Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Numero di risultati: 2890 in 58 pagine

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Fondamenti della meccanica atomica

435905
Enrico Persico 16 occorrenze
  • 1936
  • Nicola Zanichelli editore
  • Bologna
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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L'integrale si riduce facilmente a integrali definiti noti, e risulta uguale a

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Analogamente a quanto abbiamo fatto nel caso unidimensionale (§ 38), possiamo ora considerare brevemente il caso di una particella vincolata a restare entro una scatola parallelepipeda, di lati a, b, c, a pareti perfettamente elastiche: nell'interno della scatola non agiscono forze. Ricercheremo dapprima una soluzione semplice, corrispondente ad un dato valore di E, ossia ad una sola frequenza, lasciandoci guidare dall'analogia col problema delle onde luminose o sonore entro una scatola a pareti riflettenti.

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I polinomi generalizzati corrispondenti ad un dato indice superiore j ed a diversi K, se moltiplicati per danno luogo a funzioni ortogonali nell'intervallo da 0 a : si ha precisamente

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Consideriamo perciò, invece degli N valori dell'indice r da 1 ad N, gli infiniti valori che può assumere una variabile reale x in un intervallo (a, b): potremo dire che consideriamo, invece di N assi, una infinità (continua) di assi coordinati, corrispondenti ciascuno a un valore di x. Assegnare un vettore f in questo spazio, significa far corrispondere ad ogni valore di x (da a a b) un numero (reale o complesso), cioè significa assegnare una funzione f(x), monodroma da a a b. Ciò suggerisce di considerare ogni funzione f(x), definita e monodroma in un intervallo a, b (eventualmente infinito) come un vettore f in uno spazio a infinite dimensioni, in cui ognuno dei valori di x da a a b caratterizza un asse coordinato e il valore corrispondente assunto dalla funzione rappresenta la proiezione del vettore su quell'asse (componente x-esima del vettore).

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Per estendere al caso dello spazio a infinite dimensioni la (1), la (2) e le formule analoghe, si dovranno evidentemente sostituire le sommatorie da 1 ad N con integrali rispetto a x da a a b nel caso di una sola variabile, e, nel caso generale di p variabili, con integrali multipli estesi a tutto il campo S. Si sarà così condotti a definire come modulo del vettore f rappresentante la funzione f (o, come anche sì dice, come norma della funzione f) il numero positivo il cui quadrato è dato dalla formula, analoga alla (1):

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A. H. Compton e A. W. Simon, Phys. Rev. 20, 289 (1925).

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Le matrici così introdotte non si considerano come rappresentanti di operatori, poichè non servono a passare da un vettore a un altro, ma invece dalle componenti di un vettore rispetto a un sistema di riferimento, alle componenti dello stesso vettore rispetto a un altro sistema di riferimento. Si chiamano perciò matrici di trasformazione.

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L'integrale rispetto a è uguale a 1 se è interno all'intervallino , altrimenti è nullo: perciò, detto il tratto comune (eventualmente nullo) ai due intervalli l'espressione precedente si riduce a

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Sia A un'osservabile a cui si sappia che corrisponde un certo operatore , con autovalori Ar e autofunzioni . Sia poi G un'altra osservabile definita come funzione di A, cioè G = F(A): i possibili risultati di una misura di G saranno , e ciascuno di essi avrà la stessa probabilità del valore di A. Ora, è facile vedere che questo risultato si ritrova applicando il procedimento di pag. 347 e facendo corrispondere a G l'operatore . Difatti, come si è visto al § 10, questo operatore ha gli stessi assi principali di (individuati dai vettori con gli autovalori : perciò la proiezione del vettore di stato sull'asse r-esimo di è la stessa che rappresenta la proiezione di sull'asse r-esimo di A, e quindi la probabilità del valore risulta , come quella del valore Ar di A. Il teorema si estende immediatamente a una funzione F(A, B, ...) di più osservabili compatibili tra loro e si dimostra allo stesso modo.

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Nella (189), la rappresenta il termine principale: come si vede, l'autofunzione imperturbata si approssima (a meno di termini del primo ordine) non a ma a . Le si possono chiamare le autofunzioni di approssimazione d'ordine zero.

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Di qui possiamo anzitutto ricavare le a, moltiplicando l'equazione per e integrando: si ottiene allora (poichè è ortogonale a , alle , alle e a tutte le per cui :

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Nei casi ordinari (corrispondenti cioè nel modello classico a particelle dotate di velocità piccole rispetto a c, sì da potersi usare la meccanica non relativistica), risulta trascurabile rispetto a , cosicchè dalla (278) si ricava per l'espressione approssimata

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Nel primo caso le equazioni danno (, mentre restano arbitrarie (salvo l'ortogonalità e la normalizzazione) e si possono prendere uguali a 1 e a 0 rispettivamente (per ), o a 0, 1 (per ): similmente, nel secondo caso () , risulterà e si potranno prendere uguali a (1, 0) e (0, 1) rispettivamente. Avremo così le quattro autofunzioni dell'operatore

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Le costanti e restano arbitrarie, e le prenderemo uguali rispettivamente a 1 e a , cosicchè sarà:

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Sostituendo per A e B le espressioni (345) e risolvendo rispetto a W si trova

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a zero per , si dovrà scartare il segno +: si è così condotti a ricercare soluzioni della forma

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Lezioni di meccanica razionale. Volume primo

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Tullio Levi Civita - Ugo Amaldi 34 occorrenze

Se allo stesso segmento, invece del verso da A a B, si attribuisce l’altro che da B va ad A, si ha il segmento orientato BA, che ha la stessa linea d’azione di AB, ma l’origine B e l’estremo A.

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. – I punti di un segmento (rettilineo) di estremi distinti A e B si possono pensare ordinati in due versi opposti: da A verso B o da B verso A.

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Dipendendo ciò (n. 12) dal segno della velocità distinguiamo i due casi a > 0 e a 0.

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il quale, sotto condizioni assai larghe per le funzioni di sette argomenti a x, a y, a z, ammette infinite soluzioni, dipendenti nel loro insieme da sei costanti arbitrarie Cfr. la nota a piè di pagina 97. . Abbiamo dunque ∞6 moti diversi aventi la data accelerazione.

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è rappresentato dalla diagonale O A 2 , del parallelogramma OA 1 A 2 A'1 racchiuso dai due vettori v 1, v 2 applicati ad uno qualsiasi punto O.

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. - È manifesto che un vettore v si può considerare decomposto, in infiniti modi diversi, nella somma di un certo numero n di vettori: se v = B - A basta fissare ad arbitrio n - 1 punti A 1, A 2,..., A n- 1 e porre

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Per fissare le idee, supponiamo che A 0, appartenga al quarto quadrante, e indichiamo con A 1, A 2,… le successive intersezioni della spirale col segmento O A 0 da A 0 verso O Il prolungamento del segmento A 0 intersecherà la spirale in infiniti altri punti che potremo indicare con A -1, A -2,…cui corrispondono, come intersezioni delle stesse spire con OB 0 altrettanti punti B -1, B -1,… Ma noi per fissare le idee, consideriamo il moto di P a partire dall’istante in cui si trova A 0. ; con B 0, B 1, B 2,... le corrispondenti intersezioni delle stesse spire con la semiretta opposta alla O A 0.

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Dati due punti A e B, trovare in quale direzione si deve lanciare da A un grave con velocità iniziale di, grandezza assegnata v 0, se si vuole che esso vada a passare per B. [Si ricorre alle prime formule del n. 32, assumendo l’origine delle coordinate in A, e si esprime che la parabola uscente da A sotto l'incognito angolo di proiezione α va a passare per il punto B di coordinate x, y. Si ha così una equazione di secondo grado in tg α. Il problema può ammettere due, una o nessuna soluzione.

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I vettori v a ed a a son dati, per definizione, da ove, beninteso, la variabilità di P si riferisca alla terna fissa Ωξηζ; mentre la velocità e l’accelerazione relative v r ed a r dipendono dalla variabilità di P rispetto alla terna mobile e hanno per componenti rispetto ad essa le derivate prime e seconde

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Di qui, se si assume come asse z della terna mobile l’asse di rotazione, orientato nel verso di (9), si deducono per le componenti di v a ed a a secondo gli assi mobili le espressioni

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c) Se, infine, B' è sul prolungamento di AA' (simmetrico di A rispetto ad ) la coppia A, B si porta in A', B' colla traslazione rappresentata dal segmento orientato AA'.

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Se poi riferiamo v, P ed A ad una terna cartesiana, e sono X, Y, Z le componenti del vettore v; x, y, z le coordinate di A e a, b, c quelle di P, le componenti di A-P sono x - a, y - b, z - c, cosicché dalle (24) del n. 24 ricaviamo per le componenti di M le espressioni

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Si noti che, se i vettori del sistema hanno tutti la stessa origine A, il momento risultante coincide sempre col momento del risultante applicato in A (Teorema del Varignon ) Pierre Varignon, nato a Caen nel 1664, morto a Parigi nel 1722. Il teorema citato nel testo è contenuto nell’opera postuma: Nouvelle mécanique ou statique...(Parigi 1725). .

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Per tali sistemi, che diconsi a vincoli completi, sono determinate a priori le traiettorie dei singoli punti del sistema, e a definire il moto basta un’unica equazione oraria

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F = m 1 a 1 ed F = m 2 a 2,

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Assunto allora su tale retta un punto qualsiasi A distinto da P, si sa dai numeri 14, 41 che il vettore v 1 del piano π1 è equivalente a due vettori coll’origine in P 1 e situati sulle rette P P 1 ed AP 1; questi si possono poi trasportare lungo le loro linee d’azione (n. 41) in modo da avere le origini in P ed A rispettivamente, eseguendo la stessa riduzione sul vettore v 2, possiamo concludere che il dato sistema è riducibile: a tre vettori coll’origine in P e a due coll’origine in A. Basta ora eseguire la composizione di tali vettori intorno ad A ed a P, per ottenere la cercata riduzione a due soli vettori, uno dei quali coll’origine in P .

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Da queste relazioni, risolvendo rispetto a τ e a μ, abbiamo

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e, poiché per ipotesi è v 2 v 1, sarà parimenti A 1 C A 2 C; cioè il punto C cadrà sul prolungamento di A l A 2 dalla parte del punto d’applicazione del vettore v 1, di intensità maggiore.

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Paolo Guldino, n. nel cantone di San Gallo nel 1577, m. a Graz nel 1643. Fu Gesuita e visse a lungo a Roma; poi insegnò nelle Università di Vienna e di Graz.

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A = s 1, B = s 2, C = s 1 + s 2 = A + B,

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rappresentando a solito con A, B, C i momenti principali d’inerzia.

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Per precisare la condizione di equilibrio, osserviamo che, ove si scelga nel modo dianzi convenuto l’orientazione delle singole rette a, il peso totale di S, applicato nel baricentro che per ipotesi è sostenuto, risulta sinistrorso rispetto a tutte codeste rette orientate (o, eccezionalmente, incidente ad una di esse); talché, rispetto a ciascuna delle a il peso ha momento negativo (o nullo); mentre il momento della trazione orizzontale può essere positivo o negativo (o nullo) secondo la retta che si considera. In ogni caso, se si designano con -P a e T a i momenti del peso e della trazione rispetto ad una generica retta a, per l’equilibrio del solido sarà necessario e sufficiente che si abbia, per tutte le singole rette a,

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Una trave orizzontale a due appoggi A, B, porta un carico q in un punto intermedio C, distante a da A. In tutto il resto c’è simmetria rispetto al piano che dimezza perpendicolarmente AB. La portata (distanza degli appoggi) è b, il peso della trave è p.

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A tale scopo consideriamo un’asta generica AB del sistema articolato e sia f una qualsiasi delle forze che in Σ sono applicate ad essa. Poiché l'asta è rigida, possiamo, senza pregiudizio dell’eventuale equilibrio (Cap. prec., n. 2), sostituire alla f un qualsiasi sistema di forze vettorialmente equivalente (purché si tratti di forze applicate a punti dell’asta); in particolare possiamo sostituire ad f due forze f A, f B parallele alla f e dirette nello stesso verso, applicate rispettivamente negli estremi A, B dell’asta (non nei nodi corrispondenti). Operando analogamente su tutte le forze di Σ, direttamente applicate all’asta AB, componiamo tutte le f A e, rispettivamente, tutte le f B così ottenute, in due forze R A, R B applicate in A e B; e indichiamo con R' A, R'' A,… le risultanti omologhe alla R A che, per le varie altre aste, eventualmente concorrenti in A, si ottengono come applicate nei rispettivi estremi, collegati al nodo A. Infine denotiamo, come al n. prec., con Φ A, Φ B gli sforzi che l'asta AB subisce dal suo collegamento ai nodi, con F A la forza direttamente applicata al nodo A e Ψ, Ψ', Ψ'',… le azioni che codesto nodo risente dalle varie aste ad esso collegate, ricordando (n. 2) che se Ψ è dovuta all’asta AB si ha

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cioè la risultante Φ * A della forza esterna R A , e dello sforzo Φ A , agenti sull’estremo A dell’asta AB, gode, rispetto alla Ψ*, della proprietà caratteristica delle forze interne, e si può quindi interpretare essa stessa come uno sforzo.

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Esprimiamo infatti che è in equilibrio un elemento di filo B i P i A i comprendente il punto P i (i = 2, 3,... n - 1). Immaginando B i ed A i infinitamente vicini a P i, potremo trattare l’elemento come un semplice punto materiale, sollecitato da tre forze: la F i direttamente applicata e le tensioni del filo in B i ed A i, ordinatamente eguali a Φ i·i-1 , Φ i·i+1 . Eguagliandone a zero la riotteniamo precisamente le (5) del n. 5. Analogamente, considerando due elementi estremi di filo, P 1 A 1, B n P n, e trattandoli come punti materiali, abbiamo le equazioni ai limiti (6).

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In tale ipotesi, poiché la variabile corrente di integrazione λ si mantiene sempre inferiore a saranno a maggior ragione trascurabili le potenze di λ, dalla quarta in avanti. Perciò, ove si applichi lo sviluppo del Taylor a J si potrà arrestarsi dopo il secondo termine, omettendo il resto, che contiene λ4 a fattore.

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Ad ogni modo rimane, in valore assoluto, inferiore a cosichè a e si possono sostituire i primi quattro termini dello sviluppo in serie, trascurando il resto, che contiene a fattore.

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Si vede facilmente che il piano osculatore gode di altre proprietà, ciascuna delle quali potrebbe servire a definirlo. Così per es., se si considera il piano che contiene, oltre alla tangente in P, la direzione della tangente in un altro punto P 1, prossimo a P, e poi si avvicinare indefinitamente P 1, a P, il piano considerato tende a σ. Basta pensare che, detto t 1, il vettore tangente unitario in P 1 il piano generico da noi considerato è parallelo ai vettori t et 1, quindi anche a t e a o ancora a t e . Al limite, esso sarà parallelo a t e a e quindi coinciderà necessariamente col piano osculatore in P. In modo analogo si vedrebbe che tale piano è altresì il limite dei piani proiettanti dalla tangente in P in vari punti P 1, della curva; e anche dei piani determinati da tre punti qualisivogliono P 1, P 2, P 3, quando questi convergono tutti a P.

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dove gli a k.i, a i.i, denotano (r + s) N vettori determinati (puramente posizionali).

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le componenti - λ1 a'1.i, - λ1 a''1.i, - λ1 a'''1.i della reazione da esso determinata su P i son date da

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a) che i tratti a contatto delle carrucole si trovino in equilibrio relativo;

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D’altra parte è facile riconoscere che per verificare la c) convien diminuire la tensione quanto più è possibile, ossia, essendo data la differenza ΔT = T B - T A fra i valori estremi, conviene rendere minimo T A, [compatibilmente, si intende, con a), il che implica intanto equilibrio relativo rispetto a C].

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Una sottile asta AB inclinata di un angolo O sulla verticale ascendente del suo estremo A, ruota attorno a tale verticale con velocità angolare costante ω. Una pallina pesante può scorrere senza attrito sull’asta. A quale distanza l da A può la pallina trovarsi in equilibrio relativo?

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