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Saggi di critica d'arte

261942
Cantalamessa, Giulio 45 occorrenze
  • 1890
  • Zanichelli
  • Bologna
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Saggi di critica d'arte

Ma Michelangelo aveva ragione? Dal suo punto di vista, esclusivo per ingenita necessità del suo essere, forse sì. Nel senso assoluto della cosa aveva

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mirabile, della critica odierna. Oculata fino allo scrupolo nel raccogliere le scarse tracce dell’arte arcaica, poichè pensa giustamente alla necessità

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, rimangono quasi tutte. Ma che i posteri ritengano come definitivi i criteri d’adesso, e travolgano tutti i secentisti nel loro disprezzo, io non lo credo

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prima, il Delaroche aveva escluso Guido dal consesso degl’illustri artisti dipinto nel famoso emiciclo dell’Istituto di belle arti di Parigi, benchè ci

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avuto più ingegno? „ confesso che esiterei nel rispondere, parendomi che Annibale Caracci e Guido e Domenichino e il Tiarini possano ragionevolmente

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ardimento, benchè condannato all’impotenza • fin dell’origine, nel cercar di contemperare e fondere i diversi elementi in un’amalgama unica. Del resto

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L'ammirazione per Guido crebbe molto quand’ebbe frescato nel claustro di S. Michele in Bosco una storia di S. Benedetto, della cui perdita ci resta

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Caravaggio. Quel vigoroso lumeggiare, quella saldezza d’impasti, quella quasi brutalità di metodo nel trattar le mestiche, quella sdegnosa contraddizione a

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; come non c’è frutto di serra che raggiunga la fragranza, il sapore, il pregio del frutto maturato nella sua stagione e nel suo paese.

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passione non si scordò mai più: i lineamenti della sventuratissima madre eternata nel marmo di Paro gli dominarono sempre la fantasia, e gli ricorsero

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, nel pieno del Rinascimento, nell’idolatria dell’arte antica, avea creato un tipo superbamente bello e sano e forte di donne che sembrano non essere

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’una cappella per contemplare tipi giovanili atteggiati a pietà. Ivi nel raccoglimento e nel silenzio, nella luce incerta che scendea dalle alte

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membra pure; due angeli, come a guardia del cadavere, lo fisano commossi, e la Madonna nel centro erge la grande figura dolorosa. Nulla di più grandioso

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qual doveva essere nella primitiva freschezza, esce da quelle figure fosche, solenni e rigide nel dolore, esce da quella tetraggine del cielo e della

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tradurla nel suo linguaggio con forma sì genuinamente classica, come quella che sorrise a Guido quando effigiò le ore danzanti intorno al carro d’Apollo

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, fors’anche men fermo e definitivo nel modellare, egli è, ad ogni modo, più serio e più severo degli umbri del suo tempo, più sicuro nel fissar la

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Questi bei fiori erano stati trapiantati a Bologna da Marco Zoppo, che ne avea colto a dovizia nel giardino dello Squarcione. Ma non dee ripetersi il

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Francia. Questi nel palazzo trionfa affrescando le sale superiori; il Costa dipinge le stanze terrene e la loggia che dal terzo cortile metteva al

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aggredire con arroganza i moderni, anzi apprezzava gl’ingegni di adesso, animava i giovani volonterosi, e, ad ogni indizio di appetito storico nel suo

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bibliotecario comunale conserva nel suo gabinetto. C’è l’esitazione del principiante; i caratteri pittorici del Francia si schiudono appena sotto l

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le tavole dello stesso Francia. Nel Crocifisso della pinacoteca c’è, a dir vero, qualche passo di più verso la rappresentazione della tristezza

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nel modo il più appassionato la bellezza femminile in quel ch’essa ha di più sano, rispetto alla materia, in quel che ha di più squisitamente connesso

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significativo c’è nell’espressione di una vita individuale. Al Francia non mancò certamente l’acume di leggere nel profondo i tipi umani, sceverandone i

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il conforto di avviare pieno di speranze alla pittura uno de’ suoi figli. Si compiacque nell’insegnare. Nel pianoterreno della sua casa tenea scuola di

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forte, e che dei soggetti di religione si fece un pretesto a sfoggi ambiziosi di scorci e di scienza anatomica, il Francia sta nel mezzo nobilmente

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della persona, era riuscito, inframettendosi tra la gente a procacciarsi un buon posto per vedere. Egli avea nel cuore la fiamma sacra dell'arte

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quell’umor balzano che diè pascolo alle celie del Vasari, era tornato a Bologna. Capriccioso, scontroso, facile censore di tutti, fiacco oltracciò nel

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’Italia, poi irradiato direttamente dalla gloria di Raffaello, che giudicò aver trovato nel bulino del bolognese l’interpretazione più perfetta delle

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Nel periodo dunque che segue al Francia il carattere della pittura bolognese, più o meno, è l’imitazione di Raffaello. E può dirsi che in nessuna

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intellettuale per cercare perfezioni nel loro ordine di idee, ma non per uscire da questo.

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Se nel raffaellismo bolognese avessero grandeggiato uomini d’alto ingegno, se, invece d’una servile adozione della parte estrinseca di quell’arte, ci

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I seguaci di Raffaello, rispetto agli altri, videro nel loro campo quella maggior ampiezza e varietà che nel dar vita a soggetti differenti era stata

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’originale e nitida ispirazione ond’è sì bello il primo. Ordine, chiarezza, equilibrio nel distribuir le figure: insomma obbedienza coscienziosa alle

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similmente sono i due angeli seduti in terra nel frontale della Madonna in S. Vitale, seppur questo è di Giacomo, come dice il Malvasia nella vita del

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ebbe nella maturità del Rinascimento; ed è fatale che, dopochè il genio l’ha rivelata, essa tenda a fissarsi in poche formole. Così avvenne nel periodo

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isforzo ch’ei faccia, di sopprimere ogni residuo della propria personalità. Infatti i due pittori, di cui ci occupiamo, benchè pienamente concordi nel loro

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loro. Ma era fatale che questo scrittore nel far giudizi critici inciampasse in stramberie anche volendo scemar la fama dei suoi bolognesi. Del resto

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buon imolese nel suo cuore avea fatto un culto; il S. Michele del quadro n. 89, già nell’altare maggiore di S. Michele in Bosco, è quasi copia di quel

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; lo dice finalmente il contratto, scovato da Corrado Ricci, in cui Innocenzo si obbligò nel 1517 a fare quella pittura.

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Nello stesso luogo abbiamo altri affreschi d’Innocenzo: il Transito della Madonna nella curvatura del nicchione di fondo, l’Assunzione nel catino, l

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’arte era spinta da due ingegni prepotenti sì che non sembrano umani, Leonardo e Michelangelo, cooperatore del gran moto, ma troppo chiuso nel suo

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, fu persona assai modesta e buona. Affaticandosi più di quello che potevano le forze site, ammalandosi d'anni cinquantasei (ossia nel 1550) di febbre

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dire assassinati) quelli della cappella Ramazzotti a S. Michele in Bosco. Un buon frammento di un’Incoronazione è nel cortile di Pilato, in S. Stefano

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’Italia, lasciando opere a Roma, a Napoli, a Rimini, le quali ora difficilmente sarebbero rintracciabili. Pare che fosse valente nel dipingere ritratti

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Quando anche il timore, o Signori, di essere indiscreto, trattenendovi qui troppo lungamente, non mi avesse obbligato a correre rapido nel vasto

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