le opere da Mozart! E proibì che da quella sera si rappresentasse il «Fidelio».

Pagina 337

La gente per bene

191699
Marchesa Colombi 1 occorrenze
  • 2007
  • Interlinea
  • Novara
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Non è ancora abbastanza entrato nelle nostre abitudini, ed una grande quantità di persone non possono prenderlo senza soffrirne una veglia nervosa. Una padrona di casa non può offrire una seconda sera il tè ad una persona che l'ha rifiutato la prima per questa ragione. Lo zabajone, la cioccolata, il vino caldo, il ponce, i vini fini, i liquori dolci, sono tutte bevande che si possono offrire. Le paste più adatte sono i picnics, i muffins, le sugar-wafers, e sopratutto i petits fours, e soltanto col tè e coi vini si accoppiano bene i sandwichs. Col ponce e col vino caldo vanno egregiamente le brioches, il babà. Cogli altri servizi tutte le paste dolci, non escluso il panettone.... e che Dio, il signor Fanfani ed il signor Rigutini mi perdonino il linguaggio ostrogoto di questi particolari gastronomici. Per quanto la mia ignoranza mi consigli ad aggrapparmi al detto di Voltaire: Le puriste est toujours pauvre d'idees, non posso farmi illusione che il valore di queste idee ghiotte sia tale da farmi perdonare la barbarie della nomenclatura. Se un artista di professione, uomo o donna, ha fatto ad una signora la gentilezza di cantare o sonare ad una serata d'invito, senza un accordo di compenso, la padrona di casa deve mandargli un dono a titolo di ringraziamento.

Pagina 155

La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192642
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 1 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
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Non pare compiuta la gioia di una festa, nè abbastanza gioconda la veglia fra i canti ed i suoni, se manchi loro il sorriso e la fragranza dei fiori. Nelle pubbliche pompe del culto, di fiori si fanno lieti gli altari, s'inghirlandano le sacre imagini, si ammantano le vie. E come i fiori si fanno interpreti dei lieti sentimenti nelle prospere vicende, nelle avverse si associano, per così dire, ai nostri dolori ; ond'è che di fiori si copre il feretro del bambino strappato alle dolcezze materne, di fiori si ornano le tombe dei cari estinti. Ed hanno un loro linguaggio i fiori ; linguaggio spontaneo ed imaginoso che dalle loro forme diverse e dai tanto vaghi e leggiadri colori mai sempre ti somministra ricca materia di alti pensieri e di nobili affetti. Amenissima sopra d'ogni altra è la coltivazione dei fiori d'appartamento e da finestra, le cui meravigliose arti non deve onninamente ignorare la bennata e gentile fanciulla.

Pagina 280

Nuovo galateo. Tomo II

194625
Melchiorre Gioia 2 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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.° Dalle parole che non sono abbastanza moltiplicate né abbastanza particolari per essere sempre esatte, e corrispondere alle varie modificazioni dei sentimenti. Quindi tutto ciò che si dice e si scrive, essendo suscettivo di varietà indefinita, non deve recare meraviglia se a costanti opposizioni va soggetto. Tra le cause delle dispute e sotto questo articolo, fa d'uopo accennare la mania di spiegare i fatti prima d'essersi accertati della loro esistenza, e per cui si disputa con tanto maggior calore, quanto che ciascuno parla, come si dice, in aria, e si batte con strali di nebbia. Nel 1593 corse rumore che essendo caduti i denti ad un fanciullo di sette anni nella Slesia, gliene era sorto uno d'oro al posto d'uno de' molari caduti. Horstius, professore di medicina nell'università di Helmastad, scrisse nel 1595 la storia di questo dente, e pretese ch'egli era in parte naturale, in parte miracoloso, e che era stato spedito da Dio a questo fanciullo a fine di consolare i Cristiani afflitti per le vittorie dei Turchi. Figuratevi quale consolazione poteva recare ai Cristiani un dente d'oro, e quale rapporto poteva unire un dente e i Turchi. Nello stesso anno, affinché questo dente non mancasse di storici, Rullandus ne diede una nuova storia con nuovi commenti. Due anni dopo, Inglosterus, altro dotto tedesco, scrisse contro il sistema esposto da Rullandus, il quale rispose con una profonda arcibellissima replica, come è ben naturale di supporre. Un altro dotto d'eguale calibro raccolse tutto ciò che era stato detto sopra questo dente meraviglioso, e vi aggiunse il suo parere. A tante belle opere altro non mancava se non che la cosa fosse vera, cioè che il dente fosse d'oro. Quando un orefice l'ebbe esaminato, risultò che questo preteso dente d'oro era una foglia di oro destramente applicata al dente; ma si cominciò a disputare e comporre de' libri, poscia si consultò l'orefice. Un accademico di Berlino, membro d'altre accademie, in una geografia pubblicata nel 1821, parlando della provincia Lodigiana, dice che ivi si fabbrica il celebre formaggio detto parmigiano; nel che ha ragione: ma il bello si è che aggiunge che questo formaggio si forma col latte di asina. Se queste grazioso aneddoto è creduto, possiamo aspettarci dalla Germania una ventina di dissertazioni sui nostri formaggi d'asina!!. La frase dalla Germania fu levata dalla 4.a ediz.

Pagina 134

Il lettore che non fosse abbastanza persuaso dei vantaggi che ho attribuito alle conversazioni ed in generale allo spirito di socievolezza, è pregato a sospendere il suo giudizio sino all'articolo secondo, ove esaminerò gli usi e i costumi de' tempi barbari e semibarbari, ne' quali di socievolezza non v'era quasi traccia.

Pagina 23

Galateo morale

196302
Giacinto Gallenga 2 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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  • UNICT
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Ma comunque vogliasi giudicarne, tutti concorreranno nella sentenza del Brofferio «Senza studio e senza proporzionata intelligenza (due capitali fin qui non tutelati abbastanza) nei cittadini chiamati a comporlo, l'edifizio dei giurati cadrà presto in dissoluzione». (A. BROFFERIO I miei tempi). E poiché v'ho già citata, parlando dei magistrati, la testimonianza di quel sommo che è lo Sclopis, mi sia lecito riferire ancora ciò che egli pensa sull'argomento dei giurati. Ecco le sue parole: «L'istituzione del giurì non può allignare che in terra preparata a riceverla, vale a dire in una condizione di società atta a fornire in una massa considerevole di persone di professioni diverse elementi costanti d'imparzialità ed istruzione sufficiente a fondare un giudizio di fatto. Un giurì mediocre e infinitamente più pericoloso che non un tribunale tutto composto di giurisperiti anche mediocri, perchè le tradizioni della magistratura e un po' di scienza di leggi, congiunte con i riguardi pel pubblico, che compone sempre un tribunale permanente, sono freni salutari cui non obbediscono gli aggregati di semplici possidenti scelti per via di sorte, che si succedono senza responsabilità, e senza essere sottoposti ad altra legge che a quella della loro individuale coscienza non di rado fallace». Intelligenza, istruzione, moralità; ecco tre cose di cui non può assolutamente far senza il giurato. Ma non basta ancora, ci vuole ancora un quarto elemento, la civiltà; la mancanza di questo attributo può per se sola gettare il ridicolo e lo scredito sopra una istituzione che, qualunque voglia essere l'opinione sulla sua utilità, non va esente nella sua applicazione da alcuni tarli di pericolosa natura.

Pagina 259

Per uno che fu ministro e che ebbe ad occuparsi di circolari, di regolarmenti e di istruzioni, i versi sono abbastanza buoni. Eccoli:

Pagina 27

Signorilità

198245
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 4 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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Una signora, come fu scritto altrove, eviti di montare in tram vestita molto elegantemente, bensì ricopra la sua «toilette» con un sobrio mantello; se gli uomini non sono abbastanza educati da cederle un posto a sedere, ella mostri di non notarlo e stia tranquilla e composta in piedi. Se un vecchio, o un mutilato, o un operaio dall'aria stanca, volessero cederle il posto, non lo permetta; se ella stessa, quando è seduta, vede accanto a sè in piedi una vecchierella, una donna con un bimbo in collo, o una donna che aspetti un figliolo, o anche un vecchio, un ragazzetto dall'aria stanca o ammalata, si alzi senz'altro, senza ostentazione, e ceda il posto... senza accettare quello che un giovanotto elegante si farà un dovere di offrire a lei, mentre non lo avrebbe offerto ad un infelice... In certe ore di stragrande affollamento, una signora cerchi di evitare il tram o l'autobus. Faccia un tratto di strada a piedi e vada a prenderlo a capolinea, allora che è vuoto; se non le è proprio possibile questo, si metta accanto al conducente, a sinistra, in piedi, e allontani, col suo contegno corretto e impersonale, qualche fannullone maleducato, che volesse recarle in qualche modo molestia.

Pagina 412

Se tuo marito ha ancora la sua mamma, ricordati che non sarai mai abbastanza buona e devota per lei, che lo ha cullato bambino fra le braccia. 8. Non chiedere alla vita quello che non ha mai dato a nessuno; se sei utile, sei già felice. 9. Se le pene arrivano, non avvilirti e non disperare; il bene ritorna. Abbi fede in tuo marito; egli avrà coraggio per tutti e due. 10. Se si allontana da te, aspettalo. Se sta molto a tornare, aspettalo. Se anche ti abbandonasse, aspettalo; perchè tu non sei solamente sua moglie, ma sei l'onore del suo nome. Ed egli un giorno tornerà e ti benedirà.

Pagina 447

Ma i ben pensanti vogliono l'attuale giusta misura che unisce la correttezza all'igiene; le calze abbastanza chiare, che obbligano a frequenti lavature, ma... non ridotte alla tela di ragno, a larghe maglie, sinonimo di nulla, che le mondane francesi vorrebbero imporre alle donne italiane. Nessun Padre della Chiesa ha mai richiesto alle donne il sacrificio completo della moda, bensì ha chiesto loro di essere un buon esempio anche in questo campo... nessuno pretende che le donne italiane sieno goffe per puritanismo, ma tutti vorrebbero che, per esempio, le maniche scendessero per qualche centimetro sotto le ascelle evitando la sconvenienza della completa abolizione delle medesime, con relative esibizioni!... L'amatissima nostra Regina Elena è di questo parere e vuole, intorno a sè, vestiti corretti e signorili. Ella stessa, nei balli che dà per far divertire le sue deliziose figliole Giovanna e Maria, offre sempre il modello del vestiario di una nonna che, necessariamente, non può più essere... una giovanetta: gonne lunghe fino alla caviglia, toilettes modestamente scollata, con manto e maniche di velo...

Pagina 78

Ce n' erano anche di abbastanza grandi, che si guardavano in giro, e guardavano le madri con lo sguardo di precoci... elegantemente dissoluti (perifrasi, per evitare la parola francese di viveur...). C' era da provare un brivido, pensando alle parole di Gesù per chi dà scandalo ai bambini... ... E perchè, poi, c'è benissimo il modo di conciliare la livrea mondana col pudore, e il modo è questo: non curarsi di quelli che potranno definire «vecchio stile» o «collet montant» le signore dabbene. I loro amici si abitueranno ben presto ai loro vestiti di buon gusto e di moda, ma corretti; alle loro spalle coperte... e per quattro donne del gran mondo, ma equivoche!... che non le inviteranno ai loro balli, per quattro imbecilli che le derideranno, tutti gli altri le stimeranno di più!... Ed esse saranno in perfetta regola con la loro coscienza... cosa questa che vale più di tutto...

Pagina 87

Come si fa e come non si fa. Manuale moderno di galateo

200698
Simonetta Malaspina 2 occorrenze
  • 1970
  • Milano
  • Giovanni de Vecchio Editore
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Si può fare un'eccezione soltanto quando la pasta, specialmente al bordo, è un po' dura, e la costa della forchettina non è abbastanza tagliente; in questo caso è necessario ricorrere al coltellino. È bene ricordare che le forchette da dolce devono avere una costa tagliente (ma non al punto di ferire la bocca di chi mangia).

Pagina 131

E non si può dare la colpa ai tempi attuali, spregiudicati e liberi: in qualsiasi epoca la grazia è stata una virtù abbastanza rara, cantata da poeti, descritta da romanzieri, e non sempre necessariamente attribuita a donne di eccezionale bellezza.

Pagina 224

Eva Regina

203403
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 5 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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La ginnastica è entrata nelle scuole, ma non è entrata ancora abbastanza nelle case dove potrebbe essere ancor più favorevole al benessere dei bambini. Ogni bimbo o bimba, invece, dovrebbe possedere i suoi piccoli attrezzi ed esercitarsi anche fra le pareti domestiche sotto la vigilanza di qualche parente adulto. Una terrazza, un cortile, un' anticamera un po' spaziosa, possono bastare per questi esperimenti rudimentali, come ginnastica delle braccia per mezzo del bastone o col sollevamento dei pesi — proporzionati s' intende all' età e alle forze del fanciullo : — salto della corda o del cerchio : gioco della palla o del volano. Anche il canto è un ottimo esercizio igienico per i ragazzi : e l'uso della bicicletta, non esagerato, può portare nella loro costituzione uno sviluppo assai benefico, come il remare, il nuotare e simili. Meglio di tutto poi se ogni esercizio ginnastico viene fatto all' aria aperta; e nulla di più salubre per i bambini che riunirsi a questo scopo sotto i viali ombrosi o nei molli praticelli dei parchi pubblici, vigilati da qualche occhio sicuro.

Pagina 197

E per esse non v'ha nessuna scusa, e nessun giudizio sarà mai abbastanza severo. Sono quelle che maltrattano i loro figliuoletti, che ne amano uno a preferenza dell' altro, che li spingono sulla via del male col cattivo esempio, con la trascuratezza assoluta, con l' abbandono vile per fuggire verso il piacere egoistico: per posporli a qualche passione bassa e malsana. Sono le madri dal cuore arido e dalla testa leggera, capaci di ricevere gli adoratori e civettare con essi mentre il loro bambino ammalato desidera inutilmente le loro cure: sono le madri egoiste che si procurano tutte le raffinatezze e lasciano mancare i bimbi del necessario; sono le madri corrotte che macchiano le piccole anime candide con l' immoralità della parola e del contegno : che insegnano ai fanciulli a mentire, a spiare, a essere delatori e adulatori; che li sgridano solo quando macchiano il vestito, e li accarezzano quando l' amante le guarda, come l' Aspasia seduttrice del Leopardi. Non dite che esagero : tutte ne abbiamo conosciute di queste madri colpevoli che profanano la loro missione! Tutte abbiamo provato santi impulsi di sdegno assistendo a scene d' infanzia torturata dalla malvagità, dal vizio, dalla squilibrio morale. E abbiamo udito talvolta con strazio profondo, con vergogna indicibile del nostro sesso, i piccoli martiri stessi ergersi a giudici, narrare storie di vergogna, esprimere propositi truci per quando il loro fisico ne permettesse il compimento, augurarsi la morte per sfuggire all' ingiustizia, alla crudeltà! Oh stringiamoci ai nostri bambini e preghiamo! Preghiamo Dio che non conceda la fecondità a certi seni: che non s' oda più chiamare col sacro nome di madre chi non meriterebbe nemmeno di far parte dell' umanità!

Pagina 209

Già abbastanza la fa soffrire la vista di quella stanza così diversa dalla sua camera di vergine, così uguale a quella della mamma... E qui io vorrei poter scrivere per gli uomini invece che per le signore questa pagina delicata; vorrei raccomandare al giovine marito, per innamorato e impaziente che sia, di rispettare gli ultimi pudori della sua compagna, e non deriderli, e non forzarli in nessuna maniera. Abbia il tatto supremo della discrezione, si allontani, anche, per poco, se occorre, affinchè la sposa non abbia a mutare bruscamente così i suoi atti di riservatezza ; non debba rinunziare ad un tratto alle sue pure abitudini di fanciulla. Io so di una giovinetta che la sera delle nozze s' inginocchiò per recitare la solita preghiera della sera ; ebbene, lo sposo, non pio, non praticante, s' inginocchiò accanto a lei per pregare insieme. Sono tratti di squisitezza di sentimento, di rara intuizione, che possono divenire le basi d'un' unione perfetta, e che una donna non potrà più dimenticare.

Pagina 68

Credete pure, che quando una signorina oggi si trova ingannata e tradita nelle sue aspirazioni, non è per colpa degli altri ma di sè medesima, che non volle o non seppe riflettere abbastanza, tener conto degli indizî sfavorevoli, secondare il suo senno, seguire gli altrui e i propri avvertimenti. La seduzione d'essere amata, d'una posizione indipendente, della ricchezza, di cambiar vita e abitudini, la decidono, quasi sempre, a fissare il proprio destino, più che l'amore vero. E in quel momento supremo, quando è arbitra di sè, non pensa, allora, che si vive una volta sola — come lo penserà disperatamente più tardi, quando non potrà più rifare la via già percorsa. E appunto perché per lei la decisione della sua sorte è più grave, bisogna che in quel momento unico dell'esistenza raccolga tutto il suo coraggio, tutta la sua ponderatezza per disporre di sè. Certo, un'idealità sfumata, una vocazione perduta, un destino mancato, uno scopo fallito sono più dolorosi per la donna che per l'uomo, poichè la donna non ha dato solo una parte della propria personalità e della propria anima, ma la personalità e l' anima tutta : ed il ricominciare da capo, l' iniziare una vita nuova, anche nei casi in cui le è possibile, le riesce più arduo e penoso. Poichè si vive una volta sola procuriamo dunque che la nostra vita sia proficua, anche se limitata in un dato numero d'anni; ed ascoltiamo Montaigne che scrisse : « L'utilità del vivere non è nello spazio, ma nell' uso : può aver vissuto a lungo tale che pure ha vissuto poco. L'aver vissuto abbastanza sta nella volontà nostra, non nel numero degli anni. »

Pagina 693

La fanciulla è cresciuta, è alta quasi come la mamma, ma le forme della sua persona sono gracili, angolose, senza grazia : i lineamenti le si sono accentuati nel volto che ha perduto le rotondità infantili: le mani e i piedi troppo grandi, le braccia e le gambe troppo magre, escono sempre troppo dalle maniche o dalla balza della gonnellina che non si allungano mai abbastanza. Soffre di strani languori, di stanchezze, di malinconie. I giochi non la distraggono più e lo studio non la interessa vivamente ancora. Odia tutti i lavori d'ago : dal ricamo al cucito; adora la lettura — oh questo sì — non farebbe che leggere : è un'avidità intellettuale quasi morbosa, come l'altra avidità che le fa preferire certi cibi : l'insalata, la frutta, di cui senza la sorveglianza materna abuserebbe. Qualche volta piange e si sente infelice senza motivo; qualche altra ride e salta ed è espansiva con tutti senza un perchè. C'è un fermento nella sua piccola anima candida, un'impazienza che ha cause ignote, che la sospinge sempre verso il nuovo, l' impreveduto : coltiva nuove amicizie, inizia con entusiasmo nuove occupazioni, desidera di far dei viaggi, si cambia pettinatura, si adorna con un nastro, con un fiore, con una collana, con una cintura : un cappello, un abito nuovo le danno l'insonnia : i suoi sentimenti si slanciano tutti in alto, rapidi, luminosi, arditi e scapigliati come i razzi di un fuoco d'artificio...

Pagina 9

Otto giorni in una soffitta

204590
Giraud, H. 1 occorrenze
  • 1988
  • Salani
  • Firenze
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. - Infine, - dice Francesco adirato - sono abbastanza grande, credo.... - E Maria, debole, cede. Essa versa il contenuto della bottiglia in un bicchiere, lo posa sul comodino e scende in cucina. In un batter d'occhio Francesco s' impadronisce del bicchiere e lo porta a « sua figlia». Ne ha versato un po' per la strada, ma ne rimane abbastanza per il gusto di Nicoletta. Francesco la induce a bere. - Non è buona, - dice essa con una piccola smorfia. - Ma ti guarirà. Mia cara Nicoletta, bisogna assolutamente che tu la beva per farmi piacere. - E Nicoletta vuota docilmente il bicchiere. - Fra poco ti porterò qualcosa di caldo.... - Così cattivo? - No, no, molto più buono. E domani sarai guarita. - In due salti Francesco ridiscende da Alano e posa il bicchiere vuoto sul comodino. I due ragazzi sono molto curiosi di sapere se Nicoletta ha preso bene la medicina. - Benissimo, - risponde Francesco. - Ora bisogna che le porti il decotto.... Non so come fare. - Ma trascorre una buona mezz'ora prima che Maria riapparisca, e i fanciulli hanno tutto il tempo di pensarci. Quando essa arriva, con la tazza del decotto, Alano non è più nel letto. - Dov' è il signor Alano? - domanda essa, con stupore. - Dice che è guarito, e che gli è bastato di vedere il dottore, - risponde Maurizio che è rimasto solo. - Non ha preso la purga? Dov' è, ora? - In giardino con Francesco. - In giardino!... - Maria sta per soffocare. Posa la tazza e corre in giardino. Trova Alano, senza Francesco, che corre come un pazzo. Maria è fuori di sè. - Signor Alano! - Alano arriva di corsa e salta al collo della vecchia. - Maria, sono guarito, sono guarito! - E la prende per le mani e balla davanti a lei. Ma essa non ha voglia di ridere. - Signor Alano, avete fatto molto male, - comincia essa. Ma Alano non la, lascia finire. - Come, ti dispiace che io non sia ammalato? Ci tenevi molto che io stessi a letto? - Ma chi mi dice che siete guarito? soltanto per non prendere la purga che fate così. E se dopo vi sentirete peggio? - No, mia cara Maria, non sarò più malato; sto proprio bene; guarda come ballo. - E Alano riesce a trascinare, in un girotondo poco dignitoso, la vecchia Maria che ripete: - Mi domando se è permesso di burlarsi così della gente! - Maria non ha ritrovato la tazza del decotto dove l'aveva messa. Con suo grande stupore Francesco le annunzia che l' ha portata in cucina. - E avete buttato via tutto, - domanda Maria - la medicina e il decotto? - Tutto, - risponde Francesco. Maria ricomincia a dire che non è permesso prendersi giuoco della gente in quel modo. Ma quella mattina i ragazzi hanno l'argento vivo addosso, e Maria non può far nulla. La trattengono nella stanza da studio e la obbligano a giocare come quando erano piccoli. Francesco intanto è scomparso, dichiarando che andava a dare un ultimo tocco al ritratto. - E i compiti? - dice debolmente Maria. - Stamattina facciamo vacanza in onore della malattia di Alano. - E Maria ha ceduto. È così contenta quando i ragazzi ritornano piccini e vogliono giocare con lei! La mattinata passa. Francesco l' ha trascorsa quasi tutta con Nicoletta, che sta già un po' meglio. Essa ammira molto il sacrificio di Mano, che ha rischiato di prendere una purga per lei. - E se Maria l'avesse costretto a berla? - domanda essa. - Non so se l'avrebbe bevuta, - risponde Francesco. - È già una cosa abbastanza noiosa quando si è ammalati. - Oh, sì! - sospira Nicoletta convinta.

Pagina 79

Il giovinetto campagnuolo II - Agricoltura

206084
Garelli, Felice 2 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
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La concimaia sia abbastanza ampia, perchè si possano separare, occorrendo, i letami delle diverse specie di animali, e per non essere costretti a fare il mucchio troppo alto. Abbia il fondo, se non lastricato, almeno in terra argillosa, ben battuta, e resa impermeabile, affinchè il sugo del letame non si perda, per infiltrazione, nel terreno. Questo fondo sia leggermente inclinato da una parte; e nel punto più basso si costruisca una cisterna, o, se il terreno è impermeabile, si scavi una fossa, la quale raccolga il sugo nero, condottovi da un canaletto che gira intorno la concimaia. Si circondi di un arginello di terra che impedisca la dispersione del sugo, e la invasione delle acque esterne. DOMANDE: 1. Che cosa occorre fare per la buona conservazione del letame? 2. Qual è il miglior posto della concimaia? - Come si ripara dal sole, e dalla pioggia? - Quale ampiezza le si dà? - Come dev'esserne il fondo, per impedire la dispersione del sugo, e l'invasione delle acque esterne?

Pagina 119

Infine, quando vorrai trasportare il letame sulle terre, non lo prenderai dagli strati superiori, perchè sarebbe ancora troppo fresco, e non abbastanza fermentato; taglierai invece il mucchio d'alto in basso, e così n'avrai un letame migliore. DOMANDE: 1.Qual è il buon letame? - Quali difetti ha il letame troppo fresco, o troppo vecchio? - 2. Con quali cure devi regolarne la fermentazione? - Perchè si raccomanda di comprimerlo? - Di bagnarlo? - Di coprirlo con terra? - Di tagliarlo d'alto in basso?

Pagina 120

La giovinetta campagnuola

208035
Garelli, Felice 3 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
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Prima di tutto preparerai l'ingrasso che ti occorre; perchè di letame non ce n'è abbastanza nemanco per le grandi coltivazioni del podere. Perciò raccoglierai, in mucchio separato dal letamaio, la spazzatura della casa e dell'aia, lo sterco delle galline, le ceneri livisciate, la fuligine del camino, e il tutto bagnerai con le acque del bucato, e di lavatura dei piatti. Così, senza uscire dall'aia, e quasi senza fatica, avrai più ingrasso per l'orto, che non ne abbia il letamaio pei campi, e con esso otterrai legumi più che ne abbisognino alla famiglia.

Pagina 133

E a farle più malsane, quasi non lo fossero già abbastanza, si aggiunge il letamaio. Questo lo si mette proprio sull'uscio di casa; e non si bada a raccoglierne il sugo, che in neri rigagnoli solca l'aia, e qua e là si spande in laghetti. Bisogna proprio essere senza naso, per non sentire la puzza ammorbante che ne esala! Per quanto si abbia una tempra robusta, come si può vivere sani in luoghi sì fatti? A dormire in camere umide, scure, c'è, pei ragazzi specialmente, da perdere la salute per sempre. Quasi tutte le malattie dei contadini, le febbri, le infiammazioni, i dolori nelle articolazioni, sono cagionate dalle abitazioni malsane. Nella casa di Gian Pietro si ammalarono tutti, un dopo l'altro, dello stesso male; e due ragazzi ne morirono. Il medico dichiarò la malattia essere un tifo, e ne diede la causa all'acqua del pozzo, guasta dalle infiltrazioni del vicino letamaio: e infatti l'acqua di quel pozzo, lasciata per un giorno in un bicchiere, puzzava di marcio. Oh che! Ci vuol tanto a fare il letamaio lontano dal pozzo, e dietro casa?

Pagina 48

Con sola polenta, solo riso, o sole patate, non si è nutriti abbastanza: questi cibi rimpinzano lo stomaco, ma un'ora dopo il pasto si è vuoti, e sfiniti come prima. Bisogna dunque mangiare un po' meno di tali cibi, e aggiungervi latticini, o una minestra di legumi, castagne, o pane, e, una o due volte la settimana, un po' di carne. Non è quel che si mangia che fa bene, ma quel che si digerisce. Per digerire facilmente i cibi, bisogna prima di tutto masticarli bene. Dunque non mangiare in fretta e in furia; non è buona creanza, e ti fa male. Mangia con moderazione d'ogni sorta di frutta. Bada, se vuoi schivar le coliche, e le indigestioni, di non mangiare pane ammuffito, carne che puzza, frutta acerba o mezza, legumi mal cotti, patate o rape colpite dal gelo, o in via di germinazione, castagne crude, o infortite, vino torbido o guasto, funghi sospetti. Bevi poco. Un po' di vino fa bene, specialmente agli adulti, e ai vecchi; dà vigore al corpo, rallegra il cuore, e lo spirito. Ma alla tua età se ne deve bere poco, annacquato, e ben di rado puro. Crescendo negli anni, e fino alla più tarda età, devi ancora berne poco, ma buono.

Pagina 62

Lo stralisco

208570
Piumini, Roberto 1 occorrenze
  • 1995
  • Einaudi
  • Torino
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. — Io ti conosco abbastanza, e le cose che vedo nel tuo cuore, a saperle leggere bene, sono eccellenti. — Vera santità è la tua, Diamante: di quel tipo assai raro, che sa e vuole conoscere e vedere in ogni cosa il buono, — diceva Filippo. — Ma pure mi spiace d'esserti capitato io per esercizio... Su molte cose, in verità, il pio uomo doveva allora chiudere gli occhi, o faticare per trovarne il valore, o praticare pazienza, giacché non mancavano a Prato, come in nessun luogo del mondo per chi le vada cercando, donne da guardare e da desiderare, e a cui lanciare con gli occhi complimenti ed elogi, domande infocate, giuramenti di desiderio, promesse di piacere: e non mancavano quelle che, per scarso calore della vita o di chi la doveva loro scaldare, a tali sguardi esitavan poco a rispondere, incendiate: e da sguardi a messaggi, a incontri, ad abbracci, con Filippo si disponevano a correre, per qualche tratto almeno, la bella via della passione: e poiché quella via assai di rado passava vicina ai luoghi delle pitture, con lento piede avanzavano pale ed affreschi, e lunghe ore di preghiere e di attesa toccavano a Diamante, incerto e pauroso a proseguire da solo i santi e gli angeli che Filippo trascurava. E poiché le cose del piacere restan segrete e protette meglio finché il piacere dura, accadde presto che in Prato si sapesse e dicesse delle gran gioie e corse del frate: e pure se la notizia non nasceva da favorevoli labbra, né si riferiva a cose commendabili, per la misteriosa natura della fama per niente nuoceva, anzi qualcosa aggiungeva al nome del nostro pittore. Né mancarono casi in cui, curiose delle diverse arti, piacenti madonne chiamarono il frate, o convinsero ignari mariti a chiamarlo, per opere previste o impreviste in casa loro: di quelle doti facendo in breve sazievole prova. Ma dall'opera del monastero, come si è detto, Filippo si teneva lontano: certo per una tenace antipatia verso l'aria conventuale, e per propensione di lui a non cacciare in boschi prossimi, quel lavoro era sempre rimandato: sempre si mandava a dire che sarebbe fatto alla fine del corrente, e poi invece si spostava oltre uno nuovo, generato per questa o quella bravura del pittore. Finché accadde che un giorno, di ritorno dalla chiesa di San Domenico, dove eran finite due tavole, andando verso il Ceppo, casa di un certo Francesco di Marco, per accordarsi su un ritratto, Filippo e Diamante furono sorpresi da un temporale di quelli che non si crederebbero se non si vedessero: quelli che si raccontano a lungo, fino ad uno peggiore: che sembrano mandati da Dio per avvertire gli uomini che il gran diluvio non è passato ma solo sospeso, e dunque siano preparati. Colpiti da quel crollo fresco del cielo in mezzo a una piazza, i due frati corsero a tonache alzate a ripararsi sotto uno sporto di bottega, largo abbastanza da proteggere il grosso, mentre vi arrivavano dalla parte opposta, cieche nell'acqua, tre monache in corsa: e ci fu un mezzo scontro, un arruffío di stoffe brune, un ridi e grida da ragazzi sotto quella tettoia. Ma poiché sembrò ai convenuti che l'acqua di fuori fosse peggio che stare lì stretti, e alle monache di non dover temere nulla da quei due servi di Cristo, ridivisi alla meglio in partibus generis, i cinque se ne restarono là sotto, mentre il cielo precipitava a scrosci sul largo selciato, e il mondo si bagnava. Un rimbombo fresco, totale, avvolgeva quella nicchia del creato: un'intimità struggente, da pulcini intanati, mescolandosi ai reciproci odori sollecitati dalla pioggia, regnava nel riparo. Tutti tacevano, senza guardare altro che il fosco sciacquar dell'aria davanti: ma il complessivo respiro, adeguato a ritmo comune, univa i corpi piú di un pieno toccamento: e certo quel contatto sentiva piú chi di corpo ancora era fatto: meno chi, almeno in parte, lo aveva perso o scordato nel passeggio dei chiostri. - Se continuerà abbastanza, - disse Filippo a voce alta per farsi sentire sopra il fruscio violento, rivolto alle teste chine delle monache, - se continuerà abbastanza, tutta quest'acqua se ne andrà per passi e caverne, e scenderà all'inferno, e lo spegnerà! Frate Diamante, alla destra di Filippo, il quale chissà come aveva nel mischio iniziale trovato posizione piú esposta alle donne, abituato alle uscite del compagno, rise in modo convenevole e discreto. Delle tre rifugiate, rise un po' quella vicina a Filippo, però tenendo la testa abbassata, come ridendo d'altro. Quella al centro si chinò a farsi riparo, oltre che del potente sgocciare, del sapore eretico che usciva di bocca al frate sconosciuto. La terza, che nella tresca d'inizio era finita, o stata spinta, piú lontana dai frati, alzò invece la testa a guardare Filippo: e lui la guardò, per nessun'altra ragione che non c'è al mondo cosa migliore da guardare che un volto di donna. Ora v'è chi crede che un uomo da donne, nel senso in cui Filippo era, di quelle senta e prenda comunque e sempre il facile e il leggero: cose degli occhi, di pelle, di polpe, di ventraia: non sappia insomma vedere e desiderare altro che corpo di piacere: il quale, per quanto bene se ne pensi e dica, è delle donne una parte soltanto. Senza discutere troppo questa opinione, diciamo che ogni cosa dipende da quanto quell'uomo sia rimasto uomo, e non divenuto solo, ormai, vogliosa bestia automatica. Filippo era pittore, un poeta d'immagini: quanto basta per mantenere mente ed anima capaci di viste e desideri alti, complessi, e anche sublimi. Persino in quelle sue opere giovanili meno destinate alla Musa che alla foia dei guardatori, pur accettando la regola triviale dei soggetti, egli l'aveva giocata con tali arguzie e qualità di figura, che se quei lavori, nati nascosti e poi chissà come dispersi, fossero ancora noti, non nutrirebbero meno degli ufficiali le sapienti chiacchiere dei critici d'arte. Dopo la premessa, il fatto: sotto quella tettoia di bottega, davanti a quel diluvio di Calvana, in quel fumo d'acqua saltante e monaci avvaporati, ciò che Filippo vide nel volto della novizia non fu cosa che potesse dimenticare né subito né mai: e lo lasciò a bocca proprio aperta, occhi fissi, respiro interrotto e cuore in capriola. Piú che la sola bellezza, straordinaria davvero, non avendo lei alzato lo sguardo per vedere che tempo faceva, ma curiosa di colui che pronunciava simili frasi sull'inferno, e parlava del suo spegnimento, gli occhi verdi e la bocca tornita mostrarono un sorriso, piú annunciato che vero, subito spento alla vista dello sguardo del frate: ma non talmente in fretta che lui non lo cogliesse, e diventasse innamorato. Giacché se all'uomo comune basta a volte un lungo sguardo per farsi invadere l'anima da una donna, a un pittore come Filippo assai meno occorreva: e fu lei a respingere il getto d'estasi meravigliata di lui, abbassando faccia e capo come avevano le ritrose sorelle. Fu un breve scroscio, ma un attimo assai lungo. Fra Diamante sotto il cappuccio; Filippo a guardare, sopra due simili, una testa velata di nero, che conservava nella posizione china un tremolio di fuggitiva, l'ostinazione allertata di chi si nasconde. Poi l'acqua d'improvviso calò. Prima fra tutte la monaca piú alta allungò il piede e si avviò fra le pozzanghere, mentre le altre due, sorprese da quella solerzia che loro toccava, dopo un'incertezza la seguirono, sollevando con le mani solo di mezza spanna i lembi della tonaca. Filippo lasciò passare un momento, poi uscì allo scoperto e prese la strada dietro a quelle. — Fratello mio, — disse Diamante, arrivando con passo affannato a toccargli il braccio. — Buon Filippo, non era dall'altra parte che stavamo andando? — Prima sì, — disse il pittore. — Ma ora, dovunque sia, si va da questa parte.

Pagina 158

Il libro della terza classe elementare

210081
Deledda, Grazia 1 occorrenze
  • 1930
  • La Libreria dello Stato
  • Roma
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Il signor Goffredo dopo questi due racconti eroici ma un po' tristi, pensò che era giusto svagare la nostra compagnia, e condusse i ragazzi al circo equestre. il circo equestre non era di quelli famosi, ma insomma vi si poteva godere, sotto il grande tendone a cono, uno spettacolo abbastanza istruttivo. Vi furono dapprima i cani ammaestrati, che camminavano sulle zampe posteriori. - Il cane - disse nell' intervallo il signor Goffredo a Sergio, ad Anselmuccio e a Cherubino è davvero l'amico dell'uomo, come da tanto tempo si dice. Ha gli occhi proprio degli uomini buoni, dolci e vi guarda in faccia senza nessun interesse, proprio per affezione: mentre invece il gatto, molto più insinuante di lui, quando non ha interesse sembra che nemmeno vi veda. - È vero, disse Cherubino, io ho bastonato un gatto perchè non si voleva far carezzare. - Male. Non bisogna bastonare gli animali, che non hanno la ragione. A proposito della fedeltà del cane e della sua bontà vi racconterò una piccola storia. Un principe guerriero e navigatore antico, chiamato Ulisse. rimase per più di dieci anni fuori della sua reggia. Quando ritornò, nessuno lo riconobbe, nemmeno la moglie Penèlope, tanto era cambiato per la fatica e gli anni trascorsi. Lo riconobbe soltanto il suo cane dal nome Argo; e il fedele animale per la gioia di aver incontrato il padrone, che aspettava da tanto tempo, morì.

Pagina 41

La freccia d'argento

212449
Reding, Josef 1 occorrenze
  • 1956
  • Fabbri Editori
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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A me pare che distribuendo tutti i regali tu abbia già fatto abbastanza. - Me l'ha detto anche il mio «diavoletto» nascosto, signor cappellano, e ce n'è voluto per chiudergli il becco! - Ma bene! Si vede che alle nostre riunioni serali non ti sei distratto. Però, però... Questo invito puoi accettarlo con la coscienza perfettamente tranquilla. Il vincitore del derby di quest'anno sei tu, e io non credo che un altro possa prender parte al posto tuo alla gara in America. Quanto poi alla speranza che Jörg e Hai possano venire con te, non è probabile che gli Americani sgancino così facilmente i loro dollari da mandar viaggi gratuiti a mezza tribù di San Michele! - Non è necessario. Invece del sottoscritto possono prender parte alla gara di Akron o Hai o Jörg. Il vero vincitore della corsa è la Freccia d'argento, e che sotto il casco ci sia la mia testa o quella di Jörg o di Hai, se non è zuppa è pan bagnato! - Uhm... Non so se oltreoceano si accontenteranno di questa esauriente spiegazione... Ad ogni modo, tenta! - Grazie tante, signor cappellano! Voglio tentare. Spedisco la lettera stasera stessa. - Buona notte, Stucchino! - Buona notte, signor cappellano! - Ma che ragazzo! - mormora il cappellano ridendo compiaciuto, dopo che la porta si è richiusa dietro le spalle di Stucchino. - Di una razza tutta speciale: scavezzacollo e cuor d'oro nello stesso tempo... * * *

Pagina 112

Narco degli Alidosi

214024
Piumini, Roberto 1 occorrenze
  • 1987
  • Nuove Edizioni Romane
  • Roma
  • paraletteratura-ragazzi
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«Su tuo comando dico, signore, che spesso, se non sempre, l'odore del tuo alito è abbastanza, se non del tutto, diverso da quello dei graziosi fiori della primavera, dei boccioli di aprile, dei morbidi petali del...» «Vuoi dire che puzza, Blabante?» lo interruppe il conte, ciglioso. «Non lo nego, se tu lo affermi». «E di che puzza, per il demonio?» sbottò Narco, furente. «Ecco, appunto» rispose Blabante. «Se ciò di cui il tuo fiato sente fosse sentore noto, ancorché pessimo, lo si potrebbe nominare e conoscere... Ma come tu suggerisci, signore, esso è o pare affare del diavolo...» Per quel giorno la cosa non andò oltre. Il conte fu scontroso e solitario, e non volle ricevere nessuno né a poca né a molta distanza. Negli angoli del giardino in cui cupo passeggiava, o nel chiuso delle sue stanze, metteva di frequente le mani a conca davanti al volto e lamentosamente vi alitava, cercando di raccogliere poi col naso quel che si sentiva. Ma per quanto, come pronto al veleno, spalancasse le narici e chiudesse gli occhi, altro non fiutava che un'aria calda e corporale: non più saporita, in bene o in male, di quella che nel resto del cielo respirava.

I miei amici di Villa Castelli

214363
Ciarlantini, Franco 1 occorrenze
  • 1929
  • Fr. Bemporad & F.°- Editori
  • Firenze
  • Paraletteratura - Ragazzi
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Il ragazzo però non pensava ai balocchi, pensava invece che quel capretto era una bestiola adatta alla sua statura e che gli sarebbe stato abbastanza facile condurlo al pascolo e insegnargli qualche gioco. Per un poco esitò, poi tirò la giacca al padre e gli indicò la bestiola: ma il babbo sulle prime non capí il desiderio del figliolo e s'occupò d'altro. Mario, dopo un po', tornò alla carica, e allora il babbo sorridendo gli domandò: - Ti piacerebbe vero! Se gli affari andran bene.... - Si vede che il babbo doveva aver concluso una buona giornata, perchè sul tramonto Mario tornava al suo paese tirandosi dietro il capretto. Ma il capretto ogni tanto voleva fermarsi a brucare un po' d'erba sul ciglio. Debbo dirvi che non c'era nessuno così fiero come Mario quando entrò nell'aia col nuovo compagno! Debbo dirvi con quali grida di festa i fratelli e i coetanei lo accolsero! Ma voi potete ben immaginarlo!

Pagina 75

Il giovinetto campagnuolo I - Morale e igiene

215373
Garelli, Felice 2 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
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E a farle più malsane, quasi non lo fossero già abbastanza, si aggiunge il letamaio. Questo lo si mette proprio sull'uscio di casa; e non si bada a raccoglierne il sugo, che in neri rigagnoli solca l'aia, e qua e là si spande in laghetti. Bisogna proprio essere senza naso, per non sentire la puzza ammorbante che ne esala! Per quanto si abbia una tempra robusta, come si può vivere sani in luoghi sì fatti? A dormire in camere umide, scure, c'è, pei ragazzi specialmente, da perdere la salute per sempre. Quasi tutte le malattie dei contadini, le febbri, le infiammazioni, i dolori nelle articolazioni, sono cagionate dalle abitazioni malsane. Nella casa di Gian Pietro si ammalarono tutti, un dopo l'altro, dello stesso male; e due ragazzi ne morirono. Il medico dichiarò la malattia essere un tifo, e ne diede la causa all'acqua del pozzo, guasta dalle infiltrazioni del vicino letamaio: e infatti l'acqua di quel pozzo, lasciata per un giorno in un bicchiere, puzzava di marcio. Oh che! Ci vuol tanto a fare il letamaio lontano dal pozzo, e dietro casa?

Pagina 69

Con sola polenta, solo riso, o sole patate un lavoratore non è nutrito abbastanza: questi cibi rimpinzano lo stomaco, ma un'ora dopo il pasto ti senti vuoto, e sfinito come prima. Mangia dunque un po' meno di tali cibi, e aggiùngivi latticini, o una minestra di legumi, castagne, o pane, e, una o due volte la settimana, un po' di carne. Non è quel che si mangia che fa bene, ma quel che si digerisce. Per digerire facilmente i cibi, bisogna prima di tutto masticarli bene. Dunque prendi i tuoi pasti ad ore determinate. Non mangiare in fretta e in furia; non è buona creanza, e ti fa male. Mangia con moderazione d'ogni sorta di frutta. Bada, se vuoi schivar le coliche, e le indigestioni, di non mangiare pane ammuffito, carne che puzza, frutta acerba o mèzza, legumi mal cotti, patate o rape colpite dal gelo, o in via di germinazione, castagne crude o infortite, vino torbido o guasto, funghi sospetti.

Pagina 88

Parassiti. Commedia in tre atti

231793
Antona-Traversi, Camillo 2 occorrenze
  • 1900
  • Remo Sandron editore
  • Milano, Napoli, Palermo
  • teatro - commedia
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Fu osservato che la commedia non è perfettamente «organata»; che in essa le scene par non si colleghino abbastanza tra loro. Ma, dato e concesso che ciò sia, si deve anche convenire che l'autore non si è prefisso di svolgere una tesi, bensì di darci una fotografia di ambiente; e la fotografia - o, se volete, le fotografie - sono riuscite felicemente. Di più, l'Antona-Traversi ci presenta i suoi parassiti con certo colore gajo, così che i caratteri di Don Gennaro e del cav. Naldini finiscono per essere, diremmo quasi, simpatici, o almeno non repugnanti. Camillo Antona-Traversi ha avuto la buona sorte di affidare la sua commedia ad attori del valore di Oreste Calabresi e di Claudio Leigheb. Anche gli altri artisti della compagnia, la Zucchini-Majone, la signora Leigheb, il Carini, hanno messo, nell'interpretazione delle loro parti, l'impegno e l'affetto che derivano dalla sicurezza della bontà del lavoro rappresentato .Fanfulla della Domenica, an. XXI, n. 31 ; Roma, 30 luglio 1899.

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L'implacabile adoratore della classificazione, uscendo iersera dalla «Fenice», si sarebbe affaticato abbastanza se si fosse posto in capo di trovare la casella giusta per il nuovo lavoro del forte ingegno di Camillo Antona-Traversi, apparso in appropriata veste dialettale sulle scene di questo teatro. È una commedia a tesi? No, assolutamente. Una presentazione di caratteri? Un pochino. Uno studio d'ambiente? Forse, piuttosto. «Parassiti» è una commedia difficilmente classificabile; ma, in compenso, è un lavoro teatrale divertente e vitale. Non già, che ci sia della novità nel nocciolo, o negli episodi parziali: la commedia non ambisce di essere dispensatrice d'un nuovo verbo, di logorare il cervello dell'uditorio con della psicologia: se proprio ce n'è di questa, è certo di quella spicciola, minuta. Niente tirate retoriche, colpi di scene; e, grazie al cielo, anche la minaccia del pianoforte, che in tutti i tre atti mostra i denti al pubblico, si contenta di restar tale; e, per chiudere la serie dei negativi - e questo è il più importante - niente convenzionalismo. La sceneggiatura rivela la mano abilissima: il dialogo scorre sciolto e naturale. L'esecuzione fu splendida nel complesso, mirabilmente affiatata e vivace. Insuperabile il Benini, che presentò il tipo principale da pari suo, cioè espressivamente vero. Accanto a lui la gentile Dondini Benini ebbe grande campo di emergere e di far rilevare doti di artista efficace, raggiungendo grandi effetti nella scena finale del secondo atto. Eccellente la Marussig nella sua partuccia, e così il Mezzetti, il lepido Conforti, la De Velo Accardi e gli altri tutti. Il successo fu molto accentuato per la commedia e per gli artisti, ch'ebbero in complesso una decina di chiamate.Il Gazzettino, an. II, n. 128 ; Trieste , martedì 22 gennajo 1901.

Pagina 311