Voci della notte
sporgenze ancora tese e tiepide per il corpo che avevano racchiuso, era caduto per terra accanto a due piccole pantofole di velluto. Sulla pettiniera
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non era stata infatti molto bella per lui, come per una quantità d'altri, dopo tutto; ma degli altri non glie ne importava nulla. Poichè erano le sue
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sua vita vegetale, spoglia di qualsiasi pensiero, le dava una freschezza di fiore, qualche cosa di ingenuo e di selvaggio. A vederla correre per i prati
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maniche, cogli occhi bassi, nell'umiltà della propria impotenza, si allontanò dal letto per cercare il cappelo. — Dice che è stato?... — domandò ancora
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. Quando tutti i gaudenti furono a posto, davanti al ponce bollente od all'arrosto, una donna vagolava ancora per la piazza, vestita di nero, con una
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impenetrabilità, che giustificava in parte le parole pronunziate aspramente dalla cognata, quando ella era uscita dal salottino: «Per quanto si faccia, quella
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e tosto le passò per la mente il gaio volto ridanciano di chi aveva scritti quei versi sul taccuino, dopo una cena di capodanno, a occhi lustri e
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fiori e croci; passarono, lasciandosi dietro un ampio velo grigio, freddo, attraverso il quale il bimbo vide ancora per una volta la fronte mesta
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era caduta sui grandi alberi, sui rami fatti immobili a guisa di membra raccolte per il sonno. Qua e là, dei vani tra pianta e pianta, aprivano una
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