Saggi di critica d'arte
quell'orbita, e a supporre che altro ideale diverso dal loro non ci possa essere. Sublime aberrazione dei magnanimi, senza cui forse non sarebbero nate opere che
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tanto malumore, non se n’è accorta. Io vi confesso, Signori, che non senza mia grandissima pena ho notato di recente che il mio amico Adolfo Venturi, che
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tutto il secolo XVIII, non senza varcar le Alpi, Guido Reni era figura troppo alta perchè si potesse far conto di non vederla, e perchè non paresse
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vegetazioni anormali, si abbandona libera alla sua naturale espansione, producendo senza sforzo i suoi frutti. Non c’è stento sapiente che valga la
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esterrefatta che accovacciata alza al cielo gli occhi senza pianto nella Strage degl’Innocenti; un altro è nella Madonna che solleva il viso verso Cristo
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Guido, come tutti i pittori vissuti prima del nostro secolo, applicava le stesse simpatie del suo cuore ai soggetti sacri ed ai profani, quasi senza
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lettura sul Francia che il fior della bellezza si sarebbe irrigidito nelle mani di Guido sino a diventar un fiore di cera, senza profumo e senza
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diffusa anche dove le ombre sono più forti, una grande ripugnanza ai cieli turbati dalla procella, alla campagna senza luce e senza sorrisi. Ognun vede
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tutti avea fatto questa supposizione. Ma, senza negar la parte che il Costa deve aver avuto nell’insegnamento, la verità più compiuta forse è chiusa in
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, senza dire che tale studio poco gioverebbe non sussidiato dalla presenza stessa delle opere. Dai due saggi del primo periodo pittorico di lui, dei
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in questa via, certo è che dappoi egli la percorse solo, senza bisogno che altri gli guidasse i passi, mirando solitario all’ideale discoperto, che
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Del Francia orafo restano due Paci o Maiestati in questa pinacoteca, nielli squisiti, che non si possono guardare senza rammarico che soli testimoni
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sicura preveggenza della gloria riservata a tanto ingegno. S’affezionava ai giovani. Non si leggono senza tenerezza quelle pochissime parole, tanto
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senza dubbio abbellire, potesse annoverarsi una Pace niellata da lui una croce sfolgorante d’oro, di gemme e di smalti. Ma, lungi dall’idea di
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pittori che segue immediatamente al Francia, senza far causa comune coi raffaellisti.
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. La scena è d’una incantevole semplicità, che vi attrae e vi trascina senza che possiate rendervi conto delle cause di quel fascino. Ma la dilettazione
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quali saranno necessariamente meschine e da ultimo anche nauseose, perchè formatesi al chiuso, all’ombra, senza la cooperazione di quel sole ch’è il vero
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michelangiolistica in quel ch’essa poteva avere di più eletto, e non senza indipendenze frequenti e ribellioni in cui s’alza trionfatore il buon senso
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mente si è depositato della perfezione altrui. Senza dire che questo concetto è più o meno buono, più o meno compiuto, secondo la naturale capacità
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Il merito dunque di questi due pittori è molto relativo. Applicare una grande dottrina senza aver la forza di abbracciarla tutta, appropriarsene
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’animo inaccessibile a quel senso d’armonia. Le sue carnagioni sembrano di sostanza dura verniciata in roseo chiaro, senza trasparenza, senza largo
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fatale degenerazione, col suo disegno torto, vizioso, senza finezze, coi suoi modellati dalle mestiche molto fuse, che approdano ad una dolcezza
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incredulità e il dileggio. Mi basti dire che non avrei potuto ricusarmi a questa stampa senza divenire, non dico sgarbato (che sarebbe stato poco male), ma
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