UNA SERENATA AI MORTI
Napoleone il Grande, colla sua lucerna calcata su quella faccia sbarbata da prevosto d'avorio, con le sue spalle alte, con il suo panciotto tirato
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definizione riguardava la persona di lei, e non gli arnesi delle sue tavole e della sua cucina. Imperocché le tovaglie ne sono stomachevoli e
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moglie, che portava lei i calzoni, egli era impedito di profondere tutte le sue entrate all'osteria, come soleva fare prima; si trovava pagato il
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(dolce e invidiabile colpa) difetti di giovane; aggruppa, condensa, epigrammeggia un po' troppo: certe sue pagine paiono cataloghi di bei motti, o di
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meditazione dei suoi casi, si trova davanti sorridente come un amico il recapito del dottore specialista col consiglio delle sue pasticche, ed il conforto
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operaia per fondare un magazzino cooperativo, o un comitato elettorale, in cui un candidato pagasse le spese alle sue speranze di consigliere o
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. Tutti camminavano, come la biscia all'incanto. L'organista non vedeva più splendere la luna, fuorché sulla punta delle sue scarpe. Ruminava in mente il
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di quella sorte; tanto più, perché aveva male ai denti e si proponeva di andare la mattina seguente a fare le sue devozioni a Nostra Donna. Allora la
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principio la sua ampiezza nella rispondenza ritmica di tutte le sue parti ben proporzionate; e per rientrare nel regno della fantasia quel re di Ghislanzoni