Trasparenze
Che sarebbe se più non discendesse sulla terra la sera? Se più dalle convesse plaghe dell'orizzonte, dalla boscaglia nera o dal ceruleo monte, o
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Quando mi sei lontano il cuor mio non sa più perché sia vivo, fanciullo mio giulivo, e mi sento infelice in modo strano, quando mi sei lontano
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le brughiere; incertamente le sembianze nere sotto il ciel sconsolato osserva il viaggiator dallo sportello, e si chiude più e più nel suo mantello
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Gennaio! È il mese in cui la Dea Speranza, la Dea che accanto a me più non ritrovo, fanciulle mie, bussa alla vostra stanza, vestita a nuovo. - Certo
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. Raccogliti, cor mio, l'ora è solenne! Le rondini più e più stringon le spire dei vispi voli in cui beâr le penne, e le assal delle gronde il sovvenire. Così
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ridda felice che ti farò danzar: sarai del ciel più fulgido, più profondo del mar! Ti sentirai poeta, ti sentirai profeta, re, satrapo, pascià
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credo più che gioia franca esista, che resti una fé pura in questa terra!... Fossi Cassandra eternamente trista! Fossi Diomede eternamente in guerra
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forse avea dato, ma l'uom l'ha graffiato, non leggesi più! E ho già la vertigine, e ho già la canizie, e sento l'esercito dell'ore propizie che lungi
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più aderge e più leggiero diventa e meno zoppicante e nero. Lo attrae lo screzio dei molli frondami, frasche, virgulti, rami, voluttuoso amplesso
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estatici il corso brontolando : " No, fumo non è! ". Ma i più furbi bisbigliano invece " Sì, che è fumo, e ai vigneti fatale: la campagna di un soffio
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mio, molte sciagure di cui farai tesoro: esse valgono - sai? - nell'ore oscure oh! molto più dell'oro! Ti lascio i sogni e le illusïoni, mille imagini
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pur pregato, aspettandomi, Iddio? * Tentai più di tre volte di dire il Paternostro, ma... non potei... * * Perché ? * Stava sull'uscio un mostro che
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Volge la nostra età per via funesta; Cristo è di nuovo in croce; e la vestal nella sua bianca vesta trema e non ha più voce! La libertà che
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l'oblio), voli il mio verso, Arrigo, ai versi tuoi! S'amin tra loro almen, se più non m'ami; se m'ami ancor, parlino insiem di noi come tu meglio
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genio allor nell'interezza, veggon Dio che all'azzurro il riconduce, lasciando ai vivi un po' più di tristezza, e un po' meno di luce. Volgo io non son
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gambe viete nol sorreggevan più. Per me Bacco è a Esculapio nemico, e il congedai; e l'amicizia è ormai cosa che un tempo fu. Però nessun mi toglie le
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melode che è il benvenuto della terra al sole, fruscìo di selve, mormorìo di prode, mirifiche parole! Ma tu più bella d'ogni Bello, o Diva, la abbellirai
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E or già comincia ad esser bianco il crine, e più spessa sul core cade la neve... - Svaniron le larve, il sogno sparve. Quante stoltezze in questa
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bei santi mi ridiranno ancor le avemarie, e svaniran l'ombre del tuo destino nelle fulgenze mie! Bimbo, non tossir più! Son tanti e tanti gli orror di
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cicoria! Le favole ritornano care nella memoria, come il primo giuocatolo e come il primo amore; ma poi, quando più invecchia e si fa triste il core
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amanti! Che il vecchio senta, sfiorandogli il crine, la primavera in voi! Che il giovin senta nei novelli effiuvii più baldi i nervi suoi. Marzo che
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tu verresti a fermar spesso alle grate il più tranquillo dei morelli tuoi, e, per le vaghe arcate, mediteremmo insiem messale ed arpa, cilizio e
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, l'empietà sposando al facile rimeggiar delle canzoni. Assai più che nella crapula non sian tristi i baci e il riso, i miei versi al fango attinsero ciò che