Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Fisiologia dell'uomo sulle Alpi: studii fatti sul Monte Rosa

431860
Angelo Mosso 50 occorrenze
  • 1897
  • Fratelli Treves Editori
  • Milano
  • fisiologia
  • UNIPIEMONTE
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A Torino sollevando 124 volte i manubri del peso di 5 chilogrammi ciascuno ad intervalli di 4 minuti, il polso crebbe da 70 ad 86, il respiro da 23 scese a 22. Sul Monte Rosa invece avemmo i risultati seguenti:

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Nel maggior numero dei casi trovai che l'acceleramento del respiro dura più a lungo; e qualche volta tornarono insieme ad essere normali il respiro ed il cuore. Per non moltiplicare gli esempi, mi limiterò a darne uno solo.

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La pressione del sangue a questo modo diminuisce lentamente fino a che possono riprendere il sonno.

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A New-York vi fu recentemente una gara in bicicletta che durò sei giorni. Si trattava di un premio di sessanta mila lire. Due disgraziati che presero parte a questo record caddero in tale esaltamento che per un giorno furono creduti pazzi.

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Ho già descritto nel mio libro sulla fatica come si indebolisca la memoria nelle ascensioni, e raccontai l'esempio di un mio collega professore di botanica, che nel salire in alto perdeva a poco a poco la memoria dei nomi delle piante a lui note, e che la ritrovava scendendo. L'indebolimento della memoria è un fenomeno costante nella fatica delle ascensioni. Saussure dice che scendendo dal Colle del Gigante non trovava più le parole per esprimere il suo pensiero.

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A. Mosso, La Fatica, pag.145.

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La notte continuò a nevicare, e il giorno dopo a piovere. L'acqua di un torrentello innondò il Laboratorio, attraversandolo nel mezzo. Fummo obbligati a sgomberare la tenda e trasportare altrove gli strumenti e le provviste. Le nostre tende resistettero bene al vento ed alla neve. Avevamo portato con noi delle tele cerate impermeabili che formavano il pavimento di ciascuna tenda, e su di esse stavano i letti da campo.

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A. Maggiora, Archives italiennes de Biologie, Tome XIII, p. 226.

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Il professor Aducco scrisse coll'ergografo il tracciato A della mano sinistra sollevando 3 chilogrammi ogni due secondi (fig. 39). Dopo 26 ore di completo digiuno scrisse il secondo tracciato B Fig. 39. — Prof. Aducco. — Tracciati scritti coll'ergografo. A) Fatica normale. — B) Fatica dopo 26 ore di completo digiuno. sollevando lo stesso peso. La forma della curva non è cambiata, ma il lavoro meccanico compiuto è maggiore. Sono circa sette contrazioni in più ch'egli fece nel principio della curva mentre Fig. 40. — dott. Colla. — Tracciati scritti coll'ergografo. A) Fatica normale. — B) Fatica dopo 41 ore di completo digiuno. era digiuno, senza che vi fosse un accenno a diminuire e ciò non era succeduto nello stato normale.

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Il mutamento che produce il cibo nella forma del polso è simile a quello che produce la fatica. Tale rassomiglianza sorprende, perchè a primo aspetto pare che dovrebbe succedere l'inverso. Paragonando i tracciati 41 B e 42 B scritti dopo la colazione, con quello scritto sopra di me dopo aver salito digiuno sulla Piramide Vincent (che ho riferito a pagina 63, figura 25) si vede che in entrambi i casi le pulsazioni diventarono più alte, [n. d. r.: figura 42 eliminata] Fig. 42. — Prof. Pagliani. A) Polso a digiuno. — B) Polso subito dopo aver mangiato. e comparve verso il mezzo della linea discendente una elevazione secondaria, che chiamasi dicrotica. Come la fatica dilata i vasi sanguigni nei muscoli e produce un'anemia relativa, per mezzo della congestione di questi organi, così nella digestione, affluendo più copioso il sangue allo stomaco ed alle intestina si produce nel medesimo modo una deviazione di sangue, e si ottiene lo stesso effetto sul polso.

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Se alcuno credesse che le funzioni dello stomaco a 4560 metri non siano più regolari, dirò ciò che ho mangiato per due volte a pranzo: una buona porzione di aragosta presa dalle scatole condita con olio e limone e mangiata con tre o quattro fette di polenta arrostita sulle brace. Un po' di carne a lesso, con insalata di fagiolini e cocomeri presi nelle scatole delle conserve alimentari. Formaggio e frutta secca.

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Forel, professore di fisiologia generale a Lausanne, scrisse due memorie pregievoli, sui cambiamenti di temperatura nell'atto dell'ascensione sulle montagneF. A. Forel, Expériences sur la temperature du corps humain dans l'acte de l'ascension sur les montagnes. — Genève et Bale, 1871, 1874.; avrò altra occasione di citare questo lavoro, che certo è uno dei migliori nella letteratura alpina. Mio fratello studiando l'influenza del sistema nervoso sulla temperatura animale U. Mosso, Influenza del sistema nervoso sulla temperatura animale. — Accademia di medicina di Torino, 1885. osservò che quando facciamo una marcia, la temperatura aumenta nel principio, e che continuando a camminare diminuisce progressivamente, benchè facciamo sempre il medesimo lavoro. Ciò vediamo anche nella tabella delle esperienze fatte a Superga, dove ritornando una seconda volta a Superga in tutti tre gli studenti la temperatura è rimasta di 0°,7 e 0°,8 inferiore a quella che avevano nella ascensione precedente fatta quattro ore prima. È questa un'altra prova che il calore prodotto non corrisponde al lavoro compiuto dai muscoli. Vi è un eccitamento nervoso, il quale, quasi un'emozione incosciente, accompagna ogni estrinsecazione dell'attività nervosa, e rende impossibile ogni calcolo di equivalenza termodinamica.

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"Le cime più alte delle montagne di California, dove io sono stato per delle settimane e qualche volta per dei mesi, sono quelle situate lungo la ferrovia del Central Pacific che si elevano fino a 4000 metri. A 3000 metri di altezza ho potuto fare molto lavoro fisico, malgrado le più svariate circostanze, e quasi non mi accorgevo della elevazione. Al Monte Lola, alto 3090 metri, uno dei miei amici che visitava la stazione, non poteva rimanere sotto la mia tenda. Fu obbligato a mangiare e bere stando di fuori, perchè diceva che, nel chiuso, aveva una singolare sensazione di malessere. Era specialmente della testa ch'egli si lagnava e non poteva vincere l'ansietà, nè darsi pace, che pareva temesse l'approssimarsi di qualche malanno alla sua ragione. Questa sensazione di malessere, era grandemente alleviata, quando fuori della tonda poteva vedere intorno lo piante, gli animali e le roccie. Eppure eravamo almeno venti uomini occupati a lavorare e nessuno ebbe a soffrire. Dieci di noi si fermarono colà due mesi e mezzo senza inconvenienti ed io lavoravo sino a 15 ore al giorno.

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A. Humboldt, Ansichten der Natur, Das Hochland von Caxamarca.

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Ma anche più sotto, a Gressoney St. Jean, alcuni non respirano bene e si lagnano di insonnia. Eppure sopra, a Gressoney la Trinità, vi è un gruppo di case a 2037 metri dove gli abitanti passano l'inverno. Moutei infatti è uno dei luoghi abitati, tra i più alti d'Europa. — Raccontavo questo ad un mio amico un po' grasso mentre passeggiavo con lui poco sotto Moutei. — Sta bene, disse, ma intanto il primo giorno che sono venuto fin qui avevo le traveggole e mi sentivo mancar sotto le gambe unicamente per l'aria rarefatta; del resto stavo benone e in pochi giorni mi abituai a salire più in alto.

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Se da Gressoney la Trinità faccio una prima passeggiata fino al Lago del Gabiet passando per Orsia e tornando per la valle del Netscio, e cammino lentamente, è una passeggiata di 4 o 5 ore, nella quale da 1627 metri si sale fino a 2339 metri. Uno si solleva di 712 metri. Il giorno successivo ed anche due giorni dopo, i muscoli non sono ancora ritornati allo stato normale, e nel distenderli mettendo il piede a terra sento un leggero indolenzimento. Tale dolore è dovuto allo sforzo che si è fatto nella discesa a reggere tutto il peso del corpo con dei muscoli che non sono ancora abituati a questo lavoro.

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Il sangue continuò a diventare venoso durante lo svenimento.

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Mi fu detto che a passargli vicino la gente soffre. Probabilmente sono i primi sintomi del male di montagna che cominciano a manifestarsi a 2800 metri. Chi me lo disse era una guida e soggiunse: — Vede però che quello è il pezzo dove la salita è più ripida.

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Forel fece a questo proposito delle osservazioni molto importanti sul Monte Rosa, che credo opportuno riferire integralmenteForel, Opera citata, pag. 110.: " Le fait le plus intéressant que m'a présenté cette course est celui de la disparition, au commencement de la montée de la Botzertolle, des symptômes du mal des montagnes. En préparant ma course j'avais eu soin de m'informer auprès de toutes les personnes qui connaissaient le Mont-Rose du point où l'on souffre le plus du mal des montagnes. Il est en effet connu que chaque montagne a sous ce rapport sa localité speciale; ce n'est pas en general sur la cime, bien aérée et bien ventée, sur les arêtes dangereuses ou intéressantes, que le mal se fait ressentir le plus; c'est surtout dans des rampes neigeuses, encaissées, bien protégées contre les vents et ennuyeuses ; je citerai comme exemple le corridor du Mont-Blanc. Tous les rapports qui me furent faits étaient unanimes; c'était à la Botzertolle, avant d'arriver au Sattel, que tous les voyageurs, et même souvent les guides, étaient eprouvés. Sur Farete du sommet au contraire, personne ne pense à souffrir du mal des montagnes. Je me preparai donc à étudier soigneusement cette Botzertolle. Je m'en fis indiquer le commencement par les guides, et je me forçai depuis son origine à monter rapidement et sans arrêt, de manière à exagérer par la fatigue les symptômes dont je souffrais avant de l'aborder. Mais, chose étrange, je vis ces symptômes disparaître l'un après l'autre; à mesure que je dirigeais spécialement mon attention sur l'un d'eux je le sentais s'évanouir. La fatigue, la lassitude, la dépression, la céphalalgie, me laissèrent ainsi Fune après l'autre, et j'enlevai ce passage ennuyeux en parfaitement bon état, à la stupéfaction de mes guides qui m'avaient vu péniblement affecté dans des régions beaucoup moins fatales aux autres voyageurs. L'attention, l'intérêt scientifique a donc eu pour moi dans ce cas le même effet curatif que possedè le danger; personne ne souffre du mal des montagnes dans les passages dangereux.

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Una candela si spegne dove l'uomo continua a vivere e però a respirare. Tommaso Laghi fece queste esperienze verso la metà del secolo scorso a Bologna. Mettendo sotto una grande campana un uccello, un topo od un gatto insieme ad una candela accesa, vide che gli animali continuavano a vivere per delle ore in quell'aria chiusa dopo che la candela si era già spenta Thomae Laghii, De animalium in aere interclusorum interitu. De Bononiensi Scientiarum Instituto, Commentarii, Tomus Quartus, 1757, pag. 89..

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Per eccezione vi è chi può durare più a lungo; ma la maggior parte degli uomini dopo mezzo minuto sono già obbligati a respirare.

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A mezzanotte, Polso 68. Respiro 16. Temperatura 37°.

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Nel soldato Sarteur (tabella VII) la frequenza del respiro rimase costante, e crebbe la profondità; ma l'aumento dell'aria inspirata fu piccolo, perchè paragonando i litri d'aria respirati in un minuto a Gressoney e a 4560 metri stanno nel rapporto di 1 : 1,03.

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I soldati Chamois ed Oberhoffer (tabella VIII e IX) che arrivarono entrambi da Ivrea alla capanna Regina Margherita, senza fermarsi nelle stazioni intermedie per l'acclimamento, presentarono il fatto curioso che in entrambi il respiro era meno frequente che a Torino, ma era più grande il valore dell'inspirazione media: tanto che i rapporti fra i litri d'aria inspirati a Torino e a 4564 metri, stanno come 1 : 1,15 per il soldato Chamois, e come 1 : 1,003 per il soldato Oberhoffer.

Pagina 261

A. MossoUna ascensione d'inverno al Monte Rosa. Milano, Fratelli Treves, 1885

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Nei dieci giorni che mi fermai sul Monte Rosa, a 4560 metri, non mi sono accorto che vi fosse una differenza nella attività del cervello. Con mio fratello abbiamo fatto la prova di contare in quanti secondi ci riusciva a fare la somma, o la moltiplicazione di un determinato numero di cifre e trovammo che per le medesime operazioni non vi era differenza nel tempo a Torino e sul Monte Rosa.

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Fermatomi a discorrere colle guide, seppi che uno degli alpinisti le metteva in imbarazzo pel gran dormire. Interessandomi il caso, mi presentai a quel signore e vidi che era più seccato che scoraggiato. Aveva una boccettina che fiutava e mi disse che nei primi giorni soffriva sempre di sonnolenza, giunto ai 3000 metri, ma che l'ammoniaca bastava a tenerlo desto. Le guide mi raccontarono che vicino ai crepacci e dove c'erano dei pericoli, camminava meglio, perchè subito destavasi, ma che appena la neve era buona, cominciava a restar indietro, a farsi trascinare colla corda, ad aver le gambe avviluppate, e che poi usciva fuor di strada come ubriaco e cadeva senza svegliarsi.

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A. Mosso, La Fatica, 1891, pag. 180.

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9 febbraio 1895 pressione barometrica da 737 mm. a 337 mm.

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Per ciò nelle ascensioni dobbiamo cercare di tenere umida la bocca, quando per effetto della fatica comincia a diminuire la secrezione della saliva. La paura che un pizzico di neve, o un pezzetto di ghiaccio, possa nuocere, è esagerata. A me per lo meno, ed a' miei colleghi, non fece male mai, e credo preferibile questo metodo a quello di bere dalla fiaschetta un po' di liquido alcoolico tutte le volte che uno si sente la bocca asciutta.

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A. Daae, Die Farbenblindheit und deren Erkennung.

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Se il cane, come succede spesso, si addormenta può diminuirsi la pressione barometrica fino a che non rimanga più che 1/6 dell'atmosfera. Gli uccelli a questa pressione di 130, o 120 mm. generalmente muoiono, mentre il cane assopito non muore. Anche le anitre che si crederebbe siano gli animali più resistenti all'asfissia, muoiono prima dei cani, perchè non possono addormentarsi nell'aria rarefatta. Arrivano fino a depressioni fortissime senza presentare fenomeni inquietanti, poi improvvisamente aprono il becco, scuotono la testa, e muoiono, senza che si arrivi in tempo a salvarle, dando loro subito un'aria più densa.

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La figura a pag. 129 rappresenta il nostro accampamento presso la capanna Linty. Non si vede la tenda a baracca che serviva di laboratorio, la quale era più lontana e in essa dormiva il dottor Abelli, e mancano pure le tende del personale di servizio.

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Perciò se ne fece una nuova determinazione in condizioni prossime a quelle dell'alta montagna. L'osservatore si chiuse col barometro aneroide, e con un barometro a mercurio, sotto la grande campana pneumatica rappresentata dalla fig. 56, e poi cominciammo a diminuire la pressione, finchè l'aneroide venne a segnare la pressione media indicata al Monte Rosa, osservando contemporaneamente le indicazioni del barometro a mercurio. È facile comprendere come dal paragone delle misure fatte con questo barometro insieme con quelle fatte mediante il barometro aneroide, si determina la correzione graduale che si deve fare ai valori dati dall'aneroide di Goldschmidt.

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Ma dalle nostre osservazioni appare evidentemente che il periodo giornaliero della pressione atmosferica al Monte Rosa, cioè la legge colla quale la pressione varia in un giorno a quell'altezza, è differente da quella che regola queste variazioni presso il livello del mare; e la pressione giornaliera si può meglio determinare prendendo la media delle pressioni osservate a 6h alle 12h e alle 21h. I valori corrispondenti a queste ore e le medie che se ne ottengono sono raccolti nello specchio seguente.

Pagina 346

Il barometro non dava segno di abbassamento notevole , anzi oscillava intorno alla media, quando, nella notte del giorno 13, il vento cominciò a soffiare impetuoso da nord a sud e durò senza posa fino al mezzodì del giorno seguente. La violenza del vento fu grandissima, quale non l'avevamo mai provata. Il custode Francioli uscito dalla Capanna Regina Margherita fu sbattuto a terra dal vento riportando una contusione al ginocchio. Cessata la burrasca trovammo che il vento aveva incrostato tutta la capanna e il ballatojo di uno strato spesso di brina. I cristalli erano lunghi da 12 a 14 centimetri. Non avevamo mai veduto nulla di simile sulle Alpi, e Beno Bizzozero volle fotografarmi in questa cornice fantastica di ghiaccio scintillante, che ho riprodotto a pag. 235.

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Quando li corsojo torna a posto, la pinzetta scorre sul nastro senza muoverlo: e lo afferra di nuovo nella contrazione successiva. Conoscendo il numero dei centimetri cui fu sollevato il peso e il valore del peso stesso, si determina in chilogrammetri il lavoro compiuto. Nella figura 3 A il primo tracciato a sinistra fu scritto a Torino, l'altro B nella Capanna Regina Margherita da mio fratello, mentre solleva 4 chilogrammi col dito medio della mano destra. Un metronomo batte il tempo e si fa una contrazione ogni due secondi. L'apparecchio registratore scrive l'altezza alla quale sollevasi il peso, in ogni contrazione; come si vede nella prima linea verticale a sinistra dove comincia il tracciato. Subito dopo rilascia il dito che ritorna col peso alla posizione di riposo. A misura che i muscoli flessori delle dita si affaticano, le contrazioni diventano regolarmente meno alte, fino a che per la stanchezza i muscoli si fanno incapaci a sollevare il peso.

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Non sto a descriverlo nei suoi particolari perchè si trovano nei trattati di fisiologia. Dirò solo che dilatandosi il torace, si rarefà l'aria entro due capsule chiuse da una membrana elastica alle quali si attacca il nastro che lega il pneumografo intorno al torace. Per mezzo del tubo di gomma, questa rarefazione dell'aria si trasmette al timpano a leva; cosicchè ad ogni inspirazione la leva si abbassa e ad ogni espirazione si alza. Lo strumento di Marey è assai comodo, perchè registra i movimenti a distanza, e con esso si possono continuare le osservazioni od interromperle senza che la persona soggetta all'esperimento se ne accorga. Nella Capanna Gnifetti e in quella Regina Margherita, avevo fatto un buco nella parete che divideva una stanza dall'altra: il tubo di gomma del pneumografo, dal letto di chi dormiva, o riposava, passando a traverso il buco della parete veniva a mettere in movimento il timpano registratore: onde potevo a questo modo lavorare comodamente anche di notte.

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. — Contatore colle valvole e la maschera di guttaperca per misurare la quantità di aria inspirata. illuminazione a gas, tanto che segnano la centesima parte di litro. Forse sono stato il primo a servirmi di un contatore per studiare la respirazione dell'uomo. Questa è cosa che non ha importanza, l'accenno solo per rammentare in che modo ho cominciato questi studi. Venti anni fa sono disceso a 6000 metri sotto il livello del mare. Mi spiego. Sono stato nell'aria compressa a due atmosfere. Fu a Milano che feci queste ricercheA. Mosso, Sull'azione fisiologica dell'aria compressa. R. Accademia delle scienze di Torino, vol. XII, giugno 1877. sull'azione fisiologica dell'aria compressa. Una macchina a vapore comprimeva l'aria in una camera di ferro. Gli apparecchi erano costrutti per uso clinico e non erano garantiti che per una pressione interna di 30 o 40 centimetri di mercurio.

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Nel giorno successivo torno a ripetere questa osservazione. Da quattro giorni non mi ero mosso dalla Capanna Gnifetti e mi trovavo quindi in stato di completo riposo. La figura 18 mostra in a dei periodi più evidenti nei quali l'attività del respiro è inferiore al normale.

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Il cane faceva 26 a 28 respirazioni per minuto, ed il cuore batteva da 120 a 126 volte.

Pagina 59

"Nell'estate del 1868 cominciai, egli dice, troppo presto a fare delle gite sulle Alpi, senza essermi prima allenato abbastanza. Dopo tre giorni di lunghe passeggiate a piccole altezze, feci col signor K. l'ascensione del Galenstock e andammo nel giorno successivo all'Oberaarpass. Invece di partire dal Grimsel ci fermammo al Rhonengletscher, andammo al Grimselpass e salimmo sul Sidelhorn, prima di metterci effettivamente all'opera. Alla sera cambiammo pure un'altra volta d'itinerario e invece di scendere a Viesch, andammo in cerca d'un alloggio migliore all'Aeggischhorn. Per ciò fummo obbligati, verso la fine del giorno, a camminare con passo alquanto accelerato per raggiungere quest'alpe.

Pagina 75

"Fino a quel momento io ero sempre stato bene. Ma quel dispendio maggiore di forza che fu necessario per sollevare nuovamente il peso del mio corpo a circa 2000 piedi produsse uno strapazzo del cuore destro. Improvvisamente venni preso da uno strano bisogno di respirare che non avevo mai provato, il quale era accompagnato da una sensazione molto spiacevole di tensione e di pulsazione all'epigastrio. Misi la mano sul cuore e sentii che il battito era diffuso a tutto l'epigastrio. Apersi tosto la camicia e m'assicurai colla percussione che il ventricolo destro del cuore era molto dilatato. Mi coricai lungo e disteso sull'erba colle spalle sollevate, ed in pochi minuti ebbi il piacere di constatare che la dilatazione del cuore e l'oppressione e l'estensione della ottusità cardiaca, cominciavano a diminuire. Provai le mie forze alzandomi e coricandomi di nuovo, e poi cominciai a fare alcuni passi. Ma i fenomeni ritornavano subito a molestarmi appena io tentavo di salire. Fui perciò obbligato a mandare innanzi il signor K, ed io con grande prudenza m'incamminai lentamente. Quando giunsi all'altezza dell'albergo, e vi era un miglio o due da fare in piano, scomparve immediatamente il mio malessere. Non sentivo punto la stanchezza, e arrivato all'albergo, pranzai come al solito.

Pagina 76

Abbiamo ripetuto queste prove negli accampamenti man mano che salivamo su alla vetta del Monte Rosa, e con mia sorpresa trovai che a 4560 metri si faceva assai più lavoro che non a Torino.

Pagina 8

A. Mosso, La temperatura del cervello. Treves, Milano, 1894.

Pagina 95

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