TAVOLOZZA
tu senti fuor dai vetri il fragor dell'oceàno!
TAVOLOZZA
grido, che dai vertici natali chiamando il freddo e la malinconia, par, della via fra i suoni incerti e uguali, un la stonato in una sinfonia: è quello
TAVOLOZZA
Come fra nebbia nei boschi caduta, io dell'età vissuta, rammento i giorni sacri al primo amore; quelli in cui sbuccia il core come dai chiusi petali
TAVOLOZZA
parole! Sento un odor di grandine e di rose, e il vo' scrivere in versi alessandrini: come fanciulle flebili e amorose cantin le cetre dai sonori crini; e
TAVOLOZZA
destano l'eco i passeggieri: lunge, lunge dai ruderi romani o progenie di nani! Nimes, maggio 1858.
TAVOLOZZA
vittime dei nostri avi galanti, i gonzi, le pinzocchere, e le stanche creature, cui le umane sciagure posto han sull'alma un vel! Ma, dai sobborghi, al
TAVOLOZZA
muse a pranzo o a cena? Secol decimonono, noi dividemmo i fulmini dal tuono, ma tu, crudel, rapisti le scintille dai cuori, e ci punisti! Ecco! ogni anno