Trasparenze
giorno! Bambino mio giocondo, canta, ridi tra il verde, all'aura fresca; ma poi non ti rincresca pensare ch'io non veggo il tuo crin biondo, bambino mio
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al miserrimo tetto, scorderan per quel dì la canzone, e nei sogni la strana visione tornerà nuovi enigmi a fischiar. Ma le vispe fanciulle dei campi
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... ma mi sorride il giorno, ma la mia musa è qui! È ver: son solitario. Vivo una vita grama... ma so che al mondo m'ama qualche buon'alma ancor. Dal
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Tibi solae adre, narrartela vorrei la storia, ma è fumo, è nebbia nella memoria. Storia di grandini e di vendemmie, storia di lagrime e di bestemmie
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Mi chiaman pazzo le vicine, e infatti fra tanti matti posso esser matto anch'io. Ma, affé d'Iddio, io le sento russar, le donnicciuole; oppur, da
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fortunose, poesie... casi ignorati di sogni e di congiure, epopea di cui rapsode avvilita è l'età che noi giovani viviamo!... Ma parmi udir, da
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canta dagli altar : " Lagrima e spera! ", ma chi celebra mai pianto conobbe, né mai di Nesso la camicia nera, né il letamaio del povero Giobbe. Non
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melode che è il benvenuto della terra al sole, fruscìo di selve, mormorìo di prode, mirifiche parole! Ma tu più bella d'ogni Bello, o Diva, la abbellirai
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chi cerca alcuno nella folla, né il vede, s'alza, scende, fa sosta, si dilegua, riede... E' sparita! - Ma dove? - Dove il vento conduce: forse in
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spada tua forbita, bella sarei con te... Ma il mio pastor giuravami che la sua vita io sono; pensa, se l'abbandono, ch'egli potrìa morir! - In groppa, in
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forse avea dato, ma l'uom l'ha graffiato, non leggesi più! E ho già la vertigine, e ho già la canizie, e sento l'esercito dell'ore propizie che lungi
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Io son povero al par di un fraticello; ma tu sei vispo, rubicondo e bello, l'avvenire tu sei, l'ultima legge ormai dei giorni miei. Ti lascio, amico
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quasi spenta è la face! * * Non oso palesarti, o fanciullo, perché mi attardai tanto. Dimmi, andando a dormire, la nostra madre ha pianto? * No, ma
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tenere... Perché affrontar lo spillo e la fiala, il droghiere e l'entomologo?- ……………………………………… Ma, sordo al mio monologo, il nomade doglioso
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d'allora m'agita ancora... M'agita ancora una pietà prodonda, e, dal cinico ingegno al cor devoto, il desiderio dell'Iddio m'innonda!... Ma l'Iddio del mio
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questa valle; assai lontano forse il destin mi attende: ma per mutar di luoghi e di vicende, muro feudale, ricorderò che non t'ho visto invano, perché in
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attraverso al sole opimo vino; parea ruscello immobile il zaffiro, e lo smeraldo egizïan splendea del color che, a ciel fosco, ha la marea. Ma il topazio
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. Traversa il cielo un vento accidioso, della sua meta incerto e senza lena; al suo passaggio il bosco pensieroso saluta sì, ma rispettoso appena. Giù nel
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canzoni d'avvenir! gli amori! gli odii, i dolor!... ma nuove! Sian della neve al par, che dalle vecchie tettoie si dismuove! Marzo è la Gioia in culla. È il
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braccia di cui spesso mi sveglio col capo greve. Ma cotesto è affar mio; poco v'importa, e scusatemi assai se vado a sbalzi, se fo com'un che viaggia
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incanutite! Tu lo sai, Musa, nell'estasi quanto visse il mio pensiero, delirando in mezzo ai pampini, delirando in cimitero! Ma crescea nell'ombra il demone