Voci della notte
pezzetto di guancia femminile, di cui l'altra parte scompariva sotto la rimboccatura del lenzuolo. — Dorme, decisamente — ripetè, e saltò lesto sotto
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questo il punto debole per cui aveva subite tante canzonature dalle ragazze del paese, prima, dai compagni di caserma poi. Anche adesso che, incapace
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spalle, le guancie paffute e gli occhi chiari, trasparenti, nei quali la pazzia benigna da cui era presa accendeva un raggio non privo di grazia. La
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mani di codesti villani cornuti, cui muove solo il vile interesse. Tanto lo zoppo quanto la sorella avrebbero voluto che la figlioccia fosse lontana
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giacca rossa e un cappellino rotondo ammaccato, cui pendeva dietro una piuma a brandelli; vagolava senza meta, col passo incerto, arrestandosi spesso
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cancrenosa e se la fanno portar via — tutti i dolori che si vedono, che si toccano, i soli a cui il mondo crede! Alzò le braccia, stirandole con una
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pallido - una stella lucente, alta, pura, che rende immortale la fronte su cui si posa — la chiamano Gloria. Vorrei toccarla. Sempre più grave la voce
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margherita, fior delle fanciulle? Di chi la rosa fiore dei talami? Di chi la viola fiore delle tombe? Tutto passa! susurrava l'antico castano le cui fronde
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