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Saggi di critica d'arte

261886
Cantalamessa, Giulio 50 occorrenze
  • 1890
  • Zanichelli
  • Bologna
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Saggi di critica d'arte

conquidono per l’indipendenza e la forza che le suggellano! Un uomo che aveva esplorato tutte le leggi della struttura umana, rese al suo animo si

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mirabile, della critica odierna. Oculata fino allo scrupolo nel raccogliere le scarse tracce dell’arte arcaica, poichè pensa giustamente alla necessità

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del lavoro non sarà troppo faticosa, perchè memorie degli artisti del secento e dei successivi ce ne sono a iosa, e le opere loro, almeno fin qui

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tutto il secolo XVIII, non senza varcar le Alpi, Guido Reni era figura troppo alta perchè si potesse far conto di non vederla, e perchè non paresse

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, fu rivista appassionata ed assimilazione di quanto le arti italiane aveano prodotto di più fulgido; fu ritorno al buon senso ed alla vita in quel ch

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Nella scuola dei Caracci Guido si maturò innanzi tempo. Le copie ch’ei fece di due quadri di Annibale, la Deposizione e l'Elemosina di S. Rocco

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giorno in giorno diveniamo più incapaci di averne), ma a quelli provati dai nostri padri per le opere in musica ben riuscite.

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Caravaggio. Quel vigoroso lumeggiare, quella saldezza d’impasti, quella quasi brutalità di metodo nel trattar le mestiche, quella sdegnosa contraddizione a

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successivo di altre cause storiche quest’aura può inquinarsi di germi insidiosi capaci di corrompere anche le nature più elette. Il torto del Taine è stato

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, rappresentando le cose più nella loro soavità che nella loro crudezza, colui avrebbe vittoria contro questo temibile avversario.„ Guido vide in queste

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reclamarla come cosa loro. Senonchè l’Albani se ne fece presto un lenocinio, riducendola tutta vezzi e sorrisi e smorfie; le tolse il manto austero

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L’altro tipo femminile di Guido è più etereo, più sereno e più originale, tanto che sarebbe impresa forse disperata il cercarne le fonti. Raffaello

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si protende affettuoso e s’affisa in alto, congiungendo al petto le mani stigmatizzate e scavate dalla penitenza, e S. Domenico in una penombra è tutto

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Il segreto di Guido è l’associazione della sua morbidezza di pennello con tutte le attrattive del tocco fresco e risoluto. Il martirio di S. Pietro

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tradurla nel suo linguaggio con forma sì genuinamente classica, come quella che sorrise a Guido quando effigiò le ore danzanti intorno al carro d’Apollo

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sistematicamente precisa di tutte le forme era certamente uno studio molto profittevole, ma non era tutta l’arte, e che sul fondamento di quelle sapientissime

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poi divenire suoi maestri nel dipingere. L’arte del Francia infatti, mentre appare un perfezionamento dell’arte ferrarese, che tra le mani di lui

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dal biografo appresa a Bologna, ov’egli venne poco più di venti anni dopo la morte dell’ammirato maestro, ossia quando le memorie di lui sopravviveano

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Francia. Questi nel palazzo trionfa affrescando le sale superiori; il Costa dipinge le stanze terrene e la loggia che dal terzo cortile metteva al

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. Non mi pare possibile rivelare meglio di così l’intima attività morale. Ma c’è un’altra pittura del Francia che assai più chiare ha le tracce d

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e lungo le vie di S. Donato, dei Castagnoli, dei Pelacani. Sante Bentivoglio, dopo aver consultato gli astrologi, i quali certo non gli aveano

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stesso, evitando difficoltà, salvo quelle che nessun artista può schivare, perchè sono inerenti all’arte: le difficoltà del buon disegno e della

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; ma nello studiare così da vicino le linee di cui ogni oggetto si componea, non seppero mai astrarne e farne saggiamente sparire qualcuna, come le fa

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’un animo pacato e securo; un altr’angelo sostiene la testa di Cristo, intrecciando elegantemente le dita tra i capelli di lui e volgendo allo

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, sparse qualche profumo e intristì, finchè non ebbe le cure di Lippo di Dalmasio; poi assopito fino a parer morto nel lungo inverno del quattrocento

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. Sono bellissime le sue medaglie, specialmente quella ov’è rappresentato il Bentivoglio e l’altra ove il papa volle la sua effigie. Se, come pensa il

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fenomeno transitorio,le condizioni del clima sono tutt’altro che turbatrici; Michelangelo, il terribile squassatore, segue a Roma il papa, che vuol dipinta

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Fra quella serie di pittori che s’affaticavano a conciliare le pie intenzioni del medioevo coll’ossequio al reale e alla rifiorita bellezza pagana, e

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Mi è necessario riprender le mosse dal Francia, di cui ebbi l’onore di ragionarvi nella conferenza precedente.

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lasciar supporre che potesse staccarsene mai più. Guido Aspertini, allievo di Ercole Roberti, pieno d’ingegno, s’era accasciato sotto le fatiche e i

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, sopratutto dell’impronta che le aveva data Raffaello. Vivea nell’intimità del grande urbinate un illustre bolognese a cui il Francia, molti anni prima, era

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discepoli diretti di lui non conservano le grazie raffaellesche se non a patto di farne una specie di revisione e di correzione, adattandole a quell

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Raffaello, dopochè si è convenuto di chiamare raffaellisti coloro che la rappresentano) il raffaellismo, prima di cedere del tutto le armi, si rifugia a

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cristallizzata in formole, se fosse stata fonte feconda di nuovi motivi pittorici, Bologna in quel periodo infelice che sorgeva per tutte le scuole d

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iniziativa, ma ravvolto meschinamente, intricato e stretto nei legami della scuola, ch’ei porta male, pieno d! perplessità e di paure, le quali

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morta straziata dall’umiliazione, dall’annunzio di tante sventure, dai rimproveri del marito. Giovanni II attende rabbioso a meditar da lontano le

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concetto d’imitazione, ricusandosi ad ogni colloquio diretto colla natura, a poco a poco non si ceda tutto alle abitudini della pratica quotidiana, le

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raffaellisti non solo, ma tra le purgatissime delicatezze di Benvenuto Garofolo, tra la florida grandiosità di Girolamo da Carpi, tra il brio decorativo c

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antico, così nel moderno. Trovate le formole, non era più agevole a nessuno sciogliersene, quand’anche ce ne fosse stata l’intenzione; perchè non si

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puro amore della natura è finito. È nata l’arte accademica. La declamazione (non ampollosa ancora, anzi riservata e calda di genuina ammirazione per le

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che genera le opere grandi; potrebbe anche essere sterilità larvata abilmente. Le lodi che ebbero dai loro contemporanei e dai posteri sembrano oggi, se

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la forza del colore avvalora; e sono pure colorite benissimo le figure dei committenti (la famiglia Parati) ivi introdotti in preghiera. Innocenzo ha l

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tardi, come narra il Vasari, andasse a Firenze alla scuola di Mariotto Albertinelli, le cui influenze, chi ben guarda, si mescolano in Innocenzo alle

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stesso uomo inerpicarsi in alture ove procede a disagio, e di cui tenta invano raggiungere le cime. Meglio sarebbe stato per lui non impacciarsi di

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, fu persona assai modesta e buona. Affaticandosi più di quello che potevano le forze site, ammalandosi d'anni cinquantasei (ossia nel 1550) di febbre

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. In disparte stanno genuflesse le figure dei committenti, gentil nesso di idee che collega i protettori celesti coi bisognosi di protezione, e che solo

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ingannevole, ove non c’è che l'approssimativo della forma, ove le carni non hanno consistenza. Dinanzi al Bagnacavallo e ad Innocenzo da Imola convien passare

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’Italia, lasciando opere a Roma, a Napoli, a Rimini, le quali ora difficilmente sarebbero rintracciabili. Pare che fosse valente nel dipingere ritratti

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torcere gl’insiemi più che le ossa non comportino. Si guardino, per aver un’idea della sua maniera, il Presepio della pinacoteca e la S. Orsola in S

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poi me ne ritrassi, perchè il lavoro mi s’ingrandiva molto tra le mani e perdeva quasi del tutto la fisonomia con cui era nato. Non mi resta dunque se

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