Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: a

Numero di risultati: 2012 in 41 pagine

  • Pagina 2 di 41

Astronomia

410580
J. Norman Lockyer 14 occorrenze

Attorno a Venere esiste un'atmosfera molto alta e densa, da una volta e mezza a due volte più alta e più densa che l'atmosfera della Terra.

Pagina 124

Sul disco di Venere non è stato ancora possibile riconoscere con piena sicurezza macchie permanenti, che accennino a mari, o in generale a configurazioni stabili e caratteristiche del suolo.

Pagina 124

Fig. 34 a

Pagina 145

In alcuni anni se ne contarono da 150 a 200 in un'ora; in altri il numero loro in un'ora discese a 30 e a 20.

Pagina 168

Le Leonidi e le Andromedeidi ogni anno ripassano in piccolo numero, ma a periodi determinati diedero, in epoche anche non lontane, luogo a splendide e memorabili pioggie di stelle cadenti.

Pagina 168

le si usano indicare rispettivamente colle lettere dell'alfabeto A, a, B, C, D, E, F, G, h, H1, H2 e si chiamano complessivamente righe di Fraunhofer.

Pagina 185

Questi ed altri particolari tuttora oscuri noi potremmo certo più presto conoscere, se riuscissimo a fotografare la corona di pieno giorno e a Sole non eclissato.

Pagina 239

È verosimile che un occhio, il quale fosse sensibile soltanto ai raggi infrarossi estremi, vedrebbe le stelle in pieno giorno, e tutto porta a pensare che per riuscire a riconoscere la corona solare, anche a Sole non totalmente eclissato, basterebbe poterne fotografare l'immagine utilizzandone i soli raggi termici.

Pagina 240

La disposizione adottata da Pickering produce un assorbimento della luce stellare piccolo, molto minore di quello che ha luogo negli apparecchi di Draper e di Huggins, e permette di estendere le esperienze a stelle di molto minor grandezza. Mentre Draper limitava le proprie ricerche alle stelle brillanti, mentre Huggins è costretto a limitarsi a stelle di grandezza superiore alla quarta

Pagina 251

Consideriamo il Sole S, e pensiamo ad un tempo che esso è lontanissimo dalla Terra; consideriamo le due posizioni A, C dell'osservatore. A cagione dell’immensa distanza del Sole, i fascii luminosi, che da esso arrivano a luoghi opposti della Terra, si possono considerare come paralleli, e i fascii SS' SS", i quali lambiscono il globo terrestre, se la figura fosse proporzionale al vero, cadrebbero, come già si notò, nei punti a, c, e non in A, C come nel disegno.

Pagina 26

Questo schiacciamento si estende a tutta la superficie della Terra, tanto a quella degli oceani, che a quella dei continenti. A cagione di esso si dice talvolta che la Terra è uno sferoide o un ellissoide schiacciato.

Pagina 31

A quel modo che il levare del Sole a oriente e il suo tramontare a occidente, a cui consegue l’alternarsi del dì e della notte, è un effetto del moto di rotazione della Terra nel verso da occidente a oriente, così il lento e perpetuo trasportarsi delle stelle in cielo da levante verso ponente, il giro ch'esse compiono in un anno sono mere apparenze, e sono un effetto del moto di rivoluzione della Terra che realmente succede intorno al Sole in verso opposto, e che deve compiersi appunto nell'intervallo di un anno.

Pagina 36

Guardando verso il mezzodì, ossia verso il punto sud del nostro orizzonte, noi abbiamo l'est o levante a sinistra, l'ovest o ponente a destra.

Pagina 38

sia la stessa per qualunque luogo della Terra; essa varia a seconda del luogo che si considera, a seconda, in altra parola, della latitudine del luogo dell'osservatore.

Pagina 72

Natura ed arte

474921
Giovanni Virginio Schiaparelli 1 occorrenze

grande, impiega, a far il suo giro completo intorno al Sole, 687 giorni, quasi il doppio dei 365 che impiega la Terra a fare il proprio.

Pagina 398

Le Stelle. Saggio di astronomia siderale

476283
Angelo Secchi 10 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Dumolard
  • Milano
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
  • w
  • Scarica XML

Nel Sole un secondo in arco s’intende 715 chilometri: quindi questo strato è alto al più 1430 a 2860 chilometri (mille a due mila miglia).

Pagina 101

Talchè le onde nel loro andamento sono indipendenti dalla posizione del prisma e dipendono dall’esser la stella a levante o a ponente.

Pagina 125

3.° Spettro orizzontale, le onde vanno per la diagonale progredendo verso il rosso o verso il violetto, secondo che la stella sta a levante o a ponente.

Pagina 125

Questa struttura così moltiplicata ci richiama alla mente la potenza delle forze centrali che tenderebbero a riunire in un sol centro stellare le masse diffuse gassose. Questo suggerisce delle idee cosmogoniche analoghe a quelle già emesse da Kant, Herschel e Laplace, che suppongono le stelle formate dalla materia nebulare. Ma su queste ritorneremo a luogo più opportuno.

Pagina 180

L’ascensione retta si conta dal primo punto di Ariete cost1 da 0° a 360° gradi andando sempre secondo il moto annuale del Sole, cioè da Ponente verso Levante o come dicesi secondo l’ordine dei segni dello Zodiaco. L’Ascensione retta si suol dare anche in tempo, fondati sul principio seguente: il tempo che impiega la sfera stellata a fare un giro completo che riconduce le medesime stelle al meridiano, dicesi giorno siderale, e dividesi in 24 parti eguali chiamate ore siderali, così ogni ora equivale a 15 gradi, e ogni minuto di tempo a 15 minuti di arco, e un secondo di tempo a 15 secondi in arco. Quindi è che gli astronomi danno l’ascensione retta anche in ore, minuti e secondi di tempo colla proporzione di 1 a 15.

Pagina 19

Keplero profittando di questi valori, e aggiungendovi quelli delle distanze da sè concluse, riuscì a questa legge importantissima che «i quadrati dei tempi periodici dei pianeti, erano nello stesso rapporto che i cubi delle loro distanze medie dal Sole.» Questa importantissima legge che ritiene il nome del suo scopritore, porta seco la conseguenza, che basta sapere la distanza dal Sole di un solo pianeta per avere quelle di tutti gli altri. Anzi, che basta sapere la distanza a cui arrivano due pianeti tra loro per avere quella di essi dal Sole, e tutta la scala del sistema La legge di Keplero espressa in formola è la seguente. Dette a e a' le distanze medie e T, T' i tempi periodici dei due pianeti, si ha ora dalle proprietà delle proporzioni si sa che può scriversi Se a è la distanza della Terra dal Sole e a' quella di Venere, la differenza aa' sarà la distanza di Venere dalla Terra, onde conosciuta questa distanza de’ due pianeti tra di loro, dalla equazione precedente si avrà a distanza del Sole dalla Terra. . Questa grande scoperta è quella che rende tanto preziose le osservazioni dei passaggi di Venere, come vedremo fra poco.

Pagina 250

Le osservazioni fatte a questo modo sono molto più sicure che non le altre fondate sulle distanze zenitali dirette. Il metodo si riduce a confrontare Marte colle stelle vicine, e prendere la sua distanza da esse fig. 61). Questa Fig. 61 riesce necessariamente diversa nei due luoghi lontani, perchè mentre unop.es. da A lo vede in b e l’altro da B in a, lo spostamento a L b si misura direttamente nella sfera celeste rapporto alla stella, e dalla differenza trovata si conclude la parallasse. In questa maniera le refrazioni hanno piccola influenza perchè tanto la stella che il pianeta sono da essa egualmente spostati, e solo resta una piccola differenza di spostamento per la differenza delle altezze.

Pagina 257

Galileo pel primo fece osservare che detto A B fig. 77) il diametro del grande orbe descritto Fig. 77 dalla terra attorno al Sole, ed S una stella, se l’altezza sul piano della ecclittica in una stagione era D B S, questa in un altra opposta doveva esser diversa, se la stella era a misurabile distanza, e diventarep.es. D A S. E siccome la misura diretta ed assoluta di quest’angolo poteva esser difficile per la sua piccolezza, propose che si facessero misure differenziali, e a tal fine si scegliesse una piccolissima stella  che fosse accanto ad una grandissima S che essendo probabilmente più vicina a noi sarebbe proiettata in cielo in punti diversi nelle due stagioni. Onde da A la grande vedrebbesi in a e da B in b. Quindi se si misurasse la distanza a e b nelle due stagioni opposte dell’anno, si avrebbe uno spostamento dovuto alla parallasse. Egli ci assicura di aver tentato questo metodo, ma senza aver trovato differenze sensibili. Avendo dunque provato in molte stelle e trovati tali angoli apparenti costantissimi, ne concluse che le stelle erano a tal distanza che tutto il grand’orbe svaniva appetto alla loro lontananza. Questa conclusione spaventò i suoi contemporanei, ma era la sola legittima, che ingrandiva a milioni di volte l’opera di Dio. Però il suo strumento era ben lungi dal poter dar altro che misure a stima e grossolane, onde non ora da ciò veramente provata la cosa con rigore.

Pagina 289

La maggiore anomalia si vede fra le stelle di 6.a e 7.a, cioè nel punto di passaggio fra le stelle telescopiche e le visibili ad occhio nudo, il quale salto nella scala è stato già notato da Struve. Il limite delle stelle visibili ad occhio nudo fino alla 6.a grandezza, secondo Heis, sarebbe in tutto il cielo = 6800, il che dà D.h = 6,610; e pel Catalogo di Pulkowa il numero delle stelle di 7.a grandezza sarebbe in tutto = 26800, il che dà Dp = 11,021. Questi due numeri sono maggiori di quelli della tavola superiore, ma è confessato da Heis che la sua vista si estende a molte stelle oltre la 6.a grandezza, e da Struve che molte di 7.a ½ sono incluse nel Catalogo di Pulkowa, per l’indeterminazione naturale che porta la materia stessa; e credo io, ancora per la tendenza naturale a giudicare una stella maggiore del vero, quando si faccia la sua stima a sola vista, senza l’aiuto di qualche strumento.

Pagina 317

Moltissime stelle variano di grandezza: altre periodicamente a breve intervallo altre a periodi incerti. Di queste parleremo in un articolo a parte. Intanto qui accenneremo che è certamente cosa curiosa, come nel poema di Arato non si trovi menzionata la stella Vega della Lira che pure è di tanta bellezza. Ma siccome lo stesso Arato dice essere oscura la vicina Costellazione del Cigno e trova difficile a riconoscere la Costellazione dell’Ariete, sarebbe almeno imprudenza il concludere la variabilità di Vega dal silenzio di Arato.

Pagina 59

Osservazioni astronomiche e fisiche sulla grande cometa del 1862 con alcune riflessioni sulle forze che determinano la figura delle comete in generale

514777
Schiaparelli, Giovanni Virginio 4 occorrenze
  • 1873
  • Ulrico Hoepli
  • Milano-Napoli
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
  • w
  • Scarica XML

A poca distanza (forse 15'') dalla base del pennacchio la nebulosità è terminata abbastanza nettamente in tutta la sua larghezza, in linea retta press’ a poco parallela al moto diurno, dopo la quale il fondo è ad un tratto molto più oscuro; ma va poi riprendendo gradatamente di luce, a mano che si pronunzia le coda.

Pagina 10

A 11h 19m determinai l’angolo di posizione della coda coll’aiuto di un micrometro a sbarre rettilinee e dalla media di due misure trovai 311°, 9. Non avendo circolo di posizione, determinai questa sera (e le altre seguenti) quest’angolo, notando il tempo che una stella vicina impiegava a traversare l’intervallo fra 2 sbarre parallele del micrometro quando esse eran disposte parallelamente alla coda, e paragonandolo al tempo che la stessa stella impiegava a traversare quest’intervallo, quando le due sbarre erano collocate sul circolo di declinazione. Questo metodo fu praticato, credo, anche dal signor Barone Dembowski nelle misure delle stelle doppie da lui eseguite a Napoli alcuni anni prima.

Pagina 4

Malgrado la Luna, la Cometa è visibile all’occhio nudo: a 9h stimai fosse eguale a ζ Ursae Minoris. Nel cannocchiale da teatro si vedono tracce sensibili della coda.

Pagina 7

Minoris a 1/5 della distanza da δ e a 4/5 della distanza da ε. La coda poi arriva colla sua estremità fino alla stella Piazzi XIII 263.

Pagina 9

Storia sentimentale dell'astronomia

534340
Piero Bianucci 21 occorrenze

Un altro oggetto studiato da Marshack è l’Isnango Bone, un osso inciso trovato negli Anni 60 del secolo scorso in Africa equatoriale vicino al lago Rodolfo, oggi conservato all’Istituto Reale di Scienze Naturali a Bruxelles. Ritenuto dapprima del 6500 a.C, ora è retrodatato fino a ventimila anni fa: le sue tacche sono 168, raggruppate in sequenze che corrisponderebbero a 5 mesi e mezzo di fasi lunari. Anche su altre ossa del paleolitico superiore compaiono gruppi di 15 o 16 incisioni: prova, secondo Marshack, che ci troviamo di fronte a rudimentali calendari.

Pagina 13

Come si è già accennato, per ordine di Laplace l’epopea della misura del mondo proseguì con François Arago (1786-1853) e Jean-Baptiste Biot, che estesero la misura del meridiano fino a Formentera nelle isole Baleari per precisare meglio l’entità dello schiacciamento terrestre, oggi quantificato in 1/298. Raggiunta Formentera, nel 1807 Biot tornò a Parigi, mentre Arago volle proseguire le misure. Le sue triangolazioni scavalcavano fino a 170 chilometri di mare servendosi di segnali luminosi. Per un falò che aveva acceso sulla cima dell’Escolop, nel 1808 fu sospettato di spionaggio e imprigionato nella fortezza di Bellver. Dopo un mese di reclusione riuscì a fuggire e raggiunse Algeri a bordo di un peschereccio. Di qui si imbarcò verso Marsiglia. Purtroppo la nave, ormai in vista della meta, incappò nei corsari spagnoli: Arago si ritrovò agli arresti, prima in un mulino a Roses e poi a Palamòs. Rilasciato su richiesta del Bey di Algeri, partì di nuovo alla volta di Marsiglia ma neppure questa volta riuscì ad approdare a causa di una tempesta che dirottò la nave a Bougie sulla costa africana. Tradito dal mare, via terra Arago raggiunse di nuovo Algeri, dove arrivò la notte di natale. Trascorsi altri sei mesi, infine nel giugno 1809 riguadagnò Marsiglia. Ma prima di tornare a una vita normale dovette ancora farsi una quarantena, precauzione contro le epidemie di peste.

Pagina 165

Di fronte a queste approssimazioni possiamo domandarci se la scoperta di Nettuno fu frutto del genio di Le Verrier o della fortuna. Verrebbe da rispondere che furono necessarie entrambe le cose. Ma il fatto che anche Adams sia giunto a indicare coordinate celesti abbastanza vicine a quelle di Le Verrier dimostra che il genio fu più importante della fortuna.

Pagina 185

Le cose stavano a questo punto quando nel dicembre 1859 giunge a Le Verrier la lettera di un medico dilettante di astronomia, Edmond Modeste Lescarbault (Châteaudun 1814-Orgères-en-Beauce 1894). Il messaggio che contiene corrisponde proprio a ciò che Le Verrier andava elucubrando: l’astrofilo gli scriveva di aver osservato il transito davanti al Sole del pianeta ipotizzato.

Pagina 190

Se ne occupò invece un italiano, Macedonio Melloni, nato a Parma nel 1798. Dopo avere studiato belle arti, per imparare meglio la tecnica dell’incisione Melloni andò a Parigi, dove nel tempo libero seguì come uditore le lezioni dell’Ecole Polytechnique. Ne ricavò una preparazione in fisica e matematica così buona da guadagnarsi nel 1824 la cattedra di fisica all’Università di Parma. Gli atteggiamenti patriottici lo costrinsero all’esilio prima a Firenze, poi a Ginevra e a Parigi. Aiutato da François Arago e Humboldt, dopo aver partecipato ai moti libertari del 1848, riprese la carriera accademica a Napoli e divenne direttore dell’Osservatorio Vesuviano. Morì di colera a Portici nel 1854. Allo studio della radiazione infrarossa si dedicò dopo il 1831 aiutato da Leopoldo Nobili: accoppiando una pila termoelettrica con un galvanometro costruì il primo strumento in grado di misurarla e dimostrò che, come la luce visibile, anche la radiazione infrarossa dava luogo a fenomeni di riflessione, rifrazione e polarizzazione.

Pagina 214

Nella loro vita più o meno lunga, da pochi milioni di anni a decine di miliardi, tutte le stelle passano per la sequenza principale e ci si fermano più o meno a lungo. È una fase nella quale bruciano idrogeno trasformandolo in elio. L’equilibrio tra l’energia prodotta, che tende a farle espandere, e la gravità, che tende a farle contrarre ha qualcosa di miracoloso: le stelle sono bombe all’idrogeno, ma la reazione esplosiva è perfettamente controllata.

Pagina 233

Eratostene aveva notizia che a Siene, oggi Assuan, città posta molto più a sud di Alessandria, nel giorno del solstizio d’estate a mezzodì il Sole si specchiava nei pozzi. Cioè non proiettava ombre, e dunque stava allo zenit. Non era così ad Alessandria: al solstizio estivo le ombre erano corte ma c’erano.

Pagina 25

Ancora bambino Edwin legge i romanzi di Jules Verne, a otto anni si fa regalare un piccolo telescopio, a 12 risponde per lettera al nonno che gli faceva domande su Marte e sulla Luna con tanta competenza che quello scritto viene pubblicato sul giornale di Springfield. A 16 anni entra all’Università di Chicago per studiare astronomia.

Pagina 251

La mattina del 28 settembre 1953, dopo aver lavorato come al solito nel suo ufficio di Barbara Street, la moglie Grace andò a prenderlo in auto per portarlo a casa a fare pranzo. Lungo la strada parlarono delle quattro notti di osservazione che stava preparando a Monte Palomar. Sulla porta della loro villetta a due piani di San Marino un infarto lo fulminò. Così Hubble fornì un altro titolo al New York Times. Tre settimane dopo avrebbe compiuto 64 anni.

Pagina 254

Tolomeo poneva il confine dell’universo a 20 mila raggi terrestri, dove immaginava ci fosse la sfera delle stelle fisse. Ventimila raggi terrestri sono meno della distanza del Sole ed equivalgono a 0,000014 anni luce, mentre la stella più vicina è a 4,3 anni luce e i confini del cosmo sono a 13, 7 miliardi di anni luce. L’uomo antico, possiamo concludere, sottovalutava l’universo. Di noi che diranno tra qualche secolo?

Pagina 29

Wolfgang Pauli avanzò a malincuore l’audace ipotesi dell’esistenza del neutrino. Lo fece per salvare un principio-base della fisica: la conservazione dell’energia. Avrebbe dovuto presentare la sua idea ad un convegno dei fisici tedeschi in programma a Tubinga il 6 dicembre 1930, ma nello stesso giorno era stato invitato a un ballo a Zurigo. Preferì andare al ballo, anche perché lì avrebbe incontrato una ragazza che gli stava a cuore. Come dargli torto?

Pagina 294

Invece tutto va a posto ricordando che Dante per un attimo coglie l’accecante visione di Dio circondato dai cori angelici usando gli occhi di Beatrice come uno specchio. “L’immagine allo specchio – ricorda Patapievici – è simile a quella reale, solo che è invertita”. Il mondo invisibile diventa allora un “calco rovesciato del mondo visibile”: l’empireo è Dio-centrico mentre la Terra è diavolo-centrica, i cori angelici orbitano intorno a Dio a velocità sempre più alta via via che ci si avvicina a Dio mentre i cieli accelerano via via che ci si allontana dalla Terra, l’invisibile obbedisce a norme opposte rispetto al visibile.

Pagina 37

Per spiegare i moti osservati e tenere la Terra al centro, Tolomeo aveva poi dovuto scendere a vari compromessi. A muoversi su orbite circolari non erano i pianeti veri e propri ma un punto intorno al quale i pianeti descrivevano un’altra piccola orbita circolare, detta epiciclo. Le sfere cristalline a loro volta non ruotavano proprio intorno alla Terra ma intorno a una serie di punti leggermente decentrati diversi per ogni sfera chiamati “equanti” e il grande cerchio centrato sul punto equante era detto “deferente”.

Pagina 42

Costretto a rinunciare alla dittatura che da autentico despota aveva instaurato all’isola di Hven, prima cercò di arrangiarsi a Copenaghen, senza troppo successo. Tornò allora a Rostock, dove trent’anni prima aveva lasciato il naso, e infine riuscì a risalire la scala sociale con l’appoggio di Rodolfo II, imperatore del Sacro Romano Impero assai sensibile all’astrologia.

Pagina 56

1 – A OCCHIO NUDO

Pagina 7

Nella seconda metà del Seicento un rimedio parziale si ottenne con obiettivi a grande distanza focale (fino a parecchie decine di metri) che permettevano di mettere a fuoco l’immagine in un solo colore, ma si trattava di uno scomodo ripiego. Privi di tubo a causa delle loro enormi dimensioni, questi strumenti sono passati alla storia come “telescopi aerei”. L’ottico romano Giuseppe Campani ne costruì uno lungo 41 metri per Giovanni Domenico Cassini. Il primato rimane al francese Adrien Auzout con 180 metri.

Pagina 77

Comunque siano andate le cose, alla fine del 1608 l’ambasciatore francese a La Hague acquistava un telescopio per Enrico IV e poco dopo a Parigi entravano in commercio i cannocchiali-giocattolo da tre ingrandimenti. Nell’autunno del 1609 un venditore ambulante di Francoforte mostrò all’astronomo Simon Marius un tubo ottico che ingrandiva “parecchie volte”. Poco dopo cannocchiali costruiti a Londra fecero la loro comparsa a Milano e a Padova. Sembra che i cannocchiali olandesi, diversamente da quelli di Galileo, usassero per oculare una lente biconvessa, come quelli che costruirà poi Keplero, e quindi dessero immagini rovesciate.

Pagina 82

La tradizione più diffusa fa nascere il cannocchiale nella primavera del 1608 e lo attribuisce a Hans Lipperhey (o Lippershey), un occhialaio nato a Wesel in Germania nel 1570 e trasferitosi in Olanda a Middleburg, dove rimase fino alla morte (1619). L’idea gli sarebbe venuta vedendo due bambini che, giocando con delle lenti, dicevano di vedere ingrandita una banderuola sopra una chiesa poco distante. Il suo contributo si sarebbe limitato a fissare le lenti alle estremità di un tubo e a chiedere il brevetto dello strumento. A contenderglielo arrivarono poche settimane dopo, nell’ottobre 1608, l’ottico tedesco Jacob Metius (1571-1628) e Zacharias Jansen (1585-1632), altro occhialaio di Middleburg, che oltre al telescopio avrebbe inventato anche il microscopio.

Pagina 82

Senza laurea e con titoli esigui, Galileo va a caccia di una cattedra universitaria. A Bologna è vacante il posto di Egnazio Danti, divenuto vescovo di Alatri. Si fa raccomandare dal matematico gesuita Cristoforo Clavio (artefice della riforma del calendario), falsifica l’età aggiungendosi due anni e millanta un insegnamento a Siena inesistente. Niente da fare, vince l’astronomo e cartografo tolemaico Giovanni Antonio Magini (1555-1616). Anche a Pisa in un primo tempo viene respinto ma poi, grazie all’appoggio di Guidobaldo Del Monte, nel 1589 conquista l’anelata cattedra, e pazienza se lo stipendio è di appena 60 scudi, mentre il suo collega Jacopo Mazzoni, docente di filosofia, ne riceve 500, poi aumentati a 700.

Pagina 92

Quello con Marina fu un amore carnale a modo suo fedele, ma finì nel 1610 con il trasferimento di Galileo da Padova a Firenze. Tramite il canonico padovano Lorenzo Pignoria, Marina continuerà comunque a ricevere gli alimenti per Vincenzio fino a quando questi diventerà abbastanza grande per raggiungere il padre nel Granducato di Toscana. Pare che Galileo stesso l’abbia aiutata ad accasarsi con un certo Giovanni Bartoluzzi, faccendiere che curava gli affari dei nobili Dolfin. I tre mantennero rapporti cordiali. Era gente di mondo.

Pagina 94

Ritorno a Firenze

Pagina 96

Cerca

Modifica ricerca