Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Intervento del governatore della Banca d'Italia all'Assemblea ordinaria dell'Associazione bancaria italiana

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Ignazio Visco 13 occorrenze

Le banche avranno a disposizione un congruo periodo di tempo per adeguarsi; la Vigilanza dovrà essere informata sulle misure che esse intendono adottare.

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Vanno valutate con attenzione misure, anche di natura temporanea, volte a ridurre in misura significativa le spese per il personale in rapporto ai ricavi. Occorre piena consapevolezza dei vincoli posti dalle difficoltà che il sistema bancario si trova ad affrontare, un cambio di passo per far fronte alle difficoltà contingenti degli intermediari, per salvaguardare la stessa occupazione. Va rafforzato l’impegno per adeguare la combinazione dei fattori produttivi e la struttura dei canali distributivi alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie.

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Tali indicazioni vanno attuate pienamente; vanno altresì rafforzate vietando il passaggio dai vertici delle Fondazioni a quelli delle banche.

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Questi cambiamenti richiedono ora di riconsiderare le regole di governance , originariamente concepite per intermediari piccoli e radicati a livello locale e non più adatte per banche di

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L’applicazione della disciplina delle operazioni con parti correlate, a cui ho già fatto cenno, deve contribuire anch’essa ad assicurare l’autonomia delle banche da indebite ingerenze e condizionamenti.

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È necessario intraprendere un cammino di riforma graduale ma incisivo: anche in vista dell’unione bancaria e del passaggio al supervisore unico, tanto più marcate e ingiustificate continueranno a essere le differenze rispetto alle altre grandi banche, tanto più repentina potrà essere la richiesta di cambiamento.

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Nell’ambito dei nostri poteri, siamo intervenuti sugli statuti al fine di favorire l’aumento del numero di deleghe conferibili a ciascun socio, contenere il frazionamento del possesso azionario, limitare gli ostacoli alla presentazione di liste per il rinnovo degli organi sociali da parte degli investitori istituzionali. Pur importanti, questi interventi non risolvono i problemi strutturali dell’assetto societario delle banche popolari, soprattutto di quelle maggiori.

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I lavori per la creazione di un supervisore unico nell’area dell’euro, costituito dalla BCE e dalle autorità nazionali, proseguono a ritmi serrati. Muovendo dal patrimonio di conoscenze tecniche delle autorità nazionali, la nuova istituzione dovrà assicurare una visione sovranazionale basata sulle migliori pratiche in materia di metodologie di vigilanza, modelli di analisi e valutazione dei rischi bancari. Il passaggio al supervisore unico conferirà

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Le popolari più grandi devono aprirsi a questa trasformazione, agevolandola con quorum assembleari realisticamente raggiungibili.

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Occorre mirare a completare la fase di transizione ben prima del limite massimo dei dieci anni indicati nell’accordo, valutando le possibili sinergie con gli organismi già operativi. A regime, la disponibilità di risorse adeguate da parte del fondo consentirà di ripartire l’onere di eventuali crisi fra i creditori della banca e il sistema bancario nel suo insieme, con benefici per il costo della provvista delle banche.

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Un peggioramento restringerebbe ancora i margini di manovra delle finanze pubbliche; si ripercuoterebbe sulla provvista delle banche e quindi sulla disponibilità e sul costo del credito a imprese e famiglie.

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Il sistema bancario italiano è stato messo a dura prova dalla crisi finanziaria, da una doppia recessione, dalle tensioni sul debito sovrano. La capacità degli intermediari di generare reddito si è assottigliata; in assenza di adeguate risposte sarebbe ulteriormente ridotta dal protrarsi della crisi, dal manifestarsi di nuovi shock avversi.

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Iniziative analoghe possono avere oggi successo a condizione di garantire trasparenza e piena coerenza dei meccanismi di trasferimento dei rischi dalle banche agli investitori con le normative prudenziali e contabili, così da consentire la definitiva cancellazione dall’attivo delle banche delle partite deteriorate cedute.

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Problematiche relative all'applicazione dell'Accordo di Basilea 2

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Corrado Faissola 27 occorrenze

Sarebbe, inoltre, opportuno definire una tabella di marcia unica a livello globale (non solo di Unione Europea o di Zona Euro), finalizzata ad armonizzare la successione dell'entrata in vigore della normativa coerentemente con i tempi e le modalità dell'introduzione delle normative europee già approvate.

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Alla base della decelerazione a cui si è assistito nei mesi scorsi vi è stata la scarsa domanda, soprattutto per investimenti. Questo aspetto oltre ad emergere con evidenza dai dati di contabilità nazionale, secondo i quali l'anno che si appena chiuso ha visto una flessione degli investimenti fissi lordi complessivi dell'ordine del 13 per cento in termini reali, viene segnalato chiaramente dalla Bank Lending Survey, realizzata dalla BCE.

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I dati di cui disponiamo ci dicono in sostanza tre cose molto rilevanti: 1) siamo riusciti ad evitare una situazione di credit crunch in senso tecnico; 2) abbiamo sopportato un aumento significativo delle sofferenze contribuendo quindi significativamente al conto che la crisi ha imposto al Paese; 3) siamo comunque riusciti a mitigare l'incremento della rischiosità. Infatti, l'aumento delle sofferenze che abbiamo sperimentato in questa fase sarebbe stato, in rapporto allo shock macrofinanziario che abbiamo conosciuto, molto più forte se negli anni scorsi non fossero decisamente migliorate le nostre capacità di screening dei prenditori di fondi: molte più imprese sarebbero fallite, con gli ovvi negativi effetti in termini di disoccupazione. Riteniamo, che questo possa e debba essere considerato un altro fondamentale contributo (pur se indiretto) offerto dalle banche nella fase che abbiamo attraversato.

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Domani stipuleremo una nuova Convenzione con Cassa Depositi e Prestiti per regolamentare l'impiego della seconda tranche del Plafond complessivo di 8 miliardi di euro messo a disposizione delle banche per il finanziamento delle PMI. Inoltre, abbiamo avviato sempre con la Cassa, il MEF, Confindustria e le principali banche italiane, i lavori per la costituzione del Fondo per la patrimonializzazione delle PMI, che avrà una dotazione complessiva di 3 miliardi di euro.

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In Italia questo indice è passato dal +9,1% del primo trimestre dello scorso anno al +1,9% del terzo trimestre 2009 (ultimo dato disponibile) restando dunque in territorio positivo e al di sopra della soglia che il Fondo monetario individua quale limite oltre il quale si può cominciare a parlare di credit crunch (-1%).

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A tal proposito merita di essere ricordato anche l'accordo dell'ABI con le Organizzazioni sindacali per l'anticipazione della CIGS, di cui ad oggi hanno beneficiato più di 5 mila lavoratori per un controvalore di finanziamenti pari ad oltre 21 milioni di euro.

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domande (a fronte delle 84mila di fine novembre), per un controvalore complessivo di finanziamenti in essere di 37,3 miliardi di euro. Il 90% delle richieste sono risultate ammissibili. Solo poco più dell'1% non è stato accolto. Gli ultimi dati del monitoraggio confermano che tra i settori spiccano industria, commercio/alberghiero e altri servizi. All'iniziativa hanno aderito 581 banche, oltre il 98% degli sportelli.

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Il 2 febbraio scorso è stato siglato il Protocollo di intesa tra ABI e Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento famiglia e Dipartimento gioventù), Ministero del lavoro e delle politiche sociali,ANCI, Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Conferenza episcopale italiana, Associazioni dei consumatori (13 firmatarie), in merito alla costituzione di un "Tavolo di attuazione" per il coordinamento e il monitoraggio delle numerose misure messe in campo dai soggetti firmatari a sostegno del mercato del credito retail>.

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nei confronti dei clienti con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui che hanno subito o subiscono nel biennio 2009 e 2010 eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell'occupazione per qualsiasi contratto di lavoro, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione).

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La misura - in vigore dal 1 febbraio 2010 al 31 dicembre 2011 - si applica anche nei confronti dei clienti che presentano ritardi nei pagamenti fino a 180 giorni consecutivi. La sospensione può essere della sola quota capitale o per l'intera rata. In quest'ultimo caso maturano gli interessi contrattuali sul debito residuo nel periodo di sospensione, i quali vengono spalmati sulle rate residue al riavvio dell'ammortamento senza applicazione di ulteriori interessi.

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Le proposte di modifica avanzate con la pubblicazione dei documenti dello scorso dicembre, ora in consultazione, sono di grande portata e rilevanza: su di esse l'industria bancaria sta compiendo una riflessione a 360 gradi.

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Tra quelli negativi emerge che: i) se da una parte, il modello utilizzato in Spagna ha consentito di creare un buffer da utilizzare nel momenti in cui si è materializzato il rallentamento economico, dall'altra, non è riuscito a limitare l'espansione del credito nel periodo di boom. Perciò, i decisori di

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Mentre in molte parti del mondo si pensa a come ridisegnare l'industria bancaria e la propria missione, alla luce delle macerie prodotte dalla crisi, in Italia possiamo permetterci di affrontare altri temi (il sostegno del reddito delle famiglie, ecc).

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Hanno potuto resistere perché praticano un modello di business tradizionale, imperniato sulla raccolta tramite depositi e obbligazioni e sui prestiti a famiglie ed imprese. E' un modello semplice: congeniale al nostro sistema produttivo, fatto in prevalenza da imprese piccole e medie.

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Per quanto riguarda i livelli di patrimonializzazione, come ha ricordato il Governatore Draghi, essi sono significativamente cresciuti nella fase più recente grazie ad una molteplicità di azioni: aumenti di capitale, dismissioni di attività non strategiche, destinazione a capitale di una parte importante degli utili conseguiti e infine, in taluni casi, ad interventi pubblici. A settembre 2009 il core tier 1 dei primi cinque gruppi bancari risultava pari al 7,3%, 150 punti base superiore alla fine del 2008.

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Tale sistema di regole evidenzia una problematica che assume particolare risalto alla luce degli andamenti e delle prospettive del quadro macroeconomico: va da sé infatti che la recessione tende ad indebolire le posizioni reddituali delle imprese, che da ciò consegue una riduzione del merito di credito la quale, entro una logica valutativa puramente bilancistica, potrebbe tradursi a sua volta in una riduzione del credito erogato.

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Questo mio intervento è dunque strutturato in tre principali sezioni: partirò proprio dallo stato dell'economia e dalle prospettive che abbiamo di fronte; nella seconda sezione dopo aver ripercorso per sommi capi la strada delle risposte che la regolamentazione ha fin qui dato alla crisi finanziaria mi concentrerò sulle modifiche proposte agli accordi di Basilea 2, con i documenti emanati dal Comitato lo scorso dicembre e che sono attualmente in consultazione, evidenziando quelli che per le banche rappresentano i principali punti di attenzione e di delicatezza; nella parte conclusiva, fornirò qualche dato sull'attività bancaria più recente a testimonianza del fatto che l'industria bancaria, pur convinta della decisiva importanza delle modifiche regolamentari, nei mesi scorsi non ha tirato i remi in barca nell'attesa dei cambiamenti ma, compatibilmente con un difficile quadro generale, ha fornito credito alle attività produttive e ha posto in essere molte iniziative per far fronte alle situazioni di maggior disagio di imprese e famiglie.

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Tra inizio gennaio e inizio febbraio, lo spread dell’Italia rispetto alla Germania sui CDS è passato da 70 a 93 punti base. Le accorte manovre di bilancio degli ultimi anni e la solidità del sistema bancario nazionale sembrano rassicurare i mercati.

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La nostra chiave di lettura del contesto macroeconomico non è dissimile da quella ormai di consenso: da alcuni mesi siamo usciti dal profondo tunnel nel quale la macchina produttiva ha viaggiato per molti trimestri ma la ripresa della produzione stenta a guadagnare velocità. Il recupero si presenta lento ed accidentato. Gli sviluppi congiunturali degli ultimi giorni sembrano confermare il quadro di luci e di ombre che abbiamo di fronte ormai da qualche mese.

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Nonostante il recente addensarsi di un po' di nubi all'orizzonte sul fronte delle prospettive, continuiamo a ritenere che l'anno 2010 sarà, nel complesso, un anno di espansione produttiva e di ripresa; riteniamo che per quanto riguarda l’Italia, dovrebbe tornare il segno "più" davanti al valore della variazione del prodotto con una crescita del Pil che stimiamo un po' sotto il punto percentuale (intorno al -4,8/5 per cento il consuntivo 2009).

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Le nuove proposte del Comitato di Basilea sono volte innanzitutto alla composizione del patrimonio delle banche, al fine di definire regole comuni accettate a livello internazionale e migliorare la qualità del patrimonio di primo livello (Tier 1). Nello specifico, secondo il Comitato di Basilea, la parte predominante del Tier 1 dovrebbe essere composta da "common equity" (azioni ordinarie e da utili non distribuiti) al netto dei filtri prudenziali e di alcune deduzioni.

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Il nuovo Commissario al Mercato Interno, Barnier, si è già impegnato con il Parlamento europeo a recepire senza indugio nella CRD le nuove regole che verranno emanate dal Comitato di Basilea; nel frattempo, però, occorre intervenire per assicurare coerenza con il quadro normativo vigente al fine di evitare situazioni di incertezza giuridica che potrebbero ripercuotersi sull'attività delle banche e dei mercati.

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Un esempio su tutti: le proposte di Basilea sembrano prefigurare di una definizione di capitale Tier 1 che, in prima analisi, appare più stringente rispetto a quella prevista dalla nuova disciplina dalla direttiva 2009/111/EC di modifica della CRD che entrerà in vigore il 1 gennaio 2011, per quanto riguarda in particolare le caratteristiche degli strumenti "ibridi" finora accettati quali componenti di Tier 1. Peraltro, il Comitato di Basilea propone che il "periodo di grazia" (grandfathering) per gli strumenti che non posseggono le caratteristiche per poter essere inclusi nel Tier 1 sia previsto solo per quelli già emessi alla data di pubblicazione della consultazione stessa (dicembre 2009) e, pertanto, ha di fatto creato un blocco di tali nuove emissioni sul mercato oltreché incertezze nel medio lungo periodo.

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Per esempio, misure che privilegiano la stabilità degli intermediari possono andare a discapito dell'efficienza e dell'innovazione. Al contrario, misure che aumentano l'efficienza e l'innovazione possono ridurre la stabilità del sistema finanziario.

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Il loro impatto singolo, e a maggior ragione congiunto, rende dunque imprescindibile un'attenta analisi sulle loro concrete modalità di implementazione, sulla loro successione temporale e in generale sui possibili effetti prociclici correlati alla loro eventuale entrata in vigore nell'attuale contesto macroeconomico.

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Peraltro, in presenza di innovazione finanziaria, interventi di tipo strutturale che tendono a separare nettamente le diverse attività esercitabili da una banca possono essere soggetti ad aggiramenti, con la conseguenza di espandere, invece che eliminare, il sistema bancario ombra. Si reintrodurrebbero in definitiva ampi spazi per forme di arbitraggio regolamentare.

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Solo per fare un esempio, la "Regulation Q" introdotta in Usa negli anni '30 con l'obiettivo di fissare un limite massimo ai tassi sui depositi bancari, indebolì il sistema bancario sottraendogli risorse importanti che si sono dirette verso strumenti più remunerativi (es. fondi monetari a breve termine). La stessa Basilea, secondo talune valutazioni, ha involontariamente finito per costituire un incentivo al collocamento di alcune attività fuori bilancio e al proliferare di titoli strutturati con alti rating ma costruiti su mutui dalla dubbia qualità (es. subprime).

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