Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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L'angelo in famiglia

182605
Albini Crosta Maddalena 4 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Tu già m'intendi; non del fuoco materiale io ti parlo, sibbene dell'altro che non ha di quello nè minore attività, nè minor pericolo; di quel fuoco che non rovina soltanto il corpo, ma l'anima ed il corpo insieme di chi spensieratamente allettato dal suo calore gli si abbandona in braccio. Il fuoco dal quale ti devi guardare con tanta cura non è veramente, a mio credere, una sola passione; ma piuttosto quell'insieme di molte passioni che serve ad alimentarlo, poichè come il fuoco di un caminetto nasce e vive per l'insieme di parecchi tizzi che si sacrificano a lui, così il fuoco che tu devi paventare vive della morte delle tue virtù, e riceve alimento dalle molteplici occasioni colle quali ti sei accomunata, con o senza ripugnanza. Perchè adunque tu possa e debba salvarti dal fuoco, puoi e devi schivare le occasioni che ne sono la facile esca. È tanto importante questo punto sul quale si basa l'edificio della tua esistenza, che tu prima di ascoltarmi, ed io prima di parlartene, dobbiamo invocare ajuto di quella Vergine che si sgomentò alla vista di un Angelo e alle Lodi da lui prodigatele, e che soltanto quando seppe esser egli l'inviato di Dio per annunziarle la grande novella, si calmò e pronunciò quella sublime parola: Ecco l'Ancella del Signore! Oh! Maria, ajutatemi Voi, ad infondere nel cuore delle care giovinette che mi ascoltano un salutare spavento delle occasioni di peccato! Dice lo Spirito Santo:chi si espone al pericolo, perirà, e pericolo è per te, cara mia amica, ogni occasione che può mettere in forse la tua fede e la tua virtù; quella fede e quella virtù le quali radicate con fatica nell'animo nostro, ricevuta una scossa, difficilmente si rassodano, o, se si rassodano, gli è con sforzi eroici che ci fanno sanguinare il cuore. Tu lo sai, io non vengo a predicarti il cilizio e la solitudine; questi doni specialissimi il Signore li dà a cui vuole, e noi dobbiamo guardarci dal disprezzarli e dall'invidiarli. Il buon Dio ci ha chiamati a sè per un'altra via, e tutte le vie del Signore son tutte buone, quando non siamo noi che a bella posta e ad occhi aperti ne prendiamo una diversa da quella che Egli ci indica colle interne inspirazioni, coi buoni consigli, e con taluno di quegli innumerabili mezzi dei quali Egli si serve a farci conoscere la santa sua volontà e la nostra vocazione. Io lascio che il Signore ti chiami a quella maggior perfezione che a te si conviene, e mi contento di segnarti la strada retta benchè comune, certa che in essa tu potrai raggiungere uno stato perfettissimo, ove tu corrisponda con impegno alla grazia di Dio. Tu dunque, almeno io credo, sei chiamata come me a vivere nella società, in una società la quale più o meno ristretta, più o meno esigente, non lascia di offrirti pericoli e incentivi al peccato ad ogni piè sospinto. Io suppongo volontieri che la tua sia un'ottima famiglia credente, anzi religiosa; pure raro è che qualche suo membro più o meno importante non abbia credenze ed opinioni divergenti, e non divenga quindi il martello e la croce della virtù degli altri. Può ben essere che questo martello e questa croce siano foderati di oro massiccio, voglio dire da tutta la grazia della persona e dell'educazione, e da tutti i vantaggi di una larga e ben intesa istruzione (profana s'intende); ma allora appunto quel martello e quella croce avrebbero una maggior potenza e tu li dovresti paventare assai più che se si presentassero nella loro natura greggia e pesante. Talvolta, pur troppo (non lo dico a te), talvolta sono i padri, i fratelli, i parenti, e perfino le madri che hanno ricevuto dal diavolo l'indegna missione di tormentare e di scuotere, se fosse possibile, l'altrui fede; e perchè il loro ascendente sia maggiore, il maligno permette in essi taluna od anche molte di quelle virtù domestiche e civili, atte a guadagnar loro una stima cieca ed un intero abbandono del nostro cuore inesperto. Se tu, poveretta, avessi una tale sventura di vedere segnato dal marchio di una missione sì triste una persona che tu ami teneramente e colla quale vuoi e devi vivere in continuo contatto, fa di ricopiare in te, per ipocrisia non mai! ma con una santa emulazione le virtù tutte delle quali ti è dato l'esempio, ed adopera tutta la tua forza di volere e di amore per procurare a quell' anima cara quell'unica virtù che a tutte l'altre sovrasta, e senza la quale tutte le altre non sono oro, ma orpello... Tu devi essere, tu sei l'angelo della tua famiglia! io lo so, lo vedo, tu sei intorno al diletto genitore, al fratello, colle tue amorose cure, colla tua devozione, con quella parola timida ma sicura nel momento in cui il cuore che tu avvicini è titubante o commosso; colla tua costanza nelle tue pratiche di pietà, colla dolcezza inalterabile del tuo carattere, colla pazienza nelle contrarietà e nelle sventure, colla carità indivisibile da ogni tuo atto, da ogni tua parola, e con tutte quelle amorose arti che una pietà, illuminata sa suggerire all'anima tua. Sì, io ti vedo agire in tal guisa che non esito a preconizzarti un completo e non lontano trionfo. Il tuo genitore, il tuo fratello sente per te un affetto irresistibile; pure una lotta interna lo fa teco in quieto, adirato, e talvolta tu vedi un sorriso amaro sul suo labbro; un sorriso che ti fa agghiacciare il sangue, che ti turba, ti desola. Corri, corri a Maria, essa è là ansiosa ad attenderti; forse è oggi il dì di quella lotta tanto aspettata, tanto desiderata; forse oggi è il dì di quel trionfo sì difficile, ma sì durevole. Corri, corri a Maria, e vivi sicura d'aver ottenuta la grazia invocata, ad onta che tutte le apparenze ti dicano ch'essa è non solo lontana, ma impossibile. Ma tu aspettavi da me che solo ti parlassi delle occasioni di peccato, ed io t'ho invece parlato delle occasioni di bene; io stessa ho dovuto raccogliermi un momento a cercare la ragione per cui il Signore ha voluto che ti dicessi questo prima di quello. Ma non ho tardato ad accorgermi che il Signore vuole appunto che noi, e quindi anche tu, sappiamo convertire in occasione buona quella che era e sembrava un'occasione cattiva. Se tu colla persona incredula o poco credente, o indifferente, o beffarda in fatto di religione, con quella persona che sempre o quasi sempre sta al tuo fianco, che esercita sopra di te tutto il prestigio cui dà diritto un santo affetto di congiunto ed i pregi personali, invece di adoperare, come abbiamo veduto poc'anzi, tu avessi agito al modo mondano, certamente invece di trasfondere in essa il bisogno e l'abito di quella religione che è la tua vita, che sola può sostenerti nelle lotte dell'esistenza e che unica può premiare la tua virtù e la tua costanza, l'avresti tu stessa perduta. Ahimè! sola e miserabile ti troveresti in brevissimo tempo sprovvista d'ogni morale virtù, e destituita da quella forza che è la tua forza e senza cui non trova balsamo nessuna piaga, lenimento nessun dolore. Se collo sprezzatore della tua fede (foss' egli pure tuo fratello o tuo padre) ti porrai a patteggiare, a questionare, a disputare, non tarderà molto e la tua fede diventerà vacillante, smorta, nulla! No, per pietà, no, mia cara. Per pietà, guardati dal fuoco! io ti ripeto, guardati da quel fuoco distruggitore che incenerirà ogni tuo proposito, ogni tua buona tendenza... Ma, e perchè insisto io tanto a predicarti l'importanza dello schivare le occasioni, se tu ne sei più che convinta? Se fosse altrimenti, tu non leggeresti con tanto affetto questo libro, il quale, quantunque vergato sotto l'impulso di un potentissimo amore per l'anima tua, non ha che parole severe a dirti, virtù anche più severe ad importi! Quello che tu vuoi da me, e che io voglio dirti, si è dunque non tanto la massima di sfuggire le occasioni di peccato, quanto d'insegnarti il modo di poterle sfuggire e vincere e volgerle a bene. È forse necessario che io ti ripeta:non giuocare come lo spensierato col fucile carico? No; sarà meglio ti suggerisca di sparare all'aria l'archibugio, e tolga così amendue da un pericolo imminente e gravissimo. Se vedi che arde la casa del tuo vicino, ti è inutile continuar ad urlare al fuoco; bisogna invece che tu porti dell'acqua, dopo d'esserti adoperata a segregare la tua casa affinchè non divampi con quella. Te lo ripeto, e tel ripeterò incessantemente, non metterti a disputare e a discutere di religione con persona di te più colta e a te superiore; anzi sarei quasi tentata di dire, con persona alcuna: ma pronuncia la tua opinione con volto ed animo sicuro, protesta di non voler cedere assolutamente agli altrui ragionamenti, e se non puoi imporre silenzio, e neppure ti è dato pregare si voglia con te parlare di un argomento più conforme e più omogeneo al tuo modo di pensare, chiedine con bel garbo il permesso, e ritirati o nella tua camera, o in altro crocchio, o comecchè sia e come darà la possibilità, togliti da quel discorso. Se poi sei costretta a star lì, prega in segreto e segretamente protesta e ripara, atteggiandoti a serietà. Così facendo, l'ardito che si permette innanzi a te di porre in forse od in canzone le verità più sante e più care, si accorgerà ch'egli abusa della sua libertà, e violenta la tua coll'importi quanto non vuoi e non devi tollerare. Se poi quel cotale fosse persona tanto rozza e tanto mal educata da pretendere tu subissi intero il suo ragionamento, e vantasse in proposito la sua condizione ed i suoi titoli, non ti curar di lui, ma guarda e passa. Allorchè t'ho parlato di non curarti di quanto dirà il mondo, mi pare di averti detto alcun che di somigliante; ma il ripeto: quando si tratta di schivare le occasioni pericolose, non ci vogliono rispetti umani, o, se ci vogliono, ci vogliono per calpestarli, ed impedir loro di far poi capolino, e ci tentino e ci trascinino miseramente. 10 Ma oltre questi pericoli, in certo modo visibili, ve ne hanno degli altri, tanto più pericolosi e nocivi, quanto meno avvertiti; questi sono non i discorsi propriamente detti, contro la religione ed il costume, ma quelle parole mezzo serie, mezzo buttate là senza studio e senza ritegno, quelle parole ambigue le quali vogliono dire ben altro di quello che si tenta far credere, e fanno intanto salire il rossore sulle tue guancie, il riso sulle tue labbra, ed insieme un qualche cosa che somiglia rimorso al tuo cuore. Queste arti non saranno certo adoperate con te dai tuoi, ma dai così detti amici di casa; da quei bontemponi i quali non avendo meriti sodi da far valere, sfoggiano ed ostentano uno spirito che sarebbe piuttosto spirito da ardere, non da far valere nelle conversazioni. Se adunque in casa tua, o in casa altrui ti trovi vicina a siffatte vespe, chè io non le so chiamare nè considerare con altro nome, schivane il pungolo avvelenato benchè sottile, e non ti lasciar ingannare da loro perchè le vedi suggere il mele e lo zucchero, poichè se ti s'avvicinano e ti pungono, n'avrai deformato il viso e guasto fors'anche il sangue! No, non ti lasciar illudere dalle parole dolci e melate; non t'illuda l'eleganza della persona e del porgere; quello è pericolo, e tu lo devi schivare, e schivare tanto più quanto è più coperto, simulato ed insinuante. Talora perfino alcune signore, d'altronde simpatiche e gentili, hanno il tristissimo còmpito di pervertire le anime innocenti; ma se tu farai sempre con buona volontà ricorso a Maria, sarà illuminata la tua mente, agguerrito il tuo cuore, e non tarderai ad accorgerti delle insidie che ti si tendono, nè indugerai a schivarle. Se poi, il che è difficile, le persone le quali minacciano la tua credenza o la tua virtù sono in buona fede, allora tu potrai volgere a bene le stesse loro lusinghe, e sentendoti sul campo della verità, ti sarà agevole far cadere le squame che, come a S. Paolo, coprono loro gli occhi, e renderli illuminati colla luce evangelica, riscaldati dal calore del Sole di vita, Dio. Ma per tacere delle letture cattive, delle quali ti parlerò separatamente un altro giorno, debbo parlarti di un altro pericolo e grave, che ti può venire non solo dai parenti e dai conoscenti, ma altresì dai maestri e dalle amiche. La penna ripugna a scriverlo, perchè la mente ripugna a pensarlo, che i maestri e le amiche possano essere di pericolo alla tua fede, perchè invero non è, nè può esser vero maestro ed amico colui che insegna il male! Tuttavia, tu non sei più nel caro e sicuro recinto del tuo collegio, di quel collegio tanto ben diretto, sì bene animato; tu sei in una società che non possiamo dire buona e bene intenzionata, ma che ci è forza confessare corrotta e corruttrice, ingannata ed a sua volta ingannatrice. Tu sei obbligata a vivere in questa società, dove lo spirito delle tenebre lancia talvolta alcuni di quegli esseri i quali dovrebbero avere l'ufficio d'illuminare, e che adempiono invece quello d'inondare di tenebre dovunque posano il piede e toccano colla mano. Quando ti ragionerò del modo di schivare le occasioni di peccato non solo contro la fede come oggi t'ho parlato, ma altresì contro il costume, mi estenderò maggiormente; per oggi ti basti il già detto, cioè dover tu usare coi maestri e colle amiche, non altrimenti di quello che fai con chiunque insidia la pace della tua coscienza. Ove e appena ti accorgi che colla letteratura, colla storia e perfino colla musica, ti si vuol propinare l'errore, confidati coi tuoi genitori, e pregali a toglierti da sì grave pericolo o col dirizzare l'insegnamento, o col rimandare chi te lo amministra. Questo ti sarà meno difficile ancora colle amiche, alle quali devi imporre silenzio e rettitudine di pensieri e di discorsi, e se questo nol puoi ottenere, allontanati da esse, pregando molto e sempre per l'anima loro. Oh! sì, molto e sempre devi pregare per tutti coloro che ti fanno del male, o minacciano di fartene, e ove se ne porga l'occasione, non devi essere tarda nè restìa a far loro del bene colla parola, coll'opera, col cuore, e quell'Iddio che promette un premio eterno per un solo bicchier d'acqua dato per amor suo, te ne darà larga ricompensa in questa vita e nell'altra. Un altro pericolo del quale, come dal fuoco, ti devi guardare, si è la medesima tua debolezza, e per quanto ti paja e ti senta forte nelle tue convinzioni religiose, paventa sempre il pericolo. Non già il soldato trascurato e spavaldo è forte al momento della mischia; ma l'eroe è sempre colui che prima ha misurate le sue forze, ha tremato di sè, ed ha lungamente meditato la giustizia della sua causa. Sì, questi è l'eroe, che dimentico di sè tiene con una mano la bandiera, pugna coll'altra a difenderla, finchè o è giunto a salvarla, o è perito con essa. Sii tu pure l'eroe della tua religione, senza temere il ridicolo. Chi ride di te, o ride perchè non arriva a comprenderti, o perchè non ha forza da emularti. Guardati dal fuoco, e le fiamme dell'incredulità cadranno spente ai tuoi piedi. Dio ti benedica!

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La madre sopporta ora in pace la vedovanza, la ristrettezza, l'infermità, e fino l'abbandono del mondo e delle sue lusinghe; stringe colla figlia un nodo di sovrumano amore, la guarda con venerazione, pone ogni sua cura a preservarla dai pericoli, e le abbandona tutto il suo cuore. È notte: ecco la giovinetta riposare tranquilla; ma la madre non è ancora sazia di riguardarla, si leva dal letto, s'avvicina a quello della figliuola e la vede sorridere fra il sonno; sfiora un leggero ma caldo bacio su quella fronte serena, e levando al cielo i suoi occhi pregni di lagrime esclama commossa: Buon Dio! io ho dato appena la vita del corpo a quest'angelo, e quest'angelo mi dona invece la vita del cuore, la vita dell'anima: Buon Dio, Vi ringrazio! Entriamo adesso se ti piace in un'altra famiglia. Qui tutti sono buoni, il padre, la madre, i fratelli; ma il padre è occupato nel suo offizio, e quelle ore che si ferma in casa sono destinate al riposo del corpo e della mente, e non deve nè può occuparsi della domestica azienda, la quale è disimpegnata dalla saggia consorte. Ma essa, poveretta, non può far tutto da sè, poichè non ha una salute molto fiorente, e la numerosa figliuolanza ed altre molte brighe accrescono prodigiosamente il numero e la gravezza delle sue occupazioni. Qualche parente od amico vecchio di casa, intrigante anzichè no, consiglia, critica, brontola, qualche volta a proposito, ma più spesso a sproposito, mettendo così in croce quella povera signora la quale non sa cosa fare e cosa decidere. Ma il buon Dio, sempre buonissimo, ha veduto il suo impiccio, ed ha permesso che le sue forze durassero fino ad oggi in cui la sua primogenita ha compito la sua educazione, ed in conseguenza fa a lei ritorno. Quella figliuola è bella, è buona, è dotata di un ingegno fino e di una grande penetrazione; ma soprattutto ha attinto dagli ammaestramenti ricevuti una tale sodezza di principj, da porsi al sicuro contro le tentazioni che il mondo cattivo saprà suscitarle nel servo stesso della sua famiglia, nel segreto della sua cameretta, nell'intimo del suo cuore. Essa sa che menare vita cristiana non vuol dire portare il collo torto, sciogliersi in sospiri ed in lacrime quando si prega, farsi stupore e prendersi scandalo d'ogni cosa, e criticare tutti coloro che conducono una vita dalla sua diversa, e neppure prendere la religione in un modo materiale, mormorando contro coloro che non la praticano, o portando loro del danno. No, essa prega perchè deve e vuole pregare Colui dal quale tutto le viene; ma prega con retta volontà e retta intenzione, senza ostentazione nè sdolcinature, tanto se è nascosta agli occhi di ognuno, quanto se è veduta da numeroso concorso di popolo, non occupandosi punto delle azioni altrui, lodandole se onorevoli, e celandole o scusandole se biasimevoli; ed ove non può scusare l'azione, fa di tutto onde almeno scusare l'intenzione. La sua carità si modella su quella di Dio che illumina col suo sole e ricolma de' suoi beneficj i cattivi come i buoni, ed agli uni ed agli altri cerca ugualmente di giovare coll'opera sua quando lo può, e sempre poi tutti appoggia colle sue preghiere. La virtuosa giovinetta si è preparata alla vita di famiglia studiandone da lunga pezza i doveri, ed avendo acquistato la convinzione che non può riuscire utile altrui, e dare a sè stessa la pace del cuore, (quella che ci viene come premio di avere adempito la propria missione), senza il sacrificio della propria volontà si è affezionata più che mai alla difficile virtù che tutte le altre comprende, e che si chiama annegazione cristiana. Eccola, dimentica da sè, ricordarsi delle necessità altrui, ajutare la genitrice nella domestica bisogna, prendere sopra di sè tutto quanto è più grave e meno soddisfacente, non istarsi mai cheta se non ha disimpegnato con puntualità e con coscienza tutto quanto può a sollievo della madre, levarsi per tempo in vece sua per allestire i fratelli e le sorelle minori, affinchè possano andare alla scuola, od accingersi allo studio, al quale essa medesima li ajuterà senza posa. La giovinetta è ancora fanciulla: ma essa si occupa di tutto e di tutti, ed anzichè darsi l'aria di vittima come fanno talune, ha sempre un sorriso sulle labbra, anzi nello sguardo; un sorriso che la rende più bella se già è bella, che la rende bella ancorchè le sue forme sieno più o meno irregolari. Per qual ragione alcune persone, ancorchè avvenenti, riescono antipatiche, ed altre, pur essendo prive di tutti i doni di natura, si acquistano la confidenza e la simpatia d'ognuno? La virtù sola dà questo prestigio. Quando torna il padre, stanco del lungo lavoro ed oppresso da qualche contrarietà, la figlia gli è intorno colle sue carezze, e quell'uomo che era entrato in casa collo sguardo tristo, coll'animo corrucciato da qualche dolore o contrattempo, pur rispondendo alla pietosa insistenza della fanciulla con piglio severo e con parole tronche, quasi ultimo sfogo del suo corruccio, ben presto si rasserena, la guarda con occhio di compiacenza, la desidera a sè vicino, si intrattiene seco lei, e nel segreto del suo cuore innalza a Dio un atto di ringraziamento di avergli donato quell'angelo. Si ammala la madre, o qualche altro della famiglia? Un intrigante indiscreto tenta mettere il mal seme in casa? I genitori sono tra loro discordi in cosa di piccolo o di grande rilievo? La figliuola ricorda la propria missione, e pronta ed instancabile al letto dell'ammalato, prudente e franca con chi vuol rompere quella bella pace che essa è oltremodo solerte di produrre e di mantenere in famiglia, evita ogni pettegolezzo, ogni mormorazione, non parla se non per avvicinare i cuori; ed essa od ignorando di essere la causa di tutto il bene, od attribuendolo come è suo debito unicamente a Dio, diventa e si conserva uno di quegli angeli consolatori che dopo di essere stati la benedizione della casa dove sono nati, sono destinati a diventare la Provvidenza di un'altra famiglia alla quale saranno date per premio. Dimmi, amica carissima, non ti piace la mia fotografia? non la trovi veritiera, se ne cerchi l'originale in taluna delle tue conoscenze? Per me non ho fatto che ricopiare fedelmente una leggiadra donzella di diciotto anni che conosco benissimo, amo ed ammiro, la quale maggiore ad altri otto tra fratelli o sorelle, a tutti è ajuto, esempio, conforto; ubbidiente coi genitori, amorevole colla servitù, instancabile dal mattino alla sera, non dimentica i suoi religiosi doveri, e quando talvolta io la vedo in chiesa inginocchiata all'altare cibarsi del Pane degli angioli, io la guardo con ammirazione, e mi pare vedere in essa l'angelo della preghiera calato dal cielo a sollievo di coloro che hanno la fortuna di possederla. Oh! se tu non trovi di essere la figura che io ho fotografato, e fotografato fedelmente, deh! sforzati di somigliarla, talchè sia detto di te pure che non solo devi essere, ma sei veramente l'angelo della tua famiglia. Forse le circostanze tue saranno diverse da quelle alle quali ho accennato, ed io diventerei troppo prolissa e forse nojosa, se tutte o molte passassi in rivista di quelle famiglie le quali ponno avere ed hanno effettivamente una risorsa nella pietà allegra e serena di una giovinetta. Comunque però sia costituita la tua famiglia, sia in alto od in basso stato, di largo o di stretto censo, esposta all'osservazione ed alla critica della società, o nascosta in una vita umile, modesta e ritirata, tu puoi, tu devi recare nel suo seno il frutto della tua operosità, adoperandoti colla mano e colla mente in tutto quanto le può giovare la tua cooperazione. Tu devi recare nel suo seno la tua prudenza, evitando quegli scontri di caratteri; di opinioni, che tentano di scuoterne la pace e di allontanare gli animi; tu devi recare nel suo seno l'esempio vivo della vera cristiana pietà e carità, tutto perdonando, ed esercitando senza posa la santa annegazione... Giacchè ti ho nominato questa bella virtù, non voglio passarla sotto silenzio, e mi prometto di parlartene domani, se il Signore sempre buono anche coi cattivi, vorrà mettermi in cuore quello che dovrò dirti. Intanto tieni ben a mente che tu, pur vivendo in famiglia, ed adempiendo i doveri comuni, li devi adempiere in modo non comune, come ti ho già detto altra volta. Le opere tue debbono essere segnate con una impronta di pietà, di carità, di dolcezza, poichè se devi somigliare agli angeli, pensa che essi non agiscono altrimenti. La vita ti correrà più serena, e nelle dolorose come nelle felici vicende, un pensiero ti pioverà nel cuore come balsamo soave e ti dirà:Il tuo dovere l'hai compiuto; Iddio te ne prepara in cielo la ricompensa.

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Il maledico, quando vede che la sua parola pungente ed il suo riso beffardo non scuotono menomamente il sistema di vita religioso e caritatevole di coloro che aveva destinato di fare sue vittime, abbandona il campo, e prende a perseguitare anime più deboli o meno forti. Ho sempre creduto e credo ancora che il rispetto umano era ed è il vizio o la tentazione delle anime piccole, le quali non sanno francamente fare e sostenere una cosa, per ciò solo che è buona, o doverosa, o benefica; ma hanno continuamente bisogno dell'approvazione altrui, non solo per superare gli ostacoli, ma altresì per vivere come si deve. Il vero esercizio delle cristiane virtù esige non solo il disprezzo del giudizio del mondo; ma perfino talora esige che si superi il giudizio di alcuni, i quali pur essendo buoni vivono ingannati a nostro riguardo, e troppo creduli alle apparenze, condannano talora le migliori nostre azioni fatte col miglior fine possibile. In questo caso Iddio ci permette di giustificarci con essi, affinchè il nostro buon nome, che pur è dono suo, non venga macchiato; ma se dentro ci fosse impigliato l'interesse del nostro prossimo e questi venisse a soffrirne ove noi svelassimo la cosa, sarebbe segno di una carità veramente cristiana se tollerassimo sopra di noi il biasimo non meritato, attendendo pazientemente da Dio la prova della nostra innocenza, quantunque in via di diritto potessimo difenderci senza renderci colpevoli colla divinità. Non vorrei tu dicessi che io esco d'argomento; ma ove tu me ne facessi un carico, io ti direi che ti ripeto tutto quanto Dio buono mi inspira per il tuo bene, perchè questo guazzabuglio del nostro cuore è un vero caos, che non può ricevere ordine e luce se non da Lui. O buon Gesù, illuminatemi Voi! Vi hanno altresì alcune circostanze nelle quali pur operando il bene, veniamo circondati e dirò quasi oppressi da certe apparenze di colpa, che niuno, neanche il più delicato del proprio buon nome, può pur volendo discolparsene: ora anche qui sarà forza prendere in pace quanto ci viene, aspettando da Dio la nostra giustificazione presso gli uomini. Credi tu, mia cara, che tutti coloro che appariscono iniqui o delittuosi lo siano poi veramente? È bensì vero che la verità tosto o tardi, come l'olio, viene a galla; ma talvolta viene a galla quando l'accusato ha già subìto l'ingiusta pena inflittagli, e ne è salvo soltanto il suo nome. Giovanna d'Arco, per tacer d'altri mille, non ha subìto la pena finale sotto l'accusa di sortilegio e di tradimento, e il tempo non ha dimostrato più tardi chiara come il sole la sua innocenza? Credilo, cara mia, per quanto tenera tu sia delle dicerie correnti sulla tua condotta, non arriverai certo a smorzare gli strali della calunnia e della maldicenza; anzi quanto più sarai e ti mostrerai tenera del giudizio altrui, tanto più sarai fatta bersaglio agli strali della mormorazione. Pensa, mia diletta amica, pensa che fin qui io ho ragionato esclusivamente cogli argomenti dell'umana prudenza, e dell'egoismo del maggior possibile benessere civile e sociale, il quale ci mostra che quanto più uno vuol essere francato dalle sevizie dei maldicenti, dev'essere e mostrarsene nulla curante. Buona signorina; tu da poco sei uscita di collegio, da poco sei entrata nella società, quindi ben a ragione sei inesperta, ed incerto è il tuo passo ed il tuo giudizio. Ben io m'accorgo che molte fiate tu alzi lo sguardo sopra coloro che sono o sembrano più stimati e più apprezzati dalla società, e decidi in cuor tuo di seguirne le pedate. Se la stima da essi posseduta è un premio al vero merito, prendili pure a modello; ma se invece... Dammi qui la tua nano che io la stringa; lascia che il tuo cuore si affidi al mio cuore, e non celare il tuo turbamento: tenti invano nasconderlo. È sì dolce confidarsi e lasciarsi consigliare da un'amica, che non inganna! Ed io non t'inganno, no, poichè io non sono mossa ad amarti per veruna di quelle mille doti che allucinano perfino l'anima più retta; io non ti vedo, non sono quindi ammaliata dai tuoi pregi personali, nè so se il tuo nome appartenga ad una famiglia nobile e potente, o plebea e bisognosa e debole. Io ti amo solo perchè sei un'anima riscattata a prezzo di tutto il sangue di un Dio, e perchè il Signore alla fratellanza, comune tra tutti i suoi figli, aggiunge una stretta parentela, incaricandomi di parlarti di Lui, dei tuoi doveri, e commettendomi il dolce incarico di coadjuvare all'opera sua di farti buona, pia, religiosa, a giovamento della famiglia tua e della società. Vedi, elevatezza del concetto cattolico! Iddio vuole e ci comanda di portare ognuno la nostra pietruzza al perfezionamento della grande famiglia cristiana, ed ognuno vi coopera mirabilmente curando incessantemente il maggior possibile perfezionamento proprio e l'altrui. Ora, torniamo a noi: io voglio fare te medesima spettatrice e giudice, e se tu mi parlerai schietto, certo i nostri pareri non saranno discordi. Immaginiamoci che in una sala si trovino molte persone a conversare, e che un signore dallo scilinguagnolo molto esercitato, si goda diporre in canzone la signora tale, perchè, schiva delle leccature della così detta buona società, conduce una vita strettamente religiosa e dedita ai propri doveri ed alla carità cristiana. Una damigella pia e franca insieme, mentre altre sue compagne atteggiano la bocca ad un sorriso (forzato sì, se guardiamo in fondo al loro cuore, poichè esse pure approvano la condotta di quella dama, ma che pare un sorriso di approvazione), una damigella franca e sicura, trova modo di superare la naturale sua timidezza, volando col pensiero ai piedi del Tabernacolo; e con piglio dolce e sicuro confessa di stimar molto la signora tale, appunto perchè buona e pia e caritatevole, e che sarebbe ben lieta, di divenirne una copia fedele, a rischio pure di ricopiarne i microscopici difetti, se pur son tali quelli che le si appuntano. Dato che tu ed io fossimo state nascoste in un angolo di quella sala, o peggio fossimo state nel numero infelice di quelle dal riso forzato, ancorchè avessimo veduto in ultimo aprirsi un riso beffardo o lanciare un sarcasmo alla damigella franca e pia, dimmi, non ci saremmo sentite avvilite di molto e a petto a lei infinitamente inferiori? Oh! io per me penso, che se quella società fosse stata composta di cento persone, novantanove si sarebbero sentite certamente comprese da un senso di profondo rispetto per la centesima, la quale ha avuto il coraggio della propria opinione. Nè io muterei d'avviso quand'anche l'opinione sostenuta fosse divergente dalle altre, poichè quando vedo uno non ostinarsi in un capriccio, e questa è debolezza; ma sostenere con fortezza e con coraggio ciò che fermamente crede, io m'inchino davanti a lui, e lo ammiro, e lo invidio. È già tardi, ed ancora non t'ho parlato delle ragioni morali e religiose che c'impongono di sfuggire il rispetto umano, come il morso velenoso di una vipera che dove tocca porta la morte, ove non si sia pronti col ferro e col fuoco a troncare ed a bruciare la parte offesa. Io pel bene che ti voglio e per quello che ti desidero, vorrei tu evitassi il morso ed il rimedio, poichè se l'uno è portatore di morte all'anima, l'altro ci libera è vero dalla morte; ma o ci lascia monchi, o deboli ed infermicci, almeno per lunga pezza. Vado volgendo e rivolgendo nella mente, la ragione per cui alla paura del giudizio che porta o si teme porti alcuno sulle opere nostre, sia stato dato quel nome menzognero di rispetto umano, e mi pare possa essere questa l'unica spiegazione: che cioè, l'uomo per esso è tentato a portare maggior rispetto all'uomo, che a Dio; mentre non è rispetto all'uomo, ma viltà e codardia, quella che fa mostrarci diversi da quelli che siamo. Pure la fede c'insegna che Dio solo è nostro giudice; che dobbiamo coraggiosamente sprezzare il giudizio fallace degli uomini, i quali non ponno torcere uno solo dei nostri capelli, senza il consenso del Padre nostro che è ne' cieli. Dimmi adunque: sei tu convinta che Iddio ha diritto di ricevere il tributo della tua devozione, e che tu sei obbligata a confessarlo Creatore e Padrone di tutte le cose, e Padre di tutti gli uomini? Come adunque, ove senti vilipeso il suo nome, puoi non cercare, non trovare nel tuo cuore il coraggio di confessarlo, di serbarti a Lui fedele? Io lo so, e tu pure lo sai, noi dobbiamo essere pronti a sostenere la nostra santa fede, anche col sacrifizio della nostra vita, ove siamo posti nell'alternativa di dover abbandonare l'una o l'altra. Io son certa che nel tuo cuore tu hai rinnovato il giuramento fatto nel santo Battesimo, di essere pronta a tutto perdere, fuorchè la grazia di Dio, ed a sopportare ogni tormento piuttosto che piegarti a tradire gl'interessi del nostro buono e carissimo Padre. Lodo altamente le ottime tue disposizioni, ed auguro e prego che ti regoli mai sempre seguendo il loro dettame. Ma, entriamo, se mel consenti, entriamo nei dettagli della vita, poichè lo so, pur troppo, per esperienza! colle migliori disposizioni del mondo in teoria, si casca poi miseramente nella pratica, ove non ci siamo rafforzati in precedenza colla meditazione dei nostri doveri verso Dio e verso noi medesimi. Tu dici: darei la vita piuttosto che rinnegare il mio Dio ed anche uno solo, anche il minore dei suoi dommi; e poi se ti trovi vicino ad un beffardo o ad un incredulo che sparla di Dio o della verità rivelata, perchè egli ha nome di essere o un grande, o un uomo di alta coltura e di dottrina (non però certo della vera), non hai forza bastevole per dirgli che tu la pensi ben diversamente, e che augurandogli una riforma nelle sue credenze lo preghi a non ripetere più, nè prolungare un discorso che ti ferisce nelle più intime e care tue convinzioni! Lo so bene; non sempre è doveroso e neppure opportuno mettersi a discutere di religione, poichè bene spesso molte persone, ignorantissime in punto di fede, sanno sostenere le loro false argomentazioni con tale loquacità e con tale apparenza di dottrina da porre in un sacco chicchessia. A te non istà bene mai e poi mai metterti in cattedra a sdottorare, neppure a profitto della religione, ove non sia per istruire od illuminare persone decisamente e marcatamente a te inferiori; poichè, per me, vale più assai di una splendida difesa, la parola timida ma sicura d'una povera fanciulla che ripete: credo e voglio credere sempre, di quanto non valga un'arringa brillante. Ho conosciuto molto davvicino una ragazza di una discreta coltura e di sentimenti cattolici radicati, che avvicinata, per permissione di Dio, da uno di quei serpi che tentano portare la loro bava velenosa ovunque ponno trascinare il sozzo loro corpo, lo dovette solo all'aver superato ogni rispetto umano, se non bevve con esso nella tazza dell'incredulità. Con ogni lusinga quel serpe, che non era altro se non un colto e forbito cavaliere, cercava scuotere le credenze della giovinetta, e vedutala inaccessibile alla corruzione del costume, perchè la buona e sana educazione ricevuta ed una certa maturità di mente ai suoi sedici anni le servivano di corazza, tentò un veleno più insidioso e micidiale, sotto l'apparenza di bevanda ristorante, e grata, e benefica. La buona madre, appunto perchè buona, non si accorse dapprima delle arti del maligno, e consentì di buon grado che il cavaliere forbito e colto cercasse perfezionare l'istruzione letteraria della sua figliuola. Ma ahimè! qui appunto stava l'inganno e la figlia e la madre non sarebbero sfuggite all' agguato, se Iddio in premio della rettitudine del loro buon volere, non avesse loro concessa la grazia di disprezzare coraggiosamente la vergogna d'essere tenute dappoco. Il tristo, Dio gliel perdoni, incominciò a dare alla giovinetta alcune lezioni di letteratura che non avevano apparenza, anzi neppure un principio di male. Compra così la fiducia delle due donne, la mamma lasciò qualche volta sola la figlia; e questa dopo poco tempo si accorse da qualche sogghigno beffardo e da qualche motto insidioso, che il sedicente maestro tentava scuotere la sua fede. Ella si vergognò di parlarne alla madre; ma ebbe forza sufficiente di contrapporre all'eretico le proteste della sua ferma credenza; e comechè egli fosse persona più che mediocremente colta e straordinariamente eloquente, ed ella fosse d'una coltura appena mediocre e priva di esperienza, non fu menomamente scossa nella sua fede, ma coprì di confusione in quella voce colui che tentava pervertirla. Questi allorchè vide inutile ogni suo iniquo tentativo e seduzione, ebbe a confessarle che aveva cercato smuovere dapprima la sua fede pensando che, ceduto anche d'un punto solo in questa, d'un tratto avrebbe poi sceso tutta la scala che guida alla corruzione e... diritto diritto all'inferno. La condotta di quella fanciulla è da biasimarsi in parte almeno, poichè essa doveva aprirsi tosto colla madre, e doveva correre dal suo confessore a chiedergli consiglio, e non aspettare un mese od un mese e mezzo a ricorrere a questi mezzi di salute; ma possiamo rifiutarci di approvare in essa quel coraggio e quella costanza colle quali oppose le proteste della sua fede alle irrisioni del corruttore? Ecco a che si ridusse tutta l'eloquenza usata per ribattere le cattive dottrine del maestro: o credo fermamente nella veracità delle mie credenze; ma fosse anche un sogno, amerei meglio sognare con esse che essere desta con lei. Saresti forse tentata di credere questo un racconto romantico, ed un volo poetico della mia fantasia? No, mia cara, la fanciulla della quale ti parlo non è più fanciulla; io la conosco molto davvicino, ha la mia età, e se ti dicessi ancora qualche altra cosa, forse troveresti di conoscerla tu pure. Quello che ti posso dire si è che quella fanciulla si è poi mantenuta fermissima nella sua fede, e che quel cotale, allorchè vide che non la poteva scuotere in verun modo, cambiò paese... ma pur troppo non d'opinione. Ed ora che ne è di lui? Che ne sarà? Prega Iddio di toccargli il cuore. T'ho trattenuta più - dell'usato, ed ancora mi resta tanto tanto da aggiungerti in proposito al rispetto umano, che mi piange il cuore a troncare lì a mezzo. Ma abusare di tua bonta e trattenerti più lungamente non mi regge l'animo: se saprò resistere alla tentazione di ritornare domani nell'argomento, te ne riparlerò allorchè saremo a trattare dell'adempimento delle pratiche positive di nostra santa Religione. Altrimenti? Intanto tieni bene a mente quel che diceva quella giovinetta:Meglio sognare con Dio che essere desti con coloro che lo negano e lo bestemmiano. Dio, ricordatelo sempre, Dio ti ha creata, ti ha beneficata, ti conserva l'esistenza e ti prepara e ti promette un premio eterno, il Paradiso, se ti conservi fedele a Lui, che come Dio non può ingannarsi, nè ingannare. L'incredulo all'incontro nulla ti dona, anzi cerca rapirti quello che hai di più caro e prezioso, la pace del cuore, per gettarti nell' angustia e nel dubbio, e ti prepara una pena eterna, l'inferno, mentre ti promette il nulla. Oh! s'egli è ingannato, non lasciare che ti inganni egli mai! 7

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IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

191017
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
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Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

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Le buone maniere

202883
Caterina Pigorini-Beri 1 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
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Essa non si abbandona al suo cavaliere, ma tiene il capo un po' a sinistra in alto e poggiando la mano sinistra sulla sua spalla. Non dà in custodia ad alcuno fuorchè a sua madre o ad altra signora il suo ventaglio o il carnet: non ciarla, non ride troppo, non si permette curiosità o dimestichezze e non deride quelle che hanno pochi inviti e stanno a sedere aspettando la buona fortuna. La quale vien dormendo, come dice il proverbio; e chi ha spirito anderà a dormire il più presto possibile, anzichè fare il viso lungo o rider giallo o malignare invidiosamente contro le preferite. In queste regole generali di ben condursi nelle diverse contingenze della vita sociale non è da trascurarsi neppure quella che chiameremo l'etichetta del sigaro e del tabacco. Non occorre dire che noi intendiamo sempre che queste due droghe come il cognac e il rhum e in genere le cose alcooliche sono riservate agli uomini, come quei gabinetti di storia naturale in cui è scritto sulla porta: Le donne non entrano qui. Non si entra mai in casa altrui fumando nè sigaro, nè sigaretta e tanto meno la pipa. Si può fumare dopo un pranzo, un convito, un lunch, col permesso e anzi coll'offerta della padrona di casa; ma non mai nel suo salotto particolare o in una sala da ballo. I francesi, come hanno introdotto l'uso in Italia della salle à manger (sala da pranzo), hanno anche portato quello del fumoir (fumatoio). Se quest'ultimo salottino non esiste, sarà bene di fare come gl'inglesi: fermarsi nella sala da pranzo intanto che le signore vanno nel salotto. Pei fumatori ci sono usi singolari in tutti i paesi del mondo; noi non guarderemo nei paesi che quantunque originarii del tabacco non possono passare per modelli di civiltà fumatrice, cominciando dalla Spagna la più civile e finendo all'isola di Cuba la più barbara, in cui si dà all'ospite quasi l'avanzo della fumata, come per dirgli: Tieni, è buona! In Ispagna, dice la baronessa Staaffe, che fa testo di eleganza, il padrone accende il suo sigaro e dà al vicino il proprio fiammifero, evidentemente per togliere ad esso l'odor di zolfo. In Francia invece si accende sempre il fiammifero per l'ospite e gli si dà perchè se ne serva; ed egli lo restituisce ancora acceso. L'abitudine di cercar fuoco dal sigaro del vicino è un'usanza troppo americana, per poter essere adatta ai nostri costumi. E una cattiva educazione che mette troppo vicini due aliti, due visi, e fa fare specchio degli occhi. Tanto peggio poi chiedere fuoco ad uno che si incontra per la strada: ciò può produrre degli accidenti spiacevolissimi per parte di chi non vuol essere conosciuto. Questo servigio nell'etichetta del s igaro è l'indizio di una spensieratezza inescusabile; ad ogni modo nessuno può, richiesto, esimersi dal concederlo; le persone per bene si guarderanno dal chiederlo e richieste si guarderanno bene dal negarlo, come succede in tante altre cose nella società. In viaggio, anche nei vagoni dei fumatori, se c'è una signora se ne chiederà licenza. Ci sono degli esseri timidi che non sanno mai scegliersi un vagone, un posto in un tram o in un omnibus e non arrivano mai a salirvi in tempo. Di questi era il Renan, chiamato a Parigi l'uomo del tram. Il tabacco da fiuto non si offre mai ad alcuno; è un'offerta da sagristia che non entra nella buona educazione; e per questo appunto che non può offrirsi, è la sola cosa che può chiedersi da tutti. Le solite contraddizioni della vita, che noi ci contenteremo di constatare senza discuterle, perchè il mondo è fatto così, ed è di queste piccole transazioni e convenzioni che si compone la società costituita in tutti i tempi, in tutti i luoghi e perciò anche in Italia e in questo secolo XX.

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